stanco
Nel significato proprio di " indebolito dalla fatica ", " fiaccato nelle forze fisiche ", anche con riferimento ad alcune categorie di dannati, in Cv III III 7 Si legge ne le storie d'Ercule... che combattendo con lo gigante che si chiamava Anteo, tutte volte che lo gigante era stanco, e elli ponea lo suo corpo sopra la terra disteso o per sua volontà o per forza d'Ercule, forza e vigore interamente de la terra in lui resurgea; If VII 65 tutto l'oro ch'è sotto la luna / e che già fu, di quest'anime stanche / non poterebbe farne posare una (si allude alle anime degli avari e prodighi, che voltano pesi per forza di poppa); XXIII 60 una gente dipinta / che giva intorno assai con lenti passi, / piangendo e nel sembiante stanca e vinta (gl'ipocriti, costretti a portare gravi cappe di piombo; v. anche v. 70); XXXIII 34 In picciol corso mi pareano stanchi / lo padre e' figli; sulla stessa linea Rime CIV 10; Pd IX 57; e, per analogia, X 24.
L'espressione secondo la quale le lingue di frate Gomita e Michele Zanche a dir di Sardigna / ... non si sentono stanche (If XXII 90) sta a significare che i due non la smettono di parlare della loro terra e delle baratterie ivi commesse. Un valore locuzionale si riscontra anche in If XIX 41, dove volgemmo e discendemmo a mano stanca precisa la direzione (" a mano sinistra ") seguita dai poeti nello scendere dall'argine verso il fondo della terza bolgia. La mano sinistra è detta s. o perché è " meno abile che la ritta " (Buti) o perché più debole e più facile a stancarsi. Per il Mattalia l'espressione potrebbe, forse, indicare anche " il modo di procedere, lento o impacciato, come di ‛ stanchi ' ".
Ha rilievo realistico e forte intensità semantica in un luogo figurato delle Rime che esalta la potenza dispotica dell'Amore: esto perverso, / che disteso a riverso / mi tiene in terra d'ogni guizzo stanco (CIII 43), cioè incapace di dare un guizzo, nell'impossibilità di muovermi.
In sede di valori morali la virtude stanca (If II 130) cui D. accenna nel vestibolo dell'Inferno fa tutt'uno con la viltade (cfr. i vv. 45 e 122) seguìta ai suoi dubbi sulle capacità d'intraprendere, vivo, il viaggio oltremondano: " fatigata tam dura lucta mentis " (Benvenuto).
Circa Rime CXI 14 e qual che sia 'l piacer ch'ora n'addestra, / seguitar si convien, se l'altro è stanco, il significato di s. è legato a quello di piacer. Se in questo termine si vuol vedere l'indicazione della bellezza terrena (la bella persona), come intendono lo Zonta e il Contini, s. corrisponde nel contesto ad " appassito ", " venuto meno "; se invece, e sembra ipotesi preferibile, piacer è qui sinonimo di ‛ sentimento piacevole ' d'amore (Barbi-Pernicone), s. è da spiegare come " esaurito ", " estinto ".