BARDETTI, Stanislao
Nacque il 13 nov. 1688 a Castell'Arquato (Piacenza) da Cristoforo e da Margherita Maraschi; nel 1704 entrò come novizio nella Compagnia di Gesù a Novellara di Modena. Terminati gli studi e ricevuti gli ordini, fu inviato a insegnare retorica a Verona, ove entrò in dimestichezza con S. Maffei traendone stimolo allo studio delle antichità. Fu poi inviato al collegio S. Pietre di Piacenza come insegnante di umanità per i novizi: quivi, verso il 1725, cominciò a raccogliere materiali per una Storia de' letterati piacentini. Beghe e rivalità di ecclesiastici lo costrinsero ad allontanarsi da Piacenza (1732), sicché finì per stabilirsi a Modena (1735) ove poté concentrarsi con maggior tranquillità nei suoi studi che finirono col rivolgersi esclusivamente alle antichità italiche. Nel 1748 fu nominato teologo del duca di Modena ed è certo che esercitò notevole influenza su Francesco III d'Este: a questo influsso certamente si riferivano i giudizi, peraltro contrastanti, che si attribuivano al Muratori: secondo "un professore modenese" (Novelle letterarie, 1771, Col. 28), il Muratori avrebbe detto del B. che "i padri del Gesù avevano in lui guasto un buon letterato per fare un cattivo politico"; secondo "un letterato piacentino" (ibid.,col. 149), avrebbe riferito che il B. "sarebbe capace di governare non tanto un piccolo stato, quanto de' regni e delle monarchie".
Dal 1764 fu direttore del collegio dei gesuiti in Modena, e in questa città si spense il 6 marzo 1767.
Gli studi sugli antichi italici, cui il B. aveva atteso per lunghi anni, videro la luce, ad opera di volenterosi editori, solo dopo la sua morte: De, primi abitatori dell'Italia, Modena 1769; Della lingua de' primi abitatori dell'Italia, ibid. 1772. In contrasto con il Maffei e A. S. Mazzocchi che ritenevano preliminare a qualsiasi indagine storica sull'origine dei popoli antichi l'esame accurato delle testimonianze superstiti della loro lingua, il B. credeva che l'indagine propriamente storica dovesse precedere quella linguistica. E, secondo il B., dall'indagine storica sui primitivi abitatori dell'Italia, da lui abitualmente chiamati "Circumpadani", risultava che i più antichi tra essi erano i Liguri e gli Umbri (di stirpe celtica) e i Taurisci (di stirpe germanica); di origine ligustica sarebbero stati poi i Siculi e gli Aborigines,mentre gli Umbri dell'età storica sarebbero discesi dagli Isumbri o Isombri stanziati presso il Lario; di origine umbra erano infine da considerarsi anche gli Aurunci.
Movendo da tali premesse "storiche" si spiegano le aberranti conseguenze che il B. trasse nel campo linguistico. Poiché i primitivi Circumpadani erano di stirpe gallicogernianica, anche la lingua doveva ritenersi dello stesso ceppo, e perciò l'umbro (e in buona parte l'etrusco) si sarebbero dovuti intendere sulla base del celtico e del germanico. Questo assurdo sistema il B. seguì sostanzialmente nell'interpretazione (Della lingua..., pp. 254-286) della terza tavola di Gubbio (cfr. G. Devoto, Tabulae Iguvinae,Romae 1940, p. 110) in cui credeva di scorgere "un piccolo pezzo della storia di Gubbio", e poi anche nell'interpretazione di iscrizioni etrusche, per esempio (Della lingua...,pp. 243-254) della nota iscrizione perugina di San Manno (cfr. Corpus Inscript. Etruscarum,n. 4116), ponendosi su un piano notevolmente inferiore rispetto al livello di quei suoi contemporanei che nel "periodo eroico dell'epigrafia italica" (Devoto) facevano lentamente ma sicuramente progredire gli studi sui parlari italici: F. Buonarroti, S. Maffei, G. B. Passeri, L. Lanzi.
Nel 1769, comunque, le tesi celtistiche del B. non erano una novità per nessuno: primamente avanzate in Francia nelle Recherches...di N. Fréret (1753), venivano quasi contemporaneamente elaborate in Italia dallo stesso B. che largamente le diffuse: fra i primi ad accoglierle fu, per diretto influsso del B., C. Poggiali nelle sue Memorie storiche della città di Piacenza (1757). Si aggiunsero poi G. Ferrari con le sue Dissertazioni"... di Insubria (1765) e J. Durandi (che pure era in polemica col B.) con il suo Saggio su la storia degli antichi popoli d'Italia (1769) e con Dell'antico stato d'Italia (1772). Ma è proprio con la ritardata pubblicazione degli scritti del B., sommersi da un diluvio di critiche, che termina in Italia il ventennio della mania celtistica (1753-72). A parte la violentissima reazione di M. Guamacci, chiamato direttamente in causa, da più parti si asserì giustamente che sarebbe stato assai meglio che le opere del B. non fossero state pubblicate (v. per es. Novelle letterarie, loc.cit., 1772, col. 373; Efemeridi letterarie di Roma,1772, pp. 252 SS.).
Altre opere del B. non furono mai stampate: dei suoi manoscritti parte finirono nella Biblioteca Estense, parte in quella civica di Modena ove sono tuttora. In particolare è rimasto inedito il Dizionario celtico-germanico anglo-italo-gallo,mentre una parte delle notizie che il B. aveva raccolto per la Storia de' letterati piacentini venne dal B. liberalmente trasmessa al Poggiali che l'uúlizzò nelle sue Memorie per la storia letteraria di Piacenza (cfr. I, Piacenza 1789, P. III). Sei lettere del B. al Muratori (1716-39) sono nell'archivio muratoriano (sez. VII, filza 52); altre sei a F. A. Zaccaria (1752) si trovano nell'archivio di Loyola. Nulla infine si conosce dell'attività del B. come Arcade (Euclito Oroneo).
Bibl.: Notizie biogr. del B. sono soprattutto nella prefazione di G. Gabardi al Della lingua...,pp. VII-XXI; si veda anche C. Sommervogel, Bibl. de la Compagnie de Jésus, Paris-Bruxelles 1890, I, col. 898; XII, Toulouse 1930, COI. 943; L. Mensi Diz. biogr. Piacentino, Piacenza 1899, V. 57; M. Casella, Le origini di Piacenza,Piacenza 1912, DIp. 19, 35, 52; L. Gasiperetti, Le "Origini Italiche" di Mario Guarnacci.... in La Rassegna,s . 4, XXXIV (1926), pp. 69 ss.; G. Devoto, Tabulae Iguvinae,Romae 1940, p. 14.