BECHI, Stanislao
Nacque a Portoferraio (isola d'Elba) il 9 giugno 1828 da Alessio, di nobile famiglia fiorentina e già colonnello d'artiglieria negli eserciti napoleonici. Sin dall'età di quattordici anni il B. divenne cadetto d'artiglieria nell'esercito granducale. Con i battaglioni toscani si distinse a Curtatone e Montanara e a Goito (29 e 30 maggio 1848), meritandosi la medaglia d'argento sul campo. Capitano nell'esercito toscano nel 1855, maggiore nel 1859, prese parte alla seconda guerra d'indipendenza quale ufficiale d'ordinanza del gen. Lapérouse, comandante della cavalleria del 5° corpo d'armata francese. Col grado di maggiore entrò nell'esercito italiano, ma un duello col gen. A. Danzini lo condusse dinanzi al tribunale militare e quindi a sei mesi di arresti al forte di. Bard. Destinato allo Stato Maggiore della piazza di Napoli, qui prese contatto con l'ambiente garibaldino. Nel 1863, sospinto dal vasto movimento di pubblica opinione a favore della Poloniw insorta che scosse tutta la penisola con comizi e sottoscrizioni, ordini del giorno presentati alla Camera, raccolte di armi, collette popolari, articoli di giornali, ecc., il B. decise di recare il suo contributo all'insurrezione polacca.
Dopo tanti anni di azione diplomatica e militare con cui i Polacchi avevano cercato di inserire la "questione" polacca nelle varie crisi europee, nel 1863 essi avevano messo l'Europa di fronte al fatto compiuto dell'insurrezione. Ma l'intempestività del movimento, l'insufficiente preparazione" le mancate intese con i rivoluzionari russi dell'associazione "Zemlja i Volja", l'isolamento diplomatico seguito alla morte del. principe A. Czartoryski, in una situazione diplomatica contrassegnata dall'avvicinamento di Napoleone III alla Russia zarista, infine l'unità intera del popolo russo contro gli insorti, tutto congiurò a lasciare i Polacchi isolati. Invano essi, incontrandosi con Mazzini e con Garibaldi, che auspicavano una insurrezione in Ungheria e un attacco verso il Veneto, sollecitarono una "potente diversione", per fare sì che il movimento rivoluzionario si estendesse a tutta l'Europa. Anche in Italia, dove il partito d'azione era particolarmente attivo e intendeva collegare l'insurrezione polacca ai residui problemi italiani di Roma e della Venezia, gli ambienti ufficiali e lo stesso Garibaldi finirono per rendersi conto che sarebbe stato assurdo avviare una spedizione ove questa, come quella dei Allie, non avesse avuto l'appoggio del governo e non fosse stata collegata ad un movimento centro-europeo, neppure iniziato. L'iniziativa toccava dunque ai singoli: a Francesco Nullo e ai 62 garibaldini italiani e 70 francesi, a Camillo Lencisa, a Luigi Novone, al, B. ed altri.
Il B., messosi a disposizione del Comitato nazionale polacco di Parigi che gli riconobbe il grado di colonnello, giunse a Varsavia alla fine di agosto del 1863. Assegnatogli il comando delle truppe agenti nella Masovia, successivamente, secondo la Gazzetta di Firenze dell'11 ott. 1863, quale comandante di reggimento, sostenne combattimenti vittoriosi contro i russi nella zona di Kalisz. Nel dirigersi quindi nella zona di Wloclawek, dove avrebbe dovuto riorganizzare le forze comandate dal Puttkamer, da Syrewicz e Grossman, battute dai Russi, questi lo fecero prigioniero, l'8 dic. 1863. Processato seduta stante, da una corte marziale, fu condannato alla fucilazione. Nonostante pressioni da parte polacca e un intervento in extremis del ministro d'Italia a Pietroburgo conte Pepoli, il B.fu fucilato a Wioclawek il 17 dic. 1863. Nel marzo del 1864 la vedova chiese al govemo nazionale polacco il conferimento della cittadinanza polacca a lei e ai due figli. Romuald Traugutt, capo del govemo, fece preparare il decreto, insieme con una lettera di condoglianze in cui si sottolineava come il B., "en servant la Pologne il a servi la cause de toutes les nations opprimées": il decreto, però, non poté poi essere emanato per l'arresto del Traugutt e il precipitare della situazione.
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