CESCHI, Stanislao
Nato a Sant'Elena d'Este (Padova) il 18 nov. 1903 da Domenico e da Regina Trivellato, compì i primi studi nella scuola tecnica di Este, e continuò all'istituto tecnico di Rovigo. Nel 1926 si laureò in ingegneria a Padova. Educato in un ambiente familiare religioso, si iscrisse alla Gioventù di azione cattolica, alla Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI) e militò ancor giovanissimo, dal 1922, nel Partito popolare italiano. Dal 1927 al 1930, in un periodo difficile, venne nominato presidente della FUCI padovana, anche perché non era tesserato alla Gioventù universitaria fascista. Nel 1932, al congresso fucino di Cagliari, fu tra i firmatari del documento che doveva dar inizio al Movimento laureati.
Con il presidente di questo, Igino Righetti, il C. ebbe una totale consonanza di vedute (quella del progetto Montini-Righetti: la ricerca della verità come vocazione dell'intellettuale, la sua partecipazione alla vita sociale, una preghiera comunitaria e liturgica) e pure un vivace scambio epistolare. Il 1° febbr. 1934 gli scriverà tra l'altro: "Non spaventarti in ogni modo del sonno che avvolge gran parte del fu movimento cattolico; è cosa naturale quando il metodo dominante fra le povere gerarchie cattoliche è quello di evitare ad ogni costo tutte le difficoltà che si frappongono all'affermazione pratica, sia pur personale, dei principi umani e cristiani" (Gaiotti, p. 22), con probabile riferimento alla situazione creatasi dopo gli accordi del settembre 1931 fra Chiesa e fascismo. Ma il 26 maggio 1937 dopo l'emanazione da parte di Pio XI della Mit brennender Sorge scriverà con gioia: "la magnifica Enciclica sul neo-paganesimo ha scosso le più intime fibre dei cattolici, anche quelle intorpidite dal triste servaggio" (Moro, p- 465).
Nel 1933, quando il segretariato culturale dell'Azione cattolica organizzò un gruppo consultivo per le varie professioni, fu chiamato a fame parte per la categoria ingegneria e scienze, e in questa veste collaborò alla preparazione delle settimane sociali dei cattolici italiani. A quella che si tenne nel 1934 a Padova presentò una memoria su "Le abitazioni nei loro riflessi sociali", in cui si intravvedeva una critica alla politica fascista delle case popolari, tanto da attirare l'attenzione della polizia.
Continuava intanto la sua attività professionale che riguardava in modo particolare la costruzione di edifici sacri, tanto che l'arcivescovo di Firenze, E. Dalla Costa, che l'aveva conosciuto a Padova, lo chiamò a Firenze per la costruzione del seminario e di alcune chiese. Vi stette quattro anni, dal 1935 al 1939e conobbe e frequentò La Pira e la redazione del Frontespizio, rammaricandosi però che una rivista cattolica così battagliera stesse progressivamente cedendo di fronte al fascismo. Con questo spirito iniziò la Resistenza, e fu nominato commissario provinciale della Democrazia Cristiana clandestina. Suoi compiti furono principalmente quelli di tenere i contatti con i combattenti per la libertà di altre ideologie e curare la propaganda. Lo favorirono in ciò il suo spirito aperto al dialogo e la sua tenacia. Ci furono diversi incontri clandestini all'Antonianum, il pensionato universitario dei padri gesuiti, o in casa di amici. Molti furono i contatti con E. Meneghetti, C. Marchesi, G. Zwimer, N. Papafava, per elaborare la condotta nella Resistenza, e con gli amici della rinata DC, U. Merlin, A. Guariento, M. Saggin, G. Sabbadin, C. Crescente, G. Bettiol, L. Carraro, per fissare la condotta del partito e progettare il domani. Fu in questo periodo che ebbe pure diversi colloqui con Umberto Campagnolo, suo compagno di studi e suo compaesano, sul futuro dell'Europa, colloqui da cui sarebbe nata la SEC (Société européenne de culture).
Dopo la Liberazione venne eletto segretario provinciale della DC (1945-1948) e al I congresso nazionale del partito (Roma 1946) consigliere nazionale, carica che mantenne per quasi tutta la sua vita politica, entrando pure a far parte della direzione (1946-63); per qualche anno (194649) fu pure vicesegretario insieme con P. E. Taviani.
Nel 1948 fu eletto senatore per il collegio di Cittadella con una votazione superiore al 65% e lo sarà pure nel 1953, nel 1958 e nel 1963. Per svolgere meglio i suoi diversi incarichi si trasferì a Roma, dove rimase fino al 1963.
A Roma divenne un punto fermo per i bisogni e le richieste della sua città e provincia. Gui ricorda come per mezzo suo la città di Padova abbia potuto ottenere le autostrade Padova-Brescia e Padova-Bologna, oltre l'idrovia Padova-Venezia, il Consorzio per la zona industriale, le nuove facoltà e le nuove sedi universitarie e la provincia, ottenne la realizzazione della Padova-Treviso, e Padova-Monselice-Mantova, la nuova strada del Santo, la sistemazione generale della rete di strade statali, lo sviluppo industriale della Bassa Padovana (p. 10).
Al Senato partecipò in modo particolare all'attività delle commissioni Lavori Pubblici, Agricoltura e soprattutto Affari Esteri, sede in cui poteva far valere le sue, idee sull'Europa. Aveva partecipato dal 1948 al 1950 al comitato esecutivo provvisorio della SEC e, una volta giunti alla costituzione formale, fu membro del consiglio esecutivo sempre rieletto, dal 1963 primo vicepresidente, assicurando per due volte la presidenza ad interim, finché nel 1982 venne eletto presidente onorario. Si interessò di procurare anche i mezzi perché la società potesse vivere, ottenendo nel 1961 attraverso una leggina speciale un contributo governativo fisso e nel 1966 ne ottenne un aumento. Anche se la sua linea - che coincideva con quella di Campagnolo e Meneghetti e sosteneva che l'Europa non poteva nascere dall'accordo tra Stati sovrani ma doveva fondarsi su-una vera coscienza popolare, cercando attraverso la politica parallela, quella della cultura, di superare situazioni che potevano sembrare senza sbocco - fu messa in minoranza, tuttavia al Senato appoggiò sempre tutti gli accordi di collaborazione europea, benché giudicati inadeguati.
Nel 1953 fu pure eletto presidente del gruppo DC del Senato e in tale veste svolse opera di moderazione e di appoggio ai vari governi.
La sua posizione politica appare chiara da quanto da lui espresso al congresso di Firenze (1959): autonomia dalla gerarchia e progetto sociale. "Quando abbiamo cominciato a militare nella D.C., quando abbiamo resistito durante la dittatura fascista, quando abbiamo partecipato alla lotta di liberazione, quando ci siamo assunti la responsabilità di ricostituire il partito, abbiamo fatto tutto questo di nostra personale iniziativa, sotto la nostra personale responsabilità". E riprendendo quello che, nella Libertà del 15 agosto, aveva definito "il nostro orientamento sociale di sinistra", lo spiegherà come rifiuto da parte dei cattolici di "un orientamento di conservazione" per assumere "l'atteggiamento dell'innovazione, dei rinnovamento, del progresso", adottando una politica economica di piano, "speranza nuova del popolo italiano per dare una nuova fisionomia alla struttura umana e cristiana della società" (Gaiotti, p. 17).
Anche se viveva a Roma si interessava dei problemi padovani e il suo legame con Padova era costituito, oltre che dalla sua famiglia, anche dalla presidenza dell'UCAT (1955-1983), unico incarico che conservò fino alla morte; in tale veste si fece promotore della Biennale internazionale dei bronzetto e della Mostra d'arte triveneta, istituzioni di cui fu pure presidente fino a quando la loro gestione non fu assunta, nel 1973, dal Comune.
Nel 1968 decise di ritirarsi dalla vita pubblica per vivere i suoi ultimi anni nella casa patriarcale della Mandria, continuando tuttavia a lavorare nella DC e nella SEC.
Fu presidente dell'istituto d'arte "Pietro Selvatico" di Padova dal 1969 al 1974; a Roma, dei resto, dal 1949 al 1964 era stato presidente del liceo artistico e dell'Accademia di belle arti e riprese la sua attività professionale. Nella capitale aveva pure progettato la sede della DC all'EUR e aveva eseguito diversi lavori per conto delle Assicurazioni generali.
Il C. morì a Padova il 29 apr. 1983.
Fonti e Bibl.: Numerose lettere del C. a Righetti sono conservate nell'archivio del Movimento laureati a Roma; mentre altre di Campagnolo sono in quello della SEC a Venezia. Per la sua azione di parlamentare si vedano gli Atti dell'Assemblea costituente e quelli delle prime tre legislature del Senato. Per la sua azione nel Movimento laureati vedi R. Moro, La formazione della classe dirigente cattolica (1929-1927), Milano-Bologna 1979, ad Indicem; per quella nella DC: G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano al potere. La D.C. di De Gasperi e di Dossetti: 1945-1954, Firenze 1974, ad Indicem; Id., Il partito cristiano e l'apertura a sinistra. La D.C. di Fanfani e di Moro: 1954-1962, Firenze 1977, ad Indicem; M. Di Lalla, Storia della Democrazia cristiana, I-III, Torino 1979-1982, ad Indicem. Per la sua opera in genere: La lezione politica e umana di S. C.: 1903-1983, a cura della SEC, Venezia 1985 (che contiene: L. Gui, La lezione politica e umana di S. C., pp. 5-15; M. Campagnolo Bouvier, Il politico della cultura, pp. 14-16; A. Gaiotti, Gli inizi dell'impegno Pubblico, pp. 17-23; G. Morassutti, Arte e professione in S. C., pp. 24-27). Si vedano pure i giornali padovani e soprattutto il settimanale della DC, La Libertà.