GRIMALDI (Grimaldi del Poggetto), Stanislao
Nacque dal conte Emilio, conte del Poggetto, e da Polissena Pobel Vibert de La Pierre il 25 ag. 1825 a Chambéry, dove il padre ricopriva la carica di aiutante di campo del governatore della Savoia. Dal matrimonio nacquero, oltre al G., Luigia, Costanza e Maria.
Nel 1832 la famiglia si stabilì a Torino. Ricevuta l'istruzione elementare in casa, il G. entrò nel collegio dei nobili del Carmine retto dai padri gesuiti, e terminò gli studi letterari alle scuole pubbliche di S. Francesco di Paola. Seguendo le tradizioni familiari, nel 1839 intraprese la carriera militare, ottenendo da Carlo Alberto la nomina a paggio di corte e il permesso di entrare nella Regia Accademia militare di Torino. Promosso sottotenente, nel 1845 entrò nel reggimento "Genova cavalleria". Risalgono a questi anni le prime prove di pittura compiute sotto la direzione di F. Gonin e A. Beccaria (Autoritratto in uniforme da sottotenente: Torino, collezione Beccaro Migliorati). Nel 1848 prese parte con il suo reggimento alla prima guerra d'indipendenza. Dopo l'armistizio fece ritorno a Torino e, all'inizio del 1849, chiese le dimissioni dall'esercito e si stabilì in un piccolo appartamento, dove iniziò a dedicarsi alla pittura mostrando da subito un'inclinazione a riprodurre cavalli e soggetti militari, come testimoniano alcuni progetti per Sciabole d'onore del 1850 circa (Catalogo nazionale Bolaffi, n. 14, p. 267). Nel 1849 ottenne da Alfonso Ferrero della Marmora, allora ministro della Guerra, l'incarico di illustrare un "Album sulle campagne d'indipendenza" sostenute dall'esercito piemontese negli anni 1848-49.
A tale scopo, alla fine dell'estate, il G. partì per Parigi, città allora all'avanguardia nella litografia. Le trentacinque tavole, eseguite a matita e all'acquerello, furono riprodotte con questo procedimento e in cromolitografia da disegnatori specializzati in soggetti militari, tra cui A. Bayot e J. Davis, quindi stampate in 1200 copie nello stabilimento tipografico Lemercier e inviate a Torino. L'intera collezione fu terminata nell'autunno 1853 e offerta in dono all'imperatore Napoleone III. Per il lavoro svolto il G. ricevette onorificenze dal re e dal ministro di Francia a Torino, e fu nominato professore all'Accademia Albertina. Come si specificò nella ristampa in eliotipia dell'opera, le tavole "divennero presto l'ornamento favorito delle abitazioni, degli uffici, delle sale di convegno delle caserme" (L'arte e la guerra dell'indipendenza e dell'Unità d'Italia: campagne del 1848-1849 dell'esercito sardo, testo di S. Zanelli, litografie di S. Grimaldi, eliotipie di P. Carlevaris, Torino 1899, p. VI).
Successivamente Vittorio Emanuele II gli conferì il grado di capitano e lo fece suo disegnatore particolare di cavalli, incarico che il G. mantenne anche sotto Umberto I. Gli fu, perciò, assegnato uno studio nei locali delle scuderie della palazzina di caccia di Stupinigi, dove realizzò numerosi studi dal vero e le prime commissioni reali, tra cui una serie di acquerelli, eseguiti tra il 1856 e il 1864, raffiguranti destrieri in paesaggi italiani o esotici. Diciannove di questi dipinti furono poi trasportati a palazzo Pitti, così come un Ritratto di Vittorio Emanuele II in abbigliamento da caccia (1864). L'interesse per l'esotico che traspariva dai lavori era legato, da una parte, all'influenza delle opere di Gonin, dall'altro, al viaggio a Tunisi compiuto dal G. nell'aprile 1857, nonché alla sua partecipazione alla missione italiana in Persia nel 1862.
A fine primavera del 1857 fu inviato per sei mesi a Londra dal Ferrero della Marmora, di nuovo ministro, in veste di consulente militare per seguire l'esecuzione del Monumento a Carlo Alberto, commissionato a C. Marocchetti e destinato alla città di Torino. La sua consulenza riguardò, in particolare, l'esecuzione delle quattro statue dei soldati dell'esercito piemontese previste intorno alla base del piedistallo (bersagliere, artigliere, lanciere e granatiere), caratterizzate da un maggiore realismo rispetto all'impostazione accademica e teatrale della figura del re. Intorno al 1860, sotto la direzione di A. Gastaldi, riprese a studiare la pittura a olio. Successivamente iniziò a collaborare con la Regia Galleria d'armi di Torino fornendo agli scultori G. e C. Tamone i disegni per la costruzione di cinque cavalli in legno a grandezza naturale (due acquerelli, firmati e datati 1877 e 1882, sono presso l'Archivio della Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico e demoantropologico per il Piemonte). Nell'aprile 1862 fu scelto dal governo per partecipare, come disegnatore, a una missione diplomatica in Persia. Raggiunta Teheran attraverso il Caucaso, il 20 agosto la rappresentanza italiana fu ricevuta dallo scià, al quale il G. donò un suo Ritratto di Vittorio Emanuele II a cavallo, litografato da Gonin, alcune stampe sui costumi militari italiani e l'Album delle campagne del 1848-49.
Chiamato dal re a Firenze per disegnare la nuova divisa dei corazzieri della guardia reale, nel 1866, su richiesta del Comitato dell'ossario di Montebello, realizzò un grande quadro a olio rappresentante La carica della cavalleria a Montebello nel 1859, che regalò alla città di Voghera per l'ospitalità ricevuta durante i sopralluoghi sul teatro del combattimento. Di carattere celebrativo era anche l'acquerello esposto alla XXVIII Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino (1869). Illustrava le gesta del principe Umberto nella terza guerra d'indipendenza ed era l'originale dell'incisione eseguita da C. Girardet per l'edizione a stampa di G. Maggi. A questa pubblicazione era, verosimilmente, legata anche l'opera Il principe Umberto di Savoia nella battaglia di Custoza del 1866 (Vicario, pp. 564 s.).
Nel 1872 visitò Venezia e, in settembre, partì alla volta di Beirut per compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme e nei luoghi santi del Libano, della Siria e della Galilea. Nel 1878 si recò a Roma per prestare omaggio al nuovo sovrano Umberto I, che gli commissionò il suo ritratto a cavallo. Su questo soggetto il G. dipinse due quadri a olio collocati l'uno nell'appartamento del principe ereditario in palazzo del Quirinale, l'altro nella sala delle Udienze di palazzo reale a Torino.
Quello stesso anno partecipò al concorso per erigere nella città un Monumento a Vittorio Emanuele II, ma i suoi due cartoni in chiaroscuro non furono accettati dalla giuria. L'esclusione lo spinse a cimentarsi nella scultura, modellando con la plastilina, recente invenzione del genovese L. Giudice, alcune piccole figure rappresentanti il defunto sovrano a cavallo. Le versioni in gesso di questi lavori furono inviate nel 1879 al concorso indetto a Milano per il medesimo monumento, poi vinto da E. Rosa, e quindi presentate nel 1880 alla XXXIX Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino.
Dopo la morte del padre (settembre 1871) il G. aveva portato avanti i lavori di ristrutturazione dell'eremo di Busca (Cuneo), in cui riunì la maggior parte dei suoi lavori artistici: gli album sulle campagne del 1848-49 e del 1866, alcune piccole statue in bronzo e la statua equestre del generale Ferrero della Marmora grande metà del vero, fusa da E. Sperati. Le decorazioni ad affresco, per alcune delle quali il G. aveva fornito i disegni, furono eseguite da Gonin tra il 1878 e il 1887.
Dal 1881 il G. fu impegnato nella realizzazione del Monumento ad Alfonso Ferrero della Marmora, morto nel 1878. Approvati dal pubblico giudizio il bozzetto in piccolo e il modello a metà del vero della statua, il Municipio nel 1886 indicò come sede piazza Bodoni; e l'anno successivo iniziarono i lavori per le fondazioni. Dopo aver rotto il contratto con P. Bardi, che avrebbe dovuto ultimare la statua in gesso grande due volte il vero, il G. impiegò tre anni per perfezionare la scultura; e solo nel dicembre 1889 si procedette alla sua fusione, eseguita dal fonditore E. Sperati nel Regio Arsenale a spese del ministero della Guerra. Il 25 ottobre ebbe luogo la solenne inaugurazione alla presenza del re, che nominò il G. commendatore dell'Ordine mauriziano.
L'opera segnò il culmine della carriera artistica del G., ma anche la fine del suo periodo di maggiore attività, in cui aveva concepito disegni o dipinti di circostanza, figurini per tornei o per balli in costume, piatti in ceramica, composizioni umoristiche dirette agli amici per il loro onomastico. Dipinse ancora all'acquerello un album sui giochi ippici dei circoli equestri e, nel 1884, partecipò per l'ultima volta alla XLIII Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino. Nel 1890 il suo stato di salute lo obbligò a declinare la proposta della duchessa Maria Letizia Bonaparte di eseguire il monumento equestre del marito, Amedeo duca d'Aosta, da poco scomparso. Su commissione della vedova modellò una piccola statua a cavallo del defunto replicata in sette copie in bronzo: una la tenne per sé la Bonaparte, una fu donata al re, una restò al G. e le altre andarono ai figli del duca.
Tra il 1891 e il 1893 uscirono a Torino, in un'edizione privata di sole cento copie, i quattro volumi dei Ricordi di un ufficiale dell'antico esercito sardo, scritti dal G. a partire dal 1883 sull'esempio, probabilmente, delle Memorie di Gonin, e dedicati al nipote V. Scati.
Il G. morì a Torino il 17 maggio 1903.
Fonti e Bibl.: Raborello di Buccignasco (Milano), Arch. privato Guglielmo Guidobono Cavalchini; Le monument de La Marmora, in L'Illustration, XLIX (1891), 2542, p. 388; M. Degli Alberti, Per una storia dell'alleanza e della campagna di Crimea 1853-1856 Lettere e documenti, in Biblioteca di storia recente (1800-1870), IV, Torino 1910, p. 267; Fantasmi di bronzo. Guida ai monumenti di Torino 1808-1937, a cura di I. Cremona, Torino 1978, pp. 132 s., n. 36; K. Aschengreen Piacenti, in Curiosità di una reggia. Vicende della guardaroba di palazzo Pitti (catal.), Firenze 1979, p. 254 nn. 24, 24a, 24b; L'Armeria reale di Torino, a cura di F. Mazzini, Busto Arsizio 1982, p. 47 fig. 11; Catalogo nazionale Bolaffi dell'arte italiana dell'Ottocento, Milano 1985, n. 14, p. 267 ripr.; 1986, n. 15, p. 281 ripr.; 1997, n. 26, p. 157; Repertorio delle opere su carta acquistate per la Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino 1982-1992, a cura di R. Maggio Serra, Torino 1992, pp. 43, 170; Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris. Arte moderna a Torino, II, a cura di R. Maggio Serra, Torino 1993, pp. 132 s.; L'Ottocento. Catalogo delle opere esposte della Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino, a cura di R. Maggio Serra, Torino 1993, pp. 89, 411; P.A. Corna, Diz. della storia dell'arte in Italia, II, Piacenza 1930, pp. 533 s.; A.M. Bessone-Aurelj, Diz. degli scultori ed architetti italiani, Città di Castello 1947, p. 279; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e incisori italiani dall'XI al XX secolo, Torino 1972-76, VI, p. 176; A.M. Comanducci, Diz. dei pittori disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, III, Milano 1972, p. 1549; V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, I, Lodi 1994, pp. 564 s.; A. Panzetta, Diz. della scultura italiana dell'Ottocento e del primo Novecento, I, Torino 1994, p. 152.