BARAŃCZAK, Stanisław
Nato a Poznań il 13 novembre 1946 e morto a Newtonville il 26 dicembre 2014, è stato uno dei massimi poeti polacchi della seconda metà del 20° sec., oltreché traduttore geniale e ardito di William Shakespeare, della poesia metafisica inglese e di non pochi altri poeti, inglesi soprattutto e russi (quali Josif Brodskij e Natalia Gorbanevskaja).
Protagonista del Sessantotto polacco, poi tra i fondatori, insieme a Jacek Kuroń e ad altri intellettuali, del Comitato per la difesa degli operai (KOR, Komitet Obrony Robotników) sorto dopo le repressioni dei moti operai del 1976, espulso dall’Università di Poznań, di fatto esiliato in patria e messo all’indice, lasciò la Polonia per andare a insegnare ad Harvard continuando la sua attività poetica, iniziata alla metà degli anni Sessanta, e quella di divulgatore e traduttore in inglese di poeti polacchi, tra tutti Wisława Szymborska.
B. ha saputo cogliere i molteplici aspetti della vita sempre partendo dalla concretezza dell’esistenza materiale attraverso una poesia originalissima, sostanzialmente unica, dettata da una radicale diffidenza verso la parola e la lingua in sé nelle sue molteplici varianti e stratificazioni. Smontandone con geniali intuizioni linguistiche gli automatismi, le abitudini che fissano la realtà in un’immagine sclerotizzata e falsificata anche inconsapevolmente, ne ha evidenziato la fallacità in quanto strumento illusoriamente docile per rappresentarla, ma al tempo stesso facilmente manipolabile per deformarla. Attraverso la parodia e l’ironia che è riuscito a far scaturire dalla decostruzione di consunti fraseologemi svuotati di ogni significato, ha ridotto a brandelli, ridicolizzandolo, il velo della parola ufficiale – l’unica allora consentita – mostrando impietosamente la grigia quotidianità umiliante della Polonia degli anni Settanta coperta dalle mistificazioni della propaganda politica del potere. La sua è stata certamente una poesia segnata dalla protesta, ma è una protesta che, non limitata alle contingenze politico-sociali della Polonia degli anni Settanta e Ottanta, ha inglobato «tutto quello con cui l’uomo, nella sua esistenza, non riesce a conciliarsi, che non può accettare» (S. Barańczak, Zaufać nieufności. Osiem rozmów o sensie poezji, Fidarsi della diffidenza. Otto conversazioni sul senso della poesia, 1993, p. 17), come ebbe a sottolineare, rifiutando e ribellandosi a qualsivoglia schematismo che tenti di incasellare la proiezione dell’esistenza umana in dimensioni artificiosamente separate di metafisico, materiale, privato e politico. Aliena da tentazioni estetizzanti, alimentata dal-l’imperativo etico di testimoniare la verità, che attraverso maestri riconosciuti come Zbigniew Herbert e Czesław Miłosz affonda le radici nella tradizione romantica polacca, la sua poesia, dagli esordi di Korekta twarzy (Ritocco facciale, 1968) e Jednym tchem (D’un solo fiato, 1970) fino alle ultime cose che ha potuto scrivere (Chirurgiczna precyzja, Precisione chirurgica, 1998) prima di essere tacitato non più dalla censura di regime, ma da un’implacabile malattia degenerativa, non conosce fratture sostanziali.
Sia che abbia messo a nudo, e discreditato, la coercizione esercitata sull’uomo dalle condizioni della vita sociale, risultato dell’operare dell’uomo stesso, sia che abbia esplorato l’ineluttabile costrizione insita nei meccanismi biologici della natura, ha percorso gli spazi dell’esistenza umana con una poesia duttile e mirabilmente sorprendente, ora in verso libero, dove le clausole sono limpidamente funzionali a evidenziare la scomposizione e la contraddizione tra piano verbale e piano concettuale, ora in verso legato in misure rigorose, fino alla prediletta villanella il cui ritmo scandisce una delle più belle poesie sull’amore, dedicata alla moglie, Płakała w nocy, ale nie jej płacz go zbudził (Piangeva quella notte, ma non lo destò il suo pianto).
Bibliografia: ‘Nowa Fala’. Nuovi poeti polacchi, a cura di G. Origlia, Milano 1981; D. Pawelec, Poezja Stanisława Barańczaka. Reguły i konteksty (La poesia di Stanisław Barańczak. Regole e contesti), Katowice 1992; K. Biedrzycki, Świat poezji Stanisława Barańczaka (Il mondo della poesia di Stanisław Barańczak), Kraków 1995; J. Kandziora, Ocalony w gmachu wiersza. O poezji Stanisława Barańczaka (Salvato nell’edificio del verso. Sulla poesia di Stanisław Barańczak), Warszawa 2007; Teorie della traduzione in Polonia, a cura di L. Costantino, Viterbo 2009.