Nelle relazioni tra Russia e Stati Uniti nel dopo guerra fredda è possibile individuare elementi diversi e spesso contraddittori. Si tratta anche della conseguenza di ciò che la Russia post-sovietica ha rappresentato per gli Stati Uniti. Essa è stata, e rimane oggi, l’erede del grande avversario degli Stati Uniti dal 1945 al 1991; un’eredità che, in concreto, ha fatto della Russia l’unico competitore degli Stati Uniti in un ambito di potenza, quello delle armi nucleari, assai tangibile ancorché meno rilevante che in passato. Ha continuato però a rappresentare la principale minaccia geopolitica di quegli stati dell’Europa centro-orientale schierati ora al fianco degli Usa e progressivamente integrati nella rete d’interdipendenze euro-atlantiche. Ed è diventata, per gli Stati Uniti e l’Occidente, interlocutore vieppiù imbarazzante: per la corruzione dilagante, il malgoverno e, infine, la progressiva involuzione neo-autoritaria dell’ultimo decennio. Tuttavia ha inoltre costituito, la Russia del dopo 1991, il teatro di un grande esperimento di de-regulation e liberismo economico, sollecitato e influenzato proprio dagli Stati Uniti.
Queste contraddizioni hanno concorso a rendere ambivalente e ondivaga la politica degli Stati Uniti verso la Russia post-comunista. Una politica oscillante tra le spinte a integrare - economicamente e strategicamente - la Russia nell’ordine internazionale a leadership statunitense e la tentazione di sfruttarne il momento di debolezza e fragilità, per metterla in un angolo e consolidare la superiorità americana.
La linea del dialogo e dell’integrazione è stata perseguita in tre ambiti fondamentali: i negoziati sugli armamenti; i tentativi di procedere a una istituzionalizzazione dei rapporti tra gli Stati Uniti, la Comunità Atlantica e la Russia; la politica economica e l’intensificazione dei rapporti commerciali e finanziari tra le due parti. I negoziati sugli armamenti, pur intermittenti nell’andamento, sono culminati nell’ultimo accordo Start dell’aprile 2010, e hanno determinato un’ulteriore, significativa riduzione degli arsenali nucleari russo e statunitense. Minor successo hanno avuto i tentativi di creare istituzioni ad hoc attraverso cui legare maggiormente la Russia all’Occidente, rendendole accettabile l’allargamento a est dell’Alleanza Atlantica. Nel 1994 la Russia ha aderito al Partenariato per la Pace dell’Alleanza e nel 2002 un apposito Consiglio Nato-Russia è stato istituito, con l’obiettivo di promuovere la collaborazione e la consultazione. I risultati sono però stati parziali e le aspettative non si possono dire soddisfatte. Infine, l’integrazione economica è avvenuta in forme diverse da quelle auspicate. La Russia si è aperta agli investimenti esteri, cresciuti in maniera rilevante, soprattutto dopo il 2000. La transizione a un modello neo-liberale è però avvenuta in forma caotica e incoerente, caratterizzata prima dall’affermazione di forme estreme di capitalismo oligarchico e predatorio e poi dalla progressiva riaffermazione di un forte controllo statale. L’integrazione della Russia nell’ordine internazionale liberale rimane incompiuta, come evidenzia l’estrema lentezza dell’iter di ammissione di Mosca all’Organizzazione Mondiale per il Commercio (Wto).
I limiti di questa integrazione sono stati causati tanto dalla lentezza e incoerenza della transizione post-sovietica, quanto dalla frequente decisione degli Stati Uniti di scegliere la via non dell’integrazione ma del confronto-scontro. L’espansione della Nato, ormai giunta alle porte della Russia, ha spaventato Mosca ed è stata non di rado giustificata dalla destra americana come funzionale a consolidare ed estendere il vantaggio di potenza nei confronti dello storico avversario. Il sistema di difesa anti-missilistica, di cui si prevedeva il dispiegamento in Polonia e nella Repubblica Ceca e che è stato infine abbandonato, sembrava anch’esso rispondere a una logica strategica anti-russa. Infine, il sostegno americano a forze politiche filo-occidentali in Ucraina e Georgia ha stimolato reazioni ostili a Mosca; un fronte di tensione, questo, culminato nella guerra russo-georgiana dell’estate 2008.
Integrazione e confronto - desiderio di cooperazione e tentazione di scegliere lo scontro - continuano a contraddistinguere le relazioni tra Russia e Stati Uniti. L’atteggiamento meno unilaterale dell’amministrazione Obama, entrata in carica nel gennaio 2009, e la rimozione di alcune delle asprezze della retorica nazionalista statunitense degli anni in cui fu presidente George Bush sembrano avere però reso meno tesi e conflittuali i rapporti tra queste due grandi potenze.