PROFESSIONI, Statistica delle
Statistiche pubbliche e private, demografiche, economiche, sanitarie forniscono, presso tutte le nazioni civili, numerosissimi dati intorno alla frequenza degli addetti a ciascuna professione nell'intero stato o presso particolari gruppi di abitanti: esse tendono talora semplicemente a descrivere la struttura della popolazione, dando dirette notizie sugli addetti ai varî rami di attività da cui essa trae il suo sostentamento o fornendo indiretti indizî sulla sua composizione sociale; altre volte mirano invece a porre in luce le relazioni che corrono fra professione (o classe sociale) e altri fenomeni economici, demografici, ecc.
Statistiche degli addetti alle singole professioni. - Per molte professioni, la statistica di coloro che le esercitano può essere ottenuta per due vie differenti. La prima consiste nel compiere presso tutti gli enti, le aziende, le officine, gli esercizî, gli uffici, ecc., che eseguono ciascun tipo di lavoro, un computo degl'individui che vi sono addetti. Così, per es., l'ultimo censimento degli esercizî industriali e commerciali italiani ha permesso di rilevare che al 15 ottobre 1927 i 732.109 esercizî industriali esistenti impiegavano 4.005.790 persone, mentre gli 825.337 commerciali ne impiegavano 1.646.165; così il censimento generale dell'agricoltura italiana del 19 marzo 1930 ha computato 8.792.437 persone aventi come loro principale occupazione un'attività rurale e 4.146.762 per cui tale attività è solo accessoria; così le indagini compiute dallo stato italiano presso tutti i suoi ministeri, uffici e aziende dipendenti fanno conoscere l'ammontare del loro personale al 1° luglio di ciascun anno (per es., al 1° luglio 1932: personale di ruolo: 565.660; non di ruolo: 72.669); e altri dati si possono ottenere in base alle statistiche delle associazioni sindacali, dei consigli provinciali dell'economia corporativa, ecc.
Le rilevazioni di questo primo tipo sono però poco comparabili fra loro, essendo condotte in tempi diversi e con criterî disparati; trascurano un notevole numero di persone, quali i lavoratori a domicilio, i temporaneamente disoccupati, ecc.; e computano invece come più persone singoli individui che esercitano contemporaneamente più professioni. Per ottenere un quadro completo della ripartizione dei cittadini secondo l'attività esercitata, è quindi necessario ricorrere a un secondo metodo: introdurre cioè quesiti concernenti la professione nei censimenti demografici, che sono estesi a tutti i cittadini e vengono eseguiti contemporaneamente in tutto lo stato (in Italia, ad ogni quinquennio, al giorno 21 aprile: 1931, 1936....).
Anche questo metodo urta però contro notevoli difficoltà: milioni e milioni di persone non esercitano una vera e propria professione, ché tale non può chiamarsi, per es., quella dello studente e della donna di casa; per esse si chiede allora quale sia la loro "condizione": attendenti alle cure domestiche (per es., in Italia nel 1931: 11.268.279); studenti (2.265.102); invalidi (485.206); pensionati (273.432); proprietarî e benestanti (208.919); ricoverati (159.832); mendicanti (9914); prostitute (4746); detenuti (2679). È ovvio che le ultime tre cifre si riferiscono soltanto a quel gruppo ristrettissimo di persone che, non sapendo esercitare alcun mestiere, debbono confessare di appartenere alle schiere della prostituzione, della mendicità, della delinquenza, in realtà sempre enormemente più vaste di quel che risulti dai censimenti.
Ma anche per le altre categorie, il limite fra professione e condizione non professionale non è sempre netto: per es., le donne di casa, che in alcune o molte ore della giornata vanno a lavorare nei campi, dovrebbero più spesso di quanto non sia avvenuto negli ultimi censimenti essere computate come esercenti professioni agricole; lo stesso si deve dire per le numerose donne esercenti a domicilio l'industria tessile, che furono computate come appartenenti a quell'industria nel 1881, ma non nei censimenti successivi, col risultato assurdo di fare apparire in grande diminuzione la percentuale degli addetti all'industria dal 1881 al 1901 (v. tabella I). Errori nascono pure da due opposte circostanze: molti vecchi che non rendono quasi più nulla non vogliono confessare di essere inabili al lavoro e si denunciano come addetti alla professione esercitata precedentemente; d'altra parte, i censimenti passati - estendendo le indagini ai soli individui superiori ai dieci anni - venivano a trascurare il lavoro compiuto, specialmente nel campo agrario, da diecine di migliaia di bambini di età inferiore. Essendo poi momento caratteristico del concetto di professione quello della libertà di scelta, pare dubbio se si debbano classificare come addetti alla professione militare le reclute censite sotto le armi; correttamente, nel censimento 1931, a differenza dei precedenti, i soldati di leva sono stati classificati secondo la professione anteriormente esercitata.
Secondo la professione abituale vengono pure classificati i disoccupati, le statistiche dei quali si attingono però di solito a fonti diverse dai censimenti (v. disoccupazione).
Per tutti gli altri censiti si compie invece la rilevazione della professione esercitata al momento del censimento, ponendo particolare cura affinché le persone "decadute" non indichino la professione esercitata in passato e le persone fornite di titoli di studio non indichino il titolo anziché la professione, ecc. Chi esercita più professioni deve, in generale, indicare quella che - per il guadagno che dà o il tempo che richiede - può essere considerata come principale; talvolta però (per es., in Italia, nel 1901) si fa anche la statistica delle professioni accessorie.
Il numero di professioni che risultano dalle dichiarazioni dei censiti ascende a molte migliaia, sicché il computo del numero di appartenenti a ognuna di esse sarebbe estremamente complesso; le dichiarazioni dei censiti possono poi talora determinare gravi equivoci, in quanto mestieri diversi sono indicati nelle varie regioni con un termine identico e mestieri identici con termini diversi: si usa perciò compiere lo spoglio di tali dichiarazioni secondo un numero assai più ristretto di categorie professionali, riunendo insieme tutti coloro che esercitano mestieri affini. Siccome variano attraverso il tempo e lo spazio i criterî con cui si esegue il censimento e i tipi di mestieri realmente esercitati dalla popolazione, le categorie professionali non risultano identiche in tutti gli stati e in tutti i tempi; e ciò rende estremamente difficili i confronti fra dati relativi a epoche e località diverse: i tentativi sinora fatti (J. Bertillon, L. March, ecc.) per unificare le nomenclature professionali in uso nei varî stati hanno dato scarsi risultati.
Per lo studio sintetico delle caratteristiche professionali della popolazione, si usa poi riunire le categorie professionali (che spesso ammontano a qualche centinaio) in alcuni grandi raggruppamenti. Se ne ha esempio nella tabella I, descrivente le variazioni della composizione professionale della popolazione italiana dal 1871 al 1931. Essa mostra, dopo l'unificazione d'Italia, un continuo incremento nella popolazione addetta ai commerci, alle comunicazioni e alle professioni liberali; un andamento incerto nella quota degli addetti all'industria, dovuto ai contrastanti effetti del declino dell'artigianato, del fiorire della grande industria e dell'aumentato uso delle macchine; una diminuzione sensibile negli addetti all'agricoltura; un decremento, in parte solo apparente, negli addetti ai servizî domestici; e, dopo l'avvento del fascismo al potere, un aumento negli addetti all'amministrazione pubblica.
Statistiche delle caratteristiche e del movimento degli addetti alle singole professioni. - I censimenti non si limitano di solito a dare notizia del numero degli addetti a ciascuna categoria professionale nell'intera nazione, ma dànno sovente preziosi particolari sulla loro distribuzione topografica, sulla loro composizione per sesso, per età, per stato civile, ecc., e talora anche per luogo di nascita, nazionalità, religione, ecc.: per es., in Italia, il censimento 1931 riferisce, per 310 grandi comuni e per 180 classi di comuni i dati relativi a circa 250 categorie professionali, distinguendo i lavoratori dalle lavoratrici; indica per ciascuna delle 92 provincie il numero dei lavoratori delle 250 categorie ripartiti per 15 classi di età e per sesso, ecc.; sicché si può calcolare che tale indagine - compiuta nell'epoca di formazione del sistema corporativo - fornisca non meno di un milione di dati sulla popolazione professionalmente attiva.
Accanto alle rilevazioni del numero e delle caratteristiche degli addetti a ciascuna professione esistenti in un determinato istante di tempo, fatte a mezzo dei censimenti, altre ne vengono compiute con lo scopo di seguire i movimenti che hanno luogo fra gli addetti a ciascuna professione. Particolare sviluppo hanno a questo riguardo le statistiche della disoccupazione e quelle dei collocamenti compiuti dagli appositi uffici; solo pochi stati compiono invece rilevazioni circa i cambiamenti di professione o di datore di lavoro compiuti da ciascun lavoratore; e scarso sviluppo hanno sinora avuto le indagini tendenti a stabilire statisticamente il fabbisogno annuo di nuovi addetti a ciascuna professione e il numero effettivo dei nuovi addetti. Per costoro, si compiono talvolta interessanti rilevazioni circa la professione paterna, al fine di studiare l'intensità della ereditarietà professionale.
Notizie sulle variazioni nel numero degli addetti alle singole professioni dovute a movimenti migratorî si possono desumere dalle statistiche delle migrazioni: per es., per l'Italia, queste ci dicono che su 15 milioni di emigrati dal 1876 al 1927, circa metà erano operai, oltre un terzo erano agricoltori, 2% erano persone di servizio, 5% esercitavano altre professioni, altrettanti erano senza professione, mentre soltanto 1% erano professionisti o impiegati.
Intorno alle variazioni nel numero degli addetti a ciascuna professione dipendenti dalla mortalità, si possiedono numerose statistiche, che - collegate a quelle della morbilità professionale, degli infortunî sul lavoro, ecc. - permettono di compiere importantissime ricerche sugli effetti che la professione esercita sulle condizioni sanitarie. Particolare cura occorre avere, quando si compie a questo fine la classificazione professionale, poiché si deve tenere presente contemporaneamente la pericolosità della materia prima lavorata, quella dell'ambiente o della posizione in cui si lavora, quella della natura del lavoro, ecc., e si deve tenere conto che non è sempre l'ultima professione quella che può avere prodotto effetti deleterî sull'organismo.
Notizie sull'influenza del tipo di lavoro sulle condizioni sanitarie sono fornite anche: per gli uomini, dalle statistiche militari circa i risultati delle visite di leva; per le donne, dalle frequenti ricerche sull'andamento dei parti secondo la professione.
Le statistiche giudiziarie e, in particolare, le statistiche della criminalità permettono di avere qualche indizio sul livello etico degli appartenenti alle varie categorie professionali; e sul loro livello intellettuale dànno qualche notizia le cifre dei censimenti relative agli analfabeti facenti parte di ciascuna categoria.
Sulle condizioni economiche e sociali degli appartenenti a ciascuna professione si trovano numerosi dati - riferentisi però specialmente ai soli contadini e operai - nelle statistiche dei salarî, in quelle delle assicurazioni sociali, in quelle della assistenza sociale, nelle molte inchieste sulla situazione dei lavoratori, ecc.; specialmente alle classi superiori si riferiscono invece le statistiche finanziarie, relative alla distribuzione dei redditi presso ciascun gruppo professionale.
Statistica delle professioni e statistica delle classi sociali. - La statistica delle professioni può offrire utilissimi dati per la approssimata conoscenza della struttura sociale della popolazione, tanto importante dal punto di vista demografico, economico, politico, ecc.: a dati precisi è impossibile giungere nelle società moderne occidentali - non divise in caste giuridicamente determinate - nelle quali l'appartenenza di un individuo a una determinata classe dipende da uno svariato insieme di fattori (quali il reddito, la professione esercitata, il grado di cultura e di educazione, l'origine della famiglia, ecc.) non sempre statisticamente determinabili e valutabili.
Per una utilizzazione della statistica professionale da questo punto di vista è però necessario che oltre ai quesiti relativi al ramo di attività esercitato, s'introducano nei censimenti quesiti relativi alla "posizione" che ciascun lavoratore ha nella sua professione (la posizione sociale del proprietario di terreni è evidentemente diversa da quella del bracciante, anche se ambedue sono addetti all'agricoltura; viceversa il primo può talora essere in posizione sociale non lontana da quella di un proprietario di azienda industriale o commerciale, il secondo può trovarsi in posizione simile a quella di un operaio, ecc.).
Un esempio di statistica degli appartenenti ai varî rami professionali, ripartiti per posizione, è dato dalle tabelle II e III, desunte dal censimento italiano del 1931; esse mostrano differenze fondamentali nella struttura sociale degli addetti all'agricoltura, all'industria e al commercio. Per avere un quadro completo della struttura sociale della nazione, è però utile classificare i membri conviventi di ciascuna famiglia - attivi o no - tutti nello stesso modo: generalmente conviene attribuire a tutti i membri la posizione del capofamiglia, poiché di regola tale posizione determina quella dei varî membri.
Seguendo questo criterio i due ultimi censimenti italiani hanno raccolto i dati riassunti dalla tabella IV, dalla quale si desume, tra l'altro, l'importante fenomeno della diminuzione del bracciantato agricolo e dell'aumento numerico dei proprietarî, fittavoli e coloni avvenuto nel decennio fascista.
Dai censimenti 1921 e 1931 si ricavano anche dati circa la composizione media delle famiglie naturali di ciascuna classe, i quali forniscono indirettamente un sintomo della diversa fecondità dei varî ceti; essa risulta specialmente forte presso i ceti agrarî, minore presso gli operai e gli artigiani, minima presso le classi borghesi (tabella IV).
Questo ben noto fenomeno - confermato dalla statistica delle nascite secondo la professione dei genitori - spiega in parte il movimento migratorio dalle campagne verso le città e spiega anche perché generalmente il moto ascensionale dai ceti inferiori verso i superiori sia numericamente più forte di quello discensionale: gli elementi più attivi delle classi basse vanno a colmare i vuoti scavati dalla denatalità nelle classi elevate. Di tali movimenti si può aver misura specialmente dalle statistiche che raffrontano la professione dei genitori con quella dei figli; esse vanno integrate dalle indagini sui mutamenti di classe determinati dai matrimonî, riguardo ai quali dànno notizia le statistiche dei matrimonî classificati secondo la professione dello sposo e quella della sposa o del padre di essa.
Bibl.: J. Bertillon, Nomenclature des professions, in Bulletins de l'Institut International de statistique, IV, ii (1890), pp. 252-62; VI, i (1892), pp. 263-97; VIII, i (1895), pp. 226-62; P. Fahlbeck, Les classes sociales, ibid., XVIII, i (1909), pp. 189-210; L. March, La classification des industries, ibid., XVII (1908), pp. 119-123; XVIII, ii (1909), pp. 482-90; XXII, ii (1925), pp. 5-22; A. L. Bowley, The measurement of social phenomena, Londra 1923, pp. 51-93; F. Zahn, Bruf und Berufsstatistik, in Handwörterbuch der Staatswissenschaften, Jena 1924, 4ª ed., II, pp. 524-81; G. Mayr, Statistik und Gesellschaftslehre, Tubinga 1926; Les méthodes de la statistique de la morbilité et de la mortalité professionnelles, pubbl. n. 16, serie N, degli Études et documents del Bureau international du travail, Ginevra 1930, p. 232 e segg.; Les méthodes de classification des industries et professions, pubbl. n. i, della stessa serie, Ginevra 1923, p. 74 e segg. Le fonti principali di dati statistici per l'Italia sono: i censimenti generali della popolazione; il movimento della popolazione secondo gli atti dello stato civile; la statistica delle cause di morte; la statistica delle migrazioni da e per l'estero (tutte edite dall'Istituto centrale di statistica).