VATICANO, Stato della Città del (XXXIV, p. 1032)
La seconda Guerra mondiale, le successive vicende internazionali e dei singoli stati, e in particolare quelle subìte dall'Italia hanno collaudato in certo modo i Patti del Laterano, che la nuova Costituzione italiana ha voluto solennemente richiamare (art. 7). Con essi si collega il ricordo del giureconsulto Francesco Pacelli (n. in Roma il 27 febbraio 1874, m. ivi il 22 aprile 1935), che, in qualità di mandatario della Santa Sede, svolse opera intelligente e tenace per la redazione e conclusione dei patti e per la loro esecuzione.
Durante la sede vacante del 1939, il Sacro Collegio dei cardinali assunse il governo dello stato ed esercitò il potere legislativo. Con una delle prime disposizioni del nuovo pontefice Pio XII (20 marzo 1939) fu istituita la Pontificia Commissione per lo S. C. V., composta di alcuni cardinali; alla quale sono attribuiti tutti i poteri che al sommo pontefice spetta di esercitare personalmente circa il governo dello S. C. V. La dottrina ha paragonato la posizione giuridica della Commissione nell'ordinamento dello S. C. V. a quella che aveva il luogotenente generale del re nel diritto costituzionale italiano. Tuttavia Pio XII ha esercitato direttamente più volte il potere legislativo su alcune materie: in particolare con il motu proprio "Con la legge" del 1° maggio 1946, ha promulgato il nuovo ordinamento giudiziario e il codice di procedura civile dello Stato della Città del Vaticano.
Nel campo internazionale lo S. C. V. ha stipulato alcune convenzioni con l'Italia, ha partecipato a conferenze internazionali, ratificando le convenzioni relative, ha aderito alle organizzazioni delle Unioni internazionali delle telecomunicazioni e per la protezione delle opere letterarie e artistiche e alla Convenzione internazionale automobilistica.
Il territorio della Città del Vaticano, fu sostanzialmente risparmiato dalla guerra. All'atto dell'occupazione di Roma dopo l'8 settembre, il maresciallo Kesserling su proposta dell'ambasciatore Rahn dispose un servizio di sentinelle lungo tutto il perimetro della città. Per il servizio di ordine la S. Sede rafforzò in modo notevole gli effettivi della Guardia palatina. Unico episodio di violazione della neutralità del territorio Vaticano fu il lancio di alcune bombe di fabbricazione inglese avvenuto la sera del 5 novembre 1943 verso le 21 ad opera di un aereo. Esse non fecero alcuna vittima ma danneggiarono alcuni edifici. Come più tardi fu accertato, questa iniziativa era stata presa da Roberto Farinacci, che oltre a voler far ricadere la responsabilità sugli Alleati, intendeva sfogare i suoi rancori contro il Vaticano. In palazzi vaticani, come in varî istituti e collegi extraterritoriali sparsi per Roma, trovarono rifugio personalità politiche, militari, ecc.
Bibl.: Acta Apostolicae Sedis e Supplem. per le leggi e disposizioni dello S. C. V., Città del Vaticano 1938 segg.; Attività della Santa Sede, ivi 1940 segg.; Ecclesia, ivi 1942 segg.; Roma, la Guerra e il Papa, a cura di Gessi, Roma 1945; Ciprotti, Appunti di diritto privato vaticano, ivi 1938; Patti Later., convenz. e accordi success. fra il Vat. e l'Italia fino al 31 dicembre 1945, Città del Vaticano 1946; Ordin. giudiz. e cod. di proc. civ. dello S. C. V., ivi 1946; Vaticano, a cura di Fallani ed Escobar, Firenze 1946.
Scavi nelle Grotte Vaticane.
In varî tempi, prima e durante i lavori di costruzione dell'attuale basilica di S. Pietro, e cioè dal pontificato di Niccolò V a quello di Pio VI, erano venuti in luce monumenti sepolcrali sia pagani sia cristiani. Ma per la prima volta dal gennaio 1941 furono condotte sistematiche esplorazioni archeologiche, per espressa volontà di Pio XII, nell'ambito della basilica costantiniana e più precisamente nella zona oggi detta delle sacre Grotte Vaticane, corrispondente alla parte della navata centrale dell'attuale basilica che ha il pavimento sostenuto da una serie di robusti pilastri e massicce vòlte.
Lo spunto alle ricerche fu dato dalla necessità di trovar posto adeguato al monumento sepolcrale del papa Pio XI e dall'avervi destinato uno spazio sormontato da vòlta, a mo' di arcosolio, addossato alla struttura muraria del pilone di Sant'Andrea, uno dei quattro che sorreggono la cupola di Michelangelo, spazio che era stato mascherato da un muro. Furono rintracciati ed aggregati successivamente sei grandi vani, posti a sud, costruiti in parte con strutture nuove, per l'attuale basilica cioè, in parte con residuali strutture della basilica costantiniana, ed altri due vani posti ad est in prosieguo delle navate minori delle Grotte. Tali vani furono trovati completamente ricolmi di terra fino al pavimento superiore. Al desiderio, così felicemente raggiunto, di assegnare nuovi spazî alle sacre Grotte, in vista di trasferire in esse anche il prezioso materiale del Museo Petriano, si aggiunse quello di migliorarne le condizioni di aerazione e di salubrità in genere, aumentando lievemente l'altezza; perciò furono iniziati dei lavori per abbassare la quota del pavimento e per riaprire il cunicolo detto di Clemente VIII perché venendo a sboccare sulla via delle Fondamenta avrebbe facilitato l'esodo dei materiali di scavo e consentito, al momento opportuno, l'ingresso del monumentale sarcofago di Pio XI. Si rese necessaria la rimozione dei sarcofagi di papi, sovrani e cardinali, con il proposito di una loro migliore e più adeguata sistemazione.
Si rinvennero intanto il pavimento della basilica costantiniana, il muro costruito da Antonio da Sangallo il giovane nel 1538, onde separare la crescente nuova basilica da quella parte rimasta della vetusta costantiniana, che ancora continuava ad officiarsi durante i lavori, la rampa della scala di collegamento delle due basiliche, in quanto quella attuale ha il suo pavimento circa tre metri al di sopra di quella costantiniana, i cardini della porta di chiusura, ed inoltre, subito sotto il pavimento, un vero e proprio cimitero cristiano a sepolcri di muratura o con lastre marmoree, sarcofagi ed arche fittili, del tipo di quello rinvenuto sotto il pavimento della Basilica Apostolorum in Catacumbas.
L'esplorazione fruttò un discreto numero di sarcofagi scolpiti e d'iscrizioni non anteriori alla costruzione della basilica costantiniana. Oltre alle scene già note dell'Antico e del Nuovo Testamento, nell'alzata di un sarcofago si nota da una parte la rappresentazione della vendita di Giuseppe ai mercanti Ismaeliti; dall'altra, a riscontro, l'Epifania e, per la prima volta, la croce latina posta dietro la cattedra sulla quale è assisa la Madonna con in braccio il Bambino Gesù.
Il tentativo di dare un'ulteriore altezza alle navate delle sacre Grotte fece rilevare che il cimitero cristiano stava in un terrapieno il quale serrava, seppellita, una necropoli romana costituita da due file di celle a quote differenti (ciascuna fila essendo servita da un iter), disposte pressoché parallelamente all'asse est-ovest della basilica, con sensibile deviazione da sud-ovest verso nord-est di circa cinque gradi sessagesimali, ogni cella con ingresso verso sud, cioè verso la valle vaticana.
Gli architetti della Rinascenza avevano, perciò, fondato i pilastri delle Grotte, ed anche alcuni muri di divisione piuttosto importanti, sul terrapieno che seppelliva la necropoli, assicurandosi con opere ed artifici varî il suo consolidamento. Cosicché gli scavi si rendevano particolarmente difficili per questa circostanza: la rimozione del terrapieno avrebbe imposto notevoli opere di sotto fondazione per altezze considerevoli, che in alcuni punti sarebbero andate fino ad oltre dieci metri.
Fu deciso, peraltro, di affrontare tali difficoltà pur di trarre alla luce i monumenti sepolcrali romani o per lo meno quelli che non avrebbero creato inconvenienti statici alle strutture dell'attuale basilica o richiesto opere seriamente onerose. Peraltro questa rinunzia fu fatta solamente per la zona anteriore della basilica, quella costruita dal Maderno, il quale, per l'urgenza di completare il sacro edificio in pochi anni, anziché sostenerne il pavimento con vòlte preferì innalzare ancora (di circa 3 m.) il preesistente terrapieno. In queste condizioni risulta assai più difficile condurre l'esplorazione sotterranea.
L'architettura delle celle sepolcrali offre analogie con quella del sepolcreto all'Isola Sacra, superandola per solennità degli ambienti, ricchezza di decorazioni pittoriche e di stucchi. Le vòlte delle celle vennero quasi tutte demolite all'atto della costruzione della basilica costantiniana; qualcuna rimasta lo fu dagli architetti del Rinascimento per fondare i pilastri delle grotte; identica sorte toccò al piano superiore quando esisteva.
Alcuni dei mausolei furono di liberti imperiali, qual'è un T(itus) Aelius Aug. lib. Tyrannus, qui fuit a com(mentariis) prov(inciae) Belgicae, liberto dell'imperatore T. Elio Antonino (138-161) e ragioniere della provincia Belgica; o un Aur(elius) Hermes duorum Augustorum libertus, cioè di Diocleziano e Massimiano; ma per lo più appartennero a liberti di note famiglie, quali i Marci, i Popilî, i Tullî, i Valerî o anche di famiglie plebee quali i Cetennî.
L'architettura esterna è semplice, di solito accurata: cortina di mattoni rossi, decorazioni fittili, stipiti ed architrave della porta d'ingresso di travertino a sagome robuste e nitide. Spesso una marmorea targa frontale sta ad affermare la proprietà, le dimensioni del terreno occupato, un codicillo testamentario. I due sentieri che disimpegnano le due file di monumenti sono pressoché paralleli, disposti in salita verso l'ovest uniti da qualche diverticolo piuttosto ripido.
L'architettura interna ha movimento, ottenuto a mezzo di nicchie, colonnine, timpani e vòlte. La decorazione pittorica, o a stucchi, qualche volta con erme di separazione fra una nicchia e l'altra. Sovente si ha una scaletta che unisce il pianterreno a quello superiore: è ripida, stretta, ma molto bene ottenuta negli spazî disponibili e con la parete laterale utilizzata per loculi. Qualcuno dei monumenti ha un decoroso atrio con loculi per i famigli.
I monumenti furono tutti destinati tanto per l'inumazione quanto per la cremazione; rimasero in uso fino al momento della costruzione della basilica costantiniana; alcuni presentano anche una seconda decorazione. Dal punto di vista epigrafico è specialmente notevole il titulus primitivo rimasto ancora al posto all'esterno d'una delle celle; esso contiene la copia delle disposizioni testamentarie ex codicillis triplicibus di C. Popilius Heracla, il quale aveva disposto a che i suoi eredi gli erigessero il monumento in Vatic(ano) ad Circum presso il sepolcro di Ulpio Narcisso. L'indicazione topografica indica che la necropoli romana era situata in prossimità del circo e non nel luogo ove sorgeva il circo, il quale, dunque, contrariamente a quanto era stato finora ritenuto dai topografi, va ricercato a sud della necropoli e non sotto la nave centrale della basilica costantiniana.
Oltremodo ricchi sono i sarcofagi rinvenuti sia all'interno sia allo esterno dei monumenti. Numerosi i soggetti dionisiaci, o col fastoso trionfo di Dioniso, o con un sacrificio bacchico, o col piccolo Dioniso sostenuto da un fauno danzante, o con Dioniso e la pantera. Uno di questi sarcofagi è grandioso, ornato dai ritratti dei due defunti Q. Marcius Hermes e sua moglie Marcia Trasonide, databili all'età severiana, mentre un altro sarcofago con i due Dioscuri fu di una Marcia Felicita il cui ritratto è dell'età di Otacilia Severa.
Nell'interno di due monumenti si rinvennero due tombe cristiane; la prima è posta in un arcosolio d'una cella destinata fin dal principio ad uso di sepolture per inumazione (ed appartenente probabilmente ad una famiglia originaria d'Egitto poiché, nella decorazione, è rappresentata una divinità egizia) tra cui sarcofagi bacchici, mentre nell'ultimo periodo fu decorata, nella lunetta di un arcosolio, con un cartello, dipinto in rosso sull'intonaco, contenente un'epigrafe, pure in rosso, per una defunta cristiana come è dimostrato dalla palma, la colomba e la parola deposita.
La seconda tomba cristiana è in uno dei monumenti dei Cetennî. Si tratta d'una forma nel pavimento, chiusa da lastra marmorea, sulla quale si legge l'iscrizione dedicata ad una Emilia Gorgonia dal marito che segnala l'indicibile bellezza e castità della sua consorte e le rivolge un duplice saluto: Anima dulcis Gorgonia e dormit in pace. L'iscrizione è accompagnata da due colombe con ramoscello d'olivo e dalla rappresentazione di Gorgonia che attinge acqua da un pozzo.
Più importante è però la trasformazione operata nell'intenno d'una piccola cella sepolcrale, in origine destinata per olle mentre in un secondo tempo le pareti contenenti le olle vennero ricoperte da uno strato d'intonaco e tutto l'ambiente venne decorato a mosaico. Nella vòlta, su fondo giallo, si distendono tralci vitinei dalle foglie mirabilmente variegate e che si protendono verso le pareti; nel centro è effigiato Elios sul carro lanciato in corsa da quattro cavalli, due dei quali purtroppo sono perduti. Nella parete incontro all'ingresso è rappresentato il pescatore all'amo; in quella di destra Giona gettato in mare e inghiottito dal mostro marino e in quella di sinistra si hanno avanzi del Buon Pastore con la pecora sulle spalle. Questa decorazione musiva cristiana è indubbiamente anteriore alla basilica costantiniana.
Arditi lavori compiuti dagli architetti della Fabbrica di S. Pietro per rendere accessibile, mediante apposita scalea, la necropoli romana, hanno reso visibile una parte del muro di fondazione della parete sud della navata centrale dell'edificio costantiniano. Si tratta di muratura all'esterno eseguita dai magistri con tufelli e mattoni, spessa m. 2,07 con un fornice di comunicazione, abilmente oggi sfruttato per il trausito dei visitatori. Non vi è traccia di utilizzazione di precedenti strutture murarie del circo, come si era finora ritenuto; anzi il muro di fondazione messo allo scoperto dimostra quanto sia stata laboriosa l'opera degli architetti costantiniani: il terreno ascendeva rapidamente da sud a nord e anche da est verso ovest e due file di monumenti sepolcrali si addossavano alle pendici del mons Vaticanus. Si dovette iniziare l'opera demolendo quelle parti delle celle funerarie che sarebbero state di ostacolo, quindi fondare le murature del lato meridionale della basilica andando fino alle argille plioceniche con la difficoltà anche del lavoro in acqua, affrontare poi a nord lo sterro della collina, adoperare la terra di risulta per coprire la necropoli romana, fondare il lato nord ed infine comprimere e livellare il terreno. Per avere un'idea dell'entità del movimento di terra resosi necessario si pensi a circa quarantamila metri cubi dei quali circa diecimila sono stati riestratti durante gli scavi. Non si sarebbe potuto scegliere località meno adatta per elevarvi una grande basilica; unicamente la presenza di una tomba venerata, quella di S. Pietro, fece affrontare l'opera gigantesca.
Per la storia della basilica è interessante il citato rinvenimento di un tratto dell'antico pavimento, formato da grosse lastre di marmo bianco con posteriori rappezzi in serpentino.
Una nuova sistemazione è in corso per separare la necropoli romana dalle Grotte mediante un pavimento su solaio di cemento armato. Restano ancora da determinare l'esatta ubicazione del circo di Gaio e Nerone e i tracciati delle vie romane nel tratto immediatamente adiacente alla basilica costantiniana, la cui costruzione alterò totalmente il primitivo livello della zona. Peraltro gli scavi al disotto delle sacre Grotte continuano.
Arte (p. 1037).
Palazzo di Niccolò III. - Nel 1924 furono trovati resti di affreschi decorativi ducenteschi sotto l'impiantito della sala detta dei Chiaroscuri. Nel 1940 altri resti importanti di pitture dello stesso stile e della medesima epoca si rinvennero sotto il pavimento della sala degli archivî, nei locali situati sopra i Chiaroscuri, appartenenti alla Segreteria di stato, adiacenti al primo braccio della terza Loggia. Questi frammenti hanno permesso di dimostrare che tutta l'ala orientale della residenza vaticana di Niccolò III, Orsini, costruita verso il 1278, come indica l'epigrafe capitolina, si conservava più o meno intatta, nei suoi due piani, dietro le Logge con cui il Bramante prima, e poi Raffaello, l'avevano coperta per compiacere al gusto della Rinascita. Questi risultati sono stati confermati da nuovi ritrovamenti di pitture ducentesche, sempre di carattere decorativo, in conseguenza dei restauri intrapresi durante il 1948 nei locali adiacenti alla sala dei Paramenti, al primo piano del palazzo, sotto quella dei Chiaroscuri. Nel corso dei lavori si è anche ritrovata una torre murata a tufelli, probabilmente militare, databile nella prima metà del XIII sec., e quindi anterïore all'edificio di Niccolò III, ma compresa poi nel palazzo di questo papa e ornata in quegli anni di affreschi decorativi. La cappella detta del Beato Angelico, o di Niccolò V, si trova appunto situata nel vano corrispondente agli ultimi due piani della torre stessa.
Cappella di Niccolò V. - Durante i lavori di restauro e consolidamento tuttora in corso (1949) nella cappella di Niccolò V (detta anche del Beato Angelico), si è potuto ritrovare sotto lo zoccolo cinquecentesco con gli emblemi di Gregorio XIII, quello originale dell'Angelico, formato da una serie di tappeti dipinti, ornati di leggiadri motivi floreali e dello stemma di Niccolò V.
Cameretta di Niccolò V. - In una cameretta adiacente alla stanza detta della Falda, comunicante con la prima sala dei Paramenti, al primo piano del Palazzo Vaticano, si è ritrovato, nel corso dei restauri del 1949, un soffitto in legno dipinto, con le armi di Niccolò V, ornato al centro di una figura di san Pietro, con nimbo dorato, di buona mano quattrocentesca.
Loggetta di Raffaello. - Nel 1943, durante alcuni lavori edilizî eseguiti nei locali della Segreteria di stato, fu scoperta una piccola loggia che era stata murata verso il XVIII sec. e nella. quale si può riconoscere un'opera architettonica ignota di Raffaello d' Urbino, affrescata dai suoi aiuti ed allievi, sotto la sua direzione. Si tratta di un vano rettangolare di m. 3, 12 × 15,74, alto m. 4,64 al sommo della vòlta a botte lunettata, costruito a ridosso della terza Loggia, nell'ultimo suo tratto sporgente a sperone verso la piazza san Pietro. Nella parete esterna, affacciata sul cortiletto detto del Maresciallo, si aprono tre grandi archi a tutto sesto, con balaustre a colonnette di peperino, intercalati da quattro minori, a mo' di finestrelle, secondo uno schema bramantesco ben noto. All'esterno erano resti di cornici e lesene di ordine toscano, ugualmente di peperino, e sopra le finestrelle apparivano incassi rettangolari destinati a rompere con le loro zone d'ombra la geometrica simmetria del prospetto. Appare probabile come data l'anno 1516, in cui Raffaello costruì, su quel medesimo piano, la cosiddetta "Stufetta" per il cardinal Bibbiena, e alcuni passi della corrispondenza tra questi ed il Bembo hanno fatto supporre (A. Prandi) che anche la Loggetta facesse parte dell'appartamento vaticano di quel porporato. Gli affreschi si andavano eseguendo nel 1519, ed il Michiel, in una lettera del 4 maggio di quell'anno, li attribuisce a Raffaello.
La decorazione pittorica della Loggetta (mediocremente conservata e in parte distrutta) è di stile identico a quello della seconda Loggia; vi mancano, però, gli stucchi, ed ogni cosa sembra di una fattura più semplice, ma anche più spontanea (quella galleria era, infatti, destinata esclusivamente al papa, che vi teneva le sue raccolte di "anticaglie"). Lo schema generale è assai sobrio: quattro grandi nicchie a fondo viola contengono le statue dipinte delle stagioni; tra di esse si vedono tre tavolette ansate a fondo nero con episodî del mito di Apollo e Marsia, e tutt'intorno si sbizzarriscono le capricciose volute delle grottesche intramezzate da fantasiose edicole dipinte secondo i modelli classici della Domus Aurea, allora da poco scoperta. sulla porticina d'ingresso sono alcune danzatrici sotto un aereo tempietto, e sull'altra una fucina di vulcano. Le diverse mani si distinguono assai bene: del Penni sono le Stagioni e, forse, la fucina di vulcano; di Giulio Romano i quadretti con il mito di Apollo e Marsia, copiati dalle pitture di un colombario romano distrutto, ma di cui rimangono i disegni nel cod. Pighianus della Biblioteca di Berlino; le grottesche sono in gran parte dovute a Giovanni da Udine, ma alcune figurine se ne possono attribuire a Pierin del Vaga (per es., le filatrici ed alGune scene di sacrifici), ed altre a Giulio Romano (qualche genietto alato). Di quest'ultimo sono pure le danzatrici sopra la porta d'ingresso. Il pavimento maiolicato, di tipo arabo-spagnolo, si potrebbe attribuire a Luca della Robbia il Giovane, che fornì anche quello già esistente nella seconda Loggia.
Bibl.: Per il palazzo di Niccolò III: B. Biagetti, in Rend. d. Pont. Accad. Romana di archeologia, III, 1925, p. 492 (breve notizia compresa nella relazione periodica dell'attività dei Musei Vaticani); D. R. de Campos, Di alcune tracce del palazzo di Niccolò III nuovamente tornate in luce, in Rend. cit., XVIII, 1941-42, pp. 71-84. Per la loggetta di Raffaello: V. Golzio, Raffaello nei documenti, nelle testimonianze dei contemporanei e nella letteratura del suo tempo, Città del Vaticano 1936, pp. 45, 48, 57, 98; D. R. de Campos, Raffaello e Michelangelo, Roma 1946, cap. II.