STATO LIQUIDO, Fisica dello
Comunemente si definisce s. l. quello stato di aggregazione della materia che presenta volume definito ma che non ha forma propria o in termini più precisi che non è capace di sopportare sforzi di taglio statici. Questa definizione pur non essendo in generale utilizzabile nella pratica risulta totalmente insoddisfacente se sottoposta a un'analisi accurata. È ben noto infatti che molti solidi si comportano come liquidi se vengono sottoposti a sforzi sufficientemente intensi come, per es., nei processi di trafilatura a freddo comunemente utilizzati per la produzione di fili di indio, stagno, piombo e simili. Un altro parametro importante è la durata dello sforzo di taglio applicata al sistema; molti materiali plastici o vetrosi come la pece o alcuni polimeri sintetici, appaiono come corpi solidi elastici se lo sforzo applicato dura solo qualche secondo mentre sono incapaci di sopportare sforzi di taglio, mostrando quindi un comportamento caratteristico del liquido, se si aspettano tempi dell'ordine delle settimane o dei mesi. Anche l'altra proprietà considerata caratteristica dei liquidi, cioè la bassa compressibilità, è questionabile in quanto, se è vero che un liquido vicino al punto di solidificazione presenta un coefficiente di compressibilità dello stesso ordine di grandezza del solido, la compressibilità del liquido aumenta di un fattore 10 o più allontanandosi, lungo la curva di coesistenza, dal punto triplo.
Se si passano ad analizzare le proprietà microscopiche dello s. l., questo può essere chiaramente differenziato dal solido cristallino considerando l'ordine spaziale delle molecole. Nel processo di fusione si ha infatti una trasformazione durante la quale non variano significativamente né le distanze né le energie d'interazione intermolecolari mentre si viene a perdere l'ordinamento a grandi distanze proprio della struttura cristallina. Ciò è reso evidente dall'analisi della funzione radiale di distribuzione g(r) che rappresenta la densità di probabilità per unità di volume di trovare una molecola a distanza r da una qualsiasi molecola scelta come origine. Mentre per un cristallo, essendo le molecole vincolate a rimanere nell'intorno della loro posizione di equilibrio, la g(r) è un insieme di picchi la cui larghezza, sempre molto inferiore alla loro distanza, è dovuta solo al disordine termico o strutturale (difetti di cristallinità), la g(r) di un liquido presenta pochi picchi, molto allargati, per piccole distanze e rapidamente tende a un valore costante (fig.1); ciò dimostra che vi è correlazione tra le posizioni delle molecole solo fino a un r dell'ordine di poche distanze molecolari. È da notare come tale correlazione diminuisce rapidamente se ci si allontana dal punto di fusione e ci si avvicina al punto critico (fig.1).
Finora ci siamo limitati a considerare le proprietà statiche o di equilibrio che sono per l'appunto legate alla funzione g(r) (v. oltre); come già detto, molte di queste proprietà quali energia interna, densità, compressibilità, essendo legate non all'ordinamento ma solo alla distanza media intermolecolare, non variano apprezzabilmente nella transizione solido-liquido. Variazioni di ordini di grandezza si riscontrano invece nei coefficienti di trasporto (viscosità, diffusione di materia, conducibilità termica) in quanto tali processi sono legati alla mobilità molecolare che aumenta moltissimo passando dal cristallo al liquido. Anche se nel passaggio cristallo-liquido si hanno in generale insieme perdita di correlazione spaziale e aumento di mobilità, queste proprietà non sono in diretta relazione tra loro; esiste in effetti un'ampia classe di sostanze (stati vetrosi e amorfi) che, pur non possedendo ordinamento cristallino, presentano valori della mobilità molecolare simili a quelli dei cristalli; questi materiali pur essendo comunemente detti solidi dovrebbero in realtà essere considerati liquidi ad altissima viscosità. La differenza tra liquidi e amorfi non è qualitativa ma solo quantitativa; considerare il sistema liquido o solido amorfo dipende solo dalla scala di tempo nella quale si effettua l'osservazione. Abbiamo già osservato che i materiali amorfi sottoposti a sollecitazioni di taglio si comportano come liquidi se si aspetta un tempo sufficientemente lungo; viceversa anche nei liquidi ordinari si possono osservare modi di vibrazione trasversale, legati all'esistenza di sforzi di taglio, se si considerano oscillazioni con periodi dell'ordine di 10-11 sec.
Si possono distinguere diverse classi di liquidi:
a) Liquidi molecolari: liquidi di molecole chimicamente inerti (gas nobili, N2, I2, ecc.) che interagiscono solo con forze di dispersione o forze di Van der Waals, cioè interazioni di energia 100 volte inferiore a quella di un vero e proprio legame chimico. Particolare importanza hanno i liquidi molecolari monoatomici comunemente presi come sistemi modello per lo studio dei liquidi in quanto, per la simmetria sferica e l'additività (almeno in prima approssimazione) del potenziale, sono i più semplici liquidi reali.
b) Liquidi polari e associati: le molecole costituenti posseggono momenti elettrici di elevata intensità o sono capaci d'interagire tramite legami chimici deboli, quale il legame idrogeno. Lo studio di tali liquidi è piuttosto complesso per la complessità del potenziale, ma essi rivestono particolare importanza in quanto molti liquidi ordinari, e in particolare l'acqua, appartengono a questa classe.
c) Soluzioni o miscele: sistemi nei quali le molecole componenti il liquido non sono tutte della stessa specie. Anche lo studio delle soluzioni è di grandissimo interesse in quanto molti dei processi chimici e in particolare tutte le reazioni biologiche si svolgono in soluzione. In questo settore il problema centrale è capire la struttura e la dinamica delle molecole del solvente intorno al soluto poiché è stato mostrato che queste influenzano le proprietà chimiche del soluto stesso.
d) Metalli liquidi e liquidi ionici: liquidi con forti legami chimici ottenuti dalla fusione dei solidi corrispondenti (normalmente a temperature alte rispetto alla temperatura ambiente). Tali liquidi offrono la possibilità di studiare l'effetto che potenziali a lunga distanza, quali i potenziali coulombiani, hanno sulla struttura di un liquido e inoltre come alcune proprietà collettive (per es., la conducibilità elettrica dei metalli) vengono a variare a causa della perdita dell'ordinamento spaziale che si ha nella transizione solido-liquido.
Nel caso di liquidi monoatomici la funzione di distribuzione radiale già introdotta dà tutta l'informazione sulla struttura statica del liquido. Quando invece si considerano molecole poliatomiche le posizioni delle molecole devono essere caratterizzate non solo dalle coordinate del baricentro ma anche dalle orientazioni. Nella maggior parte dei liquidi anche la correlazione orientazionale tra le molecole sparisce rapidamente al crescere della distanza intermolecolare così come la correlazione radiale, e infatti macroscopicamente i liquidi ordinari si presentano come sostanze isotrope. Esiste però una classe di sostanze come i cristalli liquidi (v. in questa App.), che presentano correlazioni angolari su distanze macroscopiche, mentre per altri aspetti si comportano come un liquido normale (elevata mobilità molecolare, rapido appiattimento della g(r)); questo rigido ordinamento orientazionale è da collegarsi alla forte asimmetria delle molecole di queste sostanze e si riflette in una spiccata anisotropia macroscopica di tali liquidi. Nei cristalli liquidi si osservano transizioni di fase tra strutture con sempre minor grado di correlazione orientazionale al crescere della temperatura, per finire poi in uno stato completamente disordinato anche come orientazioni e quindi in un liquido ordinario.
Alcuni liquidi, i superfluidi, presentano caratteristiche del tutto particolari, la più vistosa delle quali è la capacità di fluire attraverso capillari senza viscosità; tali proprietà sono connesse a effetti quantistici (v. superfluidità, in questa Appendice).
Teorie. - Costruire una teoria microscopica dello s. l. significa costruire un modello microscopico che permetta di calcolare la funzione di partizione del sistema
o anche la funzione di correlazione a due particelle
dove V è il volume in cui è confinato il sistema, m la massa di una molecola del sistema, K è la costante di Boltzmann, h è la costante di Planck, N il numero delle molecole che compongono il sistema, β = 1/KT, q sono le coordinate generalizzate delle molecole del sistema e U è l'energia potenziale, dovuta alle interazioni intermolecolari che si suppongono nel seguito a due corpi e additive, il che permette di scrivere
Come c'insegna la meccanica statistica la conoscenza della funzione di partizione equivale alla conoscenza di tutta la termodinamica del sistema [per es., E = KT2 (δ/∂T ln Z)V; p = KT(∂/∂V ln Z)T dove E è l'energia interna e p è la pressione]; d'altra parte, nell'ipotesi che l'energia potenziale del sistema possa scriversi come nella [3], le derivate termodinamiche della funzione di partizione, e quindi tutte le funzioni termodinamiche, possono anche essere espresse in funzione delle g(2)(ö1, ö2); per es. nel caso di liquidi monoatomici dove, per essere il liquido omogeneo e isotropo la g(2)(ö1, ö2) = g(r12), ove r12 = ∣ö1 − ö2∣, si ha che
la g(r12) è la funzione radiale di distribuzione già definita nell'introduzione.
Passiamo ora a illustrare brevemente le teorie che sono state proposte. Ci limiteremo al caso di liquidi monoatomici per esemplificare queste teorie. Esse possono dividersi in tre gruppi: le pseudoreticolari, le meccanico-statistiche e le perturbative.
Teorie pseudoreticolari. - In questo gruppo sono comprese le teorie dello stato fluido che partono da un modello che nelle sue linee essenziali è assimilabile a un modello pseudosolido. Questo punto di vista è dettato dalla constatazione sperimentale che molte proprietà termodinamiche del liquido vicino al punto di fusione sono poco diverse da quelle del solido. Questo non è più vero per densità vicine a quella del punto critico ma lo scopo di queste teorie è di descrivere il liquido solo nell'intorno del punto di fusione. In questo modello il fluido è una sorta di policristallo con grani di dimensioni non molto maggiori di alcune distanze interatomiche e con i moti delle molecole non correlati in fase tra loro; si adotta cioè un modello tipo quello di Einstein per i solidi. Quest'ultima è l'ipotesi più importante in quanto permette di ridurre il problema di N corpi a un problema a una particella in un campo di potenziale medio, e come tale il problema diviene risolubile. Una teoria classica dì questo tipo fu quella proposta da J.E. Lennard-Jones e A.F. Devonshire e che nel caso di fluidi semplici può essere riassunta in tre ben precise ipotesi.
a) Il volume V del fluido composto da N atomi identici di massa m può essere diviso in celle identiche; in ciascuna cella può trovarsi solo una molecola e il volume a3 di una singola cella è dato dalla relazione Na3 = V.
b) Le celle possono essere scelte in modo che i loro centri formino un reticolo regolare anche se ogni passo reticolare a è definito a meno di una quantità Δ 〈 a, così che dopo un numero di passi dell'ordine di a/Δ si perde la correlazione posizionale con la molecola scelta come origine.
c) Le molecole si muovono nelle loro celle senza alcuna correlazione di fase fra loro.
Sulla base di queste tre ipotesi è facile scrivere la funzione di partizione del sistema che risulta:
dove
rappresenta l'energia potenziale del sistema nella configurazione in cui l'i-esima molecola è alla distanza ri dal centro della cella i-esima. Il potenziale Ψ(ri) è definito dalle interazioni della particella i-esima posta in r con tutte le altre molecole, essendo queste ultime poste nel centro delle rispettive celle. La funzione Vf = Vf(ρ, T) è stata calcolata per vari tipi di potenziali interatomici, così che dalla 4] possono essere dedotte, per ogni tipo di potenziale, tutte le grandezze termodinamiche. Nel caso del potenziale intermolecolare di Lennard-Jones, per stati termodinamici vicini alla solidificazione, si ha un accordo con i dati sperimentali dei gas nobili (Ar, Kr, Xe) dell'ordine del 20% per quanto riguarda l'energia interna; se però si considera il fluido a densità più basse, allora l'accordo tra teoria ed esperimento peggiora nettamente, mostrando in modo evidente che la schematizzazione pseudoreticolare è troppo rigida per costituire una buona approssimazione anche lontano dalla solidificazione. Il modello a celle permette anche di calcolare la funzione radiale di distribuzione e in questo caso appare evidente la discrepanza tra modello e realtà. Nella fig. 2 è mostrato tale calcolo nel caso dell'Ar a 90 °K e a densità ortobarica, cioè del liquido in equilibrio con il proprio vapore saturo, e nella stessa figura sono riportati dati sperimentali ottenuti con raggi X per l'Ar liquido a 90 °K e le posizioni dei picchi per un policristallo di Ar di densità corrispondente. Risulta evidente come il modello pseudoreticolare descriva essenzialmente un solido. Inoltre il modello a celle non riesce da un lato a riprodurre l'asimmetria del primo picco della g(r), il che mostra che l'ipotesi, che le interazioni tra le varie coppie di molecole possano descriversi con un campo medio che non tiene conto delle fluttuazioni tra i primi vicini, è un'ipotesi inapplicabile con una buona approssimazione in un fluido e dall'altro non riesce a riprodurre l'andamento della g(r) con la temperatura a densità costante. Infatti secondo il modello a cella i vari picchi della g(r) dovrebbero solo attenuarsi e allargarsi senza però cambiare di posizione. Inoltre, come si vede nella fig. 2, la struttura presente nella g(r) calcolata dal modello, per r compreso tra il primo e il secondo picco sperimentale della g(r), è chiaramente la riproduzione di una periodicità del solido che invece è completamente assente nel fluido.
Una versione più moderna delle teorie pseudoreticolari è quella sviluppata in questi ultimi anni da H. Eyring e collaboratori e che va sotto il nome di teoria delle "strutture significanti". In questa teoria il punto fondamentale è l'ipotesi che la funzione di partizione possa scriversi come se nel fluido esistessero due soli tipi fondamentali di gradi di libertà: quelli tipo solido (che viene scritto come solido di Einstein) e quelli tipo gas (che viene scritto come gas perfetto) e che questi gradi di libertà non interagiscono tra loro. Detto VS il volume molare del solido alla fusione e VL il volume molare del fluido, la frazione di gradi di libertà tipo solido sarà VS/VL e di quelli tipo gas 1 − VS/VL. Da qui è facile scrivere la funzione di partizione del solido di Einstein elevata alla potenza NVS/VL, e la funzione di partizione del gas perfetto elevata alla potenza N(1 − VS)/VL. L'accordo di questa teoria con i dati sperimentali termodinamici dei vari sistemi sembra molto buono, anche se è da tener presente che nel modello si lasciano alcune costanti da determinare per accordo con i dati sperimentali. Benché molto interessante, la teoria delle strutture significanti andrebbe maggiormente esemplificata nella sua ipotesì fondamentale usando un linguaggio più configurazionale e cercando una derivazione dell'ipotesi fondamentale. Ma si noti che essa ha il grande merito di descrivere con continuità sia il liquido vicino al punto di solidificazione, sia il gas rarefatto.
Teorie meccanico-statistiche. - Queste teorie, che sono sviluppate essenzialmente solo per i fluidi formati da molecole semplici, si pongono tutte sulla linea del calcolo della funzione di distribuzione g(r) a partire dai principi primi e si differenziano tra loro per le approssimazioni introdotte nel corso del procedimento. Le equazioni per la g(r) più studiate sono la BG, proposta da M. Born e H. S. Green, la HNC, approssimazione dell'hypernetted chain, e la PY, proposta da J. K. Percus e G. J. Yevick. La teoria di Born e Green parte dalla definizione esatta di g(2)(ò1, ò2), che, per N ≫ 1, si scrive:
supposto che il potenziale intermolecolare sia a due corpi e additivo, ossia U(ò1, ..., òN) = ΣΦij(∣ri − rj∣). Derivando la [5] rispetto a r1 si ha:
dove ???i è il gradiente rispetto a ri e g(3)(ò1, ò2, ò3,) è la funzione di distribusione per tre particelle. La [6] è ancora una relazione esatta ma inutilizzabile a meno che non si riesca a esprimere la g(3)(ò1, ò2, ò3,) in funzione di g(2)(ò1, ò2). Questo è quello che nella BG si fa, usando l'ipotesi di sovrapposizione, ossia:
dove ρ è la densità del sistema. Tale ipotesi è vera limitatamente ai gas rarefatti, dove si è nel limite di forze interatomiche nulle e quindi le funzioni di distribuzione fattorizzano in potenze della densità media; in generale essa non è esatta. Purtuttavia si fa l'ipotesi di sovrapposizione pensando che sia una buona approssimazione per la funzione di correlazione a 3 particelle anche a densità elevate. Calcoli di simulazione numerica hanno mostrato che, vicino alla solidificazione, la [7] è corretta entro il 15% per σ ≤ r ≤ 2σ (σ è il diametro della molecola). Usando la [7], la [6] diviene un'equazione integrodifferenziale che definisce la g(2)(ò1, ò2) e quindi la g(r). Purtroppo questa equazione integrodifferenziale non è analiticamente risolubile.
Le approssimazioni HNC e PY sono ambedue delle relazioni approssimate tra la g(r) e la funzione di correlazione diretta c(r), la quale è definita tramite la relazione
Dal punto di vista fisico la [8] indica che la correlazione fra le molecole i e 2, che rende la g(r) ≠ 1, è prodotta sia da un'interazione diretta descritta dalla c(r), sia da un'interazione via altre particelle, interazione rappresentata dalla convoluzione fra la c(r) e la g(r) − 1 che figura nell'integrale a secondo membro della [8]. Sia l'HNC sia la PY consistono nell'accoppiare alla relazione [8l, che è semplicemente una definizione della c(r) e perciò è esatta, un'altra relazione che lega la c(r) alla g(r). Questa relazione è in ambedue i casi approssimata e deriva da uno sviluppo in serie della densità della [5], arrestato al secondo ordine e semplificato di alcuni suoi termini. Il diverso criterio di semplificazione dà luogo alle diverse approssimazioni (HNC o PY). Per l'HNC la relazione approssimata dedotta dallo sviluppo della [5] è:
mentre per la PY è:
Sia la [9] che la [10], insieme con la [8], permettono di determinare la funzione radiale di distribuzione una volta noto il potenziale intermolecolare Φ12(ò1ò2). È molto difficile visualizzare modellisticamente le approssimazioni introdotte rispettivamente nella PY e nella HNC e questo è indubbiamente un difetto di questo tipo di teoria, almeno dal punto di vista fisico. Una cosa importante da tenere presente è che della PY esiste la soluzione analitica nel caso di un sistema di sfere dure. Per quanto riguarda l'accordo con i dati sperimentali, un tipico caso è quello mostrato in fig. 3 dove la g(r), per l'argo a ρ = 1,7 g/cm3 e T = 330 °K calcolata con la BG, la HNC e la PY è confrontata con il risultato "sperimentale" della simulazione numerica. Se poi, sempre per l'argo, passiamo ai dati termodinamici quali pressione ed energia interna, si vede che, per 0,5 ≤ ρ ≤ 1,5 g/cm3, la PY presenta un errore tipico del 3% per entrambe le proprietà; l'HNC un errore tipico del 20% per la pressione e 14% per l'energia interna e la BG 100% e 20% rispettivamente. Inoltre è da notare che HNC e BG peggiorano rapidamente all'aumentare della densità per cui in conclusione la PY sembra decisamente la migliore approssimazione, salvo correzioni successive. È però da notare che le correzioni di ordine successivo si presentano molto laboriose.
Teorie perturbative. - Lo sviluppo in serie del viriale è il classico esempio in cui si pensa di poter descrivere un fluido denso a partire dal gas perfetto. È però ben noto che alle alte densità lo sviluppo in serie del viriale è una serie che converge molto lentamente e d'altra parte persino nel caso dei fluidi semplici è possibile calcolare esattamente solo i primi termini dello sviluppo. Recentemente si è invece affermato il concetto che per determinare la configurazione delle molecole in un fluido ad alta densità è più effettiva la parte repulsiva del potenziale interatomico anziché la parte attrattiva. Questo è stato comprovato dal fatto che esperimenti di simulazione numerica hanno mostrato che in prossimità della solidificazione la g(r) di un fluido, le cui molecole interagiscono con un potenziale intermolecolare tipo Lennard-Jones, è straordinariamente ben approssimata dalla g(r) di un fluido di sfere dure di uguale densità. Di conseguenza il calcolo perturbativo più efficiente dovrebbe essere quello che assuma come stato imperturbato un sistema di sfere dure di uguale densità e come perturbazione la parte attrattiva del potenziale; ossia, invece di partire dal gas perfetto alla stessa temperatura e aumentare la densità isotermicamente, si parte dal fluido avente la stessa densità ma temperatura molto alta rispetto a ε/K (dove ε è la profondità della buca attrattiva del potenziale intermolecolare) e poi si scende di temperatura isocoricamente. Per questi calcoli è molto importante il modo di divisione del potenziale intermolecolare in una parte repulsiva e una parte attrattiva. Per alte densità si sono già ottenuti risultati notevoli e il campo è in rapido sviluppo. La ragione del recente sviluppo di questa linea è che solo in questi ultimi anni si è raggiunta, con la simulazione numerica, una conoscenza abbastanza approfondita del fluido di sfere dure in funzione della densità.
Metodi sperimentali. - Com'è ben noto, informazioni sulla funzione radiale di distribuzione possono ricavarsi da misure di diffrazione di raggi X o neutroni termici che abbiano una lunghezza d'onda λ ≈ 1 Å. Però, con l'avvento dei calcolatori elettronici molto veloci, si è aperto un nuovo campo pseudosperimentale chiamato di simulazione numerica che è molto utile per lo studio di sistemi a N corpi e quindi in particolare per lo studio dei fluidi. Vi sono due metodi con cui si possono usare i calcolatori elettronici per studiare le proprietà di equilibrio di un fluido.
a) Il metodo della dinamica molecolare consiste nel seguire nel tempo, risolvendo numericamente l'equazione del moto, l'evoluzione di un determinato numero di molecole (tipico è il numero 864) che interagiscono con un potenziale interatomico, obbediscono alle leggi della meccanica classica e partono con una configurazione scelta a caso. Si ottiene così una catena di configurazioni, ciascuna delle quali rappresenta la soluzione dell'equazione del moto del sistema a un istante t. Per determinare il valore Ā di equilibrio di una qualsiasi grandezza fisica A caratterizzante il fluido e che risulta funzione delle posizioni e della velocità di tutte le molecole del fluido, si usa la relazione Ā = 1/T ∫T0 A(t)dt; il valore A(t) è calcolato in base alla configurazione del sistema al tempo t. È chiaro che l'intervallo temporale T, in cui si studia l'evoluzione del sistema, dev'essere sufficientemente lungo così che si perda ogni memoria della configurazione iniziale, ossia che abbia senso il concetto di media statistica e soprattutto che il sistema sia sufficientemente termalizzato.
b) Il metodo Montecarlo consiste nel generare, con sorteggio di numeri casuali per un certo numero di molecole, una catena di configurazioni aventi frequenza di ricorrenza pari a exp [− BU(ò1, ..., òN)], dove U(ò1, ...òN) è l'energia potenziale del sistema per quella configurazione. Le proprietà di equilibrio si ottengono mediando i valori calcolati per ogni configurazione su tutte le configurazioni della catena. Anche nel metodo Montecarlo il numero di molecole usato è dell'ordine delle centinaia. Nel caso di un sistema all'equilibrio l'operazione di media temporale, seguendo l'evoluzione del singolo sistema, secondo la meccanica statistica equivale all'operazione di media sulle configurazioni di un insieme canonico; in tale caso il metodo della dinamica molecolare e il metodo Montecarlo sono equivalenti.
In ambedue i metodi si è in presenza di esperimenti idealmente corretti in cui l'unica ipotesi è il tipo di potenziale intermolecolare usato oltre che l'uso della meccanica classica. È stato infatti ampiamente dimostrato che, con opportune condizioni al contorno, il numero limitato di molecole che si considerano non introduce effetti spuri a meno che non si sia nell'immediato intorno di un punto critico, dove la lunghezza di correlazione delle fluttuazioni diviene macroscopica ossia maggiore delle dimensioni della scatola in cui sono racchiuse le molecole. Una delle proprietà di equilibrio che si può studiare è la funzione della distribuzione di coppie che può anche essere scritta come g(r) = [1/(Nρ)]
dove il simbolo 〈........> indica la media termica. Inoltre si possono avere informazioni sulle funzioni di distribuzione di ordine più elevato. A tutt'oggi la simulazione numerica sembra la tecnica più valida per ottenere informazioni sulla struttura dei fluidi, anche se i fluidi su cui si esperimenta non sono fluidi reali ma sistemi idealizzati in base a un tipo di potenziale intermolecolare. In un certo senso la simulazione numerica è oggi il campo in maggior movimento per quanto riguarda lo studio dei fluidi.
La teoria esposta riguarda la situazione di equilibrio termodinamico in cui, tranne i pochi problemi esplicitamente citati, la situazione è soddisfacentemente chiara per i liquidi composti da molecole semplici. Un campo che non abbiamo esplicitamente trattato è invece tutto l'insieme degli stati di non-equilibrio e i conseguenti fenomeni di rilassamento tramite i processi di dissipazione (per es.: diffusione, viscosità, conducibilità termica, ecc.). La conoscenza a livello microscopico di questi problemi non ha raggiunto il grado soddisfacente dei fenomeni di equilibrio e quindi sono ora il campo principale di ricerca in fisica dello s. l. insieme allo studio dei liquidi fortemente associati.
Bibl.: P. A. Egelstaff, Introduction to the liquid state, New York e Londra 1967; J. S. Rowlinson, Liquid and liquid mixtures, Londra 19692; C.A. Croxton, Liquid state physics. A statistical mechanical introduction, Cambridge 1974; J.P. Hansen, I. R. McDonald, Theory of simple liquids, new York e Londra 1976.