Stato moderno
Forma di organizzazione politica, caratterizzata dall’esistenza di un ente sovrano (Stato), dotato di personalità giuridica, che esercita su un dato territorio un potere eminente (sovranità), disponendo del monopolio dell’uso legittimo della forza. Il concetto di S.m. fu sviluppato dagli studiosi di diritto pubblico e scienza politica a partire dal 19° sec., nell’ambito di una teoria generale dello sviluppo politico che mirava a ricostruire le origini dei moderni Stati nazionali e vedeva nello S.m. l’espressione di un processo di razionalizzazione politica, capace di influire in profondità sui comportamenti individuali. La teoria dello S.m. rimane controversa, ed è oggetto di discussione se il concetto di S.m. possa essere impiegato per definire forme politiche diverse da quelle europee e possa rappresentare una chiave efficace per cogliere il senso dello sviluppo politico nell’Età moderna e contemporanea. Sebbene già nella Roma imperiale e in alcuni periodi del Medioevo sia possibile rintracciare alcuni dei caratteri dello S.m, le origini di tale forma politica vengono di solito collocate nel 15° sec., quando si determinò la crisi dei grandi poteri universali (papato e impero) e dei poteri signorili e feudali, e si formarono grandi Stati monarchici a base dinastica (Francia, Inghilterra, Spagna), impegnati in costanti conflitti per l’egemonia sull’Europa. Proprio la guerra rappresentò il principale stimolo a rafforzare all’interno il potere del sovrano, che divenne l’agente principale di un lungo processo di razionalizzazione politica, basato sulla costruzione di eserciti permanenti e di solidi apparati burocratici, capaci di drenare le risorse necessarie allo sforzo bellico, sull’affermazione del primato della giustizia statale e sul disciplinamento della nobiltà. Tale processo comportò anche un consistente aumento della tassazione, che sempre più fu imposta senza il consenso dei ceti e gruppi sociali (in primo luogo la nobiltà e il clero), ai quali era riconosciuto il diritto di consentire all’imposta, attraverso le loro assemblee rappresentative (parlamenti e assemblee di Stati). A questa prima fase del superamento del tradizionale «Stato per ceti» successe, tra il 16° e il 17° sec., una seconda fase della costruzione dello S.m., contraddistinta dalla progressiva neutralizzazione dei conflitti religiosi apertisi con la riforma protestante e dall’affermazione di una teoria e una pratica di governo (➔ ), che affermavano l’assoluta libertà del sovrano da istanze politiche superiori o inferiori e relizzavano un crescente intervento della burocrazia statale sulla realtà dei singoli Stati. Tali processi, peraltro, non coinvolsero in maniera uniforme gli Stati europei (furono, per es., significativamente più limitati nell’area tedesca e italiana e in tutta l’Europa orientale) e non giunsero mai a cancellare i tradizionali meccanismi politici a base territoriale o clientelare che caratterizzavano la società europea sin dal Medioevo. Nel 18° sec. il paradigma dello S.m. si modificò profondamente, con il definirsi di nuove istanze rappresentative. Mentre nel continente i sovrani assoluti promuovevano una politica di riforme politiche ed economiche che rimodellava lo spazio politico e la loro stessa funzione, in Gran Bretagna, dopo la Gloriosa rivoluzione del 1688-89, si determinò un nuovo rapporto tra sovrani e sudditi, basato sulla prevalenza della funzione legislativa (esercitata da un’assemblea) e sulla creazione di un rapporto fiduciario tra il governo e il Parlamento. Tale modello, che nel corso della Rivoluzione francese e del regime napoleonico passò in secondo piano, pur senza scomparire, si diffuse progressivamente nel corso del 19° sec. negli Stati dell’Europa continentale. In quel secolo gli Stati persero così sempre più il carattere dinastico che li aveva sino ad allora caratterizzati e accentuarono la loro caratterizzazione impersonale e rappresentativa. Cominciò inoltre a determinarsi una forte pressione dei partiti di massa per una maggiore articolazione del potere che, insieme alla cessione di sovranità attuata nel 20° sec. verso istanze sovranazionali, segnò la crisi del paradigma originario dello S.m. e il suo sbocco in nuove forme di Stato, di carattere democratico o totalitario, ma comunque profondamente diverse da quelle definitesi nel corso dell’Età moderna.