Stato
Comunità politica costituita da un popolo stanziato in un determinato territorio, organizzato unitariamente come persona giuridica collettiva e titolare di un potere sovrano (governo) cui si è riservato il monopolio dell’uso legittimo della forza (potere coattivo), allo scopo di garantire l’ordine pubblico interno e di assicurare la difesa contro eventuali nemici esterni. Il termine assume le più diverse accezioni.
Con riguardo all’ordinamento politico, sociale, economico, amministrativo si distinguono varie forme statuali.
Inizialmente, lo S. patrimoniale, risalente all’alto Medioevo, era la forma in cui la sovranità apparteneva alla persona fisica del sovrano e prevalevano rapporti di natura privatistica. Nello S. assoluto o assolutistico, prima vera forma statuale sorta tra il 15° e il 16°sec., tutti i poteri venivano ricondotti al solo sovrano, la cui azione non era limitata dalle leggi né dalla divisione dei poteri. Con l’affermarsi della dottrina liberale (➔ liberalismo) nei secoli 17°-18°, nacque lo S. di diritto, nel quale il potere è sottoposto alla legge e, come sua forma particolare, lo S. costituzionale in cui la sovranità è assoggettata a principi fissati in una costituzione. Emblematico del 20° sec. fu lo S. totalitario, a partito unico, nel quale lo S. domina ogni aspetto della vita collettiva e individuale, e tutto è subordinato alle finalità da esso perseguite. Nello S. corporativo, la vita politica è guidata dalle corporazioni nelle quali i cittadini sono organizzati in base alla loro attività. Lo S. teocratico è la forma statuale in cui l’autorità viene detenuta dalla suprema autorità religiosa. Lo S. confessionale riconosce un’unica religione ufficiale, la quale ne ispira e guida l‘indirizzo politico. Lo S. laico, nel rispetto di tutte le confessioni religiose, separa la propria attività politica da ogni forma d’ingerenza del clero. L’espressione S. sociale, anche Stato del benessere (➔ benessere, Stato del) o welfare State, fa riferimento a una concezione – di natura politico-economica – secondo la quale è compito dello S. garantire a tutti i cittadini (anche e soprattutto alle fasce economicamente più deboli) il diritto all’accesso ai servizi ritenuti essenziali (sanità, istruzione, previdenza, assistenza ecc.).
Lo S. fece la sua comparsa nel 15° sec. in Europa come forma di organizzazione istituzionale, politica, giuridica, amministrativa e militare della vita associata di assai ampie comunità di individui concentrate in un determinato territorio. In Età moderna, ovvero tra il 15° e il 18° sec., lo S. sovrano ha rappresentato la forma dominante, sebbene non esclusiva, dell’organizzazione dello ‘spazio politico’. Si affermò, tra 15° e 16° sec., in Francia, Inghilterra e Spagna nel segno della monarchia assoluta, con una crescente centralizzazione dei poteri sovrani nelle mani di potenti dinastie. Tra il 17° e il 18° sec., l’organizzazione assolutistica dello S. continuò a perfezionarsi in gran parte dell’Europa continentale, e soprattutto in Francia, Prussia e Russia. In conseguenza di due importanti rivoluzioni (1628-60 e 1688-89), in Inghilterra si impose invece il modello dello S. costituzionale, rappresentativo e parlamentare, fondato sul principio della limitazione delle prerogative monarchiche e sull’equilibrio di poteri tra la Corona e il Parlamento.
In Età contemporanea, tra 18° e 19° sec., con la Rivoluzione americana del 1776 e poi con la Costituzione del 1787-89, negli Stati Uniti si consolidò un modello di S. repubblicano-federale che incontrò grande favore. La Rivoluzione francese del 1789 contribuì a far sorgere nel vecchio continente modelli statuali fondati sulla rappresentanza parlamentare, sui principi del liberalismo e del costituzionalismo, dello S. di diritto e della separazione dei poteri. Con questi modelli si affermarono in Europa e in America i principi di laicizzazione dello S., il sorgere e il rafforzarsi dei moderni S. nazionali, tendenzialmente omogenei dal punto di vista etnico e soprattutto culturale. Dallo S. liberale e costituzionale prese poi forma, tra il 19° e il 20° sec., lo S. democratico, fondato sul suffragio universale per l’elezione del Parlamento, sul primato del potere legislativo e sull’azione determinante dei moderni partiti politici di massa.
Accanto a questo modello, nel corso del 20° sec. si sono affermate forme statuali di tipo del tutto diverse: gli S. comunisti e gli S. fascista e nazista in Italia e Germania. Nonostante le loro pur rilevanti differenze, queste 3 forme statuali, in particolare quella comunista e quella nazista, hanno dato sostanza a un nuovo e originale tipo di S. autoritario: lo S. totalitario.
Parte della dottrina sostiene la ‘crisi’ se non la ‘fine’ del concetto di Stato. La globalizzazione e la presenza di poteri economici e istituzioni sovranazionali e sovrastatali avrebbero determinato la perdita del controllo da parte dello S. sulle risorse decisive – economiche, militari, culturali – del potere sovrano. Molti autori dissentono da questa impostazione. Appare indubbio, tuttavia, che i già rilevanti processi di erosione della tradizionale sovranità degli S., avviati nell’epoca del bipolarismo e della guerra fredda, sono stati ulteriormente accelerati dalle nuove dimensioni globali che la politica, l’economia, la vita associata e le culture hanno assunto negli ultimi decenni tra il 20° e il 21° secolo. La sovranità dello S. nazionale ha subito un processo di erosione sia dal basso sia dall’alto. Significative limitazioni alla sovranità del livello centrale di governo dei singoli Stati nazionali sono derivate sia dalla costituzione dello Stato federale (➔ Costituzione italiana, riforma del titolo V della), con il riconoscimento di una potestà legislativa esclusiva e generale delle Regioni, sia dalla progressiva estensione della sovranità dell’Unione Europea, che assomiglia sempre più, anch’essa, a uno Stato federale (➔ federalismo). Tuttavia, se il processo federalista dello Stato nazionale è volto a contenere l’azione di alcune forze centrifughe, quello in atto nell’Unione Europea è sospinto da forze centripete di matrice economica a cui non sembra corrispondere un adeguato processo di integrazione politica e culturale, che è poi la radice vera della profonda crisi che sta attraversando l’Unione Europea.