stato
Sostantivo di non alta frequenza in D., che ricorre solo 6 volte nella Vita Nuova (di cui una in poesia), 6 nelle Rime (2 nelle Rime dubbie), 14 nel Convivio (di cui una in poesia, citata poi nel commento; inoltre il caso controverso di IV XXVII 18), 6 nella Commedia, 6 nel Fiore e 2 nel Detto, per complessive 40 presenze.
Si trova in posizione di rima in If IV 52 e in Pg XXVI 54, mentre è in rimalmezzo in Rime LXXXIII 3.
1. Un'interessante analisi del campo dei significati che il sostantivo può avere si ritrova, svolta da un punto di vista filosofico-semantico, in s. Tommaso (Sum. theol. II II 183 1): " Videtur quod status in sui ratione non importet conditionem libertatis vel servitutis. 1. Status enim a stando dicitur. Sed stare dicitur aliquis ratione rectitudinis... 2. Praeterea, nomen status immobilitatem importare videtur... 3. Praeterea, nomen status videtur ad quandam altitudinem pertinere: nam ex hoc aliquis stat quod in altum erigitur. Sed per diversa officia aliquis fit altior altero. Similiter etiam per gradus vel ordines diversos diversimode homines in quadam altitudine constituuntur. Ergo sola diversitas graduum vel ordinum vel officiorum sufficit ad diversificandum statum... Respondeo dicendum quod status proprie loquendo, significat quandam positionis differentiam secundum quam aliquis disponitur secundum modum suae naturae, cum quadam immobilitate... inde est quod etiam in ipsis humanis actionibus dicitur negotium aliquem statum habere secundum ordinem propriae dispositionis, cum quadam immobilitate seu quiete... circa homines, ea quae de facili circa eos variantur et extrinseca sunt, non constituunt statum, puta quod aliquis sit dives vel pauper... Sed solum illud videtur ad statum hominis pertinere quod respicit obligationem personae hominis: prout scilicet aliquis est sui iuris vel alieni, et hoc non ex aliqua causa levi vel de facili mutabili, sed ex aliquo permanente. Unde status pertinet proprie ad libertatem vel servitutem, sive in spiritualibus sive in civilibus ".
2. Per quanto riguarda l'uso dantesco, va innanzitutto rilevato che s. indica sempre una " condizione in cui ci si trova " (o ci si viene a trovare), con particolare riferimento (come appare anche dal passo di s. Tommaso appena citato) all'aspetto ‛ durativo ' di tale condizione (non dinamico '; cioè, appunto, ‛ statico ').
3. Con tale valore generalissimo il sostantivo trova il suo impiego in passi dal carattere marcatamente dottrinale, come Cv I III 11 la imagine per sola fama generata sempre è più ampia, quale che essa sia, che non è la cosa imaginata nel vero stato; e anche IV XXVII 18 tutto questo è [lo] stato de le mie cose, che traduce Ovidio Met. VII 509 " omnis... rerum status iste mearum ", se va accolta l'integrazione proposta dalla '21 e accolta da Busnelli-Vandelli; la Simonelli preferisce invece leggere tutto questo è stato de le mie cose, intendendo " tutto ciò che è in mio possesso " (cfr. M. Simonelli, Materiali per un'edizione critica del " Convivio " di D., Roma 1970, 423-424).
4. L'ambito di riferimento è meno comprensivo in passi quale Pg XXVIII 140 l'età de l'oro e suo stato felice, o come in If X 105, dove ci si riferisce alla " condizione " degli uomini su questa terra, vista nel complesso di tutti i suoi aspetti particolari; tale stato umano si contrappone, in linea teorica, agli s. ultraterreni, cioè alle diverse condizioni delle anime nell'aldilà, come quella di Virgilio nel Limbo (If IV 52), o quella beata delle anime salvate (Pg XXVI 54; e cfr. pure il perfettissimo stato degli angeli, in Cv II IV 9).
5. Più frequentemente, con s. si indicano le " condizioni " di una persona, in particolare quelle fisiche e psicologiche: Vn XIII 7, XVI 1 (quattro cose sopra lo mio stato; ancora in XVII 1 e XLI 1 e Rime LXV 14); Rime LXXXIII 3 stato non avea tanto gioioso (" lo stato gioioso bisogna intenderlo non nel senso particolare del momento in cui il poeta è stato lasciato da Amore, che era momento di afflizione, come risulta dai vv. 4-6, ma nel senso generale della condizione amorosa dell'animo che è in gioia per il fatto stesso di amare, anche se l'amore in atto, insieme con la gioia, apporta sofferenza e dolore. Nel senso allegorico, interpretando la donna del poeta per la Filosofia... lo stato gioioso è da riferire alla felicità che Dante provava nello scoprire il vero studiando la filosofia ", Barbi-Pernicone); XCI 76, CII 56, Cv II Voi che'ntendendo 6 El ciel che segue lo vostro valore / ... mi tragge ne lo stato ov'io mi trovo (che in VI 5 è rifuso e parafrasato: la vostra circulazione, è quella che m'ha tratto ne la presente condizione); IV XXVIII 17; qui va pure il primo buono stato de la vista di Cv III IX 16 (mentre in Pg XIV 66 lo stato primaio è quello nel quale non può ritornare l'ormai inselvatichita Firenze, e anche ‛ s. del cuore ' in Vn XV 8 (manifesto lo stato del cuore per essemplo del viso, che parafrasa il verso lo viso mostra lo color del core, § 5 5) e in Rime dubbie X 11; e si veda pure XXVII 7.
Con valore più generico, sempre riferito a una persona, si ritrova in Fiore LIV 2 sì le manda per lettera tu' stato; CXXXII 2, CCXV 3, e anche CCXXVI 4 la figliuola trar di quello stato.
Qui pure andranno considerate locuzioni come buono stato (Fiore XXXV 10 e Detto 224) e ricco stato (Fiore XLIII 10).
6. Più che di " condizioni " estrinseche, si tratta di un vero e proprio " modo di essere " (intrinsecamente connaturato), in Vn XIX 6 11 tratterò del suo stato gentile, cioè della nobiltà di Beatrice (e cfr. Detto 223 su' nobile stato, che per altro il Parodi intende come " essere [esterno] di una persona, figura ").
7. L'accezione di s. come " condizioni o fasi che qualificano la sequenza della vita umana " si ritrova in Cv IV XXVIII 14 Marzia fu vergine, e in quello stato si significa l'adolescenza; [poi si maritò] a Catone, e in quello stato si significa la gioventute; non del tutto analogo sembra l'esempio di XXIII 10 Il nostro salvatore Cristo... volle... dimorare in questa nostra vita al sommo, poi che stato c'era nel basso stato de la puerizia.
8. Il termine può anche indicare la " condizione sociale " (cfr. quanto nota s. Tommaso, allo stesso luogo del passo citato sopra: " officium dicitur per comparationem ad actum; gradus autem dicitur secundum ordinem superioritatis et inferioritatis; sed ad statum requiritur immobilitas in eo quod pertinet ad conditionem personae "), con una connotazione ‛ statica ' (tipica del pensiero medievale, riflettente una comunità dalla scarsa mobilità sociale) che giunge fino alle accezioni di " ceto " o di " classe ", nel senso di categorie (pre)fissate e rigide (ma pur sempre assai lontane dai valori del linguaggio moderno, se non attuale): Cv II X 10 Meglio sarebbe a li miseri grandi, matti, stolti e viziosi, essere in basso stato; IV XIV 5, 6 e anche 10 con ciò sia cosa che... in questi... animali e piante e minere bassezza e altezza non si noti, però che in uno sono naturati solamente ed iguale stato, in loro generazione di nobilitade essere non può, in cui si ha un chiaro esempio della concezione dell'‛ altezza ' o ‛ bassezza ' di ‛ stato ' come termine connaturato all'ordine universale.
Abbastanza interessante è il passo di Cv III I 7 come dice lo Filosofo... ne l'amistade de le persone dissimili di stato conviene, a conservazione di quella, una proporzione essere intra loro che la dissimilitudine a similitudine quasi reduca, in cui a persone dissimili di stato corrisponde, nel testo latino (Ethic. IX lect. I), " dissimilium speciem amicitiis " (e nel commento di s. Tommaso, " amicitiis dissimilium personarum "; nel testo greco, Eth. Nic. IX 1, 1163 b 2 9, si ha una terminologia, a quanto pare, ispirata a quella della geometria delle proporzioni); amicizia quale (nel commento di Tommaso, VIII lect. VII n. 1625) " patris ad filium, et universaliter senioris ad iuniorem et viri ad uxorem ", o anche come quella " regis ad subditum " (nel commento ad l.), da cui pare prendere le mosse D. per l'amicizia intra lo signore e lo servo, addotta ad esempio, con quella che sembra una restrizione abbastanza netta dell'ambito di riferimento originario (ancora in s. Tommaso).
9. Il riferimento è piuttosto ‛ politico ', in If XXVII 54 Cesena tra tirannia si vive e stato franco: il valore dell'espressione ‛ s. franco ' è chiaramente quello di " governo libero, popolare ", anche se è poi controversa l'interpretazione da dare al passo (cui è connesso il problema dell'esatta lezione del verso); si vedano le annotazioni del Petrocchi, ad locum, e le voci Cesena; Franco.