Abstract
Il contributo analizza le norme di conflitto contenute nel Regolamento Roma III dedicato alla legge applicabile a separazione e divorzio.
In prospettiva storica, le soluzioni in punto di legge applicabile a separazione e divorzio adottate dagli Stati si sono ispirate a principî non necessariamente uniformi. La frammentazione del diritto sostanziale di famiglia e delle soluzioni di diritto internazionale privato adottate dagli Stati ha incentivato, nello spazio giudiziario europeo costruito negli ultimi anni, quella che è stata definita una “corsa” al giudice più favorevole. In questo senso, il Regolamento Roma III ha come obiettivo anche quello di evitare situazioni in cui un coniuge, facendo perno sull’applicazione delle norme europee in tema di litispendenza, introduca un procedimento volto ad ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale prima dell’altro dinanzi ad un determinato giudice, la cui decisione circolerà negli Stati membri secondo le regole dettate dal Regolamento Bruxelles IIbis, per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi (Regolamento Roma III, considerando 9 e 21).
Secondo l’Unione europea solo nella misura in cui ogni giurisdizione nazionale applichi lo stesso diritto sostanziale, per mezzo di norme di conflitto uniformi, il fenomeno del “forum shopping” può adeguatamente essere contrastato (Bonomi, A., Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio nella recente proposta di regolamento comunitario, in Lo scioglimento del matrimonio nei regolamenti europei: da Bruxelles II a Roma III, a cura di S. Bariatti e C. Ricci, Milano, 2007, p. 91- 92), posto che in una simile circostanza la soluzione cui ogni giudice perverrebbe dovrebbe essere la medesima.
Tuttavia, giova notarlo fin da subito, sotto quest’ultimo profilo il Regolamento Roma III non coglie pienamente nel segno (Orejudo Preito de los Mozos P., Rome III Regulation (divorce), in Encyclopedia of Private International Law, a cura di J. Basedow, G. Rühl, F. Ferrari, P. de Miguel Asensio, Cheltenham, 2017, vol. 2, p. 1574).
La base giuridica del Regolamento Roma III è infatti l’art. 81(3) TFUE, in forza del quale misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali sono adottate secondo una procedura legislativa speciale ove il Consiglio vota secondo la regola dell’unanimità. Stante l’opposizione di alcuni Stati membri all’adozione di norme uniformi anche in tema di legge applicabile a separazione e divorzio, posizione espressa nel diverso contesto della revisione del Regolamento Bruxelles IIbis, e quindi a fronte dell’impossibilità di raggiungere l’unanimità in seno al Consiglio (Regolamento Roma III, considerando 4 e 5; sulla cooperazione rafforzata nel Regolamento Roma III, v. Baruffi M.C., Il regolamento sulla legge applicabile ai “divorzi europei”, in Il Diritto dell’Unione europea, 2011, p. 867-871 ss), il Regolamento Roma III è stato adottato in regime di cooperazione rafforzata solo tra alcuni Stati membri (decisione del Consiglio 2010/405/UE; decisione della Commissione 2012/714/UE; decisione della Commissione 2014/39/UE; decisione della Commissione 2016/1366/UE). Ne segue che lo strumento, sotto il profilo del suo campo di applicazione territoriale, non vincola tutti gli Stati membri e non riesce dunque, almeno per il momento, a provvedere ad una uniformazione delle norme in parola in tutto lo spazio giudiziario europeo. Con la conseguenza che i privati che ancora volessero in certa misura cercare di instaurare la lite dinanzi al giudice che, secondo loro, applicherà la disciplina internazionalprivatistica e sostanziale a loro più favorevole, ancora potranno godere di un certo margine d’azione qualora riuscissero ad adire ai sensi del Regolamento Bruxelles IIbis un giudice non anche vincolato all’applicazione del Regolamento Roma III.
Con riferimento al campo di applicazione territoriale, il Regolamento Roma III, originariamente applicabile in 14 Stati membri, ora è applicabile in 17 Stati membri (Belgio, Bulgaria, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo, Romania, Estonia e Slovenia), con possibilità per gli altri Stati membri di chiedere in qualsiasi momento di entrare a fare parte della cooperazione rafforzata. Giova subito notare che il limitato campo di applicazione territoriale non influisce anche sull’applicabilità dello strumento da parte del giudice di uno Stato membro che partecipa alla cooperazione rafforzata. Lo strumento ha portata universale (art. 4; Leandro, A., Art. 4, in Regolamento UE n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, a cura di P. Franzina, in Nuove leggi civ., 2011, p. 1468); i criteri di collegamento possono portare all’applicazione della legge sostanziale di uno Stato membro non partecipante alla cooperazione rafforzata, ovvero alla legge sostanziale di uno Stato terzo.
Qualora il giudice di uno Stato membro partecipante alla cooperazione rafforzata, nel caso di specie quello italiano, dovesse essere adito perché questo si pronunci sulla separazione personale ovvero sul divorzio dei coniugi, tale giudice, rimanendo nell’ambito dei confini applicativi dello strumento, dovrà applicare il Regolamento Roma III indipendentemente dalla residenza o dalla cittadinanza delle parti. Il regolamento non ha infatti un particolare limite di applicazione soggettiva, diversamente da come si rinviene nei regolamenti europei che disciplinano il riparto della giurisdizione internazionale e che in diverse occasioni limitano l’applicabilità di questi strumenti al domicilio o alla residenza abituale del convenuto nell’Unione europea. Il Regolamento Roma III deve dunque essere applicato tanto a prescindere da particolari condizioni soggettive delle parti in causa (cfr. Trib. Pordenone 14.10.2014, in Riv. dir. int. priv. proc., 2014, p. 1011, sui cui v. anche Campiglio C., Prime applicazioni delle norme europee sui divorzi “internazionali”, in La nuova giurisprudenza civile commentata, parte 2, p. 173-181), quanto dal titolo di giurisdizione (di diritto europeo o di diritto comune) sulla base del quale il giudice è stato adito. Secondo il consolidato principio del primato del diritto dell’Unione europea, solo nella misura in cui il Regolamento Roma III non dovesse essere applicabile le norme di diritto comune contenute nella l. 31.5.1995, n. 218 potrebbero essere applicate dal giudice italiano.
Imprescindibile, invece, ai fini dell’applicabilità del Regolamento Roma III è la cd. internazionalità della fattispecie (Viarengo, I., Il regolamento UE sulla legge applicabile alla separazione e al divorzio e il ruolo della volontà delle parti, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, p. 601-606). Se alcuni strumenti di diritto derivato consentono alle parti la scelta di legge straniera in fattispecie puramente interne, pur con alcuni limiti al fine di evitare ad esempio la frode alla legge (su cui per tutti v. Bariatti, S., Abuso del diritto, conflitti di leggi e diritto del commercio internazionale: spunti di riflessione sul forum shopping, in L’Unione europea a vent’anni da Maastricht. Verso nuove regole, a cura di S.M. Carbone, Napoli, 2013, p. 269), il Regolamento Roma III trova solo applicazione a fattispecie che comportino un (oggettivo) conflitto di leggi (art. 1). Le norme del Regolamento Roma III consentono alle parti di scegliere determinate leggi per regolare separazione e divorzio solo qualora vi siano elementi che caratterizzano in senso oggettivo la controversia come internazionale, ad esempio in virtù di residenze o cittadinanze straniere (in Trib. Firenze 20.5.2014, reperibile sul sito www.aldricus.files.wordpress.com, l’unico, e sufficiente, elemento di internazionalità è dato dalla doppia cittadinanza – una europea l’altra non europea – di una delle parti).
Il Regolamento Roma III, in vigore dal 30 dicembre 2010, è divenuto interamente applicabile dal 21 giugno 2012 (art. 21). Con la precisazione, da un lato, che solo i procedimenti avviati a partire da questa data, nonché gli accordi di scelta di legge applicabile conclusi a decorrere dal 21 giugno 2012 rientrano nel campo di applicazione del regolamento (art. 18, il quale si premura inoltre di fare salvi gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi conformemente alla legge di uno Stato membro partecipante la cui autorità giurisdizionale sia stata adita prima del 21 giugno 2012).
La specifica circostanza poi del regime di cooperazione rafforzata comporta la necessità di determinare una regola di diritto intertemporale anche per quegli Stati che accettino il regolamento solo in un momento successivo. Ai sensi dell’art. 21 del Regolamento Roma III, per questi Stati membri il regolamento troverà applicazione dalla data indicata nella relativa decisione della Commissione che conferma la partecipazione alla cooperazione rafforzata.
Volgendo ora l’attenzione al campo di applicazione materiale, il Regolamento Roma III trova applicazione solo qualora il giudice o l’autorità nazionale debba pronunciarsi sulla separazione personale o il divorzio dei coniugi e, a tal fine, debba individuare la legge applicabile chiamata a disciplinare l’affievolimento del vincolo matrimoniale (Franzina, P., The Law Applicable to Divorce and Legal Separation under Regulation (EU) n. 1259/2010 of 20 December 2010, in Cuadernos de Derecho Transnacional, 2011, p. 86-92). In questa prospettiva, obiettivo del regolamento è quello di porre criteri di collegamento soggettivi ed oggettivi secondo la tecnica della localizzazione spaziale diretta (essendo esclusa l’operatività del rinvio; art. 11), che consentano di determinare in via uniforme la legge applicabile a separazione e divorzio. Con la specificazione che, nell’intento di garantire continuità e certezza del diritto applicabile, la legge che governa la separazione disciplinerà anche il divorzio laddove tale normativa preveda la conversione della separazione in divorzio. In caso contrario, la legge applicabile alla separazione potrebbe non necessariamente coincidere con la legge applicabile al divorzio (art. 9).
Fondamentale appare dunque ai fini della determinazione del campo di applicazione del regolamento determinare cosa si intenda per “matrimonio”, per “separazione” e per “divorzio”. Come si avrà modo di chiarire a breve, il regolamento non trova applicazione nella misura in cui si debba definire la nozione di “matrimonio”, per la quale dunque vale il diritto nazionale del giudice adito. Diversamente, “separazione” e “divorzio” dovrebbero essere oggetto di interpretazione autonoma (Rossolillo, G., Art. 1, in Regolamento UE n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010, cit., p. 1147-1449; von Mohrenfels, W., Rom III-VO, Art. 1, in Münchener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, Band 11, München, 2018, p. 870-871, Rn 3), così da ricomprendere ogni domanda volta ad affievolire o terminare il rapporto coniugale.
Nozione autonoma che presuppone l’intervento giudiziario, o comune di una pubblica autorità (Regolamento Roma III, considerando 13). Questo dovrebbe indurre ad escludere l’applicabilità dello strumento ai cd. “matrimoni privati” in cui difetta in radice l’intervento di un’autorità pubblica o amministrativa dello Stato (von Mohrenfels, W., Rom III-VO, Art. 1, cit., p. 872, Rn 8; cfr. C. giust., 20.12.2017, C-372/16, Soha Sahyouni c. Raja Mamisch, in Report della Corte) ; ordinanza C. giust., 12.5.2016, C-281/15, Soha Sahyouni c. Raja Mamisch, in Report della Corte. Sull’influenza del Regolamento Roma III sull’art 65 della legge italiana di diritto internazionale privato, v. Mosconi, F.-Campiglio, C., Richiami interni alla legge di diritto internazionale privato e regolamenti comunitari: Il caso dei divorzi esteri, in Riv. dir. int. priv. proc., 2016, p. 5 ss).
Per espressa previsione normativa, il Regolamento Roma III non trova applicazione alle questioni connesse alla capacità delle persone, alle controversie concernenti l’esistenza, la validità, il riconoscimento e l’annullamento di un matrimonio; al nome dei coniugi; agli effetti patrimoniali del matrimonio; alla responsabilità genitoriale; alle obbligazioni alimentari ovvero a trust e successioni (art. 1). Alcune delle materie escluse rientrano nel campo di applicazione di altri strumenti di diritto derivato, mentre per altre continuano a trovare applicazione le norme di conflitto di diritto comune (su cui v. Crespi Reghizzi, Z., Note introduttive II, in Regolamento UE n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010, cit., 2011, p. 1441 ss). Tale è ad esempio il caso dell’annullamento del matrimonio, questione che, sotto il profilo della giurisdizione, rientra invece nel campo di applicazione del Regolamento Bruxelles IIbis, ma non anche del Regolamento Roma III. Una discrasia nel campo di applicazione dei due strumenti, che potrebbe trovare giustificazione nella ritrosia di alcuni Stati circa l’opportunità di introdurre l’autonomia privata anche con riferimento alla legge applicabile in caso di annullamento del matrimonio (Baruffi, M.C., Il regolamento sulla legge applicabile ai “divorzi europei”, cit., p. 875). Questo benché parte della dottrina noti la possibilità di ricondurre la materia nel campo di applicazione dello strumento in parola attraverso la redazione di uno specifico ed autonomo criterio di collegamento in cui nuovamente si escluda rilievo alla volontà delle parti (Orejudo Preito de los Mozos, P., Rome III Regulation (divorce), cit., p. 1576).
In chiusura sul punto, pare opportuno precisare il rapporto tra il Regolamento Roma III e l’affievolimento di un vincolo non matrimoniale secondo la lex fori. Come anticipato, il regolamento non si applica alle questioni concernenti l’esistenza del vincolo matrimoniale.
Con riferimento alle unioni di persone dello stesso sesso, l’art 13 del Regolamento Roma III dispone che «[n]essuna disposizione del presente regolamento obbliga le autorità giurisdizionali di uno Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio o non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio ad emettere una decisione di divorzio in virtù dell’applicazione del regolamento stesso» (e con riferimento anche alla separazione, v. considerando 26, ultima frase). La diversa soluzione di obbligare gli Stati a pronunciarsi in merito allo scioglimento di un vincolo non matrimoniale ai sensi della legge del foro comporterebbe, di fatto, un obbligo di riconoscimento indiretto di dette unioni (Orejudo Preito de los Mozos, P., op.cit., 1579), almeno nel loro momento patologico. In questo caso, dunque, il giudice non sarà obbligato a pronunciarsi sul divorzio (Franzina, P., The Law Applicable to Divorce and Legal Separation under Regulation (EU) n. 1259/2010 of 20 December 2010, cit., p. 126). Sembra tuttavia vero che una simile esclusione potrebbe anche aversi per il tramite dell’ordine pubblico quale limite all’applicazione della legge straniera. In questo senso, l’art. 13 prende in considerazione una ipotesi specifica di ordine pubblico per chiarirne, e ribadirne, oggetto e funzione.
Diversamente, qualora la legge applicabile e la lex fori conoscano entrambe l’istituto del matrimonio tra persone dello stesso sesso, il regolamento dovrebbe trovare piena applicazione, posto che la definizione di “matrimonio” viene determinata non dal diritto europeo, le cui norme di conflitto nel caso di specie sono “gender-neutral”, ma dal diritto nazionale (Gruber, U.P., Vor Artikel 1 Rom III, in Nomos Kommentar, Rom-Verordnungen, a cura di R. Hüßtege e H-P. Mansel, Vol. 6, München, 2015, p. 593-599, Rn 30).
L’art. 13, inoltre, sempre seguendo la logica ora descritta, risulta superato nella parte in cui prescrive che «[n]essuna disposizione del presente regolamento obbliga le autorità giurisdizionali di uno Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio ... ». Tale norma teneva in considerazione le specificità dell’ordinamento maltese, che ha introdotto il divorzio solo a seguito del quesito referendario del 2011 (von Mohrenfels, W., Rom III-VO, Art. 13, in Münchener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, Band 11, München, 2018, p. 905- 906, Rn 1). Il testo, tuttavia, nella parte in cui informa della volontà dello Stato maltese di partecipare al Regolamento Roma III pur non conoscendo ancora l’istituto del divorzio ben esprime come nella materia del diritto di famiglia la frammentazione delle soluzioni di diritto materiale e di diritto internazionale privato abbiano determinato uno “scollamento” tra la disciplina sostanziale ed internazionalprivatistica, rendendo il quadro normativo di riferimento, almeno per un certo periodo, incoerente, confuso ed incerto (Queirolo, I.-Carpaneto L., Considerazioni critiche sull’estensione dell’autonomia privata a separazione e divorzio nel Regolamento “Roma III”, in Rivista di diritto internazionale privato, 2012, p. 59-71).
Con riferimento invece alle unioni non matrimoniali, non sembra potersi ritenere che il regolamento possa anche trovare applicazione allo scioglimento delle unioni registrate (cfr. Viarengo, I., Il regolamento UE, cit., p. 609 e Baruffi, M.C., op. cit., p. 876). Posto che l’Unione europea non ha competenze in materia di diritto sostanziale di famiglia, il diritto europeo è ben conscio della diversità degli istituti che, più di recente, ha sottoposto a normative simili, ma autonome e separate in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi (regolamento (UE) 2016/1103) ed ai rapporti patrimoniali tra persone che hanno concluso un’unione registrata (regolamento (UE) 2016/1104). In questo senso, non sembra potersi sostenere che il Regolamento Roma III ex proprio vigore debba anche trovare applicazione allo scioglimento di unioni registrate qualora l’istituto fosse conosciuto nella lex fori (ma v. art. 32-quater l. n. 218/1995, il quale rinvia al Regolamento Roma III).
Innovando rispetto alle tradizioni nazionali di diversi Stati membri, il Regolamento Roma III introduce quale primo criterio di collegamento la volontà delle parti che, nella prassi, ha portato alla scelta della legge che “più velocemente” consente l’affievolimento del vincolo coniugale (Viarengo, I., Rapporto sull’applicazione in Italia del Regolamento (UE) n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (Roma III), in La giurisprudenza italiana sui regolamenti europei in materia civile e commerciale e di famiglia, a cura di S. Bariatti, I. Viarengo, F.C. Villata, Milano, 2016, p. 397-398), benché non possa escludersi che le parti seguano una linea diversa.
L’art. 5, Regolamento Roma III stabilisce in primo luogo che i coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale. L’utilizzo del sostantivo “coniugi” potrebbe valere ad escludere l’applicabilità della norma agli accordi conclusi da nubendi nell’ambito di accordi o contratti pre-matrimoniali, qualora questi fossero ammissibili nell’ordinamento in cui vengono conclusi (possibilista, ma con cautele, Campiglio, C., Prime applicazioni delle norme europee, cit., p. 182). Se in prospettiva temporale solo i coniugi possono concludere un accordo sulla legge applicabile a separazione e divorzio, nulla viene specificato con riferimento al periodo successivo l’acquisizione dello status in parola. Più precisamente, la norma è silente sul punto dell’attualità del consenso prestato in circostanze che eventualmente nel tempo possono cambiare. Ci si domanda, infatti, in quale misura eventi come riforme di diritto sostanziale della legge scelta dalle parti ovvero la nascita di figli possano incidere sull’attualità del consenso prestato immediatamente dopo il matrimonio poi eccepito a distanza di anni in occasione di un procedimento giudiziale. Tanto più se tiene in conto come uno dei principî essenziali del Regolamento Roma III, benché non direttamente trasposto in articolato, ma ricordato dal considerando 18, sia quello della scelta informata, secondo il quale «[c]iascun coniuge dovrebbe sapere esattamente quali sono le conseguenze giuridiche e sociali della scelta della legge applicabile». Ci si domanda dunque in quale misura, e se del caso quale valore dovrebbero assumere, circostanze profondamente mutate rispetto alla precedente scelta informata presa in assenza di figli ovvero in favore di una legge riformata (Queirolo, I., Carpaneto L., Considerazioni critiche, cit., p. 82).
L’autonomia internazionalprivatistica riconosciuta alle parti dal diritto derivato nella materia de qua non è tuttavia così estesa come, ad esempio, quella riconosciuta in materia contrattuale. L’art. 5 del Regolamento Roma III, infatti, ed al fine di evitare la scelta di una legge che con la fattispecie non presenti un significativo collegamento, così da contrastare il fenomeno dell’applicazione di “leggi esotiche”, consente alle parti di scegliere solo alcune leggi straniere per disciplinare separazione e divorzio.
Quattro sono le opzioni concesse ai coniugi. In primo luogo le parti possono scegliere la legge dello Stato della residenza abituale (comune; Ludwig, I., Art. 5 Rom III-VO, in BGB Internationales Privatrecht und UN-Kaufrecht, a cura di M. Würdinger, Vol. 6, Saarbrücken, 2015, p. 1167-1169, Rn 12 ss) dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo. In questo senso, giova notare come la scelta non debba necessariamente essere in favore della legge di uno Stato membro, posto che la norma non lo richiede ed il regolamento ha portata universale. Quello che invece pare opportuno specificare è che la nozione di “residenza abituale” costituisce definizione autonoma del diritto europeo ed, in quanto tale, dovrebbe essere interpretata alla luce degli obiettivi e degli scopi del regolamento, nonché anche avendo in mente la giurisprudenza della Corte di giustizia su questo specifico punto resa con riferimento al Regolamento Bruxelles IIbis, strumento con il quale il Regolamento Roma III esplicitamente intende coordinarsi in forza del suo art. 2.
In secondo luogo, alle parti è concessa la possibilità di scegliere quale legge applicabile alla separazione o al divorzio la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo.
In alternativa, le parti possono scegliere la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo. Anche in questo caso, non necessariamente si richiede la cittadinanza di uno Stato membro, né che la cittadinanza sia espressiva di un collegamento sincero tra individuo e Stato di cittadinanza.
In ultima istanza, a chiusura del sistema, e con l’idea di favorire la coincidenza tra forum e ius, alle parti è dato scegliere quale applicabile la legge del foro.
La scelta è possibile in qualunque momento, fino a quando l’autorità giurisdizionale, anche questa nozione autonoma di diritto dell’Unione europea, non sia stata adita, salvo che la legge del foro non consenta una scelta successiva a tale momento (in particolare, sui modi ed i tempi della scelta, v. Falconi, F., Il Regolamento (UE) n. 1259/2010 sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale nella recente prassi giurisprudenziale italiana, in Cuadernos de Derecho Transnacional, 2018, p. 568-571 ss). In Italia, dunque, il Presidente del Tribunale, informate le parti della possibilità di scelta della legge applicabile, menzionerà al ricorrente ed al convenuto che, rispettivamente in sede di deposito di memoria integrativa e di deposito dell’atto di costituzione in giudizio, le parti potranno scegliere la legge applicabile (art. 709 c.p.c.; in questi termini Campiglio, C., Prime applicazioni delle norme europee, cit., p. 178). In giurisprudenza (Trib. Milano, 10.2.2014, in La giurisprudenza italiana sui regolamenti europei in materia civile e commerciale e di famiglia, a cura di S. Bariatti, I. Viarengo, F.C. Villata, Milano, 2016, p. 467), l’accordo di scelta della legge applicabile viene qualificato come negozio processuale, che non necessita quindi di specifiche disposizioni normative perché possa considerarsi ammissibile (Viarengo, I., Rapporto sull’applicazione in Italia del Regolamento (UE) n. 1259/2010, cit., p. 399; altri ordinamenti seguono invece un diverso approccio sul punto).
Rispetto alla libertà di scelta della legge applicabile in materia contrattuale, almeno due elementi devono essere sottolineati. Il primo, già menzionato, è che l’autonomia privata non determina di per sé stessa un conflitto di leggi. Inoltre, sempre alla luce del principio della scelta informata, l’art. 5 del Regolamento Roma III non contempla l’ipotesi per cui la scelta possa essere implicita, ossia desumibile dal complesso dalle disposizioni dell’accordo e del caso. La scelta di legge straniera applicabile a separazione e divorzio non può che essere espressa (Biagioni, G., Art. 5, in Regolamento UE n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010, cit., p. 1470-1473; in questo senso, Trib. Milano, 11.12.2012, in Riv. dir. int. priv. proc., 2013, p. 768).
Sempre con l’intento di salvaguardare il principio da ultimo menzionato, e per garantire la certezza e la prevedibilità del diritto a fronte della frammentazione del diritto nazionale sul punto, il Regolamento Roma III introduce regole uniformi minime in materia di validità formale e sostanziale dell’accordo sulla legge applicabile. Tuttavia, tale obiettivo generale risulta pregiudicato dal campo di applicazione del Regolamento Roma III. Il coniuge che volesse “fuggire” da un valido accordo sulla scelta della legge applicabile a separazione e divorzio potrebbe cercare di iniziare un procedimento dinanzi alle corti di uno Stato che non partecipa al regime di cooperazione rafforzata.
Confermando la struttura ed il metodo adottato da altri regolamenti europei di diritto internazionale privato, ai sensi dell’art. 6 del regolamento, «l’esistenza e la validità di un accordo sulla scelta della legge o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù del presente regolamento se l’accordo o la disposizione fossero validi. Tuttavia, un coniuge, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsi alla legge del paese in cui ha la residenza abituale nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del suo comportamento secondo la legge» che regola l’esistenza e la validità dell’accordo.
In questo senso, la legge scelta dalle parti vale anche a regolare l’esistenza e la validità dell’accordo sulla legge applicabile. Qualora questa legge dovesse determinare l’esistenza della volontà sulla base di comportamenti concludenti, che nello Stato di residenza abituale di uno dei due coniugi non avrebbero invece rilievo, il coniuge che risiede in tale Stato potrà invocare la legge della propria residenza abituale per eccepire l’esistenza del consenso. Tuttavia, pare opportuno sottolinearlo, l’eccezione in parola all’applicabilità della legge che disciplina la separazione ed il divorzio in favore della legge del paese di residenza abituale del coniuge che voglia eccepire il difetto di consenso, non sembra potersi anche estendere a vizi che attengono alla validità di espressione del consenso. La norma sembra infatti chiara nello stabilire che tanto l’esistenza quanto la validità della manifestazione del consenso sono retti dalla legge che regola il divorzio, ma solo l’esistenza del consenso rientra nel campo di applicazione dell’eccezione. Pertanto, la legge di residenza abituale del coniuge che intenda eccepire sulla base di tale normativa il “come” il consenso è stato manifestato, non potrà trovare applicazione.
Con riferimento, invece, alla validità formale dell’accordo, il Regolamento Roma III impone la forma scritta, comprensiva di data e firma, forme di comunicazione elettronica incluse (art. 7). Tali requisiti sono tuttavia de minimis, posto che lo Stato di residenza abituale comune al momento di conclusione dell’accordo può imporre requisiti di validità formale aggiuntivi (art. 7, co. 2).
In considerazione della frammentazione del diritto materiale esistente tra gli Stati membri, la norma contempla l’ipotesi in cui al momento della conclusione dell’accordo la residenza abituale dei coniugi si trovi in Stati membri diversi. In un tale scenario, infatti, l’accordo, valido quanto alla forma ai sensi della legge di uno Stato, potrebbe non esserlo alla luce della legge del secondo. Così, per espressa previsione normativa (art. 7(3) e art. 18), l’accordo è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati (Campiglio, C., Prime applicazioni delle norme europee, cit., p. 177).
Sempre l’art. 7 del Regolamento Roma III prende in considerazione l’evenienza che la residenza abituale di uno dei due coniugi sia in uno Stato membro che non partecipa alla cooperazione rafforzata, mentre lo Stato partecipante in cui risiede l’altro coniuge impone ulteriori requisiti di validità formale. In tale ipotesi dovranno rispettarsi i requisiti di forma addizionali imposti dalla legge dello Stato membro partecipante in cui uno dei due coniugi ha la propria residenza abituale al momento della conclusione dell’accordo.
Qualora le parti non dovessero scegliere la legge applicabile alla propria separazione o divorzio, ovvero qualora la scelta effettuata dovesse essere invalida quanto alla forma o alla sostanza sulla base dei requisiti imposti dal Regolamento Roma III, eventualmente considerati i requisiti aggiuntivi imposti dalle leggi nazionali cui lo stesso regolamento rinvia, il giudice nazionale deve individuare la legge applicabile ricorrendo ai criteri di collegamento oggettivi di cui all’art. 8.
Predisponendo una serie di criteri di collegamento “a cascata”, quindi espressivi di una gerarchia tra i diversi fattori di collegamento fatti propri dalla norma, separazione e divorzio sono in prima battuta disciplinati dalla legge dello Stato di residenza abituale (comune) dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità competente (la norma richiede la residenza abituale comune in uno Stato, non anche che in questo Stato le parti vivano sotto lo stesso tetto o nella stessa città; Basedow, J., European Divorce Law. Comments on the Rome III Regulation, in Confronting the Frontiers of Family and Succession Law. Liber Amicorum Walter Pintens, a cura di A.L. Verbeke, J.M. Scherpe, C. Declerck, T. Helms, P. Senaeve, Vol. 1, Cambridge, 2012, p. 135-144). In questo senso, si abbandona quello che in molti paesi è stato per lungo tempo il principale e primo criterio di collegamento con riferimento allo status personale, ossia la cittadinanza comune delle parti.
Qualora le parti non dovessero avere più una residenza abituale comune al momento in cui l’autorità competente viene adita, separazione e divorzio saranno disciplinati dalla legge che con la fattispecie ancora presenta un apprezzabile connessione, ossia le legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se una delle due parti vive ancora in quello. Tuttavia, la domanda non deve essere presentata oltre un anno dal venire meno della residenza abituale comune. In tal caso verrebbe meno quell’apprezzabile vicinanza della fattispecie con l’ordinamento che ne giustifica l’applicazione del diritto sostanziale (Basedow, J., European Divorce Law. Comments on the Rome III Regulation, cit., p. 144).
Qualora neanche tali condizioni dovessero essere soddisfatte nel singolo caso di specie, troverebbe allora applicazione la legge di cittadinanza comune delle parti. Il che pone il problema della valutazione delle doppie cittadinanze comuni. Solo il considerando 22 del Regolamento Roma III affronta il tema, operando un rinvio al diritto nazionale, che potrebbe dunque introdurre criteri di selezione di una delle due leggi applicabili, ma nel rispetto dei principî fondamentali del diritto dell’Unione europea. In questo senso, allora, il diritto interno potrebbe intervenire a sciogliere il dilemma consentendo al giudice nazionale di scegliere quale tra le due leggi di cittadinanza applicare. Regole in forza delle quali la legge del foro, se una delle due leggi di cittadinanza comune, automaticamente prevale sulla legge straniera difficilmente potrebbero essere compatibili con il regolamento ed il diritto dell’Unione europea. Diversamente, regole nazionali che consentissero al giudice l’applicazione della legge di cittadinanza effettiva, criterio non ammissibile sul fronte della competenza giurisdizionale (C. giust., 16.7.2009, C-168/08, Laszlo Hadadi (Hadady) c. Csilla Marta Mesko, épouse Hadadi (Hadady), Report della Corte), potrebbero invece essere conformi al diritto dell’Unione, almeno nella misura in cui non introducano discriminazioni automatiche tra cittadinanze dell’Unione ed abbiano come obiettivo precipuo, e proporzionato (C. giust., 2.10.2003, C-148/02, Carlos Garcia Avello c. Stato belga, Report della Corte, par. 44), quello di assicurare l’applicazione della legge più significativamente collegata con la fattispecie (Campiglio, C., Prime applicazioni delle norme europee, cit., p. 183 e Crespi Reghizzi, Z., Art. 8, in Regolamento UE n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010, cit., p. 1491-1500).
In ultima istanza, sempre a chiusura del sistema, qualora nessuna delle precedenti ipotesi dovesse ricorrere, il giudice nazionale applicherà la lex fori.
Come ogni strumento di diritto internazionale privato, tanto di diritto derivato quanto di diritto uniforme o comune, anche il Regolamento Roma III bilancia l’apertura del sistema all’applicazione della legge straniera con alcuni limiti volti a proteggere gli interessi fondamentali dell’ordinamento nazionale (Franzina, P., Note introduttive I, in Regolamento UE n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010, cit., p. 1436-1439 ss).
In prospettiva sistematica, appare opportuno sottolineare come il Regolamento Roma III si caratterizzi rispetto ad altri regolamenti che pongono criteri di collegamento in altre materie. A differenza dei Regolamenti Roma I e II, infatti, il Regolamento Roma III non menziona la possibilità di applicare le cd. “norme di applicazione necessaria”, che pur vengono nuovamente prese in considerazione nell’ambito di più recenti regolamenti.
Quasi a voler costituire un’ipotesi tipizzata di norme di applicazione necessaria di derivazione europea ovvero un’ipotesi particolare di ordine pubblico, la quale richiederebbe contra litteram una violazione manifesta e concreta degli interessi fondamentali dello Stato del foro (von Mohrenfels, W., Rom III-VO, Art. 10, in Münchener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, Band 11, München, 2018, p. 898, Rn 1 ss), l’art 10 del Regolamento Roma III prescrive che qualora le legge applicabile non preveda il divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale (dunque avendo riguardo non solo all’esistenza di un diritto di scioglimento del vincolo riconosciuto unicamente al marito piuttosto che alla donna, ma avendo riguardo anche ad eventuali differenze in merito ai motivi sostanziali per cui una delle parti può o non può chiedere il divorzio), il giudice nazionale, senza prima verificare se possa essere applicabile altra legge ricorrendo ad altri criteri di collegamento, direttamente applicherà la lex fori. La tutela ordinamentale apprestata per questa doppia ipotesi risulta particolarmente forte: anche quando le parti dovessero coscientemente e validamente scegliere un diritto straniero che non garantisca parità di accesso al divorzio, il giudice italiano non si limiterà a non applicare quelle norme straniere contrarie al diritto di parità di accesso al divorzio ovvero contrarie alla parità tra coniugi, ma, piuttosto, applicherà immediatamente ed interamente la propria disciplina interna. Una soluzione, tuttavia, che sembra essere coerente con il ruolo che l’autonomia privata assume nell’ambito del Regolamento Roma III (per riflessioni sull’autonomia privata in materia contrattuale e di diritto di famiglia nei regolamenti europei sulla legge applicabile, v. per tutti Clerici, R., Il ruolo dell’autonomia privata tra espansione e limiti di operatività nel Regolamento (UE) n. 1259/2010 sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, in Dir. comm. int., 2012, p. 351).
L’ordine pubblico quale limite all’applicazione della legge straniera permane. Ai sensi dell’art. 12 del Regolamento Roma III l’applicazione di una norma, e quindi non della legge nel suo complesso considerata, può essere esclusa qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro. Valgono in questo senso le consolidate considerazioni che dottrina e giurisprudenza svolgono con riferimento alla nozione di ordine pubblico di cui ai regolamenti europei, tanto con riferimento alle diverse tipologie di ordine pubblico che possono venire in rilievo (sostanziale o processuale), quanto con riferimento all’interpretazione restrittiva della nozione. Rimane inoltre che, pur nel silenzio della norma, il giudice dovrebbe eventualmente verificare l’applicabilità di altri criteri di collegamento prima di applicare la lex fori (Baruffi, M.C., op. cit., p. 889).
Così se la legge straniera non dovesse prevedere il divorzio, troverebbe applicazione l’art. 10; se invece nel caso di specie i coniugi non potessero più, per motivi giuridici o materiali, chiedere il divorzio, astrattamente contemplato dal diritto straniero, allora in questa ipotesi dovrebbe trovare applicazione la clausola sull’ordine pubblico, con quanto ne consegue in termini applicativi (von Mohrenfels, W., Rom III-VO, Art. 12, in Münchener Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch, Band 11, München, 2018, p. 903, Rn 1).
, la cui legge sia richiamata dalle norme di conflitto, che si compongono di più unità territoriali ovvero che siano dotati di diversi ordinamenti giuridici applicabili su base personale. Esempi in questo senso possono essere, per la prima categoria, gli Stati Uniti d’America (su cui v. Trib. Pordenone, 14.10.2014, cit.) o il Regno Unito, nella misura in cui le unità territoriali abbiano un proprio corpo normativo autonomo, e l’India per la seconda categoria.
Con riferimento ai conflitti di leggi locali su base territoriale, confermando le opzioni già seguite nei Regolamenti Roma I e II, il Regolamento Roma III precisa che le proprie norme di conflitto individuano direttamente l’unità territoriale la cui disciplina è applicabile.
Con una scelta diversa rispetto a quella fatta propria dalla legge italiana di diritto internazionale privato (art. 18; sul richiamo a ordinamenti plurilegislativi, v. Ricci, C., Il richiamo di ordinamenti plurilegislativi nel diritto internazionale privato, Padova, 2004 e Carbone, S.M., Tuo, C., Art. 18 – Ordinamenti plurilegislativi, in Atti notarili nel diritto comunitario e internazionale – Vol. I: Diritto internazionale privato, a cura di F. Preite, A. Gazzanti Pugliese Di Cotrone, Milano, 2011, p. 642), l’art. 14 del Regolamento Roma III prevede, ad esempio, che il riferimento alla residenza abituale deve intendersi non allo Stato federale, ma piuttosto all’unità territoriale in cui questa si localizza, e la cui disciplina sarà dunque applicabile. Il Regolamento Roma III, in questo senso, risolve autonomamente il problema dei conflitti di legge interna dello Stato straniero. Tuttavia il Regolamento Roma III, nel risolvere il problema dei conflitti di leggi interne, non impone anche l’applicazione del regolamento ai conflitti interni di legge (art. 16).
Con riferimento invece agli Stati composti da ordinamenti giuridici su base personale, ogni riferimento del Regolamento Roma III alla legge di tale Stato deve intendersi al sistema giuridico determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto (art. 15).
Fonti normative
L. 31.5.1995, n. 218; regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27.11.2003; regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11.7.2007; regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17.6.2008; decisione del Consiglio 2010/405/UE del 12.7.2010; regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio del 20.12.2010; decisione della Commissione 2012/714/UE del 21.11.2012; decisione della Commissione 2014/39/UE del 27.1.2014; regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio del 24.6.2016; regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio del 24.6.2016; decisione della Commissione 2016/1366/UE del 10.8. 2016.
Bibliografia essenziale
Baruffi, M.C., Il regolamento sulla legge applicabile ai “divorzi europei”, in Il Diritto dell’Unione europea, 2011, p. 867; Bonomi, A., Il diritto applicabile alla separazione e al divorzio nella recente proposta di regolamento comunitario, in Lo scioglimento del matrimonio nei regolamenti europei: da Bruxelles II a Roma III, a cura di S. Bariatti, C. Ricci, Milano, 2007, p. 91; Campiglio, C., Prime applicazioni delle norme europee sui divorzi “internazionali”, in La nuova giurisprudenza civile commentata, Parte 2, p. 173; Clerici, R., Il ruolo dell’autonomia privata tra espansione e limiti di operatività nel Regolamento (UE) n. 1259/2010 sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, in Diritto del commercio internazionale, 2012, p. 351; Falconi, F., Il Regolamento (UE) n. 1259/2010 sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale nella recente prassi giurisprudenziale italiana, in Cuadernos de Derecho Transnacional, 2018, p. 568; Franzina, P., a cura di Regolamento UE n. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, a in Nuove leggi civ., 2011, p. 1436; Id, The Law Applicable to Divorce and Legal Separation under Regulation (EU) n. 1259/2010 of 20 December 2010, in Cuadernos de Derecho Transnacional, 2011, p. 86; Mosconi, F., Campiglio C., Richiami interni alla legge di diritto internazionale privato e regolamenti comunitari: Il caso dei divorzi esteri, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2016, p. 5; Queirolo, I., Carpaneto, L., Considerazioni critiche sull’estensione dell’autonomia privata a separazione e divorzio nel Regolamento “Roma III”, in Riv. dir. int. priv., 2012, p. 59; Viarengo, I., Il regolamento UE sulla legge applicabile alla separazione e al divorzio e il ruolo della volontà delle parti, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, p. 601.
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