PALLAVICINO, Stefano Benedetto
PALLAVICINO (Pallavicini), Stefano Benedetto. – Nacque a Padova il 21 marzo 1672, primogenito (Croll, 1958, p. 263) del compositore Carlo e di Giulia Rossi, padovana.
La figura del genitore ne determinò il percorso esistenziale e professionale. Formato nella paterna Salò al collegio di S. Giustina dei padri Somaschi, dove dimostrò precoce predisposizione per la filosofia e la retorica, a quattordici anni venne condotto dal padre in Germania, dove trascorse, salvo viaggi di servizio in Italia e in Austria, l’intera esistenza. Cruciale fu in particolare il legame del padre con la Corte elettorale di Dresda, dove Pallavicino visse tra il 1686 e il 1694, e nuovamente dal 1716 alla morte. Nel 1687 rielaborò per Dresda, a ridosso della prima veneziana, il dramma La Gerusalemme liberata di Giulio Cesare Corradi, musica di suo padre; quell’anno stesso mise mano al primo dramma in proprio, L’Antiope, melodramma per musica destinato al padre, il quale tuttavia, morto prematuramente il 29 gennaio 1688, lasciò incompiuta la partitura, poi ultimata dal vicemaestro di cappella Nicolaus Adam Strungk e rappresentata a corte il 14 febbraio1689. Nel 1688 l’elettore Giovanni Giorgio III aveva già nominato Pallavicino «poeta in lingua italiana», con specifica competenza sull’opera italiana e stipendio di 500 talleri annui (Fürstenau, 1862, I, pp. 304 s.).
Licenziato alla morte dell’elettore, nel 1695 passò a Düsseldorf, dove fu nominato poeta di corte e ‘Segretario di S. Altezza Elettorale Palatina’. Vi compose una decina di drammi: Giocasta (1696, revisione d’un dramma di Giovanni Andrea Moniglia; musica di Johann Hugo von Wilderer), Telegono (1697, tragedia per musica, primo lavoro originale per Düsseldorf; Carlo Luigi Pietragrua), Tiberio imperator d’Oriente (dramma per musica, 1703), Faustolo (1706, favola pastorale; Wilderer), Arminio (dramma per musica, 1707; Agostino Steffani), Proserpina (1708, tragicommedia pastorale; Wilderer), Tassilone (tragedia per musica, 1709; Steffani), forse Amalasunta (tragedia per musica, 1713; Wilderer). Nel 1709 Giorgio Maria Rapparini sentenziò che «son chant héroïque et sublime lui attira l’approbation universelle» (cfr. Sartori; Croll, 1958, p. 26; Lindgren-Timms, 2003, p. 6).
La produzione drammatica di Pallavicino (una trentina tra lavori scenici e oratori in oltre mezzo secolo: 1687-1742), distribuita irregolarmente nelle diverse stagioni, presenta sensibili discontinuità stilistiche e nel contempo una costante predisposizione, notevole nel panorama coevo, a ibridare modelli italiani e francesi, secondo una cifra originale in cui si riconoscono retaggi dell’opera secentesca e modi arcadici (poi metastasiani). Mise notevoli doti di drammaturgo e versificatore al servizio d’una varietà di generi: tragedia, dramma e commedia per musica, pastorale, oratorio (e forse anche intermezzi). Gli spettacoli più grandiosi (Gerusalemme liberata, Tassilone, Teofane, Alfonso) rileggono la storia medievale come puntuale allegoria della politica moderna, conservando peraltro una notevole efficacia drammatica anche estrapolati dal contesto encomiastico originario.
Alla morte dell’elettore Giovanni Guglielmo (1716) Pallavicino ritornò via Kassel a Dresda, sua seconda patria, dove Antonio Lotti nel 1717 ricostituì una compagnia operistica per ordine del principe ereditario Federico Augusto (il futuro re Augusto III). Questi il 20 febbraio 1719 nominò Pallavicino poeta di corte in sostituzione dell’irreperibile Antonio Maria Lucchini, col cospicuo stipendio di 2000 fiorini imperiali (Lieber, 1997, p. 131). L’evento dinastico cruciale delle nozze del principe ereditario con Maria Giuseppa d’Asburgo offrì nel settembre 1719 un’occasione straordinaria per mettersi in luce allestendo, nel nuovo monumentale teatro di Corte con musica di Antonio Lotti, il dramma per musica Teofane (ribattezzato Ottone, re di Germania e rimaneggiato da Nicola Francesco Haym, il dramma sarebbe poi stato intonato da Händel a Londra nel 1723; nel 1720-21 Pallavicino funse da tramite per il reclutamento di cantanti per la Royal Academy of Music, dove si progettava di dare, riveduto, il Tassilone).
Del principe ereditario (dal 1733 elettore) Pallavicino divenne segretario, svolgendo anche servizi di carattere diplomatico: nel 1723 fu a Praga per l’incoronazione di Carlo VI; nel 1730 e ancora nel 1731 a Vienna come segretario d’un ministro sassone; nel 1738-40, per le nozze della principessa Maria Amalia, accompagnò come consigliere d’ambasciata nel suo ultimo viaggio italiano il principe Federico Cristiano a Napoli, Roma, Venezia e poi a Vienna.
In Arcadia dal 26 novembre 1701 come Erifilo Criuntino, Pallavicino corrispose con parecchi intellettuali: importanti i carteggi con Giuseppe Riva, Agostino Steffani, Giovanni Giacomo Zamboni, Ludovico Antonio Muratori (gli rivide la traduzione delle Satire di Orazio, Pallavicino funse da intermediario per dedicare le Antiquitates Italicae ad Augusto III).
Negli anni Venti scrisse per la compagnia di Giovanni Alberto Ristori (al quale nel 1732 tentò di procurare un posto a Londra) due commedie per musica, tra le prime in Germania: Calandro (1726; prima opera italiana allestita in Russia, a Mosca nel 1731) e Un pazzo ne fa cento (1727), dal Don Chisciotte.
L’ultima, ferace produzione è legata all’ascesa al trono di Federico Augusto e al concomitante avvento di Johann Adolf Hasse (Pallavicino aveva preso parte alla trattativa per l’assunzione del nuovo maestro di cappella: cfr. Mojzysz, 2002 e 2011). Preceduta da due drammi seri per Ristori nel 1736 (Le fate e Arianna), l’importante serie comprende Senocrita, Atalanta, Asteria (1737), Irene, Alfonso (1738, per le nozze coi Borboni di Napoli) e Numa Pompilio (1741).
Si aggiungano diversi oratori: Sagra pastorale (Bologna 1709), I pastori al presepio (ivi, 1721); soprattutto tardi e dresdensi: Il serpente di bronzo (1730, Jan Dismas Zelenka), Il cantico de’ tre fanciulli (1734, Hasse), I penitenti al sepolcro del Redentore (1736, Zelenka), Le Virtù appiè della Croce (1737, Hasse), e infine I pellegrini al sepolcro di Nostro Signore (1742, Hasse; poi 1798, Johann Gottlieb Naumann), un’opera centrale nella storia dell’oratorio settecentesco, eseguita poche settimane prima della morte del poeta.
Pallavicino scrisse numerosi componimenti d’occasione, sia a Düsseldorf sia a Dresda. Compose due brevi discorsi Sull’amicizia e Sulla musica (entrambi nel quarto ed ultimo volume delle sue Opere, edite da Francesco Algarotti nel 1744, dunque ben noti al futuro autore del Saggio sopra l’opera in musica), letto quest’ultimo in Arcadia nel 1739.
Negli ultimi anni Pallavicino, traduttore di Locke Euripide Virgilio e della storia De’ fatti de’ tedeschi fino al principio della monarchia dei Franchi di Johann Jacob Mascov (Venezia 1731), si dedicò alla traduzione da Orazio (Odi, Satire e parte delle Epistole): occasionata da un’accademia presso il maresciallo August Christoph Wackerbarth, avviata a Varsavia nel 1732, propiziata dal riposo forzato seguito a una caduta «nel servir di braccio» la primadonna Faustina Bordoni (Algarotti, 1744, p. n.n. di p.) e data alla luce, limitatamente alle Odi, nel Canzoniere d’Orazio ridotto in versi toscani (Leipzig 1736), fu molto apprezzata da contemporanei e posteri.
Morì a Dresda il 16 aprile 1742.
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