BRACELLI (de Bracellis, Bracello), Stefano
Nacque a Genova nel terzo decennio del sec. XV da Giacomo e da Nicoletta Pinelli di Onofrio. Il padre, per molti anni cancelliere della Repubblica ed esponente tra i più ragguardevoli dell'umanesimo ligure, lo inviò a studiare diritto civile nella università di Pavia nel 1445, però non sappiamo con sicurezza se vi conseguì il dottorato. Nel 1463 fu mandato dal padre in Spagna per fare pratica di commercio; tornato a Genova, anche il B., come il padre e il fratello Antonio, alternò la partecipazione alla vita politico-diplomatica con studi di storia e di diritto. La sua fama di erudito in lettere latine e i meriti letterari e politici del padre gli permisero di succedere a quest'ultimo nella carica di cancelliere della Repubblica, fin dal 14 luglio 1466, quando il padre, a causa dell'età avanzata, ne venne dispensato; nel 1468 fu nominato "scribanus consulum caligariorum".
Nel 1467 il B. aveva iniziato anche la carriera diplomatica: in quell'anno infatti fece parte di una ambasceria, guidata da Francesco di Vernazza, per trattare una tregua col re Ferdinando d'Aragona: questa tregua rientrava nel quadro della politica che Genova era costretta a perseguire, trovandosi in quel momento sotto la signoria del duca di Milano, che proprio il 4 genn. 1467 aveva stretto una lega con Napoli e Firenze. A Napoli il B., in una ambasceria guidata da Francesco Spinola e di cui faceva di nuovo parte anche Francesco di Vernazza, questa volta in qualità di segretario, si recò una seconda volta dieci anni dopo, nel 1477, abbandonando temporaneamente la carica di ufficiale di Balia, cui era stato eletto in quello stesso anno. Anche in tale circostanza la missione era particolarmente delicata e mirava a ripristinare la sempre pericolante tregua tra Genova e Napoli, ancora alleata di Milano, subito dopo il ritorno della Repubblica ligure sotto gli Sforza, i quali avevano abbattuto, nell'aprile 1477, il breve governo autonomo di Obietto Fieschi e degli Otto difensori della patria. Verso il 1482 il B. venne nominato podestà dell'isola genovese di Chio che dovette difendere anche militarmente da un attacco dei Veneziani.
Dopo il suo ritorno a Genova, il B. venne nuovamente utilizzato dalla Repubblica in missioni diplomatiche: nel 1484, durante il governo autonomo del cardinale Paolo Campofregoso, fu inviato ambasciatore a Milano, dove, in qualità di consigliere ducale, si trovava il fratello Antonio; in seguito, nel 1489, essendo Genova tornata sotto la signoria degli Sforza, fu inviato in missione a Roma, presso il pontefice Innocenzo VIII, nella legazione guidata dal fratello Antonio, e che aveva come scopo di entrare in contatto con l'ambasciatore del re di Napoli per il solito tentativo di tregua, voluto da Milano. Nello stesso anno entrò a far parte della magistratura degli Anziani del Comune e riprese a scrivere le storie della sua città, storie, peraltro, di cui non abbiamo ulteriori notizie.
Il B. morì nell'anno 1503 secondo quanto riferisce Agostino Giustiniani, nel proemio dei suoi Annali di Genova (Genova 1834-35). Lasciò un unico figlio, di nome Francesco, che gli era nato dal matrimonio con Battina Scaglia di Ottobono, da lui sposata nel 1474.
Fonti eBibl.: Arch. di Stato di Genova, ms. 473, cc. 270, 298, 331, 335; Ibid., Diversorum, a. 1466-1468, n. 1020; Genova, Bibl. Civica Franzoniana, ms. 126: F. Federici, Alberi genealogici, p. 157; B. Senaregae De rebus genuensis, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 8, a cura di E. Pandiani, ad Indicem;Genova, Bibl. Civica Berio, ms. D bis 11.5.26:A. Giustiniani, Diario, p. 456; Epistolario di J. Bracelli, a cura di G. Balbi, Genova 1969, ad Indicem;R. Soprani, Gli scrittori della Liguria e particolarm. della Marittima, Genova 1667, p. 260;A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum seu syllabus scriptorum Ligurum, Perusiae 1680, p. 503; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, p. 1966;C. Braggio, G. Bracelli e l'umanesimo dei Liguri del suo tempo, in Atti della Soc. lig. di storia patria, XXIII (1890), pp. s s.; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, p. 566.