CERNOTTO (Carneto, Carnietto, Carnetto, Cernota, Cernoto, de Cernotis, de Zernotis), Stefano
Nacque, non sappiamo in quale anno, da ser Francesco de Cernotis nell'isola di Arbe in Dalmazia. Le scarse notizie sulla sua vita e sulla sua famiglia sono state ricavate da alcuni documenti scoperti e pubblicati dal Ludwig (1901-02). Il 23 giugno 1530 il C., che già esercitava la pittura, viveva a Venezia, dove pagava le tasse a nome della moglie, Marina di Giovan Andrea Gambi. Il 13 giugno 1533 nominò suo procuratore a tutti gli effetti il fratello sacerdote, Gerolamo; il 26 ott. 1548 dai registri delle decime a Venezia la moglie del C., Marina, risulta "relicta [cioè vedova] del dito ser Stefano".
Tra i membri della sua famiglia le fonti ricordano, oltre al già citato fratello Gerolamo, prosciolto il 27 luglio 1496 dall'accusa di omicidio nella persona di certo Tommaso di Cristoforo, anche Leonardo, canonico di S. Salvatore a Venezia e traduttore in volgare delle opere di Tolomeo (Zanotto). Un Benedetto Cernotto, figlio di Nicolò, dottore in legge, fa testamento a Venezia il 9 dic. 1590.
Le ricerche d'archivio del Ludwig (1902)ci consentono, inoltre, di datare con sicurezza due delle tre opere finora note del C.: la Cacciata dei mercanti dal Tempio, il S. Pietro e il S. Paolo delle Gallerie dell'Accademia di Venezia. I tre dipinti, che fanno parte del cielo decorativo iniziato nel 1530 da Bonifacio de Pitati e dalla sua bottega nel palazzo dei Camerlenghi, sede degli uffici finanziari della Repubblica veneta, ornavano in origine la seconda stanza del magistrato del Monte Nuovissimo. Eseguiti a pochi anni di distanza l'uno dall'altro, prima di essere definitivamente riuniti all'Accademia e di qui concessi in deposito alla Fondazione G. Cini, hanno subito differenti vicissitudini, anche dal punto di vista attributivo.
La grande tela raffigurante la Cacciata dei mercanti nel 1777 fu trasportata nell'antichiesetta del palazzo ducale, dove, successivamente, le fonti la ricordano come opera di Bonifacio de Pitati stesso. A Bonifacio la attribuiscono ancora il Sernagiotto, che la ritiene eseguita poco dopo il 1541, e il Ludwig, che però anticipa tale data al 1533-34. Giustamente il Wickhoff la restituì al C., grazie anche al ritrovamento della firma "Stefano", scritta in lettere ebraiche sul cartiglio appeso alla prima colonna di sinistra.
Èignoto il nome del magistrato che, al momento di lasciare il suo ufficio, secondo la consuetudine, commise all'artista questo dipinto. Per lungo tempo lo si credette, erroneamente, donato alla Repubblica dalla famiglia Contarini; errate sono anche l'interpretazione del soggetto del quadro come un'allusione voluta dal cardinale Contarini alle spoliazioni compiute da Enrico VIII d'Inghilterra ai danni dei beni della Chiesa (Rio) e la conseguente identificazione delle figure del re e di Th. Cromwell nei due personaggi in primo piano (Sernagiotto).
Mai posta in dubbio, invece, la paternità delle altre due tele, il S. Paolo, eseguito per conto di Paolo Corner, che lasciò il proprio ufficio il 19 nov. 1532, e il S. Pietro, firmato e datato, dipinto per Pietro Maria Michiel uscito di carica l'11 nov. 1536.
Il giudizio della critica sulla personalità e sulla formazione artistica del C. non è stato sempre concorde. Modesto scolaro di Bonifacio Veronese e mediocre imitatore di Tiziano, sebbene buon colorista, lo considera il Ludwig; per il Wickhoff, che esclude l'alunnato presso Bonifacio, si tratterebbe invece di un artista assai originale, discepolo di Tiziano e per molti versi affine a Paris Bordone. Al Wickhoff si deve anche la proposta di assegnare all'attività giovanile del C. il Giudizio di Salomone (Kingston Lacy, Wimborne, coll. Bankes), un dipinto ormai concordemente accettato come opera di Sebastiano del Piombo. Anche D. von Hadeln (in Thieine-Becker) vede nel C. un discepolo di Tiziano, forse identificabile con lo "Stephano discipulo de Tiziano" del quale il Michiel ricorda alcuni dipinti per cassone presso Andrea Odoni (1532), e una Cena in casa di Antonio Pasqualino a Venezia (1533). Allievo di Palma il Vecchio e sensibile all'influsso del Savoldo lo ritiene invece il Venturi. Oggi, peraltro, si riconoscono nell'opera del C., accanto ai generici richiami all'arte di Bonifacio, comuni a tutto il gruppo di pittori che lavorarono con lui nel palazzo dei Camerlenghi, suggestioni evidenti della pittura tedesca, soprattutto del Dürer e di Barthel Beham.
Fonti e Bibl.: [M. A. Michiel], Der Anonimo Morelliano..., a cura di T. Frimmel, Wien 1888, pp. 78, 84; M. Boschini, Le Minere della pittura, Venezia 1664, p. 275; A. M. Zanetti, Descriz. di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia..., Venezia 1733, p. 283; G. A. Moschini, Guida per la città di Venezia...,Venezia 1815, I, p. 427; Id., Itinéraire de la Ville de Venise..., Venise 1819, p. 39; F. Zanotto, Nuoviss. guida di Venezia...,Venezia 1856, p. 157; Id., Pinacoteca Veneta, ossia raccolta dei migliori dipinti delle chiese di Venezia, Venezia 1867, I, n. 26; V. Cérésole, A propos de l'article XVIIIe du Traité de Vienne du 3 octobre 1866. La vérité sur les déprédations autrich. à Venise, Venise 1867, p. 98; A. F. Rio, De l'art chrétien, Paris 1874, IV, p. 216; L. Sernagiotto, Discorso sopra il celebre pittore Bonifacio Veneziano, Venezia 1883, pp. 17 ss.; K. K. Akademie der Bildenden Künste, C. von Lützov, Katalog der Gemaldegalerie, Wien 1889, p. 52, n. 41; Th. von Frimmel, Gesch. der Wiener Gemäldesammlungen, Leipzig-Berlin 1901, IV, p. 95; G. Ludwig, Dokumente über Bildersendungen von Venedig nach Wien in den Jahren 1816 und 1838…,in Jahrbuch der kunsthistor. Sammlungen des allerhöchsten Kaiserhauses, XXII(1901), pp. X nn. 35, 43, XXX, n. 35; Id., Bonifazio di Pitati da Verona, eine archival. Untersuchung, II, Die Schüler Bonifazios, in Jahrbuch der königlich preussischen Kunstsammlungen, XXII (1901), pp. 189-193; III, Die Datierung der aus Bonifazios Werkstatt stammenden Bilder, ibid., XXIII(1902, pp. 46 s.; F.Wickhoff, Aus der Werkstatt Bonifazios, in Jahrbuch der kunsthistor. Samml. des ... Kaiserhauses, XXIV(1903), pp. 95-98; D. von Hadeln, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon,VI, Leipzig 1912, p. 296; G. Fiocco, Catalogo delle opere d'arte tolte a Venezia nel 1808, 1816, 1838, restituite dopo la Vittoria, Venezia 1919, pp. 17 s.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX,3, Milano 1928, p. 1060; S. Moschini Marconi, Gallerie dell'Accad. di Venezia. Opere d'arte del sec. XVI, Roma 1962, pp. 107 s.; G. T. Faggin, Banifacio ai Camerlenghi, in Arte veneta, XVII(1963), p. 91; G. Canova, in Le Muse, III, Novara 1965, p. 206, s. v.