DONAUDY, Stefano
Nacque a Palermo il 21febbr. 1879 da Augusto e da Elena Pampillonia.
Iniziati privatamente gli studi musicali nella città natale, rivelò precocemente un singolare talento che gli consentì di affrontare contemporaneamente lo studio del violino e del pianoforte; a soli dieci anni fu in grado di esibirsi in pubblico in composizioni che ne misero subito in luce le innate doti musicali. Cimentatosi ancora fanciullo nella composizione di melodie per canto e pianoforte, frequentò assiduamente il politeama Garibaldi, ove si svolgevano importanti stagioni liriche che per il prestigio dei direttori e delle compagnie di canto contribuirono alla sua formazione musicale, avviandolo alla carriera teatrale. Dopo aver scritto brevi scene drammatiche, a soli tredici anni compose l'opera in un prologo e due atti, Folchetto, ispirata al poema di T. Grossi su libretto del fratello Alberto, che a sua volta andava affermandosi come librettista e commediografo. L'opera, composta nel 1892, ebbe una sola rappresentazione privata, sufficiente tuttavia a rivelare il talento teatrale del giovanissimo compositore. Il D. comunque abbandonò subito dopo gli studi musicali per intraprendere quelli classici che prosegui sino alle soglie dell'università.
Tornò allora a dedicarsi alla musica e dopo aver composto nel 1899 un'altra opera a forti tinte drammatiche, Scampagnata, ancora su libretto del fratello Alberto, anch'essa non rappresentata ma eseguita al pianoforte in forma privata, intraprese seriamente lo studio della composizione. Entrato quale allievo interno nel conservatorio di musica di Palermo, studiò armonia, contrappunto e composizione sotto la guida del direttore G. Zuelli. L'insegnamento dello Zuelli fu particolarmente utile per il D. che apprese a disciplinare il suo talento versatile e a indirizzarlo verso una produzione in cui poteva mettere in luce la sua facile vena melodica e il suo raffinato gusto stilistico.
Agli anni di permanenza nel conservatorio tra il 1899 e il 1902 appartengono alcuni lavori assai pregevoli, che lo prepararono ad affrontare la carriera teatrale: si ricordano in particolare la cantata per soli, coro e orchestra Ilsogno di Polisenda, un quartetto per archi, la scena lirica Idilli estivi e alcune arie per canto e pianoforte, che gli procurarono subito notevole fama e la pubblicazione da parte dell'editore Ricordi.
Conclusi gli studi in conservatorio e sentendosi ormai pronto per affrontare la carriera teatrale, compose l'opera in quattro atti Teodoro Körner su libretto del fratello Alberto. Il lavoro, rappresentato il 27 nov. 1902 allo Stadt-Theater di Amburgo nella traduzione tedesca di L. Hartmann, ottenne un buon successo che gli valse tra l'altro l'interessamento dell'editore Ricordi. Questi gli commissionò l'opera Sperduti nel buio, ispirata al dramma di R. Bracco su libretto dello stesso Bracco e di A. Donaudy, che, rappresentata al teatro Massimo di Palermo il 27 apr. 1907 sotto la direzione di T. Serafin, ottenne uno straordinario consenso di pubblico, che si rinnovò l'8 apr. 1908 al teatro Costanzi di Roma sotto la direzione di L. Mugnone e con una compagnia di canto di particolare prestigio (tra gli interpreti M. Farneti e G. De Luca).
Il favore ottenuto soprattutto alla prima rappresentazione napoletana, in cui la critica sottolineò la spontaneità melodica e la solida struttura formale del lavoro, parve preannunciare al D. una luminosa carriera: l'editore Tito Ricordi gli commissionò l'opera Ramuntcho, tratta dal romanzo di Pierre Loti, libretto del fratello Alberto, e destinata al teatro alla Scala, ove il D. avrebbe potuto consolidare la sua posizione e il suo prestigio in campo internazionale. L'opera ebbe una lunga gestazione e quando fu pronta incontrò non poche difficoltà ad essere accolta alla Scala dove, a causa della guerra, le rappresentazioni erano state fortemente ridotte. Tolta dal cartellone della Scala, venne eseguita solo dopo la fine del conflitto al teatro Dal Verme di Milano il 17 marzo 1921, al termine di una stagione di scarso rilievo artistico, cui, nonostante l'interesse del pubblico e i calorosi consensi ricevuti, la critica distratta non dedicò lo spazio che avrebbe meritato. Il successo giunse poi, postumo, in occasione di una esecuzione radiofonica trasmessa dall'ElAR (Ente italiano audizioni radiofoniche) di Roma nel 1933.
Ciononostante il D. continuò a comporre per il teatro e nel 1922 scrisse un'opera in un atto, La fiamminga, presentata al primo concorso lirico nazionale: ottenne il primo premio e fu destinata alle scene del S. Carlo di Napoli, ove fu rappresentata con successo nell'aprile dello stesso anno sotto la direzione di E. Mascheroni. Sebbene accolta con grandeentusiasmo dal pubblico, non riuscì a varcare la soglia di altri teatri; fu radiotrasmessa nel 1931 dall'EIAR con buon esito. Si concluse così la carriera teatrale del D. che, deluso dalla scarsa fortuna goduta dai suoi lavori, abbandonò la composizione e passò gli ultimi anni di vita lontano dagli ambienti musicali.
Si spense a Napoli il 31 maggio 1925.
Musicista colto e sensibile, fu sotto vari aspetti ritardatario e, pur avendo lasciato pagine di pregevole fattura, la sua produzione teatrale non fu al passo con i tempi, indugiando talora in stilemi legati a un passato troppo lontano, che gli impedì di affermarsi in un clima musicale dominato da G. Puccini e dalla corrente verista prepotentemente rappresentata da P. Mascagni.
Natura in certo senso incline a rievocare atmosfere di raffinata eleganza stilistica d'impronta nettamente sei-settecentesca, diede il meglio di sé in quelle raccolte di "arie in stile antico" che gli diedero notorietà internazionale e che tutto sommato costituirono il limite della sua personalità artistica. Abile nel rendere certe sottili atmosfere con delicati tocchi di colore e a vagheggiare situazioni legate a epoche lontane, non seppe calarsi nella realtà quotidiana e fu talora estraneo alle istanze espressive del suo tempo. Gli fu comunque riconosciuta la capacità di rendere con sensibilità e caratterizzazione psicologica particolari situazioni drammatiche; così, se nella prima opera Teodoro Körner manifestò la sua vena tardoromantica, nel più fortunato dramma tratto da R. Bracco, Sperduti nel buio, cercò di sottolineare il tono intimistico della vicenda con atteggiamento stilistico vagamente crepuscolare, che gli consentì di tratteggiare con patetica e pensosa sensibilità gli aspetti più umani dell'omonimo dramma. In Ramuntcho, considerata l'opera più personale, si accostò a una situazione drammatica dai caratteri netti e passionalmente delineati, poi ripresi nell'ultimo lavoro, Fiamminga, ove vennero a riassumersi i valori prediletti dal musicista, sensibile al richiamo di ideali quali l'amor patrio, la seduzione femminile, il sacrificio materno.
Il suo nome è oggi legato soprattutto alle Arie di stile antico, pubblicate in tre fascicoli dall'editore Ricordi e divenute presto popolarissime anche all'estero per la ricchezza della vena melodica e la varietà stilistica con cui si rivelò il particolare gusto per la riscoperta di stilemi del passato caratteristica dell'epoca in cui il D. operò. Si tratta infatti di 36 composizioni tra villanelle, canzoni, canzonette, madrigali, arie, ariette, ballatelle, frottole, maggiolate, su testi del fratello Alberto, i cui titoli suggestivi suggeriscono eloquentemente il tono rievocativo di forme legate a un passato assai remoto pur tuttavia rinnovato dalla fantasia del compositore, che manifestò di non essere estraneo agli influssi della romanza da salotto; al di là del sapore nostalgico caratterizzato da certi tratti stilistici, il D. mostrò di aver assimilato la grande tradizione melodica italiana, rinunciando tuttavia a servirsi di taluni caratteri tipici della romanza fin de siècle, rappresentata da certe convenzioni quali la costante linearità melodica e l'altrettanto ripetitiva banalità armonica, cui non seppero sottrarsi talora anche i più autorevoli rappresentanti del genere.
Della produzione del D. si ricorda l'opera in un atto La fidanzata del mare, incompiuta; tra i lavori sinfonici: Ilsogno di Polisenda, poema lirico per voci, coro e orchestra (testo di A. Donaudy, inedito); Sogno di terra lontana, poemetto sinfonico (inedito, diretto al teatro Massimo di Palermo da G. Marinuzzi). Musica da camera (in gran parte inedita): Quintetto d'archi (dedicato a P. Boubée); due quartetti e un trio per archi; quattro Miniature liriche; Danza per marionette per due violini e viola; Aria in stile antico per violino sulla quarta corda (Milano 1917); Sei pezzi in stile antico, Pastorale e Canto augurale per violino; Romanza ed Elegia per violoncello; inoltre per pianoforte: Sarabanda e fuga; Deux airs à danser; Novelletta (Milano 1917); Minuetto Carillon (ibid. 1922); Gavotta e Musetta (ibid. 1922).
Per voce e pianoforte: Arie di stile antico (tre serie di dodici pubblicate a Milano presso Ricordi, 1918-1922); Douzes petits poèmes japonais; L'ombra, lirica su versi di R. Forster; Ballata delle fanciulle povere, testo di Guido da Verona (Milano 1927); infine Ave Maria per una voce e quartetto d'archi e Canto di ringraziamento, offerto alla Divinità da un guarito, per quartetto d'archi. Le opere inedite si trovano presso gli eredi.
Collaboratore prezioso e fervido sostenitore del D. fu il fratello Alberto, nato a Palermo il 4 nov. 1880. Questi, compiuti gli studi classici nella sua città e dedicatosi da dilettante allo studio del violino e del violoncello, si laureò in giurisprudenza, ma preferì poi dedicarsi all'attività letteraria, seguendo la sua naturale inclinazione. Dopo aver pubblicato poesie e saggi critici in giornali e riviste, collaborò con scritti letterari e di varia attualità dapprima al Giornale d'Italia, poianche ad altri quotidiani italiani, facendosi apprezzare per la vivace fantasia descrittiva e l'eleganza dello stile.
Trasferitosi a Napoli, che per lunghi anni fu la sua città d'adozione, si legò dapprima all'ambiente culturale animato da Roberto Bracco, subendone l'influsso, e volle affrontare il teatro dando alle scene lavori che incontrarono fi favore del pubblico. Rivelato un efficace talento drammatico, che si manifestò anche con una sottile vena ironica, dopo aver esordito con una satira sul femminismo dal titolo Terzo sesso (rappresentata dalla compagnia Caimmi nel 1906), cui fecero seguito lavori d'ispirazione patriottica e commedie brillanti, proseguì l'attività di librettista iniziata nel 1902 con Teodoro Körner, scritta per il fratello Stefano, cui fornì i libretti di Sperduti nel buio in collaborazione con R. Bracco (1907), Ramuntcho (1921) e La fiamminga (1922). Il suo interesse per il teatro in musica lo portò poi a collaborare con altri compositori tra cui A. Cuscirià (Regina, Palermo 1909), L. Filiasi (Oriente e Messidoro, 194, non rappr.), G. Marinuzzi (Jacquerie, che, rappresentata per la prima volta al Colón di Buenos Aires l'11 ag. 1908, fu poi replicata con successo al teatro Costanzi di Roma il 6 marzo 1919 e al teatro S. Carlo di Napoli il 3 marzo 1925). In seguito si dedicò prevalentemente al teatro, trascurando del tutto l'attività librettistica dopo la morte del fratello. Trasferitosi successivamente a Roma si introdusse negli ambienti teatrali e letterari della città, dedicandosi prevalentemente alla produzione di commedie d'intonazione mondana sia da solo sia in collaborazione con L. D'Ambra (R.E. Manganella) e A. De Stefani.
Contemporaneamente continuò a dedicarsi all'attività giornalistica pubblicando novelle e pagine d'attualità in vari quotidiani romani.
Morì a Roma il 13 ott. 1941.
Tra i lavori drammatici di Alberto si ricordano: Giovinezza inutile (compagnia Caimmi, 1909); Ilcasto Giuseppe (compagnia Baldanello, 1909); Le querce (compagnia Grandi Spettacoli, 1913); Ilritratto (compagnia Stabile romana, 1917); La grande ora (compagnia Carini, 1917); L'Inferno (compagnia Pilotto, 1921); Quannu l'omu nasci bestia, in dialetto siciliano (compagnia Grasso, 1923); Giuda, dramma biblico (compagnia Ninchi, 1924); La vita comanda (compagnia Ferrero-Rossi, 1924); Maktub (compagnia Arcimboldi, 1926); L'incendio doloso, in collab. con L. D'Ambra (compagnia Menichelli-Migliari, 1927); La mandorla amara (compagnia Arcimboldi, 1931); Le vie del Signore (compagnia "Baracca e burattini", 1932); La moglie d'entrambi (id., 1932); Brummel, in collab. con L. D'Ambra e A. De Stefani (compagnia Ricci, 1934); Lo sciopero della virtù (San Remo, con musiche di P. Marsi, 1934); Ilfantasma di Canterville, da O. Wilde (compagnia Calò, 1936); Monzu, in collab. con L. D'Ambra (compagnia Calò-Solbelli, 1938). Pubblicò le commedie: La moglie d'entrambi, in Dramma, 1º dic. 1929; Brummel, in Comoedia, marzo 1934; Monzu, in Dramma, 15 febbr. 1939.
Fonti e Bibl.: Critiche, in Il Messaggero, 9 apr. 1908; necrol. in IlGiornale d'Italia; e in Corriere della sera, 14 ott. 1941 (per Alberto); M. Praga, Cronache teatrali, VII, Milano 1926, p. 218 (per Alberto); I. Ciotti, In memoria di S. D., in Rassegna d'arte e dei teatri, 25 maggio 1935; L. D'Ambra, Il dramma nella vita e nell'arte di S. D., ibid.; I. Ciotti, Ricordando Alberto Donaudy, in Retroscena, ott.-dic. 1941; R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica (1911-1932), II, Torino 1952, pp. 202 s., 360 s.; III, ibid. 1953, pp. 24 s.; F. Cella, Influsso del teatrodipoesia: G. D'Annunzio, in Storia dell'opera, III, 2, Torino 1977, p. 292 (per Alberto); V. Frajese, Dal Costanzi all'Opera, Roma 1978, II, pp. 242, 246; IV, p. 97; Ilteatro di S. Carlo, II, La cronologia 1737-1987, a cura di C. Marinelli Roscioni, Napoli 1987, pp. 115, 179; The Catalogue of printed music in the British Library, XVIII, London 1983, p. 179; G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia (Dalle origini ai viventi), I, Milano 1926, p. 287 (per Alberto); Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 195 s.; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, p. 321; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 454 s.; Suppl., p. 263; A. De Angelis, Diz. dei musicisti, Roma 1928, p. 190; App., p. 84; Diccionario de la musica Labor, I, Barcelona 1954, p. 749; Encicl. dello spett, IV, coll. 843 s. (anche per Alberto); Encicl. della musica Rizzoli Ricordi, II, p. 324; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, II, p. 520 (anche per Alberto).