ERIZZO, Stefano
Primogenito di Marco di Stefano detto Stefanello e di Marina Arbosani, nacque a Venezia, nella parrocchia di S. Canzian, l'anno 1401.
La famiglia era ricca, ed il padre avrebbe percorso una notevole carriera politica, che lo portò a conseguire più volte il seggio di consigliere ducale per il sestiere di Cannaregio; famosi sarebbero stati anche due fratelli dell'E.: Paolo, lo sventurato bailo di Negroponte, segato vivo dai Turchi nel 1470, e Antonio, che alla fine del 1475 sarebbe divenuto procuratore di S. Marco.
L'unica notizia che ci è pervenuta della gioventù dell'E. riguarda il suo matrimonio, avvenuto all'inizio del 1426 con Elisabetta Donà di Marco "dalle Rose": non appena accortasi di essere incinta, la donna provvide a testare, il 21 aprile dello stesso 1426; il documento la rivela molto devota a s. Francesco e sollecita del nascituro, cui lasciava tutta la sua dote, nel caso ch'ella morisse: invece il parto si svolse senza complicazioni, e costituì l'inizio di una lunga serie, dal momento che Elisabetta diede al marito ben sei figli maschi.
La carriera politica dell'E. cominciò con il rettorato di un piccolo centro dell'entroterra trevigiano, Conegliano, dove egli esercitò la funzione podestarile fra il 1431 ed il 1432; quindi il 28 ag. 1434 il suo nome appare nel novero dei sopraconsoli dei Mercanti, secondo la prassi veneziana, che per la sua classe politica non prevedeva particolari specializzazioni, destinandone di volta in volta gli esponenti ad incarichi della più disparata natura, nell'ambito diplomatico, amministrativo, economico o militare, con un'alternanza che ai nostri occhi può talora apparire sconcertante o, quantomeno, controproducente per i suoi stessi autori.
A conferma di ciò, quattro anni dopo ecco l'E. comparire nuovamente rettore, stavolta nella piccola podestaria di Torcello. nella laguna veneta, dove rimase dal 15 maggio 1438 all'autunno del 1439; il 10 giugno 1442 era quindi eletto provveditore di Comun, e il 13 giugno 1445 entrava a far parte dei cinque savi alla Pace, carica alla quale fu riconfermato l'anno successivo, ma che abbandonò di lì a poco (17 luglio 1446) per assumere quella di podestà e capitano a Napoli di Romania (Nauplia). Una tale scelta (alla quale forse non fu estranea la morte del padre, avvenuta nell'estate del 1445 a Scutari, in Albania, che di fatto gli lasciava una più ampia libertà d'iniziativa) lo staccava per tre anni dalla sua città e dai suoi interessi, portandolo nel cuore della Grecia, tra i domini marittimi del Levante, dove l'imminente scomparsa dell'Impero bizantino rendeva più ardua e precaria la stessa presenza veneziana.
Com'è intuibile, furono proprio i Turchi a costituire, in terra ed in mare, la maggior fonte di preoccupazioni per l'E., che il 30 marzo 1448 otteneva dal Senato l'invio di una galera a difesa di quel presidio, in sostituzione di un'altra allora catturata dai pirati "cum omnibus munitionibus", onde consentire anche per quell'anno, pur fra innumerevoli difficoltà e rischi di ogni sorta, l'effettuazione del "viaggio di Romania", ossia del convoglio destinato ai mercati del Mar Nero. Rientrato in patria alla fine del 1449, in riconoscimento del servizio prestato entrò a far parte del Senato, ininterrottamente dall'ottobre del 1450, ma nell'estate del 1453 riprendeva il mare in qualità di comandante delle galere costituenti la "muda" di Beirut, di cui possediamo il bilancio in conto del "cottimo" di Damasco, effettuato nel novembre di quello stesso anno.
Nuovamente senatore nel 1454, il 27 apr. 1455 era votato castellano a Modone e Corone, le imponenti fortificazioni veneziane che si ergevano nella parte meridionale del Peloponneso, ma rifiutò, per accettare invece, il 27 dicembre, l'elezione a conte e capitano di Spalato, che raggiunse nella primavera dell'anno seguente, il 17 maggio.
Si fermò circa due anni nella cittadina dalmata, occupandosi anzitutto del defatigante problema della riscossione dei dazi e delle gravezze, e poi dell'efficienza delle strutture portuali, frequentate da numeroso naviglio che assicurava lo smercio dei prodotti delle carovane provenienti da Belgrado e Adrianopoli; riuscì anche ad ottenere dal Senato i mezzi per provvedere al restauro del palazzo pretorio e l'invio di un ingente quantitativo di sale, in parte destinato al commercio.Al suo ritorno a Venezia riprese posto tra i Pregadi, ma il 7 maggio 1463 il suo nome appare tra quelli dei provveditori sopra le Camere; è di quel giorno, infatti, una deliberazione senatoria che lo incarica di ispezionare i centri e le Comunità del Trevigiano e del Bellunese, per rivedere i conti e le entrate fiscali e riscuotere con la massima rapidità e determinazione debiti o arretrati per qualsiasi ragione spettanti alla Signoria, "et è de nostra intencion - così le istruzioni impartitegli - et cussi volemo et comandemo che alguno Rector, Camerlengo o altro official nostro non te possa impedir o per alguna via retardar che cum ogni presteza tu non scuodi, anzi zascaduno de loro te debia diligentemente favorir, per quanto hano chara la gratia nostra et existimano l'onor suo".
La caduta di Argo in mano turca (3 apr. 1463) aveva infatti costretto la Repubblica ad allearsi con la Corona ungherese e ad armare contro gli Ottomani: con l'invasione della Morea, affidata ad un corpo di spedizione comandato da Bertoldo d'Este, aveva così inizio un logorante e dispendioso conflitto che si sarebbe concluso soltanto sedici anni più tardi. Servivano dunque denari, e molti. Donde la missione dell'E. e, contemporaneamente, lo sforzo di non interrompere del tutto il flusso vitale dei traffici, nonostante le insidie della guerra, perlomeno nei settori meno esposti, meno cruciali, come quello ponentino: nel 1464, dunque, il comando della "muda" destinata alle Fiandre fu affidato proprio all'E., che già aveva compiuto analoga esperienza sulle rotte siriache, undici anni prima.
L'ultimo incarico sopraggiunse di lì a poco, e ancora una volta si trattò di un rettorato: il 16 febbr. 1466 l'E. assumeva infatti il capitanato di Bergamo, dove rimase sino agli inizi del 1469, allorché venne sostituito da Daniele Priuli; la città costituiva il maggior avamposto occidentale del dispositivo militare della Repubblica, pure egli dovette cimentarsi non tanto con i problemi connessi con l'assistenza e l'efficienza delle truppe, quanto soprattutto con le incessanti violenze e le prevaricazioni di una feudalità forte e numerosa, e per di più legata da molteplici vincoli ed interessi, palesi od occulti, a quella del vicino ducato sforzesco.
Non all'Italia, però, ma al Levante guardava allora la Repubblica, laddove sempre più pressante si faceva avvertire la minaccia turca: l'E. era da poco più di un anno tornato nella sua città, allorché si verificava la caduta di Negroponte, un evento che i Veneziani recepirono con apprensione e paura, e di cui il martirio di suo fratello Paolo sembrava quasi assumere valore simbolico.
Forse in riconoscimento dei meriti conseguiti dalla famiglia, l'E. fu così chiamato a far parte dei 41 elettori dei dogi Nicolò Tron (novembre 1471) e Nicolò Marcello (agosto 1473); non lasciò più Venezia, dove morì nel 1480.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii..., III, pp. 411, 415; Ibid., Avogaria di Comun. Indice dei matrimoni con figli, sub voce Marco Erizzo; Ibid., Avogaria di Comun. Balla d'oro, reg. 162, c. 67r; reg. 178: Prove di età per patroni di galera, c. 134v; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti..., II, c. 10rv; per la carriera politica, Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, cod. 198 (= 8383): Reggimenti, cc. 261v, 264v; Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle Voci. Misti, reg. 4, cc. 29v, 37v, 50r, 71r, 75r, 77r, 82v, 127v, 131v, 134r, 137v, 140r, 14417; reg. 5, c. 23r; reg. 6, c.19v; Ibid., Avogaria di Comun. Deliberazioni del Maggior Consiglio, reg. 2518: Spiritus, c.83v; Ibid., Senato. Mar, reg. 3, c. 53v (sul rettorato a Napoli di Romania); reg. 5, c. 171r e ancora reg. 6, c. 48v (su quello a Spalato); Ibid., Senato. Terra, reg. 5, c. 37v (sull'ispezione alle Camere del Trevigiano); sui bilanci della "muda" di Beirut, del 1453, Venezia, Bibl. del Civ. Museo Correr, cod. Cicogna 3281/III/31; il testamento della moglie, in Arch. di Stato di Venezia, Sez. notarile. Testamenti, b. 1231/379. Cfr. inoltre B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, II, Milano 1940, p. 86; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, XII, Podestaria e capitanato di Bergamo, a cura dell'Istituto di storia econ., Univ. di Trieste, Milano 1978, p. XXXIX; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Erizzo, tav. II.