GALLINA, Stefano
Nato a Marene (Cuneo), il 20 marzo 1790, da Domenico e da Paolina Chosalet, compì gli studi a Torino indirizzandosi verso lo studio dei problemi della pubblica amministrazione e del contenzioso amministrativo.
Dopo i moti del 1821, resosi sospetto al governo di Carlo Felice, emigrò per qualche tempo a Napoli e Roma, ma ritornò presto ed entrò in carriera come volontario nell'ufficio del procuratore generale della Camera dei conti, di cui divenne poi (15 marzo 1825) il sostituto, acquisendo un'ottima reputazione nelle materie giuridiche e amministrative. Il 30 ott. 1832 fu nominato primo ufficiale del ministero delle Finanze e, a motivo dell'avvedutezza e del particolare zelo dimostrati nel contrarre il primo prestito a condizioni più che vantaggiose, il 27 giugno 1834 fu insignito del titolo comitale dal re Carlo Alberto, che ne era così entusiasta da chiamarlo la sua "gallina dalle uova d'oro" (Calani, p. 1021) e che meno di un anno dopo (9 maggio 1835) lo nominò ministro delle Finanze al posto del conte C. Beraudo di Pralormo, che aveva sostituito all'Interno il conte A. Tonduti dell'Escarena. Sei anni dopo, ritiratosi il Pralormo per motivi di salute, venne affidato al G. anche quel portafoglio (7 luglio 1841).
Con una oculata gestione e una politica dichiaratamente rivolta al contenimento della spesa pubblica il G. conseguì tra il 1836 e il 1845 il risanamento finanziario. Sulla scia del liberoscambismo modificò a più riprese le tariffe doganali, favorendo la libertà di commercio e accrescendo le rendite dello Stato. Si adoperò poi per un avvicinamento con la Francia preparando e in parte mandando ad effetto trattati di commercio e una convenzione per la proprietà letteraria. Inoltre diede nuovo impulso alla gestione del Demanio, sviluppando i canali d'irrigazione, che rese remunerativi per le finanze pubbliche e forieri di vantaggi per la ricchezza nazionale. Intervenne infine in materia fiscale stabilendo le tariffe dei diritti sugli atti pubblici e giudiziari e sulle tasse di registro e successione, mentre notevole incremento ebbero, anche sul mercato estero, i proventi della fabbricazione dei tabacchi.
Prova ulteriore della sua fermezza fu il modo con cui tra il 1843 e il 1846 trattò l'annosa questione dei sali con l'Austria. Più malleabile in quell'occasione l'avrebbe voluto il ministro degli Esteri C. Solaro della Margarita, che vedeva la fazione dei liberali a lui avversa trarre vantaggio da quel conflitto. In verità, pur essendo stato lui ad autorizzare la pubblicazione delle Letture di famiglia di L. Valerio, il G. non si poteva dire un liberale avanzato; l'origine borghese lo indirizzava infatti verso un sistema di temperato regime costituzionale rispettoso del principio d'autorità. Gli stava a cuore il progresso, ma senza pregiudizio della stabilità del paese e della dinastia. Tra tutte queste qualità la sua personalità mostrava però "quelque chose de dur et d'aride dans le caractère, et une indécision d'esprit" (Des Ambrois, p. 93). Una tendenza eccessiva all'accentramento non gli permetteva, infine, di lasciare autonomia decisionale ai collaboratori; gli affari così si accumulavano al punto che, nel 1844 il G. fu costretto, anche per una malattia agli occhi, a lasciare il posto, proponendo al re di separare di nuovo i due ministeri. Ricevette allora la croce al merito civile e la dignità nominale di sovrintendente e presidente capo degli Archivi di corte (29 agosto).
Scontento delle dimissioni del G. fu il Cavour che lo giudicava "un homme fort" (Bert, p. 20) e temeva che il successore sconfessasse la sua politica a favore delle compagnie finanziarie private in merito alla questione delle ferrovie. Tuttavia la stima del Cavour verso il G. non era certo incondizionata; e ciò risulta evidente sia dalla corrispondenza col banchiere E. de la Rue a proposito della istituzione della Banca di Genova (16 marzo 1844), le cui successive vicende fanno però ritenere che le preoccupazioni e le riserve del G. non fossero del tutto ingiustificate, sia da una considerazione di 5 anni più tardi: "Gallina est un bon caissier, mais un médiocre financier" (ibid., p. 293).
Un seggio fu conservato per lui all'interno del Consiglio del re, a cui però non partecipò se non quando vi fu invitato nel 1848 per la concessione dello Statuto (7 febbraio) quando, a detta del Rodolico (III, p. 268), pronunziò il discorso più "elevato" sostenendo l'opportunità di "evitare di copiare costituzioni straniere per attenersi invece a principi di diritto e di giustizia universalmente riconosciuti, appropriarseli e, d'accordo con gli altri principati italiani […] modellare un tipo di costituzione nazionale" (Raulich, p. 274) e proponendo di allargare la base elettorale.
Tra l'aprile e l'agosto 1849 il G. fu inviato dal governo De Launay in missione straordinaria a Parigi e Londra per ottenere la mediazione franco-britannica contro le esorbitanti pretese austriache: in quell'occasione criticò severamente l'atteggiamento del governo piemontese, a suo dire troppo timido, e si oppose invano all'offerta, fatta da M. d'Azeglio, di un'indennità di 70 milioni di franchi, anziché di 50.
Plenipotenziario a Parigi nel 1851, mentre seguiva la rinegoziazione del trattato commerciale con la Francia il G. entrò in urto con i fiduciari del Cavour il quale, da poco ministro delle Finanze, non tardò a rilevare la sua politica "négative et expectante", il suo "caractère indécis" (Epistolario, VIII, pp. 357 e 401). A indisporre il G. era stato l'arrivo di M. Castelli, spedito dal Cavour a trattare un prestito ma anche a valutare la fedeltà al governo dei rappresentanti sardi. Offeso, il G. minacciò le dimissioni (agosto); pochi mesi dopo, in occasione del colpo di Stato di Luigi Napoleone, si mise "su una posizione negativa e priva della necessaria elasticità" (Ferrari, p. 41), contraria alla politica che voleva il presidente del Consiglio M. d'Azeglio, cosicché a fine mese dovette realmente dimettersi. Ancora nel 1852, prendendo a pretesto la procedura eccezionale seguita all'approvazione delle spese per le fortificazioni di Casale, dai banchi del Senato, di cui faceva parte sin dal 14 ott. 1848, il G. attaccò il d'Azeglio mettendo sotto accusa l'intera politica del ministero a cui rimproverava con toni assai aspri di "essersi gettato a sinistra al partito della rivoluzione" (ibid., p. 68).
Assiduo in Senato, a un contemporaneo era apparso non "un dicitore di frasi altisonanti, ma un argomentatore di prim'ordine, che enuncia le proprie ragioni e sostiene il proprio assunto con una chiarezza ed una logica concatenazione di idee da non potersi desiderare migliore e più soddisfacente" (Calani, p. 1022). Non così lusinghiero è il giudizio di L. Des Ambrois: "Au sénat il parle rarement, toujours avec finesse et hauteur de vues; plus d'une fois avec indécision […] son but n'avait pas été d'arriver à une conclusion, mais seulement de mettre en avant certaines observations critiques…" (p. 96).
Il G. morì a Torino il 1° apr. 1867 lasciando la moglie Giuseppina Luisa Vicino (che aveva sposato il 19 apr. 1845 nella chiesa di S. Francesco a Torino) e tre figli.
Fonti e Bibl.: La maggior parte delle informazioni sul G. si trova negli scritti, nelle corrispondenze e nei documenti lasciatici dai suoi contemporanei: C. Solaro della Margarita, Memorandum storico-politico, Torino 1851, ad indicem; G. Manno, Note sarde e ricordi, Torino 1868, p. 303; N. Bianchi, Storia documentata della diplomazia europea in Italia, Torino 1869, VI, pp. 458-461; VII, pp. 507-514; Id., La politica di Massimo d'Azeglio dal 1848 al 1859…, Torino 1884, p. 162; G. Faldella, Massimo d'Azeglio e Diomede Pantaleoni. Carteggio inedito, Torino 1888, pp. 297, 300, 333; C. Cavour, Nouvelles lettres inédites, a cura di A. Bert, Torino 1889, ad indicem; Carteggio politico di Michelangelo Castelli, a cura di L. Chiala, I, Torino 1890, ad indicem; L. Des Ambrois de Nevâche, Notes et souvenirs inédits, Bologna 1901, pp. 92-97; M. Degli Alberti, La politica estera del Piemonte sotto Carlo Alberto secondo il carteggio diplomatico del conte Vittorio Amedeo Balbo Bertone di Sambuy (1835-1846), Torino 1919, ad indicem; A. Colombo, Dalle riforme allo Statuto di Carlo Alberto…, Casale 1927, pp. 79, 91 s., 94; N. W. Senior, L'Italia dopo il 1848…, a cura di A. Omodeo, Bari 1937, ad indicem; La diplomazia del Regno di Sardegna durante la prima guerra d'indipendenza, II, Relazioni con lo Stato pontificio (marzo 1848 - luglio 1849), a cura di C. Baudi di Vesme, Torino 1951, ad indicem; III, Relazioni con il Regno delle Due Sicilie (gennaio 1848 - dicembre 1849), a cura di G. Quazza, ibid. 1952, p. 245; C. Cavour, Carteggi. La liberazione del Mezzogiorno, V, Bologna 1954, pp. 475 s.; Id., Epistolario, I-III, V, VII-IX, Bologna-Firenze 1962-84, ad indices; Banche, governo e Parlamento negli Stati sardi. Fonti documentarie (1846-1861), a cura di E. Rossi - G.P. Nitti, I, Torino 1968, ad indicem; Epistolario di Massimo d'Azeglio, a cura di G. Virlogeux, II (1841-1845), Torino 1989, pp. XII s. (dà notizia che la documentazione della missione del G. a Parigi e Londra dall'aprile all'agosto 1849 si trova nell'archivio Radicati Cocconato di Passerano); Carteggio di Lorenzo Valerio, I (1825-1841), a cura di L. Firpo - A. Viarengo, Torino 1991, ad indicem; Le relazioni diplom. fra il Regno di Sardegna e la Gran Bretagna, s. 3, 1848-1860, II-III, a cura di F. Curato, Roma 1955-61, ad indices. Per quanto riguarda il G. senatore v. Atti del Parlamento subalpino 1848-1861, e Rendiconti del Parlamento italiano dal 1861 al 1866. Tra le storie generali si vedano I. Raulich, Storia del risorgimento politico d'Italia, Bologna 1926, II, p. 245; III, pp. 31, 35, 51, 274; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Milano 1936, II, p. 695; III, p. 45; G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna, II, Milano 1958, p. 408; E. Di Nolfo, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, VI, Milano 1974, pp. 747, 766, 787 s., 926, 936. Per l'età carloalbertina in particolare e la politica economica di quegli anni cfr. N. Rodolico, Carlo Alberto, Firenze 1936-43, II-III, ad indices; N. Nada, Dallo Stato assoluto allo Stato costituzionale. Storia del Regno di Carlo Alberto dal 1831 al 1848, Torino 1980, ad indicem; A. Fossati, Saggi di politica economica carloalbertina, Torino 1930, p. 191; Id., Pagine di storia economica sabauda, Torino 1940, pp. 208-212; V. Pautassi, Gli istituti di credito e assicurativi e la Borsa in Piemonte dal 1831 al 1861, Torino 1961, ad indicem; G. Guderzo, Finanza e politica in Piemonte alle soglie del decennio cavouriano, Santena 1973, ad indicem; M. Di Gianfrancesco, La politica commerciale degli Stati sardi dal 1814 al 1859, in Rass. stor. del Risorgimento, LXI (1974), pp. 1-36; L. Conte, La Banca nazionale. Formazione e attività di una banca di emissione 1843-1861, Napoli 1990, pp. 31, 38 n. Per gli anni successivi cfr. A. Filipuzzi, La pace di Milano (6 agosto 1849), Roma 1955, ad indicem; B. Ferrari, Un momento difficile per il Piemonte costituzionale, in Boll. stor.-bibliogr. subalpino, LXI (1963), pp. 32 s., 37, 41, 45, 55, 68, 75 s., 82; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, Bari 1969, I, pp. 783-788. Infine per quanto riguarda i repertori cfr. A. Calani, Il Parlamento del Regno d'Italia, Milano 1866, pp. 1021-1024; L. Cibrario, Notizie genealogiche di famiglie nobili degli antichi Stati della monarchia di Savoia, Torino 1866, p. 130; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Torino 1890, p. 490; Roma, Bibl. dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, A. Manno, Il patriziato subalpino, vol. GAB-GAU (dattiloscritto), pp. 102 s.