GUILLERY, Stefano (Étienne)
Nativo di Lunéville, nella diocesi di Toul, in Lorena, fu attivo come tipografo a Roma tra il maggio 1506 e il novembre 1524. Spesso nelle edizioni il nome si incontra in forma latinizzata - Guillereti, Guillireti, Guillireto - e con aggiunta la regione o la città di origine: "Lothoringus", "de Loreno", "de Lothoringia", "de Lunarivilla". Le edizioni sottoscritte ammontano a circa centoventi, più diciassette prive di data. Barberi (p. 20) avverte però che il numero è destinato a salire grazie all'identificazione di opuscoli contemporanei privi di note tipografiche. Circa la metà delle edizioni del G. non supera le venti pagine e di queste almeno quaranta sono inferiori alle dieci.
L'attività del G. coincide cronologicamente con quella del tipografo Giacomo Mazzocchi ed entrambi si qualificano come librai dell'Università di Roma. Oltre questo incarico, il G. fu, come gli altri tipografi romani, in rapporti di dipendenza dalla Curia pontificia, dalla quale ottenne varie commissioni, come conferma una parte notevole della sua produzione. Dopo il 1508 acquistò l'attrezzatura tipografica del tedesco Johann Besicken. La cessazione dell'attività del Besicken e quella poco posteriore di Eucario Silber, poi ripresa dal 1510 dal figlio Marcello, lasciarono un vuoto notevole nella tipografia romana, che il G. era intenzionato a colmare. Il 29 dic. 1508 prese in affitto una casa in Parione, che serviva anche come officina, come risulta dalla sottoscrizione tipografica di alcune sue edizioni. Nel censimento promosso da Leone X nel 1518 si incontra uno "Stefano libraio" che abitava con la moglie presso il miniatore milanese Taddeo, nel distretto parrocchiale di S. Tommaso, in Parione. Lo si incontra di nuovo nel censimento del 1526, che elenca nove persone presenti nella casa.
Da un contratto di prestito del 1515 al G. e alla moglie si apprende che questa si chiamava Angelina (quindi era forse italiana) e che avevano un figlio di nome Marcantonio. Un Marcantonio "di Gallarate", il 14 genn. 1555, con la moglie Costanza del fu Antonio "de Sicoris", vendette una vigna fuori porta Furba per dotare la loro figlia Virginia. Nel 1562 risultava essere libraio presso la torre dei Mellini e due anni dopo era ancora inquilino di Mario Mellini, nelle case adiacenti alla torre, con una famiglia di sette persone oltre lui, esclusi i bambini; nel 1558 era in società tipografica con Valerio Dorico.
Donati ipotizza l'introduzione di uno stile francese nella decorazione libraria a Roma a opera del G., che poi venne riassorbito da usi più locali. In questo modo Donati fa risalire l'inizio dell'attività romana del G. come disegnatore e incisore al 1494, osservando le particolarità decorative di stile francese di due edizioni congiunte di Johann Besicken e Sigismondo Mayr di quell'anno: i Memorabilia gesta virorum illustrium arboris Capitolinae di Tommaso Ochsenbrunner, del 18 febbraio, e i Mirabilia Romae, del 20 marzo. L'opera dell'Ochsenbrunner fu poi stampata dal G. nel 1510. All'epoca di queste stampe, secondo Donati, il G. era l'unico francese attivo nella tipografia romana; peraltro era operante anche Giovanni Martino da Amsterdam, e l'ipotesi circa le novità introdotte dal G. nella decorazione libraria romana, di natura stilistica e non suffragata da documenti, potrebbe riferirsi anche a Martino, data la sua stretta collaborazione con J. Besicken.
La prima edizione nella quale incontriamo il nome del G., la Confutatio legis latae Sarrhacenis a maledicto Mahometo di Ricoldo da Montecroce (circa 1243-1320) del 1506, è sottoscritta da J. Besicken come stampatore e dal G. come editore. Nel 1509 un'opera del domenicano Giovanni Pompili (Giovanni Policarpo Severitano, da Sebenico), Solimaidos, è stampata dal G. a spese del libraio spagnolo Juan de Villanova. Un'edizione dello stesso anno (1° luglio), Medicina Plinii, è dotata di un privilegio decennale di Giulio II all'editore, il canonico di S. Pietro Tommaso Pighinuzzi da Pietrasanta, redattore di brevi apostolici. Della fine del 1510 è l'opera citata dell'Ochsenbrunner, ricca di 76 xilografie.
La dedica di Pietro Corsi, letterato della cerchia dell'Accademia Romana, a Carlo Rotario, vescovo di Mondovì, parla della genesi dell'opera. Il Corsi racconta di essere andato a trovare il G. nella sua bottega per informarsi su ciò che stava stampando, e che quest'ultimo gli aveva detto di avere ricevuto da un amico un opuscolo senza prefazione né nome dell'autore, la cui prima edizione aveva avuto un tale successo da andare esaurita. Il Corsi aveva così aiutato il G. a identificare l'Ochsenbrunner.
Dopo avere pubblicato una quindicina di edizioni tra il 1508 e il 1510, il G. si associò al bolognese Ercole Nani, che nella sua città, insieme con il fratello Leandro, aveva stampato circa dieci edizioni in volgare, oggi piuttosto rare. Barberi (p. 16) ritiene che i due iniziassero a collaborare occasionalmente per la pubblicazione dell'Itinerario di Ludovico de Varthema, finanziato dal calligrafo vicentino Ludovico degli Arrighi, che forse aveva chiamato il Nani tramite il Varthema, anche lui bolognese.
L'opera porta la data 6 dic. 1510. Il Varthema aveva effettuato un viaggio straordinario per quei tempi, passando per l'Egitto, l'Arabia, la Persia, l'India, l'Indocina fino alle isole della Sonda, fingendosi un mercante musulmano, per poi tornare dall'Africa, passando per il capo di Buona Speranza, raggiungendo le Azzorre e infine il Portogallo.
Con il Nani nel 1511 il G. stampò un'opera di Egidio Gallo, De viridario Augustini Chigii; del Gallo, poeta della cerchia che si muoveva intorno al banchiere senese, allora in ascesa verso l'apogeo della sua potenza, il G. aveva già stampato da solo nel 1509 la Cytherea, poemetto in distici elegiaci dedicato a Erasmino, personaggio della corte di Giulio II. Egli offriva quindi i suoi tipi alla cerchia di coloro che celebravano le mirabolanti imprese di Agostino Chigi, "il Magnifico", uomo di fiducia di Giulio II. Il 30 maggio 1512 il G. e il Nani pubblicarono il Ioathas Rotatus, raccolta di versi dell'umanista bellunese Giovanni Pietro Dalle Fosse (Pierio Valeriano). Dopo la morte di Giulio II, nel 1513, portarono a termine la Practica in chirurgia di Giovanni De Vigo, medico del papa defunto.
Una delle due lettere dedicatorie che precedono il trattato è a firma di Giovanni Antracino, medico di Macerata, che sarebbe stato uno dei tre medici che curarono Adriano VI nel 1523. Il trattato ebbe grande successo, già nel 1517 venne riedito da Giacomo Mazzocchi e fu oggetto di numerose ristampe.
Nel 1514 il G. e il Nani stamparono due opere di Matteo Bonfini, ascolano, che faceva parte, con E. Gallo, P. Dalle Fosse e il siciliano Giulio De Simone - di cui pure i due tipografi pubblicarono due opere nel 1513 -, del gruppo di letterati che si riunivano sia presso l'Accademia Romana sia presso la villa di Angelo Colocci negli antichi Orti Sallustiani. La collaborazione con il Nani durò fino al 1514 per un totale di quindici edizioni sottoscritte, mentre altre trenta circa dello stesso periodo, per lo più bolle papali, sono riconducibili, per caratteri e decorazioni, alla loro officina. È possibile che poco dopo sia intercorsa la morte del Nani, perché nel 1518 un Giovanni Filippo Nani pubblicò una nuova edizione di un'opera già stampata dal G. ed Ercole Nani nel 1512, del portoghese Damião de Odemira, sulle regole del gioco degli scacchi. Un'altra associazione conosciuta del G. è con Antonio Blado per Les maravilles de Rome (1519), sottoscritta "par maistre Ant. De Bladi de Asula et Estienne de Loregne".
Nel 1515, ormai solo, stampò la sua opera più importante: i primi cinque libri degli Annali di Tacito, inediti, erano stati scoperti in un manoscritto della biblioteca del monastero di Corvey sul Weser, in Vestfalia e presi da un agente librario di Leone X, il prete fiammingo Jan Heitmers. L'organizzatore e l'editore dell'impresa tipografica fu Filippo Beroaldo il Giovane. Ai cinque libri inediti il G. unì gli altri già conosciuti; si tratta quindi dell'editio princeps dell'intera opera di Tacito. Dopo il titolo, è riportato un privilegio decennale, e in fine si trova una lettera di Leone X al Beroaldo di conferma di tale privilegio, redatta da I. Sadoleto e datata 14 nov. 1514.
Del 6 sett. 1515 è un contratto tipografico di 20 ducati tra Juan de Ortega, domenicano di Palencia, e il G., per tramite di Andrea de Pace, per la stampa dell'opera Suma de arithmetica… dell'Ortega. La dedicatoria dell'autore è ancora ad Agostino Chigi; il privilegio di Leone X è diretto all'autore.
Il successo dell'opera dell'Ortega, insegnante di matematica in Spagna, Francia e Italia, deriva dal trattamento eminentemente pratico e chiaro della materia, al contrario dell'uso contemporaneo. L'Ortega, nel suo sforzo di rendere accessibile a tutti una disciplina che veniva spesso presentata in modo complicato, inserì nell'opera anche tabelle di valori di cambio tra le varie monete. L'italiano dell'opera è misto di ispanismi.
Nel 1516, il 18 settembre, il G. stampò postuma la Historia Parthenopea del protonotaro apostolico Alonso Hernández, in uno spagnolo con molti influssi italiani.
Il G. a questo punto era divenuto in qualche modo uno degli stampatori ufficiali della corte pontificia: ne stampava spesso le bolle e a lui fu affidata una raccolta di bolle emesse durante il quinto concilio Lateranense, che terminò nel 1517. Peraltro, la quarantina di bolle, brevi, bandi, editti e regole e tasse della Cancelleria e della Penitenzieria, non sono paragonabili alle numerosissime edizioni contemporanee in questo campo di Marcello Silber.
Il 16 giugno 1518 il G. ristampò l'Itinerario del Varthema; dal privilegio decennale al G. firmato dal cardinale R. Riario, si apprende che egli era ormai considerato uno stampatore ufficiale della Curia e che aveva chiesto il permesso di ristampare l'opera; essendo questa esaurita ed essendo morto l'autore senza eredi. Il 14 nov. 1518 firmò un contratto per la stampa di un trattato sull'arte gladiatoria, di Antonio Manciolino, bolognese, con una tiratura di mille esemplari al prezzo di un ducato per esemplare, con il diritto di vendita da parte dell'autore, legato però a un rimborso per il Guillery. Non risulta che l'opera sia mai stata pubblicata. Nel 1519 il G. prestò la propria opera per la difesa di Christophe de Longueil con la Christophori Longolii civis Romani perduellionis rei defensio, con cui il letterato fiammingo seguace di Cicerone, giunto a Roma nel 1518 e insignito della cittadinanza romana grazie all'amicizia con P. Bembo e I. Sadoleto, respinse le accuse di lesa romanità mossegli dai letterati capitolini. Il 17 agosto dello stesso anno stampò un'edizione di Mirabilia in francese. Nel 1520, il 1° novembre, stampò il De principe di Leon Battista Alberti, che fu impresso in quell'anno anche da Giacomo Mazzocchi. I due tipografi ottennero un privilegio comune di Leone X, datato 12 ag. 1520, a dimostrazione che in quel momento Mazzocchi e il G. erano i due maggiori stampatori sulla piazza. Le due edizioni sono in formato diverso, in folio per il G. e in quarto per Mazzocchi, nell'edizione del Mazzocchi il titolo è Momus sive de principe.
Dopo che Enrico VIII d'Inghilterra il 14 sett. 1521 aveva inviato a Leone X una copia manoscritta e una a stampa della sua opera contro Martin Lutero, la Curia decise di farne rapidamente una nuova edizione e l'affidò al G. che la pubblicò in dicembre con il titolo Assertio septem sacramentorum adversus Martinum Lutherum.
Tra il 1522 e il 1523 il G. pubblicò due tra le sue migliori edizioni: gli Statuti di Tivoli e quelli di Roma.
Per il Comune di Roma aveva lavorato già dal 1519, pubblicandone i Privilegi: l'eccellente realizzazione tipografica dell'opera fece sì che gli venissero affidati anche i due volumi di Statuti. Entrambe le opere, in folio, presentano il titolo inquadrato in belle cornici xilografiche. Degli statuti di Tivoli furono stampati cento esemplari su carta e due su pergamena per l'uso dell'amministrazione cittadina. Negli Statuti romani si trova un privilegio decennale di Adriano VI al G., nel quale sono menzionati i sacrifici economici che il tipografo si impose per terminare l'opera.
L'ultima edizione datata del G. è del 1524. Dopo questa data l'Elie riporta, da documenti dell'Archivio Capitolino, l'amicizia del G. con Nicolas Raince, segretario dell'ambasciata francese a Roma, che sarebbe stato anche padrino di una delle sue figlie e ne deduce una posizione di rilievo del G. nella comunità francese di Roma.
La data di morte del G. è ignota; l'Elie ipotizza che sia scomparso durante il sacco del 1527.
Fanno parte dell'attività tipografica ventennale del G. anche epistole e orazioni al papa, un certo numero di operette in versi e prosa, sei raccolte di pasquinate in latino e in volgare.
Si riscontrano casi di identità di caratteri ed elementi decorativi tra il G., Marcello Silber e Giacomo Mazzocchi, dovuti probabilmente a prestiti reciproci. La prima marca tipografica del G. si incontra nella Practica in chirurgia di Giovanni de Vigo del 1514: uno stemma iscritto nel più interno di due cerchi, che portano la scritta "Stephanus Guillereti de Lothoringia", sormontato dalla croce di Lorena, con un leone mal disegnato nel campo destro e il campo sinistro diviso in due, con una stella a sei raggi e il giglio. Altre due marche, una di dimensioni maggiori nella Suma de arithmetica di Juan de Ortega del 1515, e un'altra minore, nell'Itinerario di Ludovico de Varthema del 1518, presentano le iniziali "S G" nella metà superiore; in quella inferiore, inquartati in uno scudo, compaiono il leone rampante volto a sinistra, la stella e il giglio di Francia. Varianti si registrano dopo la sottoscrizione dei Nova Urbis Romae statuta super causis civilibus del 28 sett. 1521: accanto allo stemma del dedicatario, al centro, a destra il leone si arrampica su un ramo di palma, e a sinistra il giglio è stato sostituito dai monti, all'interno del superiore dei quali è la stella, con la colomba della pace alla sommità.
Fonti e Bibl.: P. Kristeller, Die italienischen Buchdrucker- und Verlegerzeichen bis 1525, Strassburg 1893, pp. 56 s.; H. Elie, Un Lunevillois imprimeur à Rome au début du XVIe siècle. étienne G., in Gutenberg Jahrbuch, XIV (1939), pp. 186-196; XIX-XXIV (1944-49), pp. 128-137; L. Donati, Stampe quattrocentine di S. Guillireto, in Essays in honour of Victor Scholderer, Mainz 1970, pp. 144-158; G. Masetti Zannini, Stampatori e librai nella seconda metà del Cinquecento. Documenti inediti, Roma [1980], pp. 90, 102, 168; F. Barberi, S. G. e le sue edizioni romane (1506-1524), in Studi offerti a Roberto Ridolfi, direttore de "La Bibliofilia", Firenze 1973, pp. 16, 20, 95-145; Id., Tipografi romani del Cinquecento: G., Ginnasio Mediceo, Calvo, Dorico, Cartolari, Firenze 1983, pp. 9-55.