IANNUZZI, Stefano
Nacque ad Andria, in Terra di Bari, il 30 genn. 1838 da Nicola e Maria De Rosa. Il padre, di famiglia benestante, dopo aver combattuto con Napoleone I era stato per alcuni anni esule in Francia e aveva partecipato ai moti italiani del 1820 e del 1848. Ebbe come primo precettore il toscano A. Bellocchi; quindi seguì studi letterari nel seminario di Andria e nel collegio di Salerno, per poi iscriversi alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Napoli e al corso privato di studi giuridici di F. De Blasio. Come docenti ebbe, fra gli altri, N. Rocco e P.E. Imbriani, e frequentò lo studio di F.P. Ruggiero, che lo iniziò alla pratica forense. Alla carriera di magistrato mostrò di preferire sin da giovane quella dell'insegnamento e, conseguita la laurea di dottore in diritto con dispensa dagli esami, dal 1862 al 1866 fu a Napoli docente privato di istituzioni di diritto romano e di diritto e procedura civile. Nel 1862 fu iscritto all'ordine dei procuratori di Napoli, e dal 1864 fu ammesso al patrocinio presso la Corte di cassazione; nel 1866 fu chiamato come professore straordinario a Ferrara sulla cattedra di diritto e di procedura civile resasi vacante in seguito alla nomina a consigliere di Cassazione di L. Borsari. Erano gli anni del difficile passaggio dalla legislazione preunitaria al nuovo codice civile. Nella prolusione al suo corso, pronunciata a Ferrara nel 1866, Discorso sul codice civile confrontato nei capi principali con le leggi di diritto privato che vigevano in Italia e con vari codici d'Europa (Firenze 1866), lo I. espresse i timori e le speranze suscitati dall'unificazione legislativa italiana.
Nel Discorso lo I. difese l'idea che alla unificazione del diritto pubblico dovesse necessariamente seguire quella del diritto privato, di cui il codice, frutto del lavoro non solo di commissioni governative ma anche di parlamentari e di magistrati, era la prima e più alta manifestazione. Particolarmente innovative e rilevanti furono giudicate le disposizioni sul diritto internazionale privato, per la prima volta formulate in legge positiva in Italia. Riguardo al diritto di famiglia, lo I. non approvò la nuova regolamentazione della patria potestà, che non diveniva tutela nei casi di scioglimento del matrimonio e morte di uno dei coniugi, come invece accadeva nel codice francese. Tuttavia, sempre nell'ambito della patria potestà, riscontrava nel riconoscimento dei diritti alla prole naturale e nella creazione di un consiglio di famiglia per la migliore salvaguardia degli interessi del minore "un assai umano e nobile progresso" (p. 18). Altra grande novità apparve la successione del coniuge superstite: lo I. criticò l'abrogazione dell'obbligo del genitore di dotare le figlie prima del matrimonio, "uno dei più classici istituti dell'antico italico giure" (p. 23) che, se mantenuto, avrebbe aiutato la nuova famiglia e in particolare la donna, che non sempre sarebbe stata in grado di lavorare. Nella disciplina dei beni lo I. rilevò gravi lacune e dimenticanze, che parimenti venivano riscontrate nel codice francese. La prolusione si concludeva con l'esortazione a far risorgere la scuola giuridica italiana "in maniera che torni l'Italia la legislatrice, la incivilitrice del mondo" (p. 35).
Divenuto professore ordinario, lo I. lasciò l'incarico già nel 1867 per motivi di salute. Tornato a Napoli, insegnò fino al 1870 diritto e procedura civile nell'Università, mentre nel 1871 gli venne affidata la cattedra di diritto commerciale e marittimo nel R. Istituto di marina mercantile, e dal 1873 fu professore di diritto civile e commerciale nel R. Istituto tecnico. Negli anni del suo insegnamento scrisse numerose opere giuridiche, soprattutto su temi di diritto civile e commerciale.
La produzione scientifica dello I. fu in prevalenza di carattere propriamente tecnico. Egli non scrisse quasi mai testi di gran mole, ma si occupò di singole questioni giuridiche (Trattato sulle assicurazioni terrestri a premio, Napoli 1869; Se l'istanza seguita da sentenza sia soggetta a perenzione, ibid. 1875; Dei caratteri che distinguono l'atto commerciale dal civile, Barletta 1876; Se sulle somme non ancora liquidate corrono gli interessi, Napoli 1877; Delle attribuzioni testamentarie fatte senza il legato e senza la divisione "inter liberos", ibid. 1889). Fanno eccezione le monografie di più ampio respiro: Elementi di diritto civile. Nozioni elementari sulle disposizioni generali che precedono il codice civile e sulla cittadinanza, ibid. 1877, e Studio sul pegno, ibid. 1879. Per l'Enciclopedia giuridica italiana, vol. I, parte 2, f. 15, 1883, scrisse inoltre la voce Affrancamento [dalla imposta di ricchezza mobile].
Durante l'epidemia di colera del 1886 lo I. fu a capo del Comitato napoletano per le Puglie, e la sua casa divenne il ritrovo dei maggiori conterranei e il centro principale dei soccorsi. Nelle elezioni del 1890 per la XVII legislatura ottenne, insieme con M.R. Imbriani, G. Bovio e P. Pansini, il mandato nel II collegio di Bari.
Nei suoi interventi parlamentari più significativi lo I. difese la legge delle guarentigie come garanzia della separazione fra Stato e Chiesa; si batté per migliorare le scuole tecniche e professionali allo scopo di attenuare il forte squilibrio fra queste e le scuole secondarie classiche; votò la riduzione del dazio sui vini nel trattato con l'Austria-Ungheria del 1887, per favorire l'esportazione dei vini italiani; volle inoltre tutelare il più possibile la nazionalità dei cittadini italiani nati all'estero nella convenzione fra Italia e Messico.
Terminato il mandato parlamentare, lo I. non si ripresentò alle elezioni soprattutto a causa delle sue precarie condizioni fisiche, ma continuò comunque a interessarsi alla politica nazionale intervenendo su alcuni temi di natura sociale e giuridica con opuscoli e articoli, spesso tenuti in conto dal Parlamento. Particolarmente rilevanti furono i suoi scritti sul progetto di legge riguardante la precedenza obbligatoria del matrimonio civile (La precedenza obbligatoria del matrimonio civile, Roma 1893; Altre considerazioni sulla precedenza del matrimonio civile, Napoli 1900) e sulla legislazione a tutela delle opere artistiche (Del diritto dello Stato su gli oggetti di belle arti, ibid. 1899; In sostegno della mozione per modificare la legge del 12 giugno 1902 sulla tutela degli oggetti mobili di raro pregio artistico di proprietà privata, ibid. 1903).
Per quanto riguarda la prima questione, lo I. intendeva difendere il ruolo del matrimonio religioso nei confronti di quello civile. Il rito civile, di cui propugnò la precedenza rispetto a quello canonico, avrebbe assunto la sola denominazione di "rito civile" e non di matrimonio, riducendosi a semplice constatazione della concorde volontà degli sposi e dell'osservanza degli obblighi civili. In materia di tutela del patrimonio artistico, egli difese il ruolo primario dello Stato e la sua possibilità di intervento anche sugli oggetti di raro pregio in possesso di privati: "Non si possiede una statua di Michelangelo, una Madonna di Raffaello, come un sacco di frumento. Sopra quei capolavori si accumula con tale intensità l'interesse universale, da non potere fare a meno di prevalere sull'interesse privato, ed oltre a ciò la natura delle cose possedute influisce sulla proprietà e sul possesso della medesima" (In sostegno della mozione…, p. 17).
Lo I. morì a Napoli il 3 luglio 1906.
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia, membro dell'Accademia degli Agiati, dell'Accademia Pontaniana, del R. Istituto d'incoraggiamento, della Società reale di Lucca, dell'Ateneo di Bergamo, dell'Associazione nazionale degli scienziati, letterati e artisti, lo I. collaborò inoltre con varie effemeridi e periodici locali: il Filangieri, di cui fu uno dei fondatori, La Rassegna giuridica, La Gazzetta del procuratore.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Personale (1860-1880), b. 1102; Divisione Istruz. superiore (1882-1890), b. 658, f. 596, sottofasc. 9. Alla morte dello I., i familiari pubblicarono un volume (S. Jannuzzi. Ricordanze, Trani 1908) che raccoglieva testimonianze, discorsi e cronache delle onoranze resegli da amici e parenti, nonché l'elenco completo delle sue pubblicazioni e dei necrologi a lui dedicati. Si vedano inoltre: A. De Gubernatis, Piccolo diz. dei contemporanei italiani, Roma 1895, pp. 502 s.; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani 1904, pp. 471 s.; D. Giusto, Diz. bio-bibliogr. degli scrittori pugliesi (Dalla Rivoluzione francese alla rivoluzione fascista), Bari 1929, p. 87; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 83 (s.v. Jannuzzi); A. Aquarone, L'unificazione legislativa e i codici del 1865, Milano 1960, pp. 38, 472; A. Cafiero, Storia dell'avvocatura napoletana in età liberale, Napoli 1997, p. 264.