CLEMENTE, Stefano Maria
Nacque a Torino il 23 marzo 1719 e qui venne battezzato, nella chiesa di S. Agostino, il 25 marzo di quello stesso anno. L'albero genealogico di questo scultore in legno è stato ricostruito dal Vesme sulla base delle memorie manoscritte del Vernazza, conservate presso l'Accademia delle scienze di Torino. Figlio di Pietro (che risulta trentenne nel censimento del 1705), il C. appartiene ad una famiglia di scultori, di cui poteva far parte anche quel Bartolomeo, lavorante dell'età di vent'anni, nell'agosto 1705 presso Carlo Giuseppe Plura (Schede Vesme, III, Torino 1968, p. 840). Sempre il Vesme riporta dati biografici relativi al fratello del C., Giuseppe Maria, scultore morto il 26 febbr. 1763 e al figlio di quest'ultimo, Giovanni, morto il 23 giugno 1793.
Alcuni documenti relativi allo scultore Giovanni Clemente sono apparsi sul mercato antiquario torinese. Si tratta di due fogli manoscritti, uno redatto su carta intestata della Confraternita del SS. Nome di Gesù, dove Giovanni, in data 10 maggio 1783, segnala il suo stato di indigenza; l'altro, autografo e non datato, contiene una petizione rivolta alla confraternita stessa perché sia devoluto a favore dello scultore il legato lasciato alla sorella da Maria Vittoria De Caroli.
Non è stata rilevata dal Vesme l'appartenenza del C. alla torinese Compagnia di S. Luca, che è documentata, invece, nel Registro della compagnia stessa, conservato presso l'Archivio dell'Accademia Albertina di Torino. Alla data 5 sett. 1756, in occasione della fondazione della Compagnia di S. Luca, nella cappella al fondo della navata sinistra del duomo di Torino, è elencato il nome di Giuseppe Maria fra i primi scultori presenti nel sodalizio. Pochi mesi dopo fa il suo ingresso nella compagnia il C., insieme con gli scultori Bolgié, Bacciarello e Bré (15 ott. 1756). Contemporanea alla data di ingresso del Beaumont, 18 ottobre, è la registrazione di presenza di Giovanni Maria (Torino, Arch. d. Accademia Albertina, Registro... 1657-1833, ff. 68, 70).
L'anno successivo l'équipe Clemente lavorava anche per la compagnia. Nel 1757, come risulta dal registro conservato in Accademia, i confratelli di S. Luca si impegnavano per la realizzazione di una nuova tabella per la registrazione degli iscritti. Per la cifra complessiva di lire 150 furono attivi numerosi scultori in legno e "i signori Clemente" eseguirono il "bassorilievo di mezzo col caduceo" (ibid., f. 163v). Tale collaboratone conferma il carattere istituzionale della compagnia, che era sodalizio paraccademico con scopi devoti e volontà di riconoscimento ufficiale della qualità artistica del lavoro artigiano, associazione di artisti soliti all'aggregazione in cantiere delle singole attitudini professionali, spesso già accomunati da precedenti esperienze di lavoro.
Si può citare un esempio di collaborazione tra Bernardo Cermenati e il C. a proposito della macchina processionale, tuttora conservata nella chiesa parrocchiale di Carmagnola, commissionata il 15 giugno 1751 dai direttori della cappella della Madonna della Concezione e terminata nel settembre dell'anno 1752 per la somma di lire 2.126. La realizzazione della struttura del trono, per la Madonna dello scultore astigiano Michele Enaten, del 1636-37, fu affidata a due intagliatori (C. Ponsone torinese e B. Cermenati milanese), in collaborazione con il C., che eseguì i diciassette Putti e le tre Teste di cherubini; la direzione dei lavori era affidata ad A. Boucheron, orafo di Carlo Emanuele III (Rodolfo, 1954). A garantire "l'artisticità" dell'opera la direzione dei lavori era stata affidata ad un membro ufficiale degli Studi regi. In anni successivi, invece, sembra essere proprio l'appartenenza alla Compagnia di S. Luca credenziale sufficiente per il fronte della committenza religiosa.
Nel sodalizio di S. Luca gli scultori Clemente ricoprirono anche incarichi specifici.
Alla data del 4 nov. 1759, come si legge nel registro conservato presso l'Accademia di Torino, i due fratelli Clemente risultano consiglieri, associati a prestigiosi artisti dello Studio regio di pittura quali erano V. Cignaroli e C. F. Beaumont (f. 9v). Inoltre, da due fogli a stampa conservati presso l'Archivio di Stato di Torino, risulta che ancora nel 1792 e nel 1794 il C. svolgeva il ruolo istituzionale di visitatore degli infermi. La presenza del C. fra i membri della compagnia torinese risulta un dato biografico costante. Il suo nome è infatti ancora registrato nel verbale di seduta per l'anno 1776, anno di scarsa disponibilità economica, tanto che lo stesso C. si tassa, insieme con altri artisti, della cifra di L. 1,10 per riequilibrare il fondo a disposizione della cappella di S. Luca (Torino, Arch. dell'Accad. Albertina, Registro..., ff. 16, 175).
Premessa all'ingresso ufficiale nella Compagnia di S. Luca poteva essere stata la compartecipazione al rinnovamento della cappella nel duomo torinese, realizzato su progetto (1755) dell'architetto L. Barberis.
La descrizione puntuale degli interventi, in parte riassunta dal Vesme (II, Torino 1966, p. 700) sulla base di una nota del Vernazza, permette di ricostruire un episodio significativo di riarredo settecentesco all'interno del duomo torinese, oggi non più verificabile, e di precisare l'intervento del Clemente ai quali venne affidato il bassorilievo dell'urna dell'altare, con la raffigurazione del Martirio dei cinque santi scultori: Claudio, Nicostrato, Sinfronio, Castorio e Simplicio (Arch. dell'Accademia Albertina, Registro..., ff. 166 s.).
Allo stato attuale delle ricerche, poche sono le sculture a bassorilievo di certa attribuzione al Clemente.
È infatti ormai provato, su basi documentarie, che il pulpito in noce d'India della chiesa di S. Lorenzo, destinato in origine al Corpus Domini, tradizionalmente attribuito al C. è opera di Ignazio Perucca (U. Bertagna, Vicende costruttive delle chiese del Corpus Domini e dello Spirito Santo in Torino, in Palladio, XXX, [1974-76], pp. 102 s.).
Per il Corpus Domini, invece, il C. realizzò quaranta candelieri in legno, sedici vasi, due croci per le cappelle, iscrizioni, in occasione delle opere di abbellimento apportate alla chiesa nel 1753 (Tamburini, 1968, p. 111). Al C. viene anche attribuita la portina di tabernacolo, bassorilievo in legno dorato, conservata nella sacrestia della parrocchiale di Pecetto Torinese, raffigurante Cristo nell'orto, all'origine collocata sull'altare maggiore da cui fu rimossa nel 1953 (sempre nella stessa chiesa la cantoria e cassa d'organo, del 1778, sono opere della cerchia del Clemente).
L'iniziale affiancamento dei due fratelli Clemente al Barberis, per la cappella di S. Luca, si rinnovò con il C., dopo la morte di Giuseppe Maria (1763), in alcuni cantieri diretti dall'architetto torinese: a Torino, in S. Domenico nella ricostruita cappella del Rosario (1762-66), dove i quindici bassorilievi con i Misteri, che circondano il quadro del Guercino (in sostituzione dei quindici dipinti del Guercino stesso, venduti nel 1776) e i due Angeli posti al di sopra sono opere di dubbia attribuzione ma assegnate al C. fin dalle fonti più prossime (Bartoli, 1776, p. 19); tra Pecetto e Chieri, nella cappella della villa La Moglia, progettata tra il 1770 e il 1775; a Torino, nella chiesa di S. Filippo dove (Tamburini, 1968, p. 328) l'opera di rinnovamento dell'arredo, sotto la direzione del Barberis, dal 1770-71, vede attivo, accanto a G. B. Bernero, anche il C. con le cantorie nel presbiterio e le statue lignee dei dodici Apostoli, accoppiate nelle cappelle laterali. Ancora al Barberis è affidato nel 1787il rinnovamento della cappella del Crocefisso, ultima a destra nel duomo torinese, dove a sinistra ed a destra del Crocefisso, opera del Borelli, sono la Vergine ed il S. Giovanni, opere attribuite al Clemente.
La prima opera nota del C., in collaborazione con Giuseppe Maria, è del 1749. Datato al 5 giugno di quell'anno, infatti, è il contratto con la Confraternita della SS. Annunziata di Torino per l'esecuzione della macchina processionale dell'Addolorata, gruppo composto di quattro figure (Addolorata,S. Giovanni, le due Marie), tre putti e un angelo. Il contratto, pubblicato da Tamburini (1968, pp. 172 s.), puntualizza con rigorosa precisione la necessità di rispettare disegno e ordini del Beaumont; seguono i documenti di pagamento per la coloritura e per la doratura. Il documento è di grande interesse perché chiarisce l'ambito beaumontiano di formazione del Clemente. L'importanza delle indicazioni del Beaumont per la scenografica scultura devozionale, già individuata da A. Griseri (Pittura, in Mostradel Barocco piemontese, Torino 1963, II, p. 82), risulta determinante nei due fratelli, soprattutto nel C., che rivela una cultura attenta alla illusività naturalistica, prerogativa propria della scuola del Beaumont, "scuola di verità", secondo la definizione del contemporaneo barone Vernazza, più volte priore della Compagnia di S. Luca.
Sempre per la SS. Annunziata di Torino il C. eseguì, nel 1750-51, le statue lignee dei quattro Evangelisti, opere di straordinaria qualità inventiva, modello per i più rigidi Evangelisti conservati nella chiesa di S. Maria della Pieve a Savigliano insieme con i quattro Dottori della Chiesa, già sull'altare maggiore di S. Andrea a Savigliano, dove sono assegnate allo scultore anche le tribune e la cassa, d'organo nella chiesa di S. Pietro (Olmo, 1978).
Alla pittura della prima maturità del Beaumont sembrano far riferimento le opere giovanili del C. che, in seguito, appare propenso a scelte di edulcorata evidenza naturalistica, parallele alle proposte del Molinari in pittura, ora più vicino ai risultati ottenuti dal Bernero in scultura.
In epoca precedente il primo viaggio romano del 1765, il Bernero sembra privilegiare il rapporto con il C. che, fra gli autori di macchine processionali, meglio aderiva al concretizzarsi delle spinte emotive della teatralità barocca. La sua scultura, se pur priva dell'affettuoso psicologismo del contemporaneo Perucca, spesso melodrammatica, nel progressivo controllo formale disciplinata sui modelli del Bernero, è testimonianza figurativa idonea per la comprensione della vita religiosa piemontese nella seconda metà del sec. XVIII, in questi ultimi anni analizzata nei suoi significati da Guido Gentile.
Successiva al gruppo dell'Addolorata per la SS. Annunziata di Torino è una serie di macchine processionali legate alla attività cultuale delle confraternite, prodotte per i riti della settimana santa e delle feste mariane.
Il 10 ott. 1756 il C. con il fratello Giuseppe Maria firmò una ricevuta di 400 lire per il gruppo della parrocchiale di Orbassano raffigurante la Madonna col Bambino che offre il rosario a s. Domenico,angeli e tre cherubini (Olivero, 1935, p. 115). Di poco successivo (1758) è il gruppo del Cristo risorto della Confraternita della SS. Trinità a Bra, che già il Casalis (II, 1834, p. 593) giudicava "uno dei capi d'opera" dello scultore.
Datato dal Mallé (1963, II, p. 51) non oltre il 1770 è il gruppo del Cristo risorto con Madonna e angelo eseguito per la Confraternita di S. Bernardino, dove è ricordato dal Bartoli (1776, p. 64), e trasferito in epoca napoleonica nella chiesa di S. Agostino a Carmagnola (Casalis, III, p. 587). Per l'Arciconfraternita della SS. Annunziata di San Damiano d'Asti l'artista scolpì il gruppo processionale del giovedì santo; nel 1762 la Addolorata con Cristo morto venne portata a spalle da Torino a San Damiano da sedici confratelli. Il gruppo è opera innovativa rispetto all'analoga composizione per la SS. Annunziata di Torino: la Madonna, protagonista del suo dolore, non a caso è stata presa a modello dal Bernero per l'Addolorata della Confraternita della Misericordia di Cavallermaggiore (Gentile, 1980; Le Confraternite a convegno…, Bollettino, numero unico, San Damiano d'Asti 1970). Ancora in onore della Madonna è il gruppo commissionato dalla torinese Confraternita dello Spirito Santo per l'altare del Crocefisso, trasferito nella successiva cappella della Madonna della Neve nel 1842 quando si costruì una nicchia apposita per ospitare la macchina processionale. Il gruppo, datato dal Mallé intorno al 1761-63, ha una iconografia tutta incentrata sull'Addolorata disposta in diagonale, sostenuta da s. Giovanni e compianta dalla Maddalena.L'ottocentesca collocazione stabile e privilegiata all'interno della Confraternita è conferma della fortuna critica avuta dal C. nel corso del sec. XIX, iniziata dallo elogio del Paroletti (1819) e rinnovata dal Casalis (1834-56). La naturalezza delle movenze e dell'espressione, già notata dal Paroletti, riscuote particolari consensi anche presso gli scultori artigiani del secondo Ottocento (Arneudo, 1898, p. 303). Il valsesiano Giovanni Tamone, inoltre, aveva eseguito nel 1870 la Madonna addolorata nell'oratorio omonimo in S. Lorenzo a Torino combinandola in un unico gruppo con il Cristo morto, tradizionalmente attribuito al C. (Arneudo, 1898, p. 205; Crepaldi, 1963). Meno fortunata è stata invece la sorte delle statue e degli angeli segnalati dal Vesme, sulla base delle note manoscritte del Vernazza, nella cappella di S. Lucia in S. Tommaso a Torino, rimosse alla fine del sec. XIX. Ottocentesca sembra anche la sistemazione del Cristo morto, sotto l'altare, e del gruppo dell'Addolorata, sopra lo stesso, disposto ai piedi del Crocefisso nella chiesa di S. Rocco. Il gruppo fu attribuito al C. dal Bartoli (1776, p. 42); mentre Gentile attribuisce al C. il solo Crocefisso (in Carignano..., 1980).
Nel Crocefisso di S. Rocco, come in quello della torinese Confraternita della Misericordia, giustamente attribuito al C. e datato intorno al 1750, si nota il particolare della apposizione dei chiodi nei polsi. Tale particolare, finora riscontrato solo nella scultura del C., denota, come ha già sottolineato Gentile (in La Sindone..., 1978), il possibile riferimento iconografico dello scultore all'ambiente di Rubens oppure, meglio, alle impronte della Sindone; quest'ultima ipotesi confermerebbe una volontà di documentazione anatomica che era propria del C. (S. P. Anselmo, Le statue del Plura nella chiesa della Misericordia di Torino: un'ipotesi di lettura, in Arte pietà e morte nella Confraternita della Misericordia di Torino, Torino 1978, pp. 73-79). Altri Crocefissi, con attribuzione al C., sono in S. Teresa a Torino (Tamburini, 1968, p. 160) e nella moderna chiesa parrocchiale della Trasfigurazione (trasferito dal Carmine nel 1975). Eseguito per la raffigurazione del "mortorio", per la deposizione dalla croce, è un Cristo morto, opera quasi tutta di bottega, pagato al C. il 30 ott. 1791 dalla Confraternita della Misericordia di Villafalletto (Leone, 1976).
La gravitazione dalla periferia verso il centro, dato proprio della committenza piemontese nella seconda metà del sec. XVIII, ha permesso la grande diffusione sul territorio anche della produzione plastica del C., il cui catalogo è sicuramente passibile di ulteriori ampliamenti. Fra le singole statue con funzione processionale, misura del percorso artistico dello scultore sono la giovanile Addolorata (post1750), della Confraternita della Misericordia di Villafalletto (Gentile, 1976, p. 33; Leone, 1976, p. 62) e la Madonna addolorata della Confraternita di S. Rocco a Cavallermaggiore, che già il De Bernardi attribuiva al C. insieme con il gruppo della Pietà collocato sull'altare sinistro della chiesa di S. Croce di Cavallermaggiore. Quest'ultima Addolorata è giustamente datata agli anni 1770-1780 da Gentile (1980, p. 83 fig. 23) per quel classicismo di ispirazione accademica affine, ai gruppi della Purificazione di Maria (1780) e della Presentazione al tempio (1781) conservati in un armadio di sacrestia nella chiesa di S. Andrea a Bra (per i gruppi di Bra: Mallé, 1961, II, p. 51, figg. 57b e 58). Accanto alle immagini del dolore della Vergine, realizzate per i rituali di coinvolgimento psicologico delle confraternite, il C. produsse anche alcune Madonne del Rosario per compagnie omonime attive nelle chiese parrocchiali.
È giustamente attribuita allo scultore la Madonna del Rosario, anteriore al 1770, conservata nella parrocchiale di Centallo (Gentile, 1976, p. 33; Leone, 1976, p. 78) e quella nella parrocchiale di Buttigliera d'Asti (T. Chiuso, Buttigliera Astigiana..., Torino 1875, p. 8); mentre è da espungere dal catalogo del C. la Madonna del Rosario, ridorata nel 1950, nella parrocchiale di Beinasco (P. Bertolino, Storia di Beinasco, Torino 1960, p. 22; Mallé, Le arti figurative..., 1963, p. 135).
Con corretta attribuzione al C. è stata studiata la scultura in legno dipinto raffigurante S. Giuseppe con angelo che regge il Sacro Cuore, databile intorno al 1778, eseguita per l'altare di S. Giuseppe nella chiesa parrocchiale di San Vittore (Fossano) dove aveva sede la Compagnia degli Agonizzanti sotto il titolo del Cuore di Gesù. Ancora un S. Giuseppe compare tra le tarde realizzazioni del C. nella parrocchiale di S. Giacomo a Balangero, documentato al 1793 (Olivero, 1935, p. 15). Rimane da accertare l'identità del committente della statua di S. Antonio da Padova, finora sconosciuta alla critica, segnalata dal canonico Antonio Bosio, nei suoi appunti manoscritti, come presente nella chiesa di S. Francesco a Moncalieri e visibile, oggi, sempre a Moncalieri ma nella chiesa collegiata di S. Maria della Scala (Torino, Arch. delle Biblioteche civiche e Raccolte storiche, Manoscritti, Fondo Bosio,Paesi,Moncalieri). Sempre il Bosio (Iscrizioni..., p. 67) attribuiva al C. il pulpito con la Madonna del Rosario Ostensorio e Maria Maddalena, nella chiesa della Natività della Vergine Pozzo Strada, a Torino, smembrato negli anni postbellici e non più verificabile. Ancora una Compagnia del Rosario, attiva nella chiesa parrocchiale di Strambino, nel Canavese, nel 1776 commissionava al C. una opera di grande prestigio che appare tuttavia eseguita con larga partecipazione di collaboratori: l'allestimento dell'altare absidale, progettato dall'architetto Rana, con prescrizione, da parte della compagnia, di imbiancare il tutto "in figura di marmo di Carrara" (E. Gribaudi Rossi, La chiesa di Strambino, Ivrea 1964, p. 51). Nel cantiere di Strambino lavorava, nei bassorilievi absidali, anche G. B. Bernero, spesso attivo accanto al C. in grandi imprese, sotto la direzione di rinomati architetti regi.
Altri esempi di collaborazione sono verificabili a Carignano, nel cantiere alfieriano del duomo, dove, per l'ancona absidale del Bernero, il 10 nov. 1771 vennero messi in opera gli Angeli cerofori del C. (Arduino-Gentile, 1973-1980, I, p. 110) e, quasi contemporaneamente, a Torino, nella chiesa dei filippini, dove, già citate dal Bartoli (1776, p. 21) come opere del C., sono le due Virtù per la pala del Peroni ed i dodici Apostoli per le sei cappelle e, inoltre, i Putti delle cantorie (Midana, 1925). Per i filippini i due scultori sono ancora attivi in S. Filippo, a Mondovì, mentre, ancora nel settimo decennio, il solo C. risulta prescelto da quell'Ordine religioso per la realizzazione degli Angeli sulla cornice del quadro raffigurante la Trinità, opera di Ignazio Fascina.
Tanta fortuna sul territorio, soprattutto come statuario, per compagnie e confraternite che volevano visualizzare i propri titoli di devozione, è motivata anche dalla credibilità acquisita dal C. nella sua attività torinese in chiese spesso legate alla devozione della corte e nei palazzi reali, al servizio della stessa corte sabauda. Lavorò a Torino in tre cappelle della chiesa di S. Francesco d'Assisi; mentre per i padri cisterciensi della Consolata intervenne nel terzo altare, accanto agli ornati in bronzo di Francesco Ladatte, e con puttini lignei nella cappella con Storie della Vergine di V. A. Rapous (opere già citate dal Bartoli, 1776, p. 11). Nel 1773 eseguì il trono d'altare a tabernacolo in S. Pelagia a Torino (Tamburini, 1968, p. 413). Nell'eremo camaldolese di Torino erano del C. la cornice dorata con due angeli, sormontata da corona, che racchiudeva l'Annunciazione di C. F. Beaumont, oggi nella chiesa della SS. Annunziata, e un gruppo raffigurante il Crocefisso,la Maddalena ed il demonio, opera ancora da rintracciare (Bosio, Iscrizioni..., pp. 39, 40 n. 34).
La collaborazione del C. con C. F. Beaumont è riscontrabile ancor più a Torino, nella chiesa del Carmine, dove allo scultore venne affidata l'esecuzione della cornice con angeli e stemma sabaudo per la grande pala raffigurante la Madonna del Carmine e il beato Amedeo IX di Savoia, collocata nell'abside il 3 marzo 1760.
Per il Carmine, chiesa particolarmente cara ai Savoia data la cointitolazione al beato Amedeo, il C. aveva realizzato numerose altre opere come già ricorda il Bartoli (1776, p. 8), insieme con una Madonna processionale in sostituzione di quella di F. Dughet del 1782, e ancora nel 1818 la stessa chiesa si arricchiva della serie dei dodici Apostoli opera del C. donati da P. F. Nizzardi barone di Boyon (Pugno, 1955). Acausa del danni subiti dalla chiesa durante l'ultimo conflitto mondiale, gran parte dell'arredo del C. è andato distrutto o disperso. Del battistero rimangono i due bassorilievi dell'Eterno in cornice irraggiata e del Battesimo di Cristo, mentre risultano attualmente disperse le due statue allegoriche della Fede e della Speranza, documentate da una fotografia pubblicata nel Catalogo della mostra d'arte e dello artigianato sacro che venne tenuta a Torino nel 1953.
L'intervento al Carmine, databile agli anni '60, è contemporaneo ai primi documenti resi noti dal Vesme (1761, 1773, 1777), relativi all'attività dello scultore a diretto servizio della corte, attestanti una modesta entità di impiego, in direzioni diverse, passibile di ulteriori ampliamenti anche sulla base di ricerche documentarie condotte negli archivi di corte.
L'ultima grande impresa del C. è databile dal 1774 fin oltre il 1780. Su commissione del parroco Giuseppe Casimiro Reinaldi, legato da rapporti di parentela con lo scultore, il C. insieme con alcuni collaboratori contribuì a fornire nuova veste alla chiesa parrocchiale dei SS. Pietro, Massimo e Lorenzo a Collegno, seguendo le indicazioni fornite dall'arcivescovo di Torino Rorengo di Rorà in occasione della visita pastorale del 1772.
Il complesso arredo risulta la più ampia testimonianza dell'iter artistico percorso dallo scultore che, a contatto con la rinnovata cultura accademica del Collino e del Bernero, si allinea alle più mitigate posizioni di questo ultimo, traducendo in accennata razionalizzazione neoclassica il naturalismo scenografico della sua precedente produzione (Gentile, 1977). Non paiono pertinenti al catalogo del C. i due angeli donati al Museo civico d'arte antica di Torino nel 1960 (Mallé, 1965, p. 237, tavv. 288 s.).
Il C. morì a Torino il 19 sett. 1794, e venne sepolto nella parrocchia di S. Martiniano.
Fonti e Bibl.: Torino, Arch. dell'Accad. Albertina, Registro de Capitoli,ed Ordinati fatti dalla Compagnia di San Luca…, 1657-1831, ff. 9v, 68, 70, 163v. 166 s., 175; Arch. di Stato di Torino, Sez. I, Istruzione pubblica,Accad. e Belle Arti, mazzo I, Tavola degli ufficiali e confratelli della Compagnia... sotto il patrocinio diS. Luca; SchedeVesme, I, Torino 1963, pp. 325 s.; II, ibid. 1966, p. 700; F. Bartoli, Notizia delle pitture,sculture edarchitetture. Il Piemonte, Venezia 1776, pp. 5, 8, 11, 19-21, 23, 42, 64; O. Derossi, Nuova guida per la città di Torino, Torino 1731, passim; M. Paroletti, Turin et ses curiosités, Torino 1519, passim; G. Casalis, Diz. geogr. storico-statistico-commercialedegli Stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino 1834-1856, passim; D. C. Finocchietti, Della scultura e tarsia in legno dagliantichi tempi ad oggi. Notiziestorico-monografiche, in Annali del Ministero dell'Agric., Industria e Comm., LVI, Firenze 1873, p. 189; A. Bosio, Iscrizioni torinesi..., a cura di L. Tamburini, Torino 1969, ad Indicem; Id., Mem. storico-religiose... di Chieri, Torino 1878, p. 393; G. Claretta, I marmi scritti diTorino e suburbio dai bassi tempi alla metà delXVIII sec., in Atti della Soc. di archeol. e bellearti della provincia di Torino, III (1878), pp. 363, 364; Id., I reali di Savoia munifici fautori delle arti, in Misc. di storia ital., XXX (1893), p. 247; G. I. Arneudo, Torino sacra illustrata nellesue chiese,nei suoi monum. relig., nelle sue reliquie, Torino 1898, pp. 40, 92, 166, 203, 228, 268 s., 314; A. Midana, L'arte del legno, Torino 1925, pp. XIX s., tav. 417; A. Bonino, Miscellanea artistica della provincia di Cuneo, Cuneo 1929, pp. 73 s., 76; L. Rosso, Pittura e scultura del '700 a Torino, Torino 1934, I, pp. 14, 49, 51, 184; II, p. 43; E. Olivero, La chiesadi S. Francesco d'Assisi in Torino, Chieri 1935, pp. 112-118; M. Marchetti, La chiesa e il conv. diS. Agostino, Carmagnola 1936, p. 29; G. Rodolfo, La cappella votiva nella chiesa... di Carmagnoladall'anno 1522ai tempi presenti, Torino 1954, pp. 51 ss.; G. M. Pugno, Riaprendosi al culto la chiesaparrocchiale del Carmine, Chieri 1955, pp. 29, 31, 34 s.; G. M. Crepaldi, La Real Chiesa di S. Lorenzoin Torino, Torino 1963, p. 54; L. Mallé, Le artifigurative in Piemonte, Torino 1963, ad Indicem; Id., Scultura, in Mostra del Barocco piemontese (catalogo), II, Torino 1963, pp. 12 s., 50-52; N. Gambotti, I grandi artisti piemontesi. S. M. C., in Torino'700, suppl. a Caval 'd brons, giugno 1964, pp. 143-145; L. Mallé, Le sculture del Museo d'arte antica (catalogo), Torino 1965, pp. 236 s., tavv, 288 s.; A. Pedrini, Il mobilio. Gli ambienti e le decorazioni nei secc. XVIIe XVIII in Piemonte, Torino 1967, p. 266; A. Griseri, Le metamorfosi del Barocco, Torino 1967, ad Indicem; C. Morra, Scultura lignea sacranel Fossanese, in Boll. della Soc. piemontese d'archeol. e belle arti, n. s., XXII (1968), pp. 81-87; L. Tamburini, Le chiese di Torino..., Torino s. d. [ma 1968], ad Indicem; G. Gentile, in Sculturadell'età barocca nel Fossanese (catal.), Fossano 1976, p. 33; M. Leone, ibid., pp. 62, 78, 80, 82; G. Gentile, Gli amb. del culto comun., in Collegno: proposte e docum. (giornale della mostra), in Collegno,Notizie del Comune, Suppl., num. unico, Collegno 1977, pp. non num.; C. Arduino-G. Gentile, Itinerari per una lettura, in Carignano: appunti per unalettura della città, I, Carignano 1973, p. 110; G. Gentile, La Confraternita della Misericordia…, ibid., III, ibid. 1980, p. 199 n. 41; A. Olmo, Arte in Savigliano, Savigliano 1978, pp. 78, 86; G. Gentile, in La Sindone e la scienza, Torino 1978, p. 89; Id., in Per i quattrocento anni dellaMisericordia 1579-1979, Cavallermaggiore 1980, p. 78; L. Mallé, Le arti figurative in Piemonte, Torino s. d., p. 135; A. Griseri, Itinerario di unaprovincia, Cuneo s. d., p. 154. La segnalazione di documenti relativi a Giovanni Clemente apparsi sul mercato antiquario è dovuta alla cortesia del prof. G. Gentile.