MASONES NIN, Stefano
– Nacque a Cagliari nel 1645 da Antonio Masones Corellas e da Anna Nin y Sanjust, del casato dei conti di San Lorenzo.
Il padre – secondogenito di Giovanni Stefano Masones, conte di Montalvo –, dopo aver conseguito la laurea in utroque iure, fu per quasi un ventennio maestro della Zecca e maestro razionale, due eminenti cariche del Regno di Sardegna.
A differenza dei suoi fratelli – Francesco, Isidoro, Efisio –, tutti destinati alla carriera ecclesiastica, il M., in quanto primogenito, fu avviato a quella militare. Nell’intento di facilitarne il percorso, il padre finanziò a sue spese la mobilitazione e il mantenimento di una compagnia di fanti appartenente al tercio sardo. Per più di 15 anni il M. servì la Corona in vari corpi dell’esercito spagnolo operanti nello Stato dei Presidi, sulla flottiglia di galere del Regno di Napoli, nell’assedio della città di Messina.
In seguito alla smobilitazione del corpo militare dei corazzieri a cavallo in cui prestava servizio, il M. si vide costretto a cercare a Madrid una dignitosa sistemazione nella burocrazia regia. Il matrimonio con Anna Francesca Pardo y Patiño, dama di corte della regina madre, Maria Anna d’Austria, lo trasse d’impaccio: in corrispettivo della dote, egli ottenne una piazza di consigliere nella Contaduria mayor del Consejo de Hacienda, che gli garantì un salario annuale di 2000 ducati. Acquisita una posizione sociale adeguata al rango, con l’aiuto della moglie, ben introdotta negli ambienti di corte, ottenne il titolo di cavaliere di Calatrava e di gentiluomo di bocca di sua Maestà.
Quando nel 1698 il viceré Giuseppe de Solis Valderrabano conte di Montellano convocò le Corti del Regno di Sardegna, i fratelli, influenti rappresentanti del braccio ecclesiastico, ritennero fosse giunto il momento di far rientrare in Sardegna il M., per inserirlo ai vertici della gerarchia militare o burocratica dello Stato sardo e consolidare così ulteriormente il ruolo politico della casata dei conti di Montalvo. A tal fine, approfittando delle polemiche insorte tra il viceré e il regente provincial Soro (che aveva proposto il cognato) sulla designazione della persona da inviare a Madrid per consegnare al sovrano gli atti del Parlamento e l’offerta fiscale di 600.000 ducati d’argento votata dal Parlamento sardo, i fratelli esercitarono forti pressioni sugli altri rappresentanti ecclesiastici, affinché venisse affidato al M. l’incarico di sindaco (carica parlamentare assegnata a un deputato, a cui veniva affidata una missione esterna al corpo rappresentativo di appartenenza).
Per neutralizzare tale richiesta e tutelare i suoi più gelosi privilegi il braccio nobiliare designò alla medesima carica parlamentare Giuseppe Zatrillas (figlio del conte di Montalvo e cugino del Masones Nin). Lo stamento ecclesiastico non tenne conto però di tale nomina e rivendicò il diritto di inviare alla corte madrilena un proprio delegato. La nomina del M. acuì ulteriormente le polemiche fra i tre corpi parlamentari, perché la casata dei Masones Nin finì con l’ottenere ben due sindaci, aprendo delicati problemi istituzionali e suscitando forti tensioni tra i rappresentanti dell’aristocrazia esclusi da tale privilegio. In Sardegna per più di 10 lustri era infatti prevalsa la prassi di affidare tale altissimo incarico a un unico sindaco designato dalla componente nobiliare.
L’offesa recata a Soro, reggente del Consiglio d’Aragona, per avere escluso il candidato da lui protetto e le veementi proteste di Ignazio Aymerich conte di Villamar (parente di Salvatore Aymerich marchese di Laconi reggente di cappa e spada del Supremo Consiglio aragonese) invelenirono ulteriormente il clima politico e influenzarono negativamente anche gli ambienti di corte. Riesumando un’antica usanza catalano-aragonese, il braccio ecclesiastico, per giustificare e dare rilevanza al proprio delegato, aveva infatti attribuito al M., oltre ai poteri di sindaco, anche quelli di ambasciatore. L’iniziativa assunta dai fratelli canonici (uno dei quali, in qualità di vicario dell’arcivescovo di Cagliari, aveva fatto preparare l’atto di delega) anziché accelerare l’ascesa sociale del M. finì con lo stroncarla. Mentre Giuseppe Zatrillas, erede della contea di Montalvo, espletava senza difficoltà l’incarico assegnatogli dallo stamento militare e da quello reale, ricevendo dal sovrano, per il delicato incarico svolto, il titolo di marchese e mercedes per più di 17.000 ducati, il M. prima di essere ricevuto dal re dovette attendere la modifica dell’atto di delega. Il Consiglio d’Aragona (manovrato da Soro e dal marchese di Laconi) pretese, infatti, che dal documento notarile di procura venisse depennato l’incarico di ambasciatore. Il medesimo Consiglio, inoltre, non solo non riconobbe al M. il titolo onorifico e le mercedes concesse al cugino Giuseppe Zatrillas, ma per più di un decennio ne scoraggiò ogni ulteriore pretesa.
Nel 1701, a seguito della riorganizzazione del Consejo de Hacienda, l’ufficio da lui ricoperto nella Contaduria mayor de cuentas fu soppresso e il M., dopo quattro anni di onorato servizio, fu giubilato. Trovatosi in difficoltà finanziarie chiese allora al sovrano il titolo di marchese e una rendita di 2000 ducati d’argento sulle esportazioni cerealicole del Regno sardo. Nel giugno 1703, il Consiglio d’Aragona gli concesse il titolo di marchese, ma gli negò uffici e rendite. Il M. rientrò in Sardegna con un titolo adeguato al rango e visse per un certo periodo attingendo alle pingui rendite ecclesiastiche dei fratelli Francesco (arcivescovo di Oristano), Isidoro (vescovo di Ales dal 1703) ed Efisio, canonico e abate di S. Nicola a Cagliari.
Nel tormentato periodo della guerra di successione spagnola (1701-14), unitamente al marchese di San Filippo, Vincenzo Bacallar y Sanna, al cugino Giuseppe conte di Montalvo, a Felice Nin conte del Castillo, il M. animò la resistenza contro la flotta britannica e le truppe inviate da Carlo III d’Asburgo a occupare l’isola. Esiliato nel Nord della Sardegna con diversi altri componenti della casata dei Masones Nin, il M., ormai avanti negli anni, pur continuando a militare nel partito filoborbonico, svolse un ruolo marginale nella spedizione effettuata dal cardinale Giulio Alberoni per la riconquista della Sardegna.
Rientrato in Spagna a seguito della cessione della Sardegna ai Savoia, il M. morì a Madrid nel 1722.
Fonti e Bibl.: Madrid, Archivo histórico nacional, Consejo suprimidos, Títulos del Reyno y grandeza de España - Gracia de Aragón, f. 18825, nn. 16, 33, 41-42; Sección de ordenes militares, Hábitos de cavaleria, n. 10025; Origen del cavallerato y de la nobleza del Reyno de Cerdeña. Manoscritto inedito del sec. XVIII, a cura di F. Loddo Canepa, Cagliari 1954, pp. 66 s.; V. Bacallar y Sanna, Comentarios de la guerra de España e historia de su rey Felipe V el Animoso…, a cura di C. Seco Serrano, Madrid 1957, pp. 150-152, 195; Il Parlamento del viceré Giuseppe de Solis Valderrabano, conte di Montellano (1698-1699), a cura di G. Catani - C. Ferrante, Cagliari 2004, II, pp. 1154, 1183.