PIGNATELLI, Stefano
PIGNATELLI, Stefano. – Nacque nel 1578 vicino Perugia, nel borgo di Piegaro, da una famiglia di artigiani che non aveva alcun legame con il nobile casato napoletano.
Ben presto si trasferì a Roma presso un facoltoso zio paterno, vasaio come il padre. Questi lo avviò agli studi umanistici, che il giovane seguì con ottimi risultati. Venne per questo mandato a studiare legge all’Università di Perugia, dove entrò in contatto con alcuni rampolli di illustri famiglie della nobiltà soprattutto romana, tra i quali Giovanni Battista Leni e Scipione Caffarelli, al quale lo legò una profonda amicizia.
Quando, nel 1605, lo zio di quest’ultimo divenne papa con il nome di Paolo V, chiamò a Roma il figlio della sorella e, datogli il suo cognome, lo elevò alla porpora nel suo primo concistoro assegnandogli poi il ruolo di ‘cardinal nepote’. Insediatosi nel palazzo pontificio, il giovane cardinale chiamò Stefano a far parte dei suoi familiari tanto che, nel 1609, fece riadattare per lui alcune stanze del palazzo pontificio del Quirinale, come risulta dalla committenza a Jan van Santen di alcuni lavori di falegnameria.
Le notizie sulla prima parte della sua vita sono molto scarse perché, provenendo da un ambiente modesto, quasi nulla si sa dei suoi anni giovanili. Egli fece la sua fortuna grazie al legame con il nipote di Paolo V e con il partito dei Borghese all’ombra del quale visse la sua breve esistenza. Le tracce della sua storia, dunque, sono piuttosto da ricercare tra le pieghe delle vicende romane del casato al quale si mantenne sempre leale e al quale rese importanti servigi che furono sempre ampiamente remunerati. La capace e riservata tutela giuridica degli affari dei suoi protettori, però, gli costò il tentativo di travolgerlo da parte dei partiti curiali avversi, accusandolo di condotta immorale per infangare, attraverso di lui, la reputazione della famiglia papale.
La sua chiara appartenenza al partito capeggiato dal Caffarelli Borghese attirò su Stefano gli odi degli avversari dentro e fuori la Curia, tanto che, per sottrarsi alla pervicace azione di delegittimazione e per tutelare la sua fazione, fu costretto ad allontanarsi da Roma per un breve periodo. Rientrato in città, il suo ruolo di confidente e consigliere giuridico del cardinal nepote gli aprì le porte della cerchia ristretta del pontefice, all’interno della quale si accreditò come utile consulente accumulando benefici per sé e per i familiari.
Tra il 1610 e il 1616, mentre l’amico Pietro Campori diventava cardinale, egli otteneva ricchi benefici ed era nominato referendario, canonico di S. Giovanni in Laterano e protonotario apostolico. Il 13 novembre 1617 suo fratello Marcello, teatino, ottenne il vescovato di Jesi retto da Camillo Borghese negli ultimi anni del secolo XVI e nel 1621 fu nominato governatore della Casa santa di Loreto della quale, dall’anno prima, era protettore Scipione.
Per colmare i vuoti provocati nel Sacro Collegio dalla morte di diversi porporati tra il 1617 e il 1619, nel concistoro segreto dell’11 gennaio 1621 si provvide a nominare alcuni cardinali di sicura solidarietà con gli interessi della famiglia Borghese in vista di un imminente conclave. Stefano Pignatelli ottenne così la porpora, solennemente concessa nella cerimonia del 14 gennaio, seguita dal titolo di S. Maria in Via il 3 marzo 1621.
Da novello cardinale egli partecipò dunque al conclave apertosi quello stesso anno, schierandosi ovviamente con il gruppo capeggiato da Scipione Caffarelli Borghese che, sostenuto dagli spagnoli, lavorava per eleggere Campori. La strenua opposizione dei francesi, però, portò ben presto questo gruppo a convergere sul nome di Alessandro Ludovisi che salì al soglio pontificio con il nome di Gregorio XV. Questo posizionamento non evitò a Stefano la freddezza del nuovo papa, tanto che il cardinale decise di ritirarsi nel feudo Borghese di Morlupo dove si trattenne per tutta la durata del nuovo, breve pontificato.
Tornò a Roma per prendere parte al complesso conclave apertosi il 19 luglio 1623 durante il quale, come sempre, dimostrò la sua fedeltà al partito Borghese fino all’elezione di Urbano VIII. Durante i diciassette giorni di votazioni, una febbre infettiva si era diffusa tra i cardinali e Stefano, nonostante la giovane età, ne fu gravemente contagiato. Secondo alcune testimonianze, invero, sembra che tanto lui quanto il Borghese decidessero di convergere sul nome di Barberini proprio per poter uscire dal conclave e farsi curare (Adriani, 1856, p. 211).
Morì a Roma il 12 agosto di quello stesso anno e fu seppellito senza alcun monumento funerario nella basilica di S. Maria sopra Minerva, dove si trovava la cappella gentilizia dei Caffarelli che il cardinale Scipione aveva ristrutturato al suo rientro da Perugia.
Il diarista romano Girolamo Gigli ne ha lasciato un breve e lapidario profilo: «morse il Cardinale Pignatello homo di assai basso legnaggio, ma molto carissimo al Cardinale Borghese, et da lui sublimato al cardinalato, et intrinsichissimo in tutti i suoi negotii et consigli» (Gigli, 1958, p. 78).
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Acta Camerari sacri Collegi S.R.E. cardinalium, n. 15, f. 157v, 216v. Ritratto acquaforte: G. Perugini, Stephanus Pignatelli S. R. E. Presbyter Card. Tituli S. Mariae in Via creatus a ss.mo D. N. P. P. Paulo V in consilio secreto diei 11 januari 1621, Romae s.d. (un esemplare in Biblioteca apostolica Vaticana, Card. fol. 6 (1:11). Cons.); Platina et al., Historia delle vite dei sommi pontefici dal Saluator nostro sino a Paolo 5, Venezia 1622, p. 51; A. Chacón - A. Oldonio, Vitae et res gestae pontificum romanorum et S. R. E. Cardinalium, IV, Romae 1677, coll. 399-401, 461; M. Battaglini, Annali del sacerdozio e dell’imperio, I, Ancona 1749, pp. 341 s., 386; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della santa romana Chiesa, VI, Roma 1793, pp. 216-218; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, LIII, Venezia 1851, pp. 50 s.; G. B. Adriani, Memorie della vita e dei tempi di Monsignor Gio. Secondo Ferraro-Ponziglione Referendario Apostolico, primo Consigliere e Auditore Generale del Principe Cardinale Maurizio di Savoia, Torino 1856, pp. 207, 211, 214; P. Gauchat, Hierarchia catholica Medii aevi sive summorum pontificum, S. R. E. cardinalium, ecclesiarum antistitum series, IV, Monasterii 1935, pp. 14 s., 45; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, XII, Roma 1947, pp. 243, 247; G. Gigli, Diario romano (1608-1670), a cura di G. Ricciotti, Roma 1958, pp. 48, 76-78; Legati e governatori dello Stato pontificio: 1550-1809, a cura di C. Weber, Roma 1994, p. 844; V. Reinhardt, Paolo V, in Enciclopedia dei papi, Roma 2000, ad vocem.