PORRO, Stefano
PORRO, Stefano. – Nacque nella prima metà del XIV secolo, figlio di Beltramo, abitante a Milano in Porta Romana nella parrocchia di San Michele «ad murum ruptum». Sposò Caterina, probabilmente dei capitanei di Figino, dalla quale ebbe sei figli: tre maschi (Antonio, Galeazzo e Giovannolo) e tre femmine la cui identità è ignota (Galli Michero, 2007, p. 11).
Non si sa nulla delle vicende personali di Stefano Porro prima dell’inizio degli anni Cinquanta del XIV secolo: nel 1353, la sua presenza alla stesura del testamento di Giovanni Visconti, arcivescovo e signore di Milano, suggerisce che già all’epoca doveva godere di un certo rilievo politico a corte (Santoro, 1976, p. 76).
Sin dall’inizio degli anni Sessanta, Porro fu protagonista di una carriera che lo portò a servire entrambi i nipoti dell’arcivescovo di Milano, dal 1355 eredi del Dominio dello zio, Galeazzo II e Bernabò. Nella pars orientalis del Dominio, controllata da Bernabò Visconti, Porro ricoprì in diverse occasioni, tra il 1368 e il 1372, il ruolo di consigliere del principe (Santoro, 1968, p. 235). Fu però la corte di Galeazzo a costituire il baricentro effettivo della carriera politica di Porro: al suo interno si ritagliò un importante ruolo diplomatico, evidenziato dalla sua presenza ai patti di dedizione di Cuneo, Mondovì e Cherasco a Galeazzo II sottoscritti nel 1366 (Muratore, 1905, p. 279) e dalle frequenti ambasciate alla corte mantovana, effettuate tra il 1360 e il 1369. Proprio dalle lettere inviate da Galeazzo Visconti ai Gonzaga si apprende che, in quegli stessi anni, Porro aveva assunto anche il ruolo di camerarius (Repertorio diplomatico visconteo, I, pp. 121, 145, 147, II, pp. 121, 185).
Relativamente scarse sono le notizie in merito al patrimonio e alle sue ricchezze. Benché residente in città, rappresentava l’esponente di maggior spicco all’interno del vasto e ramificato gruppo parentale dei Porro, particolarmente radicato in Brianza, nei pressi di Lentate. Con gli altri membri della parentela, Porro condivideva probabilmente il controllo del nucleo fortificato posto al centro del borgo.
Nel 1368, in occasione di una delle tante missioni diplomatiche condotte per conto di Galeazzo II, riuscì a ottenere da Carlo IV di Lussemburgo (in cambio probabilmente di una forte somma di denaro) il titolo ereditario di conte palatino, per sé e per i propri figli e discendenti (I registri, 1929, p. 128). Da quel momento Porro fu definito con l’appellativo di nobilis vir, attribuzione della quale non si trova riscontro nel periodo precedente (Santoro, 1976, p. 203).
Appena un anno dopo l’ottenimento del titolo comitale, commissionò nella località briantea un oratorio dedicato a Santo Stefano, collocato in corrispondenza del castrum dei Porro (Pertot, 2007, p. 55).
La struttura, ispirata al modello archittettonico costituito da S. Gottardo in Corte, cappella palatina di Azzone Visconti, fu arricchita dall’opera di frescanti conformati alle novità stilistiche del giottismo lombardo e ai modelli stilistici in voga presso la corte viscontea (per tale ragione è stato proposto il nome di Anovelo da Imbonate, artista che nei decenni successivi avrebbe conquistato un posto di rilievo negli ambienti viscontei; cfr. Lombardia gotica, 2002, p. 152). La fondazione dell’oratorio fu ulteriormente impreziosita dall’apposizione di un’epigrafe dedicatoria, nella quale si celebravano le figure di Stefano Porro e della moglie, oltre che dalla rappresentazione di tutta la famiglia Porro nella parete meridionale, dove Stefano venne effigiato nell’atto di offrire al santo eponimo il modello dell’oratorio (Del Tredici, 2015, pp. 326 s.).
Il 6 novembre del 1369 papa Urbano V concedette l’indulgenza «omnibus penitentibus et confessis qui ecclesiam S. Stephani […] devote visitaverint» (M. Hayez - A.-M. Hayez, 1983, p. 173, n. 26351). Nell’incisione posta sul calice donato da Stefano (unico reperto rimasto dell’apparato di suppellettili di cui egli volle dotare la chiesa) si apprende peraltro che, in quello stesso anno, egli ricopriva la posizione di secretarius di Galeazzo II (Galli Michero, 2007, p. 13).
La fedeltà al dominus generalis della parte occidentale del Dominio visconteo valse a Porro (il 27 gennaio 1317) un’importante concessione feudale riguardante numerosi appezzamenti di terra e fortilizi in Val di Trebbia, che sarebbero rimasti nelle mani della sua discendenza almeno per un paio di generazioni (Il registro di Giovannolo Besozzi, 1937, p. 45).
Non è stato possibile sciogliere i dubbi relativi alla data in cui Porro morì.
Nel 1370 lui e la moglie Caterina ottennero da Urbano V l’assoluzione plenaria «in articulo mortis» (M. Hayez - A.-M. Hayez, 1983, p. 10, n. 25420): di certo però almeno Porro riuscì a sopravvivere e a proseguire l’impegno al servizio sia di Galeazzo sia di Bernabò. L’ultima sua attestazione conosciuta risale infatti all’ottobre del 1378, quando, assieme a Giacomino da Vigevano, fu inviato nel Tortonese da Gian Galeazzo, nuovo signore della parte occidentale del Dominio, con la qualifica di officiale «super exactione debitorum camerae» (Repertorio diplomatico visconteo, II, p. 289). Alla sua morte, fu sepolto nell’oratorio di Lentate.
Fonti e Bibl.: Repertorio diplomatico visconteo, Milano 1911-1937, I, pp. 121, 145, 147; II, pp. 121, 185, 289; I registri dell’ufficio di provvisione e dell’ufficio dei sindaci, a cura di C. Santoro, Milano 1929; Il registro di Giovannolo Besozzi cancelliere di Giovanni Maria Visconti, a cura di C. Santoro, Milano 1937; M. Hayez, A.-M. Hayez, Urbain V (1362-1370). Lettres communes analysées d’après les registres dits d’Avignon et du Vatican, IX, Paris 1983.
D. Muratore, La nascita e il battesimo del primogenito di Gian Galeazzo Visconti e la politica viscontea nella primavera del 1366, in Archivio storico lombardo, XXXII (1905), pp. 257-284; C. Santoro, Gli offici del comune di Milano e del dominio visconteo-sforzesco (1216-1515), Milano 1968; Ead., La politica finanziaria dei Visconti, I, Milano 1976; F. Del Tredici, I benefici della parentela. Famiglie, istituzioni ecclesiastiche e spazi sacri nel contado di Milano (XIV-XV secolo), in Famiglie e spazi sacri nella Lombardia del Rinascimento, a cura di L. Arcangeli et al., Milano 2015, pp. 308-341. Sulla committenza a Lentate cfr. Lombardia gotica, a cura di R. Cassanelli, Milano 2002, pp. 152-158; L.M. Galli Michero, Storia della committenza e della decorazione pittorica, in L’oratorio di Santo Stefano a Lentate sul Seveso. Il restauro, a cura di V. Pracchi, Cinisello Balsamo 2007, pp. 11-28; G. Pertot, L’edificio e il contesto. Interventi e restauri, ibid., pp. 55-77.