ROSSELLI, Stefano
– Nacque a Firenze il 10 maggio 1598 da Francesco di Stefano di Romolo e da Lisabetta di Vincenzo Pieroni.
Francesco era in seconde nozze. Da Lisabetta ebbe otto figli: Stefano, Giovambattista, Pietro, Maria, Maddalena, Paolo, Lucia e Andrea.
Stefano appartenne a una famiglia di benestanti, non di antica tradizione politica ed economica nel contesto fiorentino, ma artefici di una recente fortuna costruita attraverso l’arte medica e la proprietà di un’importante spezieria all’Insegna di S. Francesco.
Stefano senior, nonno omonimo, aprì con successo l’attività di speziale. Egli fu anche medico e speziale di corte (questo ruolo dal 1580 al 1595). Nel frattempo, nel 1590 Ferdinando I lo aveva nominato perito, cioè esperto di erbe, di conoscenze mediche e chimiche, con una pensione annua trasferibile agli eredi (Di Stasi, 2014, p. 22). Suo figlio Francesco mantenne l’incarico di perito di corte, e forse anche per questo chiuse nel 1609 l’attività di speziale al minuto cedendola alla famiglia Fumanti. Francesco fu inoltre l’artefice della riconversione delle ricchezze familiari in acquisti terrieri e immobiliari, delle cui rendite avrebbe ampiamente beneficiato suo figlio Stefano. Ereditatane la fortuna, Rosselli proseguì una tradizione culturale familiare in cui si erano segnalati il bisavolo Romolo, autore di un trattato Della natura dei Semplici in lingua latina rimasto inedito, e il figlio minore di questi, Bernardo, poi frate Cosimo dei domenicani, che invece riuscì a pubblicare nel 1579 a Venezia un Thesaurus artificiosae memoriae. Il padre di Stefano, Francesco, fu più modestamente autore della non trascurabile riforma del Ricettario medico fiorentino.
Stefano Rosselli nacque il giorno della Pentecoste, come lui stesso ci informa nelle sue memorie (Gotti, 1890, p. 69; Firenze, Archivio privato famiglia Rosselli del Turco, ms. 245), nel segno del favore mediceo che circondava la famiglia. Venne infatti tenuto a battesimo da due illustri padrini: Biagio Pignatta, maestro di camera di Ferdinando I de’ Medici, e dalla stessa granduchessa Cristina di Lorena. In gioventù, applicatosi agli studi di lettere e a quelli di greco sotto la guida di diversi maestri, beneficiò del magistero dei padri gesuiti, dai quali apprese la retorica e la filosofia. Nel 1622, terminato a Firenze il corso di lettere umane e filosofia, si trasferì allo Studio di Pisa, dove si dedicò al diritto, disciplina che per sua stessa ammissione non amò.
Nel 1624 perse la madre (Archivio di Stato di Firenze, Rosselli del Turco, ms. 44), a distanza di dodici anni dalla scomparsa del padre Francesco, il 3 novembre 1612, all’età di cinquantatré anni. Si trovò allora a dover assumere su di sé le cure dei fratelli minori, circostanza che lo allontanò temporaneamente da quelle che furono le sue passioni: gli studi del passato medievale e recente della storia fiorentina, l’erudizione e la redazione di opere d’invenzione.
La mancanza di inclinazione agli studi giuridici, la morte della madre e la cura dei fratelli probabilmente concorsero in quello stesso 1624 all’abbandono dello Studio pisano e al suo rientro a Firenze. Insofferente del diritto, dovette restare molto soddisfatto dell’insegnamento ricevuto dai padri gesuiti, alle cure dei quali in seguito avrebbe affidato i figli Vincenzio e Antonio.
Privo di un vero e proprio mestiere o impiego, Stefano visse di rendita senza l’incombenza di particolari occupazioni, con ampia disponibilità di tempo ed evidentemente con un certo agio, come testimoniano i libri contabili a lui intestati. Il patrimonio fondiario di Rosselli si componeva di otto poderi distribuiti tra Mugello, contado fiorentino, Pratese e Valdarno superiore. Dal testamento di Stefano, redatto nel 1657 dal notaio Girolamo Giuntini, egli risulta anche proprietario della casa di abitazione in via del Cocomero e di diverse altre unità immobiliari. Oltre ad amministrare con attenzione le proprietà, tra il 1624 e il 1628 Stefano non disdegnò gli investimenti finanziari sui banchi di Averardo Serristori e compagni e su quello di Tommaso Viti e compagni.
Passati ormai i quarant’anni, Stefano si lasciò convincere a prendere moglie, ipotesi cui ammetteva di non sentirsi naturalmente portato. Sposò così il 15 febbraio 1639 (1640 stile comune) Maria Maddalena Falcucci, che gli portò una modesta dote di 3000 scudi ma una prole decisamente numerosa di tredici figli: Lisabetta, Margherita, Francesco, Paolo, Vincenzio, Laura, Caterina, Filippo, Antonio, Romolo, Romolo secondo, Margherita seconda, Pellegrina (Gotti, 1890, p. 102; Firenze, Archivio privato famiglia Rosselli del Turco, ms. 245).
Rosselli rivestì infine numerosi incarichi pubblici, di natura amministrativa ma anche assistenziale. Nel novembre del 1640 fu vicario del Mugello, in carica per sei mesi; nel luglio 1641 fu del Consiglio dei duecento; nel 1643 fu ufficiale dei Pupilli in carica per un anno; nel 1649 capitano di Orsanmichele per sei mesi; nel 1654 tra gli ufficiali della Grascia; nel 1658 tra i maestri del Sale; nel 1659 tra i Dodici buonuomini. Da un ricordo autografo, sappiamo che alla fine di ottobre del 1649, in forza di un rescritto di Ferdinando II de’ Medici, venne fatto camerlengo dei capitani dell’ospedale del Bigallo (Archivio di Stato di Firenze, Rosselli del Turco, ms. 49).
La vera vocazione di Rosselli fu quella del letterato erudito, appassionato delle antichità fiorentine e degli studi storici genealogici. Scrisse moltissime opere, molte delle quali si conservano ancora manoscritte nell’Archivio privato della famiglia Rosselli del Turco, mentre poche altre furono edite da lui stesso o da altri, e altre infine risultano disperse.
Per quanto riguarda gli interessi di tipo più propriamente storico erudito, sappiamo che intraprese una consistente opera di trascrizione di scritture pubbliche e private relative alle vicende di molte famiglie fiorentine. Giuseppe Maria Brocchi, in calce alla sua Descrizione della provincia del Mugello, edita nel 1748, pubblicò la storia di una queste famiglie compilata da Rosselli, la Cronica, overo memorie attenenti alla nobilissima famiglia di Lutiano. Stefano fu autore anche delle Memorie della famiglia dei Rosselli, dove larga parte ebbero le vicende della sua biografia, nonché di una Cronica dei suoi tempi (Firenze, Archivio privato famiglia Rosselli del Turco, mss. 253, 254), iniziata nel 1643 e proseguita fino alla morte. Scrisse infine alcune piccole opere su storie macabre e curiose accadute ai suoi tempi. L’esperienza nei vicariati di Scarperia e di San Giovanni Valdarno lo spinse a scrivere la storia degli ufficiali che avevano amministrato quelle circoscrizioni nonché quella, più sommaria, delle podesterie che ne erano comprese (ibid., ms. 96). Un’operazione simile compì anche per la località di Monte San Savino, e questi lavori si conservano a tutt’oggi nell’archivio familiare (Di Stasi, 2014, p. 39).
Oltre a interessarsi di erudizione storica, coltivò con abilità anche l’attività di commediografo, scrivendo numerosi testi, alcuni senza titolo, molti dei quali ancora conservati nell’archivio di famiglia, come La trappola, Il manescalco, Il veridico interprete, La regina partoriente, I ladri, Lo stufaiolo (Firenze, Archivio privato famiglia Rosselli del Turco, ms. 263; Di Stasi, 2014, p. 40). Si dilettò anche di fatiche linguistiche e letterarie e fu in rapporto con accademici della Crusca, con poeti e scrittori licenziosi, oltre che con i maggiori eruditi della Firenze del tempo. Fu amico di Cosimo Della Rena, Leopoldo Del Migliore, Francesco Ruspoli, dell’arciconsolo della Crusca Andrea Calvalcanti, ma anche di Giovanni Ettore Zumiunghen, di Francoforte sul Meno, con il quale intrattenne una ricca corrispondenza. Tali interessi e il gusto dei componimenti salaci lo portarono a compilare una raccolta di motti arguti e facezie, e all’interno di questo interesse pare collocarsi la Vita di D. Vaiano Vaiani di Modigliana, poi pubblicata da Domenico Maria Manni nelle Veglie piacevoli (t. 1, Firenze 1815, pp. 95-119), nel quale tratteggia la figura di uno scaltro e licenzioso prete di Modigliana di Mugello.
Rosselli fu anche amico dei letterati ascritti da Giorgio Spini alla nebulosa dei libertini e scapigliati, in particolare il romano Francesco Ruspoli e il conterraneo Andrea Cavalcanti. Del primo raccolse e commentò le Poesie, opera edita a stampa solo nel 1882 per il livornese Francesco Vigo sull’autografo posseduto dai del Turco (Firenze, Archivio privato famiglia Rosselli del Turco, ms. 57). Stefano si applicò a questo lavoro in tarda età, a trentaquattro anni dalla morte dell’amico Ruspoli, avvenuta il 3 dicembre 1625. L’altro amico, Andrea Cavalcanti, si appropriò di questa sua opera, accreditandosela.
Rosselli viene ricordato per aver lasciato un imponente Sepoltuario delle chiese fiorentine, senz’altro l’opera più rilevante della sua ampia produzione, cui dedicò gli anni dal 1650 al 1657. Conservata soltanto in esemplari manoscritti redatti in due o tre tomi, il Sepoltuario, oltre che nell’autografo custodito nell’archivio familiare (ms. 262), è consultabile in copie anche in altri sedi documentarie. L’opera fu redatta utilizzando numerose fonti, nonché un omonimo Sepoltuario di Francesco della Foresta (Di Stasi, 2014, p. 51). Le numerose copie presentano interessanti correzioni e postille a margine fatte dai vari successivi possessori (p. 52).
Il Sepoltuario offre una straordinaria messe di notizie sulle iscrizioni delle chiese fiorentine e delle tombe lì conservate, sulla loro costruzione, ubicazione e sulla storia dei personaggi che vi furono sepolti a partire dal Medioevo fino ai primi decenni del Seicento. La fatica erudita di Rosselli è strutturata in quattro parti, corrispondenti ai quartieri amministrativi della città. L’ordine, dunque, prende avvio dal quartiere S. Spirito e prosegue con S. Croce, S. Giovanni, S. Maria Novella. L’opera, impreziosita dai discorsi storici premessi alla trattazione delle singole chiese, offre interessanti notizie sugli immobili, i committenti, i patroni dei templi e la loro storia. L’impostazione è decisamente municipalista: «Non ho voluto nemmeno prendermi la briga di descrivere i sepolcri dei forestieri, non solo oltramontani, come fuor di proposito, ma ancora d’altri di luoghi più vicini, e particolarmente le memorie e iscrizioni, per lo più molto prolisse e ineleganti d’una mano di dottoracci Marchiani, Romagnoli, di Lunigiana e d’altronde, venuti qua nel tempo del Principato in diverse cariche a vendere la giustizia a minuto, e a fiscaleggiare, a tiranneggiare questa povera città e questo Stato» (Gotti, 1890, p. 124).
Nel 1663 Rosselli iniziò a soffrire di vertigini, malattia che lo portò rapidamente alla morte, il 5 ottobre di quell’anno (Gotti, 1890).
Se ne conserva un bel ritratto inciso nel 1764 da Raimondo Faucci per uno degli esemplari del Sepoltuario (Archivio di Stato di Firenze, ms. 624).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Fondo Rosselli del Turco, mss. 44, 49, 50, 89, 90; Manoscritti, 624, 625 (Sepoltuario); Raccolta genalogica Sebregondi, 4568 (Rosselli); Firenze, Archivio privato famiglia Rosselli del Turco, ms. 57, 245, 253, 254, 258, 260, 262, 263; Biblioteca Moreniana, ms. 320; Biblioteca nazionale centrale, Marmi II-IV, 534-536 (altre copie del Sepoltuario Rosselli); Siena, Biblioteca degli Intronati, ms. LII, 14, 15.
M. Lastri, Elogio di S. R., in Elogi di uomini illustri toscani, IV, Lucca 1772, pp. 406-409; V. Rosselli, Lettere di S. R. a Giovanni zum Junghen di Francoforte sul Meno, Firenze 1877; A. Gotti, Ricordanze della nobil famiglia Rosselli del Turco tratte dai suoi archivi, Firenze 1890; G. Spini Ricerca dei Libertini. La teoria dell’Impostura delle religioni nel Seicento italiano, Roma 1950, pp. 302-304; M. Di Stasi, S. di Francesco R. antiquario fiorentino del XVII sec. e il suo Sepoltuario, Firenze 2014.