ROSSETTO, Stefano
ROSSETTO (Rossetti), Stefano. – Nacque a Nizza, figlio di Lodovico Rossetto; è documentato tra il 1554 circa e il 1584 circa. Frontespizi, dediche e piè di pagina dei suoi primi due libri di madrigali (1560) lo dicono «nizzardo». In una lettera del 1580 il musicista dice «per esser io Ginovese» (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, f. 742, c. 153r); anche da altri documenti risulta che a un certo punto doveva aver vissuto nella repubblica di Genova (cfr. per es. Lindell, 1994, pp. 177 s.). La Musica nova manoscritta (Torino, Biblioteca nazionale universitaria, Ris. Mus. 1.10) è dedicata a Margherita di Valois (Margherita di Francia), che nel 1559 andò sposa a Emanuele Filiberto I, duca di Savoia e principe di Piemonte: il codice, che reca una dedica firmata in Nizza senza data, fu probabilmente un dono nuziale, commissionato forse in occasione dell’entrata degli sposi ducali a Nizza il 5 gennaio 1560.
Dai primi libri di madrigali di Rossetto traspare che tra il 1554 e il 1560 egli fu in rapporto con due famiglie genovesi eminenti. La primissima stampa, il Primo libro de madregali a cinque voci (Venezia, Gardano, 1560), reca una dedica, senza data, a Giovanni Spinola Dantes, che dice: «Queste et molte altre cose […] sono state cagione ch’io mi sono posto a seguir questa armonia; et li primi frutti, ch’ho cavato di lei, che sono alcuni madrigali a cinque voci, mi è parso di consacrarli all’onoratissimo nome di V.S.». Il dedicatario (spagnolo o portoghese?) doveva essere imparentato con gli Spinola genovesi. Nello stesso libro un brano celebra la nascita di Benedetto Giustiniani (5 luglio 1554), figlio di Giuseppe, mercante genovese nell’isola di Chio, dedicatario a sua volta del Primo libro de madregali a quattro voci (Venezia, Gardano, 1560). Dalla dedicatoria risulta che Rossetto ne aveva composto la musica «in quel poco tempo ch’io sono stato in Scio» (ossia appunto Chio, nell’Egeo, non già la Schio vicentina). Lo stesso libro contiene un madrigale dedicato a Luca Giustiniani.
Ch’egli sia stato maestro di cappella nella cattedrale di Novara nel 1564 e poi nel duomo di Firenze è nozione non suffragata da alcun documento. Fu invece a Roma al servizio del cardinal Ippolito d’Este come organista nel 1564 (Solerti, 1900; Pugliese, 2013). Da Firenze l’8 dicembre 1565 inviò delle musiche a Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova, e disse d’essere stato «favorito da sti illustrissimi et eccellenti signori» (Archivio di stato di Mantova, Archivio Gonzaga, Carteggio generale interno, 2573), ossia da membri della famiglia regnante, i Medici, all’epoca delle celebrazioni per lo sposalizio di Giovanna d’Austria con Francesco de’ Medici, principe reggente dello stato di Toscana. Il 5 gennaio firmò la dedica di una raccolta di madrigali a Giovanna, la Musica nova del Rossetto a 5 voci (Roma, Dorico, 1566), contenente brani indirizzati alla sposa e a vari membri di casa Medici. Tre giorni più tardi fu pagato 10 scudi d’oro da Isabella de’ Medici, sorella di Francesco, duchessa di Bracciano, per procacciare delle «mascherate» (D’Accone, 2003, pp. 72 s., add. n. 4); e nello stesso anno, il 22 maggio, le dedicò il Primo libro de madrigali a sei voci (Venezia, Merulo & Betanio, 1566). In un’altra missiva al Gonzaga, da Firenze il 20 dicembre 1566, Rossetto si firmò «maestro della musica del cardinale [Ferdinando] de’ Medici»: nell’allegare manoscritto Il lamento di Olimpia confermava d’averlo composto ad istanza di Isabella. (Archivio di stato di Mantova, Archivio Gonzaga, Carteggio estero: Firenze, 1112). Nell’edizione a stampa Il lamento di Olimpia (Venezia, Scotto, 1567) reca una dedica a Isabella in data 20 novembre 1567, e l’autore vi compare come «Musico del rever.mo cardinal de Medici».
L’assiduo rapporto con i Medici si manifestò anche nel contributo dato da Rossetto ai festeggiamenti per il battesimo di Leonora, la primogenita di Giovanna e Francesco, celebrati in Firenze nel carnevale 1568. Il 15 febbraio il cardinal Ferdinando offrì una festa che culminò di fronte alla residenza di Isabella, il palazzo Medici in via Larga (l’odierno palazzo Medici Riccardi in via Cavour), con l’esecuzione di una canzone, Per questi duo guerrier famosi e chiari, parole di Scipione dalle Palle e musica di Rossetto. E il 26 del mese un carro di musicisti rappresentante il trionfo di Fortuna intonò un’altra canzone, Donne, poscia ch’a voi son fatte ancelle, parole d’un giovane gentiluomo senese e musica a sei voci di Rossetto (cfr. A. Ceccherelli, Descrizione di tutte le feste e mascherate fatte in Firenze per il carnovale questo anno 1567 [ab Incarnatione], Firenze, eredi di Lorenzo Torrentino, 1567 [1568], cc. 8r-v, 13r-14r).
Rossetto poté contare sul patrocinio di svariate personalità eminenti quando nel 1569 si trovò implicato in una torbida vicenda con Giulia Busini, una giovane di famiglia nobile fiorentina. Assunto dapprima dalla madre di lei come maestro di musica della ragazza, che all’epoca avrebbe avuto 10 anni d’età, Rossetto ne chiese la mano e la aiutò a fuggire da un convento. Per quest’atto ottenne la dispensa e l’assoluzione dal cardinal Flavio Orsini. La famiglia di lei protestò, accusando di ratto il musicista e minacciandolo di gravi sanzioni. Ma diversi porporati e infine lo stesso imperatore Massimiliano II lo protessero, talché il matrimonio fu ammesso, a dispetto della famiglia di lei (cfr. Archivio di stato di Firenze, Carte strozziane, I/97, cc. 146-150: «esamina» di Rossetto a Francesco de’ Medici, Roma, 16 settembre 1569, con la versione resa dal musicista; Mediceo del Principato, f. 3734, cc. 472, 490, 492, 493, 494, 495: raccomandazioni dei cardinali, 19-20 agosto 1569; ibid., f. 561, cc. 586r-v: lettera del prozio(?) Lionardo Busini, 21 giugno 1571, con la versione della famiglia della giovane, dove si allude a «uno Stefanello Rossetti della riviera di Genova» e si menziona la «lettera di favore» dell’imperatore). La prima figlia della coppia, Giovanna, fu battezzata a Firenze il 7 agosto 1574 (Lindell, 1994, 176). Altri due figli nacquero nel 1577 e nel 1581 (cfr. la lettera di Giulia, 12 febbraio 1584, alla granduchessa Bianca Cappello; Archivio di stato di Firenze, Mediceo del Principato, f. 5935, c. 607); erano una femmina e un maschio, Stefano (battezzato il 30 marzo; Firenze, Archivio dell'Opera del Duomo, Registri battesimali, Reg. 18, c. 153v).
Negli anni Settanta pare che Rossetto continuasse a risiedere in Firenze, ma il suo nome non risulta collegato ad alcun festeggiamento mediceo. Si ha invece notizia di sue attività musicali alla corte imperiale e in quella dei Wittelsbach, duchi di Baviera: soggiornò sia a Vienna sia a Monaco, e da Firenze carteggiò con quei sovrani, fornendo proprie musiche e pareri su musicisti da ingaggiare o strumenti da procacciare (Lindell, 1994). Nel 1570 e 1571, durante la dieta imperiale di Spira, Rossetto ricevette delle gratifiche dall’imperatore Massimiliano; la sua presenza nella città libera è confermata da una lettera di Filippo de Monte del 9 novembre 1570. Dovette tornare in Italia nel mese di maggio, con una patente imperiale circa il proprio contrastato coniugio. Tra fine agosto e settembre, per le nozze di Carlo, arciduca d’Austria e fratello dell’imperatore, con Maria di Baviera, fornì un mottetto a 24 voci, O pax altorum, che però non vi fu eseguito. Fu a Vienna da dicembre 1572 a settembre 1573; e in quest’anno pubblicò a Norimberga, presso Theodor Gerlach, un libro di mottetti, Novae quaedam sacrae cantiones a 5 e 6 voci, dedicato a Ferdinando del Tirolo, arciduca d’Austria e conte del Tirolo. Nel 1574-75 tenne una fitta corrispondenza con Massimiliano su composizioni musicali e cantori; in una missiva del 20 novembre 1574 alludeva al tentativo di riacquistare dalla repubblica di Genova «certi onori concessi al mio padre» (Lindell, 1994, pp. 177 s.). E nel 1577 scrisse a due riprese a Francesco de’ Medici in Firenze da Innsbruck (1° marzo) e da Breslavia (2 giugno). In giugno fu gratificato di 200 corone per i suoi servigi dal nuovo imperatore, Rodolfo II. Del pari, nel 1579 fu remunerato per il servizio prestato come organista alla corte di Baviera.
Gli ultimi contatti documentati con le corti d’oltralpe risalgono al 1580: in giugno incassò 100 corone da Rodolfo II, e il 26 ottobre da Monaco lamentò per lettera all’arciduca Ferdinando la sua «malla fortuna» e la lontananza della moglie, allora gravida, e riferì di certe «opperette fatte con tre soprani e un basso per le sue donzelle musiche» (perdute, come altre musiche destinate a Massimiliano), nonché di uno strumento musicale fuor del comune, uno «psalterio di David» (cfr. Lindell, 1994, pp. 180 s.). Il 1° settembre la moglie, Giulia, aveva scritto a Francesco de’ Medici per chiedere soccorso «alla miseria in che io mi trovo» (Archivio di stato di Firenze, Mediceo del principato, f. 738, c.134).
In un’ultima lettera, indirizzata a Francesco il 24 dicembre 1580 da Pietramala, sull’Appennino tosco-emiliano, il musicista richiese i documenti necessari per passare il confine di stato (ibid., f. 742, c. 153). Un imprecisato «ser Stefano» fornì le musiche del secondo intermezzo per Le due Persilie di Giovanni Fedini (Firenze, Giunti, 1583), commedia recitata alle principesse medicee il 16 febbraio 1583 (1582 ab Incarnatione).
Morì in data imprecisata, presumibilmente prima del 12 febbraio 1584. In questa data Giulia Busini scrisse alla granduchessa Bianca Cappello lamentando «in quanta miseria e calamità io mi ritrovi». Pare che un gentiluomo ne avesse chiesta la mano (lettera del 5 marzo): doveva dunque essere vedova. Le due figlie sopravvissute erano entrate in convento, ed ella stessa fu autorizzata dal vescovo di Pistoia a prendere i voti (lettera del 13 novembre 1584; Lindell, 1994, p. 168 n. 11, 157 n. 2; Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, f. 5935, c. 607, 12 febbraio; c. 721, 5 marzo; c. 771).
Il lascito musicale di Rossetto – un manoscritto e cinque libri a stampa, di cui tre (il primo libro a 5 voci del 1560, la Musica nova del 1566, Il lamento di Olimpia del 1567) pervenuti incompleti – annovera quasi cento madrigali, se si conteggiano le singole sezioni di cui constano svariati cicli di ampie dimensioni. Quasi metà sono su rime del Petrarca, soprattutto sonetti (bipartiti); molti altri sono di petrarchisti coevi, ma nei due libri del 1560 figurano anche «alcuni versi di Vergilio», dalle ecloghe (O crudelis Alexi, nihil mea carmina curas?) e dall’Eneide (Dulces exuviae dum fata deusque sinebant), e nei due libri del 1566 tre chansons francesi.
Ad apertura dei madrigali a 4 voci del 1560 (il primo libro pervenuto completo; ed. mod. a cura di A.B. Skei, Madison, Wi., 1977) Rossetto pone il sonetto Padre del ciel che dai stellati chiostri di Giampaolo Castellina, una parafrasi del petrarchesco Padre del ciel, dopo i perduti giorni: l’incipit musicale ricalca quello del madrigale di Cipriano de Rore sul sonetto del Petrarca (1544); e molti altri madrigali rivelano l’influsso di Rore. Cinque brani intitolati «madrigale arioso» – un sottogenere del madrigale in voga negli anni Cinquanta – sono contraddistinti dallo stile marcatamente accordale, a sostegno della voce superiore (il ‘canto’) che declama di lungo il testo. Qui come nei libri successivi Rossetto fa buon uso del cromatismo melodico e di accostamenti armonici ricercati, ai fini dell’imitazione delle parole.
Altri due libri uscirono nel 1566. Dei 27 brani della Musica nova – il contenuto è del tutto diverso dall’omonima raccolta manoscritta – dodici sono su sonetti, madrigali e ballate del Petrarca, quattro su stanze di Bernardo Tasso (resta la sola parte del tenore). Il Primo libro a sei voci (ed. mod. in Madrigals for three to eight voices, a cura di A.B. Skei, Madison, Wi., 1985), uscito appena cinque mesi più tardi, è dedicato a Isabella de’ Medici. Il compositore sfrutta la compagine delle sei voci per ordire un ricco tessuto imitativo – come nel sonetto petrarchesco d’esordio, Grazie ch’a pochi ’l ciel largo destina, laddove l’elogio di Laura s’intende esteso alla dedicataria del libro – ma anche le risorse del contrasto tra gruppi vocali diversi. In due brani Rossetto ricorre altresì al cromatismo: Pieno di dolce ed amoroso effetto (la prima ottava dell’Ariosto da lui musicata) e il sonetto I dolci basci sì soavi e cari.
Col suo frontespizio riccamente elaborato, l’ultimo libro di madrigali, Il lamento di Olimpia a 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 voci (1567; ed. mod. in Chater, 2017, con ricostruzione delle due voci perdute), è la sua pubblicazione più ambiziosa, concepita su comando di Isabella de’ Medici. Consta di tre opere distinte: il Lamento eponimo, 17 stanze dell’Orlando furioso (X, 1 e 19-34) per 4-6 voci; il madrigale petrarchesco Non al suo amante più Diana piacque a 5 voci; e la canzone in sei stanze, indirizzata a Isabella, Donna, non donna già ma dea mortale (modellata sul metro della canzone petrarchesca Quando il soave mio fido conforto), in cui le voci salgono man mano da cinque a dieci. Il lamento della contessa Olimpia abbandonata dal fedifrago Bireno riflette la condizione della dedicataria, il cui consorte, Paolo Giordano Orsini duca di Bracciano, si tratteneva spesso a Roma lasciandola a struggersi in Firenze. Rossetto adotta spesso un andamento declamatorio e a tratti indulge in brevi assolo del canto (la voce più acuta) per drammatizzare l’elocuzione canora del testo. Gli scarti affettivi – dall’autocommiserazione all’invettiva alla supplica – sono evidenziati da bruschi sbalzi nel modo e nel ritmo, e dalla repentina giustapposizione di passi rapidi e lenti (espressi in ‘note nere’ e ‘note bianche’). Per contrasto la canzone encomiastica dà tutt’altra immagine di Isabella: non un personaggio tragico affranto da dolore, paura, rabbia, bensì una raggiante semidea che effonde grazia, senno, misericordia. La composizione musicale è dunque qui assai più cerimoniosa, soave nei giri melodici, compassata nel ritmo, misurata nei contrasti; sfrutta inoltre l’effetto cangiante nel mutevole raggruppamento delle voci, fino a culminare nella ricca sonorità delle dieci parti reali nell’ultima stanza.
Alcune composizioni apparvero in edizioni collettanee del settimo decennio: Quel lume da cui il ciel toglie il sereno, sonetto di Collatino Collalto, nei Madregali di Verdelot a sei insieme altri madregali de diversi (Venezia, Gardano, 1561); il madrigale Stavasi il mio bel sol al sole assiso e la canzone in sei parti Ecco pur riede il sole, nel Terzo libro del Desiderio, madrigali a quattro di Orlando Lasso (Venezia, Scotto, 1567); la sestina Quando la bella aurora inanzi al sole di Petronio Barbati e la ballata Se dove è ’l sol che sol te, Flora, alluma, negli Amorosi concenti primo libro delli madrigali de diversi (Venezia, Scotto, 1568). Un’altra canzone in sette parti, S’io non v’amo ed adoro, è nel Gaudio primo libro de madrigali di diversi… a tre voci (Venezia, Scotto, 1586). Un madrigale attribuito a «Steffan Roseta», Amor con colei, altrimenti ignoto, figura nell’intavolatura di liuto di Philipp Hainhofer (Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, Cod. Guelf. 18.7 Aug. 2°, parte II, c. 44r-v).
Le Sacrae cantiones del 1573 (ed. mod. a cura di A.B. Skei, Madison, Wi., 1973) contengono 18 brani, perlopiù a cinque voci, in uno stile complessivamente più dimesso dei madrigali, simile però nei tratti di declamazione accordale e nelle occasionali inflessioni cromatiche. Il poderoso mottetto natalizio a 50 voci, Consolamini, consolamini, popule meus, composto forse nel 1567 (cfr. Moroney, 2012) e conservato incompleto a Monaco di Baviera (Bayerische Staatsbibliothek, Mus. Ms. 1536), rispecchia quella propensione al gigantismo che trova un pendant nella coeva messa su Ecco sì beato giorno composta a 40 e 60 voci dal suo collega fiorentino Alessandro Striggio. Un mottetto in due parti, Inclina domine aurem tuam, compare nel Primo libro de gli eterni mottetti di Orlando Lasso, Cipriano Rore et d’altri… a 5 et 6 voci (Venezia, Scotto, 1567).
Si ringrazia James Chater per la generosa collaborazione.
Fonti e Bibl.: E. Vogel, Marco da Gagliano: zur Geschichte des florentiner Musiklebens von 1570-1650, in Vierteljahrsschrift für Musikwissenschaft, V (1889), pp. 397-399; A. Solerti, Ferrara e la corte estense nella seconda metà del secolo decimosesto, Città di Castello, 19002, pp. CXV s.; A. Einstein, The Italian madrigal, Princeton, NJ, 1949, ad ind.; W. Boetticher, Orlando di Lasso und seine Zeit, Kassel-Basel 1958, ad ind.; N. Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Torino 19752, ad ind.; A.B. Skei, S.R., madrigalist, in Music Review, XXXIX (1978), pp. 81-94; D.S. Butchart, The madrigal in Florence, 1560-1630, diss., I, University of Oxford, 1979, pp. 44-50, 101-116; R. Lindell, Filippo, Stefano and Martha: new findings on chamber music at the imperial court in the second half of the sixteenth century, in Trasmissione e recezione delle forme di cultura musicale. Atti del XIV congresso della Società internazionale di musicologia, Bologna… Ferrara-Parma… 1987, a cura di A. Pompilio et al., III, Torino 1990, pp. 869-875; Id., The wedding of archduke Charles and Maria of Bavaria in 1571, in Early Music, XVIII (1990), pp. 253-269; Id., S.R. at the imperial court, in Musicologia humana. Studies in honor of Warren and Ursula Kirkendale, a cura di S. Gmeinwieser – D. Hiley – J. Riedlbauer, Firenze 1994, pp. 157-181; S.E. Norman, Cyclic musical settings of laments from Ariosto’s “Orlando furioso”, diss., University of North Carolina at Chapel Hill, 1994; J. Haar, R., S., in The new Grove dict. of music and musicians, XXI, London 2001, pp. 717 s.; F. D’Accone, Corteccia’s motets for the Medici marriages of 1558, in Words on music: essays in honor of Andrew Porter, a cura di D. Rosen – C. Brook, Hillsdale, NY, 2003, pp. 36-73; M. Fracassini, Cantare a libro alla corte di Isabella de’ Medici: ipotesi per una ricostruzione del “Lamento di Olimpia“ di S.R. (1567), diss., Conservatorio di musica Tito Schipa, Lecce 2010-11; D. Moroney, The polychoral splendors of renaissance Florence, programma di sala (concerto Cal Performances - UC Berkeley, Department of Music, 3-4 febbraio 2012), pp. 15-17; A. Pugliese, Musica e musicisti alla corte di Ippolito II d’Este, in Ippolito II d’Este: cardinale, principe, mecenate. Atti del Convegno internazionale di studi… Tivoli... 2010, a cura di M. Cogotti – F.P. Fiore, Roma 2013, p. 490; J. Chater, introduzione a S.R., Il lamento di Olimpia et canzone (Venice 1567): three works for Isabella de’ Medici, Madison, Wi., 2017, pp. IX-XVIII.