STEFANO
Nato plausibilmente entro le prime decadi dell’XI secolo, secondo la testimonianza del vescovo di Sutri, Bonizone, fu di origini borgognone (Bonizonis episcopi Sutrini Liber ad amicum, 1891, p. 588).
Nulla si sa del periodo precardinalizio e neppure della famiglia d'origine. Il presule sutrino ci informa tuttavia che Stefano giunse con ogni probabilità a Roma contestualmente all’elezione papale di Brunone di Toul (1049) e che era titolato come abbas: possibile riferimento, in realtà, alla successiva nomina ad abate del monastero romano di S. Andrea in Clivo Scauri quando egli era già cardinale.
Rudolf Hüls, sulla scorta delle ricerche di Harmut Hoffmann, ha accettato l’ipotesi che egli fosse stato monaco a Cluny, ma tale congettura si fonda esclusivamente su una supposizione dell’erudito cinquecentesco Cesare Baronio, non confermata da fonti coeve.
È probabile che il monaco borgognone, tramite il vincolo stretto con Brunone, si fosse legato anche a Federico di Lorena – uno degli uomini della cerchia più stretta intorno a Leone IX –, abate di Montecassino, coinvolto nel collegio cardinalizio nella primavera del 1051 come cardinale prete di S. Crisogono e poi eletto papa nell’agosto 1057 con il nome di Stefano IX. Questo potrebbe dare ragione anche della cooptazione del nostro Stefano all’interno del collegio cardinalizio all’inizio del 1058 e dell’attribuzione a lui del titolo presbiteriale di S. Crisogono che era appartenuto fino a quel momento a Federico.
L’omonimia potrebbe essere anche la causa che ha indotto la storiografia ad alcune errate congetture in merito ai primi passi del monaco borgognone nella vita curiale. È infatti da correggere l’attribuzione a lui di una missione esplorativa a Milano nel novembre 1057 insieme all’allora arcidiacono romano Ildebrando di Soana con la quale il neoeletto Stefano IX intese assecondare le istanze patariniche. La notizia solitamente citata dalla storiografia a prova di tale incarico si fonda su una segnalazione di Paul Fridolin Kehr contenuta nella sua raccolta di documenti pontifici, nella quale tuttavia si fa riferimento a papa Stefano IX (1057-59) e non al cardinale Stefano, divenuto tale solo dal principio del 1058 (anche se non si conosce precisamente la data della sua nomina); il compagno di missione di Ildebrando, inoltre, non fu il monaco borgognone bensì Anselmo da Lucca (Italia pontificia, VI, nr. 92, p. 47).
Ciononostante, quello che è certo è che la carriera del cardinale di S. Crisogono si sviluppò fin da subito nel segno di una intensa attività legatizia. Secondo la cronaca cassinese di Leone Marsicano, infatti, all’inizio del 1058 Stefano fu coinvolto insieme ai monaci di Montecassino Mainardo e Desiderio nella missione preparata da papa Stefano IX presso l’imperatore Isacco I Comneno a Costantinopoli. L’ambasceria fu interrotta per le cattive condizioni climatiche e costrinse i legati a sostare a Bari dove la sera della domenica delle Palme furono raggiunti dalla notizia della morte del papa. La legazione fu, dunque, sospesa e i tre inviati papali decisero di abbandonare i preparativi per l’imbarco e di richiedere il sostegno del conte Roberto il Guiscardo per il ritorno a Montecassino. Giunsero all’abbazia il sabato di Pasqua; il giorno successivo il cardinale Stefano partecipò al capitolo dei monaci nel corso del quale Desiderio fu eletto abate (Leonis Marsicani et Petri diaconi Chronica monasterii Casinensis, 1846, pp. 702-704).
Durante il pontificato di Niccolò II gli incarichi legatizi del cardinale di S. Crisogono continuarono. Pier Damiani, nel testo della Disceptatio synodalis, che compose per difendere Alessandro II dall’antipapa Onorio II, ci informa che Stefano fu inviato dal papa presso la corte imperiale, con ogni probabilità nel 1059, prima cioè della legazione che lo portò nel regno di Francia nel 1060 («cum apostolicis litteris ad aulam regiam missus»). Ma non fu ricevuto e dovette subire l’ingiuria di rimanere ben cinque giorni in attesa, senza poi poter accedere alla presenza dell’imperatore (Petri Damiani Disceptatio synodalis, 1891, pp. 87 s.).
Nel gennaio 1060 Stefano si trovò nei pressi di Firenze insieme al pontefice, come attesta una sua sottoscrizione al privilegio Quoniam omnipotentis indirizzato alla chiesa dei Ss. Michele ed Eusebio al Poggio (Italia pontificia, III, nr. 1, pp. 24 s.). Probabilmente in quel frangente egli si trovava in viaggio per raggiungere le diocesi francesi in qualità di legatus papae.
Questa ambasceria oltralpe rappresenta un momento centrale non solo della carriera curiale del prelato di origini borgognone, ma anche della più generale storia della curia riformatrice dell’XI secolo e dà ragione del giudizio storiografico sul cardinale di S. Crisogono, dato da Hans-Walter Klewitz agli inizi del secolo scorso nel suo studio sugli albori del collegio cardinalizio: Stefano fu una delle figure più influenti della Reformkurie. Nel gennaio-marzo 1060 infatti presiedette due importanti sinodi, uno a Vienne e l’altro a Tours.
Le decisioni ivi prese furono studiate all’inizio del Novecento da Theodor Schieffer e ripreso più tardi da Robert Somerville, il quale analizzò la redazione originale del testo dei decreti sinodali tràdita dai ms. 163 della Bibliothèque municipale di Angers e 1386 della Bibliothèque municipale di Troyes. Il testo dei canoni promulgati in occasione di entrambe le assemblee ecclesiali rappresenta un esempio efficace non solo del programma di riforma che il Papato volle attuare nella chiesa d’oltralpe ma anche degli strumenti messi in campo dal centro della cristianità e degli attori funzionali alla sua realizzazione in sede locale (Mansi, Sacrorum conciliorum, XIX, 1774, coll. 925-930).
Nel corso della legazione (ante 1° marzo), inoltre, Stefano scrisse a Giovanni arcivescovo di Dol una lettera, intimandogli di presentarsi al sinodo di Tours: tale epistola può essere considerata come il primo esempio di lettera legatizia. Essa riproduce nello stile l’epistolario papale del tempo e riflette anche l’autocoscienza ecclesiologica di un legato agli albori del processo di riforma della Chiesa dell’XI secolo, quando i confini della potestas legatizia non erano ancora ben definiti. Per tale ragione, forse, il cardinale di S. Crisogono volle esplicitare nella missiva, enfatizzandolo, il proprio ruolo, facendolo derivare direttamente dall’auctoritas del papa e soprattutto da quella di S. Pietro, di cui il pontefice era vicario in terra.
Trascritta nella raccolta settecentesca dei monaci maurini Edmond Martène e Ursin Durand Thesaurus Novus Anecdotorum e dal Mansi, la lettera è stata recentemente valorizzata da da Weiß, 1995, pp. 21 s.
Poche settimane più tardi, il cardinale Stefano si trovava già a Roma come documenta la sua sottoscrizione a un atto di Niccolò II del 28 aprile 1060 (Italia pontificia, II, nr. 40, p. 66). È molto probabile che egli fosse nell’Urbe anche nel settembre 1061 quando fu eletto e consacrato papa con il nome Alessandro II Anselmo da Lucca; verosimilmente egli confermò, come prevedeva il decretum in electione papae di Niccolò II, la decisione presa in quel frangente dai cardinali vescovi.
Il 12 dicembre 1062 Stefano si trovava con il papa a Lucca e sottoscrisse una sentenza di Alessandro II (Italia pontificia, III, nr. 2, pp. 440 s.). Nel maggio 1063 è citato in una carta di enfiteusi per la prima volta oltreché con il titolo cardinalizio anche con quello di abate del monastero romano di S. Andrea in Clivo Scauri (Annales camaldulenses, 1756, II, App. nr. 102, coll. 186 s.). La documentazione coeva lo attesta tra Roma e la Toscana tra il 1065 e il 1067.
Nel 1067 fu coinvolto nuovamente da Alessandro II in una legazione nel regno di Francia. Tra i mesi di marzo e aprile di quell’anno intervenne a difesa dell’abbazia di Saint-Florent a Saumur nell’Anjou e presiedette a Bordeaux un sinodo (Mansi, Sacrorum conciliorum, XIX, coll. 1067-1070).
Nel maggio del medesimo anno Stefano era già rientrato a Roma e vi rimase probabilmente sino alla morte, avvenuta l’11 febbraio 1069.
L’anno del decesso è provato oltre che dall’attestazione della nomina del successore al titolo presbiteriale di S. Crisogono, Pietro II, (dal gennaio 1070) anche dal calendario di Leone Marsicano e dal necrologio cassinese contenuto nel Cod. Cass. 47 (Hoffmann, 1965, p. 143; I Necrologi Cassinesi, 1941, p. 63).
Stefano fu certamente uno dei protagonisti della curia papale nelle decadi centrali dell’XI secolo. Oltre agli incarichi ricevuti lo attestano le relazioni intrattenute con gli esponenti principali del movimento riformatore, primi fra tutti Ildebrando di Soana (poi Gregorio VII), e Pier Damiani che al cardinale di S. Crisogono indirizzò diverse lettere. A uno degli esponenti della rinascita culturale di Montecassino dell’XI secolo, il monaco Alfano, poi arcivescovo di Salerno, si deve invece l’epitaffio funebre del cardinale, ripubblicato a fine Ottocento da Wilhelm von Giesebrecht (1895, pp. 77 s.).
Annales camaldulenses, edd. G.B. Mittarelli-D.A. Costadoni, I-IX, Venetiis 1755-1773, ad ind.; G.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum Nova Amplissima Collectio, XIX, Venetiis 1774, coll. 925-930, 1067-1070; Leonis Marsicani et Petri diaconi Chronica monasterii Casinensis, ed. W. Wattebach, in MGH, Scriptores, VII, Hannover 1846, ad ind.; Bonizonis episcopi Sutrini Liber ad amicum, ed. H. Dümmler, in MGH, Libelli de lite imperatorum et pontificum saec. XI et XII conscripti, Hannover 1891, ad ind.; Petri Damiani Disceptatio synodalis, ed. L. De Heinemann, ibid., ad ind.; Italia pontificia, ed. P.F. Kehr, III, Berolini 1908, nr. 1, pp. 24 s.; nr. 2, pp. 440 s.; VI, 1913-1914, nr. 92, p. 47; I Necrologi Cassinesi, a cura di M. Inguanez, Roma 1941; H. Hoffmann, Der Kalender des Leo Marsicanus, in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, XXI (1965), pp. 82-149; Die Chronik von Montecassino, ed. H. Hoffmann, in MGH, Scriptores, XXXIV, Hannover 1980, ad ind.; Die Briefe des Petrus Damiani, ed. K. Reindel, in MGH, Die Briefe der deutschen Kaiserzeit, IV, München 1983-1993, ad ind. L. Tosti, Storia della Badia di Montecassino, II, Roma 1889, ad ind.; W. Giesebrecht, L’istruzione in Italia nei primi secoli del medioevo, trad. it., Firenze 1895; L. Halphen, Le comté d’Anjou au XIe siècle, Diss., Paris 1906; O. Schumann, Die päpstlichen Legaten zur Zeit Heinrichs IV. und Heinrichs V., Diss., Marburg 1912, ad ind.; Th. Schieffer, Die päpstliche Legaten in Frankreich vom Vertrage zur Meersen (870) bis zum Schisma von 1130, Berlin 1935; H.W. Klewitz, Die Enstehung des Kardinalskollegiums, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, Kan. Abt., XXV (1936), pp. 115-221; H. Hoffmann, Von Cluny zum Investiturstreit, in Archiv für Kulturgeschichte, XLV (1963), pp. 165-209; J. Leclercq, Saint Pierre Damien, ermite et homme d’église, Roma 1960, ad ind.; G. Lucchesi, San Pier Damiano nel IX centenario della morte (1072-1972), I-IV, Cesena 1972-1978, ad ind.; R. Hüls, Kardinäle, Klerus und Kirchen Roms 1049-1130, Tübingen 1977, ad ind.; R. Somerville, Cardinal Stephan of St. Grisogono: Some remarks on legates and legatine councils in the eleventh century, in Law, church and society: Essays in honor of Stephan Kuttner, edd. K. Pennington-R. Somerville, s.l. 1977, pp. 157-166; H. Bloch, Monte Cassino in the Middle Ages, I-III, Roma 1986, ad ind.; S. Weiß, Die Urkunden der päpstlichen Legaten von Leo IX. bis zu Coelestin III. (1049-1198), Köln 1995; Geschichte des Kardinalats im Mittelalter, hrsg. von J. Dendorfer - R. Lützelschwab, Stuttgart 2011, ad ind.