STEMMA (gr. στέμμα)
Dello stemma gentilizio si parla ampiamente alla voce araldica, III, p. 925 segg. Qui si aggiungono alcune notizie sull'arte degli stemmi.
In Italia stemmi di famiglie o di città adornano nel Trecento e più nel Rinascimento i palazzi, le porte, le mura e hanno spesso, pur nel rigore dell'araldica foggia, valore di creazioni artistiche originali per il modo con cui sono trattati soprattutto gli accessorî dello scudo (cimiero, elmo, svolazzi, ecc.). Specialmente in Toscana fu uso assai frequente per chi rivestiva una pubblica carica di lasciare ricordo delle sue funzioni nel palazzo dove le aveva esercitate, mediante il proprio stemma per lo più scolpito in una tavoletta rettangolare di pietra o di marmo; e di ciò rimangono ancora esempî particolarmente abbondanti nel palazzo del Bargello a Firenze (stemmi dei podestà e poi dei giudici di rota), nel castello di Poppi e in quasi ogni altri palazzo comunale di città anche piccole, ma che per la loro importanza politica o militare fossero rette da podestà, vicarî, capitani, commissarî, ecc. Nei palazzi lo stemma fu posto all'esterno, al centro della facciata o sull'angolo, se l'edificio prendeva due strade; e all'interno nella vòlta dell'androne d'ingresso o del loggiato del cortile. Rientrano fra questi molti degli stemmi di pietra o di marmo, dipinti secondo i colori araldici, o di terracotta invetriata, che specialmente a Firenze furono spesso nel '400 opera di artisti insigni: lo stemma Gianfigliazzi di Desiderio da Settignano, quello Martelli di Donatello, quello dei Pazzi, quello dell'arte della seta nella sua residenza in Via di Capaccio, e i numerosi stemmi modellati da Luca della Robbia e dagli altri della sua famiglia, a cominciare da quelli per le varie arti all'esterno di Orsanmichele e da quelli del palazzo Pazzi (oggi al palazzo Serristori e a Londra, Victoria and Albert Museum). Nei monumenti sepolcrali lo stemma è spesso sorretto da una figura di reggiscudo (monumento Marsuppini di Desiderio da Settignano in Santa Croce a Firenze, Cappella di S. Sigismondo nel tempio Malatestiano a Rimini). Più che le pitture (e fra queste sono da notarsi soprattutto le legature dei libri di Biccherna della repubblica senese) le miniature e i codici ci dànno esempî di frequenti ornamentazioni araldiche. Il Cinquecento e il periodo barocco variarono con più ricca fantasia le togge degli stemmi che sono assai frequenti nelle decorazioni architettoniche, sulle porte, ecc. (stemmi di Clemente VIII a S. Giovanni in Laterano, e di Urbano VIII in S. Pietro a Roma; stemma sulla porta del Teatro Farnese a Parma, ecc.); e costituirono allora anche il solo elemento di decorazione di portiere ad arazzo. Fuori d'Italia particolari aspetti artistici dello stemma ci si offrono negli epitafî, nelle targhe lignee da parata e nei cosiddetti Totenschilder tedeschi; più tardi nei vetri dipinti con stemmi che si mettevano alle finestre delle stanze di abitazione e appaiono nei Paesi Bassi nella prima metà del sec. XV, diffondendosi poi specialmente in Svizzera in tutto il Rinascimento.
Bibl.: Non vi sono opere speciali sullo stemma nell'arte; si può citare solo quella di A. Marquand, Robbia Heraldry, Princeton-Londra 1919.