GEORGE, Stephan
Poeta nato a Büdesheim presso Bingen il 12 luglio 1868. Nell'estate del 1888 iniziò una serie di viaggi, che lo portarono a Londra, nella Svizzera francese, a Parigi, in Spagna, nell'Italia Settentrionale, a Vienna, a Copenaghen. A Parigi fin dal 1889 frequento il cenacolo simbolista, partecipando anche ai "martedì" di Stéphane Mallarmé. Dopo aver per qualche tempo coltivato all'università di Berlino gli studî filologici, nel proposito di cooperare al rinnovamento della poesia tedesca fondò (1892) i Blätter für die Kunst, dei quali uscirono fino al 1919 dodici serie.
Sorta in deliberata antitesi del naturalismo, l'arte di G. ebbe già agl'inizî un carattere aristocratico ed esclusivo. La scelta di componimenti giovanili raccolti (1901) nella Fibel mostra come l'esperienza simbolista non trovasse il poeta impreparato. Non si legò egli del resto a nessuna scuola straniera: le traduzioni presto avviate da Verlaine, Mallarmé, Rimbaud, De Régnier, Verhaeren, D. G. Rossetti, Swinburne, Downson, D'Annunzio (dal Poema paradisiaco), Jacobsen, e la versione di buona parte di Les fleurs du mal del Baudelaire rappresentano, meglio che un aiuto, una conferma cercata nella nuova lirica europea al proprio ideale d'arte. Che questo non contrastasse con la tradizione nazionale S. G. volle poi quasi dimostrare con l'antologia Deutsche Dichtung (1900-01), la quale fa seguire a Jean Paul e a Goethe una fiorita della lirica classica e romantica tedesca. E che potesse richiamarsi pure all'arte dei massimi poeti europei starebbero a provarlo le traduzioni di molti canti della Divina Commedia e dei sonetti di Shakespeare. Ma quel passaggio segna altresì una maturazione del pensiero e dei propositi del poeta. Lo sforzo di questo pareva esaurirsi dapprima nel campo artistico. Hymnen, Pilgerfahrten, Algabal, la triade iniziale delle sue poesie (1890-92), incominciavano ad attuare il postulato dei Blätter für die Kunst - un'arte per l'arte - non senza valersi dei requisiti di cui la riscossa estetica del tempo si compiaceva. La seconda raccolta, Die Bücher der Hirten und Preisgedichte, der Sagen und Sänge und der hängenden Gärten (1894) allargava l'esperienza poetica oltre i limiti dei quadri impressionistici e delle immaginazioni raffinate verso le realtà umane, storiche e mitiche, con grande limpidezza di visione e di lingua. In Das Jahr der Seele finalmente (1897), l'ideale della vita estetica è tutto permeato di sostanza d'anima e trova in un'arte d'armoniosissima disciplina la sua espressione perfetta.
A questo punto l'attivismo, che andava manifestandosi nelle più diverse forme dappertutto in Europa, si fa sentire anche nell'opera del G. Già prima per vero, nella tenacemente perseguita restaurazione dei valori poetici e nella dignità rivendicata all'artista, si può vedere un presupposto del suo attivismo e indovinarne la natura. Ma ecco ora nel Teppich des Lebens presentarsi "il messo della vita" ed esigere l'incondizionata devozione a un ideale eroico; ecco, dopo la crisi risolta nel nome di Maximin, il poeta farsi ministro di quell'ideale mettendolo a base d'una sua religione (Der siebente Ring, 1907), e, nella previsione di un flagello espiatore, sollevarsi a giudice del suo tempo (Der Stern des Bundes, 1914), per invocare infine l'avvento di un regno dello spirito (Das neue Reich, 1914-28). Se già la sua arte aveva fatto scuola, questa critica del tempo e questo programma di vita, che rinnovavano in parte posizioni nietzscheane e concezioni platoniche, strinsero intorno a G. un gruppo di discepoli, i quali desunsero dalla dottrina del maestro un nuovo modo di visione spirituale. Oltre alle opere di poesia vanno così ricordate quelle storiche e filosofiche, del Kreis der Blätter für die Kunst: di K. Wolfskehl, Fr. e E. Cundolf, E. Bertram, F. Wolters, B. Vallentin, E. Landmann, K. Hildebrandt, W. Stein, P. Hankamer, E. Kantorowicz, ecc.
Si deve tuttavia riconoscere che anche nel suo ufficio di maestro di vita il G. rimase artista. Nessuno dei suoi componimenti è soltanto programmatico o pedagogico; qualsiasi svolgimento abbiano poi avuto, la radice di ognuno di essi è lirica. Il tratto volontaristico non è cosa aggiunta, poiché spicca nelle poesie di G. fin dalle origini. La disciplina, la severità, la ricerca dell'essenziale, la devozione alla legge, ch'egli predicò poi come stile di vita, sono la sostanza stessa della sua arte. Brevi d'ordinario, energiche nella concezione, saldissime nella struttura, pregnanti nell'espressione e concise fino alla laconicità, le sue poesie condensano una situazione, un pensiero, uno stato d'anima o un complesso d'impressioni e di sentimenti, in poche strofe di risalto monumentale. E tuttavia sotto l'apparente freddezza circola una musica profonda, la quale canta poi più vivace nei Lieder di ogni volume. L'ordine e l'armonia che reggono ciascun componimento (e per il cui amore il G. s'indusse pure a semplificare al minimo la punteggiatura e a riformare i caratteri della scrittura) si manifestano anche nella costruzione triadica delle singole raccolte, costruzione la quale acquista man mano di simmetria fino a raggiungere nello Stern des Bundes una perfetta architettura di cento canti.
La stessa severità si riscontra nei frammenti drammatici raccolti in Das neue Reich e nelle brevi prose - ricordi, fantasie, quadri, celebrazioni - di Tage und Taten.
Ediz.: Gesamt-Ausgabe der Werke. Endgültige Fassitng, 18 voll., Berlino 1927 segg.
Bibl.: F. Gundolf, George, Berlino 1920; F. Wolters, Stefan George und die Blätter für die Kunst, Berlino 1930; L. Vincenti, S. G., in Il Baretti, luglio 1928; I. Maione, S. G., in Contemporanei di Germania, Torino 1931; S. Lützeler, S. G., in Die neue Literatur, 1926, con ampia bibliografia.