Sterilità
La sterilità (infertility in inglese) è la mancanza di fertilità, cioè della capacità di riprodursi. Nella specie umana si può parlare di sterilità quando, dopo un anno di rapporti intenzionali non protetti (effettuati quindi a fine procreativo), non è sopravvenuta una gravidanza. L'introduzione nel concetto di sterilità di un criterio cronologico si è resa indispensabile per la difficoltà di trovare una definizione più rigorosa della capacità di concepire della specie umana, ma anche per il valore prognostico che il fattore tempo ha nello studio delle coppie sterili. Si distingue una sterilità primaria, quando non si è verificato mai un concepimento, da una sterilità secondaria che fa seguito a uno o più concepimenti. Il termine sterilità va comunque distinto da quello di infertilità, con cui s'intende l'incapacità a portare avanti una gravidanza fino a un'epoca che garantisca la vitalità del feto. Nella nostra terminologia infertilità ha quindi un significato diverso dall'analogo vocabolo anglosassone.
Aspetti clinici
di Ettore Cittadini
1.
La sterilità è un problema che coinvolge un grandissimo numero di coppie al mondo. Da indagini demografiche effettuate in paesi in via di sviluppo e da analisi statistiche svolte su campioni di popolazione in Inghilterra e in Francia risulta che circa il 6% di tutte le donne sposate, alla fine della loro vita riproduttiva, non hanno mai avuto un figlio. Da altri dati riportati in letteratura si ricavano risultati notevolmente diversi, con percentuali che raggiungono anche il 30%. Probabilmente questa apparente disparità è legata: alla modalità di raccolta dei dati (indagini su popolazioni campione, censimenti, tasso di natalità, indagini demografiche e sanitarie); al campione di popolazione prescelto; a interferenze razziali, geografiche e socioculturali. Da uno studio compiuto nel 1989 al Dipartimento di igiene e salute della Johns Hopkins University è emerso che persino la diversità delle definizioni date al termine sterilità può produrre risultati differenti. Tali risultati sono destinati poi a cambiare notevolmente se lo stesso numero di pazienti, considerati infertili secondo le varie definizioni, viene studiato per una durata di tempo maggiore di quella che definisce la sterilità, in relazione ai concepimenti spontanei che possono insorgere, i quali, pur non negando il periodo di sterilità pregresso, tuttavia negano quello attuale. In definitiva, una percentuale compresa tra il 10% e il 15% di coppie sterili rispetto al totale dei matrimoni è ammessa come la più rispondente ai dati globalmente osservati. Di queste coppie sono recuperabili solo il 50-60%; ciò significa che quattro-cinque coppie su 100 sono votate a una sterilità definitiva. Si tratta di percentuali severe che spiegano l'enorme interesse suscitato dal problema sterilità.
2.
Numerosi sono i fattori che influenzano in maniera causale la capacità riproduttiva: i principali tra questi sono l'età, l'utilizzo di metodi contraccettivi, la frequenza del coito.
a) Età. La correlazione tra età e diminuzione della capacità riproduttiva delle coppie è un dato ormai accertato. In fig. 1 è riportata la curva che esprime la percentuale di coppie sterili in funzione dell'età della donna. La progressione della curva presenta un incremento lento, anche se non trascurabile, fino ai 35 anni, e un'ascesa rapida dopo questa età. Circa una coppia su sette sarà quindi sterile tra i 30 e i 34 anni; tale rapporto diventerà di uno a cinque dai 35 ai 39 anni e di uno a tre dopo i 40 anni e prima dei 44 anni. Questi dati sono confermati da studi effettuati su popolazioni in via di sviluppo che non praticano la contraccezione, in cui l'età media dell'ultima maternità si situa intorno ai 40 anni. L'evoluzione dei costumi che si è registrata nell'ultimo trentennio del 20° secolo con l'inserimento della donna nel mondo del lavoro e la maggiore diffusione della pratica contraccettiva sono stati responsabili della tendenza a posticipare l'epoca del primo concepimento e quindi della possibilità di incorrere in problemi di sterilità. Da un'analisi effettuata nel 1970 negli Stati Uniti l'età ideale di una donna per il concepimento del primo figlio era stata calcolata pari a 22 anni. Attualmente questo evento viene programmato, in media, tre anni più tardi. Anche per l'uomo è stata dimostrata una diminuzione di fertilità con il trascorrere dell'età, con un massimo di potenzialità tra i 24 e i 25 anni.
b) Contraccezione. La reversibilità dell'effetto contraccettivo dovrebbe essere considerata carattere comune delle varie metodologie; ciò non toglie che l'adozione di un metodo contraccettivo possiede un effetto negativo sulla fertilità della donna, in quanto riguarda l'età di esposizione al rischio di gravidanza. Ogni metodo contraccettivo infatti, al di là di eventuali effetti diretti sulle strutture riproduttive, favorisce l'ipofertilità della coppia in rapporto diretto con il trascorrere del tempo (v. contraccezione). Sebbene numerosi studi abbiano evidenziato una riduzione della fecondabilità dopo la sospensione dei contraccettivi ormonali, l'effetto appare transitorio; anzi numerosi dati hanno sostenuto la completa assenza di effetti sull'esito delle gravidanze dopo sospensione di questi contraccettivi. L'interferenza potenziale sulla fertilità dei dispositivi intrauterini dipende fondamentalmente da un effetto diretto sul tratto genitale: il rischio di sterilità tubarica appare incrementato da 1,5 a 2 volte per le portatrici di dispositivi che hanno rapporti sessuali con un solo partner, e il rischio aumenta proporzionalmente con il numero dei partner. Il diaframma, il preservativo, e gli spermicidi non hanno effetti diretti sulla fertilità e hanno un effetto protettivo nei confronti delle malattie sessualmente trasmesse. Paradossalmente, l'assenza di contraccezione rappresenta anch'essa fattore interferente sulla fertilità, in quanto è associata a un maggiore rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse e quasi fatalmente induce una maggiore incidenza di interruzioni volontarie di gravidanza.
c) Frequenza del coito. Il declino della fertilità con gli anni è in parte legato alla riduzione della frequenza dei rapporti sessuali. Uno studio effettuato nel 1953 da J. MacLeod ha dimostrato una stretta associazione tra frequenza del coito e concepimento, con massimo di risultati nelle coppie che avevano una frequenza di quattro rapporti settimanali. Non si deve dimenticare, però, che un'eccessiva frequenza può tradursi in una minore chance di concepimento nei casi in cui è già presente un'alterazione dei parametri seminali.
d) Altri fattori. È noto come fattori geografici, socioeconomici, culturali ed etnici condizionino lo sviluppo demografico della popolazione mondiale. Più difficile è stabilire la loro influenza nel determinare la sterilità. Uno studio demografico condotto su vasta scala in paesi in via di sviluppo ha evidenziato variazioni significative nelle popolazioni di diverse aree geografiche. L'Africa subsahariana, che presenta i più alti livelli di fertilità del mondo, ha paradossalmente il maggior numero di donne sterili. Anche in popolazioni socialmente e culturalmente elevate il tasso di incidenza di sterilità è condizionato dagli stili di vita e dai modelli comportamentali. Per es., nella donna, la liberalizzazione dei costumi seguita alla diffusione della contraccezione si è associata a un incremento della malattia infiammatoria pelvica da Chlamydia. Per quanto riguarda il sesso maschile, si può segnalare che all'oligozoospermia possono essere correlate l'alimentazione, le radiazioni nucleari, l'esposizione a sostanze tossiche di alcune lavorazioni industriali, mentre appaiono correlati all'impotenza l'alcolismo, l'uso di droghe e di tranquillanti, nonché l'abitudine al fumo.
3.
Nell'ambito della sterilità si possono riconoscere: una sterilità da fattore femminile; una sterilità da fattore maschile; una sterilità di coppia; una sterilità inspiegata o idiopatica. Il fattore femminile di sterilità si ritrova nel 44-53% dei casi; in circa un quarto dei casi la sterilità è imputabile al fattore maschile, mentre in una percentuale approssimativa del 25% non è possibile, pur effettuando un attento e accurato iter diagnostico, risalire alla causa.
a) Sterilità femminile. Nell'ambito della sterilità femminile si distinguono diverse forme: sterilità endocrina e anovulatoria; sterilità da cause pelviche; sterilità da fattore tubarico; sterilità da fattore uterino; sterilità da fattore cervicale; sterilità da fattore vaginale; infine, sterilità idiopatica. In qualche caso più fattori concorrono a determinare la condizione di sterilità nella stessa paziente. Il fattore endocrino è presente in circa il 30% delle coppie sterili ed è costituito dall'assenza oppure da anomalie dell'ovulazione. L'anovulazione cronica può stabilirsi in seguito ad alterazioni dell'unità ipotalamo-ipofisi disfunzionali (stress psichici, malnutrizione, calo ponderale, deficit isolato di gonadotropine) od organiche (adenomi e tumori ipofisari, sindrome di Sheehan, aracnoidocele intrasellare, patologie flogistico-infiltrative, esiti di traumi cranici o di radioterapia ipotalamo-ipofisaria). Un'anovulazione cronica può essere altresì provocata da un'iperprolattinemia disfunzionale od organica, ovvero può instaurarsi in seguito a un'alterazione dei delicati meccanismi di controregolazione ipofisaria (sistemi di feedback), riproduttiva (malattia policistica dell'ovaio, disfunzioni surrenaliche, ipo- e iperfunzioni tiroidee, tumori producenti androgeni). Infine l'anovulazione cronica da causa ovarica comprende tutte quelle condizioni anovulatorie caratterizzate dall'esaurimento funzionale prematuro dell'ovaio, che può essere primitivo (disgenesie gonadiche) o secondario (menopausa prematura idiopatica, sindrome dell'ovaio resistente, deficit di 17-α idrossilasi, patologia poliendocrina autoimmune, forme iatrogene). La sterilità femminile da cause pelviche comprende diverse condizioni patologiche nelle quali, pur essendo conservate una normale crescita e maturazione follicolare e una normale pervietà tubarica, l'ovaio non riesce a estrudere l'ovocita, oppure la tuba non riesce a captare l'ovocita normalmente estruso dall'ovaio. Tra le cause pelviche di sterilità si considerano la malattia infiammatoria pelvica, l'endometriosi e le aderenze pelviche postchirurgiche. La sterilità da fattore tubarico incide nelle coppie sterili dal 15% al 40%. È una condizione di sterilità per occlusione o per stenosi delle tube o da fimosi del padiglione tubarico. Tra i fattori in grado di provocare interruzione o restringimenti di tratti più o meno estesi del lume tubarico, la malattia infiammatoria pelvica è la causa più frequente. Seguono la salpingite istmico-nodosa, la salpingite tubercolare, la presenza di polipi endotubarici o di noduli di endometriosi e le malformazioni tubariche. La diagnosi di sterilità tubarica è ottenuta attraverso l'utilizzazione di diverse metodiche delle quali l'isterosalpingografia costituisce l'indagine di base e la salpingocromoscopia percelioscopica rappresenta quella conclusiva. La sterilità da fattore uterino è una condizione nella quale l'esistenza di una patologia uterina impedisce l'insorgenza della gravidanza. La presenza di sinechie endouterine (prevalentemente successive a manovre strumentali eseguite all'interno della cavità) ha una frequenza compresa tra 1'1,5% e il 6,5%, mentre le malformazioni mülleriane in grado di determinare una condizione di sterilità (agenesie e ipoplasie uterine) hanno una frequenza stimata tra lo 0,1% e lo 0,5%. Anche la presenza di fibromi intramurali o sottomucosi o di polipi endometriali è capace di provocare sterilità quando il volume e la localizzazione di queste formazioni sono tali da provocare una occlusione tubarica mono- o bilaterale, o quando possono alterare la maturazione endometriale o costituire un ostacolo meccanico alla normale crescita del sacco gestazionale. L'isterografia, l'isteroscopia e, in certi casi, l'ecografia rappresentano i principali mezzi diagnostici per questa forma di sterilità. La sterilità da fattore cervicale è causata dalla produzione di muco cervicale non idoneo alla penetrazione degli spermatozoi o dalla produzione di anticorpi antispermatozoi da parte della mucosa cervicale. È presente nel 5-10% delle coppie sterili. Oltre alle dismucorree idiopatiche, esistono le forme iatrogene provocate da interventi sul collo (amputazioni o conizzazioni, plastiche cervicali, diatermocoagulazioni profonde) in grado di asportare o danneggiare, parzialmente o totalmente, la mucosa endocervicale. Altre forme di muco cervicale non idoneo sono dovute a tipi di ipoestrogenismo assoluto o relativo o a flogosi endocervicale. Il punteggio cervicale o cervical score e il test postcoitale (PCT, Post coital test) sono due indagini di base di fondamentale importanza nello studio del fattore cervicale di sterilità. La sterilità da fattore vaginale è una condizione nella quale alterazioni anatomiche della vagina, congenite (setti vaginali) o acquisite (traumi ostetrici o chirurgici), rendono impossibili il coito o la risalita degli spermatozoi nel canale cervicale. Si realizza altresì quando la presenza di secrezioni vaginali patologiche o di anticorpi antispermatozoi altera la sopravvivenza e la motilità dei nemaspermi lungo il tunnel vaginale verso la cervice.
b) Sterilità maschile. Nell'ambito della sterilità maschile una prima distinzione deve essere fatta tra impotentia coeundi e impotentia generandi. La prima è costituita da tutte quelle situazioni in cui il partner maschile non riesce a praticare il coito; la seconda può riconoscere come causa diverse patologie le quali, pur consentendo alla coppia dei normali rapporti, tuttavia impediscono la fertilità. I meccanismi patogenetici secondo cui si verifica tale condizione permettono di riconoscere una sterilità escretoria e una sterilità secretoria. La sterilità escretoria è costituita da tutte le forme di patologia ostruttiva che impediscono la normale progressione degli spermatozoi lungo le vie seminali (assenza di spermatozoi nell'eiaculato). Esistono forme congenite (malformative) e acquisite (flogistiche-traumatiche) di sterilità escretoria. Le prime sono costituite dalle forme di agenesia-displasia parziale o totale dell'epididimo, del deferente o delle ampolle deferenziali, o dalle alterazioni uretrali presenti nell'ipospadia, nell'epispadia e nella stenosi uretrale congenita. Tra le forme acquisite, le flogosi genitali sono le cause più frequenti di ostruzione monolaterale o bilaterale. Le gravi patologie infettive genitali (tubercolosi, lue, gonorrea), costituenti fino a qualche decennio fa la causa principale di sterilità, risultano oggi quasi scomparse; mentre altre forme di flogosi genitale di coppia (specie infezioni da Chlamydia) risultano in aumento per la liberalizzazione dei costumi sessuali con scambio di partner spesso occasionali e la diffusione di metodiche contraccettive, diverse dal preservativo, che non offrono protezione meccanica verso la patologia infettiva. La patologia ostruttiva delle vie seminali può inoltre essere provocata da neoplasie o essere secondaria a traumi accidentali o chirurgici (orchidopessi, prostatoadenectomia). Se la sterilità maschile è causata da alterazioni numeriche o qualitative degli elementi germinativi, o esistono alterazioni nella composizione del liquido seminale, si parla di sterilità secretoria. Gli ipogonadismi maschili possono essere classificati come primari e secondari. Se l'alterazione funzionale del testicolo è determinata da una ridotta o assente produzione di gonadotropine da parte dell'ipofisi, si parlerà di ipogonadismo ipogonadotropo o secondario. Se invece l'ipogonadismo dipende da un'alterazione primitiva del testicolo si parlerà di ipogonadismo primitivo o ipergonadotropo. Il quadro clinico degli ipogonadismi maschili, sia primitivi sia secondari, differisce notevolmente a seconda che si manifesti prima o dopo lo sviluppo puberale. Nell'ipogonadismo prepubere non trattato si può avere il cosiddetto abito eunucoide con alterazioni della libido e presenza di aspermia allo spermiogramma. Nelle forme di ipogonadismo insorte in età adulta l'individuo va incontro a un certo grado di demascolinizzazione e possono comparire azoospermia o severa oligostenozoospermia. Il varicocele rappresenta una delle patologie più controverse nell'ambito della sterilità maschile: accanto a coloro che lo ritengono responsabile della maggior parte dei casi di infertilità maschile vi è chi gli riconosce un ruolo secondario sulle qualità dei parametri seminali e addirittura trascurabile sulla spermatogenesi. Dopo trattamento del varicocele, la prognosi quoad fertilitatem è tanto più favorevole quanto più giovane è l'età del paziente. L'analisi del liquido seminale (spermiogramma) costituisce il primo momento diagnostico nella sterilità maschile. Esso analizza il volume dell'eiaculato, il numero degli spermatozoi presenti (vengono considerate patologiche le concentrazioni inferiori ai 30 milioni per cm3 = oligospermia), la loro motilità (viene considerata patologica una motilità progressiva inferiore al 40% degli elementi = astenozoospermia), la morfologia (devono essere presenti almeno il 50% di forme normali). Qualora si sospetti una sterilità di origine endocrina il dosaggio degli ormoni FSH (Follicle stimulating hormone), LH (Luteinizing hormone), testosterone, prolattina, 17-β-estradiolo deve essere effettuato per individuare l'esatto momento patogenetico. Altri strumenti diagnostici sono rappresentati dalla flussimetria doppler, dall'ecografia e, in casi particolari, dalla biopsia testicolare.
4.
Il trattamento delle diverse forme di sterilità femminile o maschile dipende strettamente dalle cause di sterilità stessa. Nelle forme di sterilità femminile endocrine o anovulatorie disfunzionali, l'induzione dell'ovulazione può essere ottenuta tramite la somministrazione pulsatile di GnRH (Gonadotropin-releasing hormone) per via endovenosa o sottocutanea, o attraverso la somministrazione di gonadotropine menopausali (hMG, Human menopausal gonadotropin) secondo diversi schemi e posologie, mentre le forme organiche da processi espansivi intracranici richiedono un trattamento neurochirurgico specifico e le forme da iperincrezione cronica di prolattina necessitano di un trattamento medico con farmaci dopaminomimetici o antiserotoninergici. Nelle forme di esaurimento ovarico precoce e nelle disgenesie gonadiche, il trasferimento in utero di embrioni ottenuti da ovociti prelevati da donatrici volontarie e fecondati in vitro rappresenta l'unica strategia possibile. Nella sterilità femminile da cause pelviche, costituite da malattia infiammatoria e aderenze postchirurgiche, il fallimento della terapia chirurgica perlaparotomica o perlaparoscopica richiede spesso il ricorso a tecniche di fecondazione assistita; mentre in caso di endometriosi pelvica possono essere tentate una terapia medica o chirurgica conservativa, o un'associazione di entrambe le terapie, cioè si può fare ricorso alle tecniche di riproduzione assistita. Nel caso di sterilità femminile da fattore tubarico, esiste in alcuni casi la possibilità di correggere l'alterazione tubarica tramite la microchirurgia o attraverso l'esecuzione di fimbrioplastiche o salpingoneostomie perlaparoscopiche. Nell'eventualità di fallimento di tali metodiche, o dell'esistenza di controindicazioni assolute o relative alla loro attuazione, la fecondazione in vitro con trasferimento in utero degli embrioni (FIVET, In vitro fertilitation and embryo transfer) rappresenta l'unica possibilità di risoluzione del problema. Il fattore uterino di sterilità presenta forme risolvibili attraverso la chirurgia isteroscopica (lisi di sinechie, ablazione di polipi e di miomi sottomucosi) o tradizionale (rimozione di voluminosi fibromi intramurali). Nelle forme di sterilità cervicale la terapia è medica nelle forme flogistiche, ma si avvale della inseminazione intrauterina (IUI, Intra uterine insemination) o della inseminazione intraperitoneale (DIPI, Direct intra peritoneal insemination) in caso di alti titoli di anticorpi antispermatozoi o in presenza di muco cervicale ostile o di dismucorrea assoluta. Nella sterilità femminile da fattore vaginale, le forme anatomiche sono risolvibili chirurgicamente; quelle flogistiche o da secreto vaginale ostile possono essere risolvibili con terapia medica o con inseminazioni endocervicali. Le forme di sterilità maschile aggredibili chirurgicamente sono rappresentate da alcuni tipi di sterilità escretoria, dal varicocele e dal criptorchidismo; tuttavia la prognosi di tale trattamento è legata a diversi fattori: età del paziente, durata della sterilità, quadro seminale preesistente. Le forme endocrine (ipogonadismi ipogonadotropi) si avvalgono dell'iniezione di GnRH tramite microinfusore pulsatile nelle forme ipotalamiche, o direttamente delle gonadotropine, allo scopo di sostituire la ridotta secrezione endogena e stimolare i testicoli alla produzione di testosterone e alla spermatogenesi, nelle forme ipofisarie. Nelle alterazioni della maturazione degli spermatozoi possono essere utilizzati dei preparati androgeni costituiti essenzialmente dagli esteri del testosterone e da alcuni androgeni sintetici. I difetti anatomici del pene, che rendono difficile o impossibile il rapporto intravaginale, i deficit qualitativi e quantitativi dello sperma (oligozoospermia e astenozoospermia), un volume di liquido seminale inferiore a 1 ml, l'eiaculazione retrograda e l'impotenza rappresentano indicazioni all'inseminazione artificiale omologa (AIH, Artificial insemination with husband's semen) con seme 'preparato', che può essere intracervicale (ICI, Intra cervical insemination) o intrauterina (IUI); mentre l'inseminazione intraperitoneale (DIPI) consiste nella deposizione del seme già capacitato direttamente nel cavo di Douglas. L'inseminazione artificiale eterologa (AID, Artificial insemination by donor) rappresenta l'unica soluzione nelle azoospermie escretorie o secretorie. Tra le tecniche di fecondazione assistita ad alta tecnologia, la FIVET ha un'indicazione essenzialmente femminile, rappresentata principalmente dall'assenza delle tube o da alterazioni irreversibili della funzione tubarica, mentre indicazioni secondarie possono essere costituite dalla presenza di endometriosi medio-severa o di malattia infiammatoria pelvica e da alcune forme di sterilità immunologica. L'induzione della crescita follicolare multipla, allo scopo di aumentare il tasso di gravidanze, è seguita dal recupero ovocitario (oggi effettuato esclusivamente con l'aspirazione ecoguidata transvaginale), dalla fecondazione in vitro dei gameti, dalla coltura embrionaria fino ai primi stadi di segmentazione e, infine, dal trasferimento in utero degli embrioni. Il GIFT (Gamete intra fallopian transfer) è effettuato in anestesia generale e consiste nel trasferimento intratubarico dei gameti maschili e femminili sotto guida celioscopica. È indispensabile la normale funzionalità di almeno una salpinge e viene realizzato in caso di sterilità da fattore maschile, di endometriosi, di sterilità immunologica, oppure in seguito a fallimento di precedenti cicli di inseminazione o in caso di sterilità inspiegata. Lo ZIFT (Zygote intra fallopian transfer) e il TET (Tubal embryo transfer) prevedono il trasferimento intratubarico rispettivamente di zigoti o di preembrioni con la stessa metodica del GIFT, ma dopo avere ottenuto la fertilizzazione in vitro dei gameti (v. anche procreazione assistita).
Aspetti psicologici
di Isabella Maria Coghi
Il fatto che attualmente la coppia tenda a posporre il momento di pianificare una gravidanza, mantenendo tuttavia intatta la fiducia nella propria capacità riproduttiva, fa sì che, quando si presenta la necessità di dover fronteggiare un problema connesso all'impossibilità di concepire, questa realtà diventi psicologicamente intollerabile. La perdita di controllo sulla capacità riproduttiva del proprio corpo qualunque ne sia la causa rappresenta infatti, in termini di processo evolutivo individuale, un potente colpo all'illusione della propria onnipotenza, una ferita dell'orgoglio nei confronti della propria immagine corporea e della relazione con il proprio Sé e di conseguenza una enorme crisi personale (Pines 1990). In queste situazioni si intrecciano emozioni basate su dati di realtà, quale reazione al complesso e spesso lungo iter diagnostico e terapeutico che la sterilità comporta, e risposte emozionali che evocano conflitti interni profondi. In primo luogo, a soffrire di questo disagio è lo scambio sessuale, e ciò a due livelli: uno più superficiale, relativo anche all'intrusione del medico, nel programmare per es. rapporti solo in fase ovulatoria, a un diminuito piacere sessuale ecc.; l'altro, più profondo, in cui ciascuno dei due partner si sente rifiutato dall'altro nella reciproca offerta. Inoltre da quando è possibile documentare la responsabilità maschile nella sterilità della coppia, non potendosi più così attribuire tout court alla donna l'intero peso della sterilità (in tal senso basta considerare il ripudio che la donna ha subito sia nel passato sia in civiltà più moderne), l'uomo non si può più sottrarre a questa ferita narcisistica, doppiamente grave in quanto la possibilità riproduttiva è vissuta in stretta connessione alla potenza sessuale. Sebbene non si possa parlare dell'esperienza emotiva delle coppie sterili in termini psicopatologici, in termini di psicologia dinamica la depressione, intesa non come malattia ma come disagio esistenziale caratterizzato da un senso di impotenza e frustrazione, è collegata molto spesso ai vissuti che accompagnano la diagnosi e il trattamento della sterilità (Daniluk 1988). La reazione iniziale è tipicamente di sorpresa, seguita perlopiù da negazione e da rifiuto della realtà; in seguito vi è una reazione di impotenza e di rabbia con tendenza all'isolamento sociale, un senso di vergogna e di colpa e infine, come soluzione ottimale, l'elaborazione del lutto (Menning 1980). Il fatto che non esista niente di tangibile a rappresentare il senso di perdita sul quale elaborare il lutto (per qualcuno che non è stato perduto perché non c'è) intensifica molto il dolore e contemporaneamente sollecita la coppia a tentare di aprire uno spazio potenziale per il figlio. Quest'ultimo risulta mentalmente presente nel progetto di averlo, ma è assente in concreto fisicamente e per giunta è vissuto spesso con desiderio ambivalente, anche se in modo inconsapevole, a causa dell'incompleta o difettosa integrazione corpo/mente (v. fertilità). Situazione particolarmente impegnativa è quella rappresentata dalla cosiddetta sterilità sine causa, nella quale questi elementi di incertezza sono ancor più esaltati e dove più probabilmente è supponibile un fattore psicogeno. Pur tenendo presente quanto sia sfumato il confine tra psichico e organico nei casi presuntivamente psicogeni, vale la pena di cercare di capire da dove nasce il rifiuto e, ove se ne ravvisi l'opportunità, sostenere la coppia nello sviluppare la sua potenzialità.
La risoluzione psicologica della situazione di sterilità passa attraverso il vissuto di dolore per la perdita della credenza nella propria fertilità quale premessa per poter poi accedere a una scelta adattativa, a una scelta cioè che corrisponda, sia su un piano personale profondo sia sul piano sociale, alla realizzazione delle proprie potenzialità (sublimazione-adozione-fecondazione assistita). Attraverso la sublimazione è possibile trovare altri spazi creativi o riparativi, come per es. un'attività professionale creativa, interessi assistenziali nei confronti dell'infanzia ecc. Un'altra soluzione può essere l'adozione, anche se l'accettazione di una genitorialità sociale e non biologica viene vissuta in genere come una grossa rinuncia. L'elaborazione del lutto della propria infertilità biologica può attivare una fertilità psichica come si realizza verosimilmente in quelle coppie che, attraverso una buona adozione, riescono a recuperare anche la fertilità biologica. Anche il ricorso a una fecondazione assistita dovrebbe rientrare in una scelta adattativa che, partendo dalla consapevolezza del riconoscimento di un difetto, si avvale dell'aiuto che la tecnica può offrire. Questo, per evitare che accada, come spesso avviene, che la coppia incapace di metabolizzare il trauma intollerabile che il difetto evidenzia ricorra direttamente alla fecondazione assistita, delegando totalmente alla tecnica e al medico la riparazione della sua integrità corporea, senza soffermarsi in questo convulso pragmatismo a elaborare minimamente la ferita psichica. Un'ulteriore annotazione che amplia il rischio di questa fuga da una elaborazione anche psichica del difetto, si riferisce alla medicalizzazione massiccia che queste tecniche comportano: questa è tale da assorbire tutta l'attenzione e la partecipazione della paziente, con un isolamento del problema al solo livello fisico, in ciò colludendo anche con i medici. Si favorisce così il passaggio dal corpo soggetto attivo al corpo oggetto passivo difettoso, con l'impressione che sia più in gioco la riparazione di una integrità funzionale corporea piuttosto che la ricerca di un figlio. Inoltre la fecondazione assistita, che prevede tra l'altro una gamma di interventi significativamente diversi tra loro sia sul piano biologico sia su quello psicologico, ha come 'cifra' che la contraddistingue la dissociazione tra atto sessuale e procreazione. Non a caso l'Ethics committee of the American fertility society (1994) divide la riproduzione in coitale e non coitale, a sottolineare nell'atto sessuale il punto dirimente che veicola una serie infinita di significati con l'incontro diretto e immediato di due persone. "L'intervento della tecnica ha messo a tacere l'espressione dei nostri simboli più carnali, ha soffocato il legame della parola con il corpo, ha disgiunto l'erotismo dalla parentela, perché erotismo e fecondità sono cose delicate, silenziosamente legate, fatte di desideri erotici infantili, di reminiscenze poetiche. Trattati in modo grossolano si spengono e si perdono nell'analgesia di incontri aridi" (Chatel 1993, trad. it., p. 58). È come se un corpo invece di essere fecondato fosse fertilizzato. In particolare il padre in queste tecniche si trova ai margini del processo: l'uomo è ridotto a sperma, valutato con il metro di numeri, spesso si sente esautorato come persona, tanto che il suo desiderio sessuale viene a essere sempre più allontanato dalla causa procreatrice. Ancora una volta una scissione corpo/mente. Il discorso diventa ancor più impegnativo quando la riproduzione deve ricorrere, per es., alla donazione dello sperma. Si è già accennato al maggior peso della sterilità da causa maschile per il fatto che la capacità generativa come vissuto viene associata alla potenza sessuale. Con l'inserimento del donatore viene a essere interrotto quell'andamento processuale che prende corpo via via per poi concretizzarsi nel desiderio e nella realtà di un figlio della coppia; viene favorita una risoluzione 'di parte' sulla base di una scissione fra partner fertile e partner infertile, con invariabili ripercussioni di distanziamento nella coppia. Nel padre non biologico si può verificare depressione e la riattivazione di conflitti triangolari (il donatore viene vissuto come un rivale e identificato con l'immagine del proprio padre onnipotente). Inoltre possono sorgere difficoltà in entrambi i genitori nei confronti della cura del figlio, fino all'espressione estrema del disconoscimento di paternità in precedenza ricercata. Nella letteratura anglosassone prevale un certo ottimismo al riguardo: si sottolinea che le coppie che operano queste scelte sono perlopiù coppie solide, che hanno interiorizzato, secondo una cultura largamente diffusa tendente a privilegiare i fattori affettivi su quelli biologici, l'idea che nella famiglia ci deve essere un figlio, che il figlio deve essere 'proprio' il più possibile, che la gravidanza e la nascita vissute in coppia siano un momento importante di catalizzazione nella formazione della famiglia. Anche dati recenti sui figli osservati nel tempo (Giavazzi et al. 1996) sembrano confermare questo ottimismo, sempre con le riserve che vanno tenute presenti in questo tipo di studi su argomenti e dati che appaiono così difficilmente esprimibili in termini quantitativi e qualitativi. Il contesto culturale attuale mentre sollecita da un lato la prevalenza dei fattori affettivi, culturali, sociali sui fattori biologici, dall'altro mina silenziosamente le strutture portanti sociali e individuali della convivenza civile. Si pensi, per es., a quanto queste nuove tecniche stiano marginalizzando il padre rendendone sempre più sfocata la figura e come parallelamente esca rinforzata l'onnipotenza femminile, fino a prefigurare una futura fantasia di partenogenesi. Sembra che il nucleo fondamentale da proteggere, qualunque sia il vissuto che precede e segue una sterilità, sia rappresentato da una buona integrazione corpo/mente, perché le forzature che favoriscono la scissione, privilegiando, per es., il corpo possono farsi presenti sia con turbe a livello riproduttivo sia con modificazioni del benessere psicofisico della prole.
bibliografia
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