stesso (stessi)
Aggettivo (mai pronome) di ristretta presenza nell'opera dantesca, e solo in quella canonica, con un massimo di 42 occorrenze nella Commedia, oltre a 6 nella Vita Nuova, una nelle Rime e 8 nel Convivio (compresa l'integrazione di IV XXVIII 6, per la quale cfr. Busnelli-Vandelli, ad l.), per complessivi 57 casi (dei quali soltanto 10 in prosa).
Accanto alla forma ‛ regolare ' s'incontra anche ‛ stessi ' al singolare, tre volte nel sintagma ‛ elli stessi ' (If IX 58 e Pd V 133, in rima, e, fuor di rima, If XXXI 76; ma, in XII 69, ‛ elli stesso '), e una volta ‛ io stessi ' (If XXVI 24, all'interno del verso); secondo il Parodi, si tratta di una forma " popolare, con -i tolto ad egli quegli questi, cosicché dicevasi bene egli stessi, ma non mai esso stessi " (Lingua 250-251), anche se poi viene ricordato un esempio di io stessi dal cod. Vat. 3793; altri occorrimenti di ‛ stessi ' con pronomi personali al singolare (in genere di terza persona, ma anche di prima) si hanno in Brunetto Tesoretto 1675 e in Bonagiunta Molto si fa 33 (e ancora, sempre ricordati dal Parodi, in Rustico, e, successivamente a D., nel Boccaccio, Sacchetti, Lorenzo de' Medici e Pulci); cfr. ancora Rohlfs, Grammatica § 495, e Petrocchi, Introduzione 460-461.
Rispetto all'impiego odierno, l'uso dantesco risulta assai più circoscritto (analogamente a quanto accade per ‛ medesimo ', v.). tanto semanticamente quanto, e più, sintatticamente, presentandosi l'aggettivo nella sola posizione postnominale.
Per quanto concerne il significato s. sembra esprimere più chiaramente identità (anche se segue il sostantivo cui si riferisce, contrariamente all'uso moderno) soltanto in If XXXIII 57 io scorsi / per quattro visi il mio aspetto stesso, e in Pg X 55 Era intagliato lì nel marmo stesso / lo carro e ' buoi (" sempre nel marmo, come la storia precedente ", Mattalia); in tutti gli altri casi si ha invece più propriamente un valore rafforzativo (equivalente a " proprio " e simili), com'è maggiormente evidente in If XXXIII 94 Lo pianto stesso lì [nella Tolomea] pianger non lascia, o in Pd III 81 una fansi nostre voglie stesse, e XXXIII 130 (sempre in rima). Il sostantivo cui s. si accompagna può essere ulteriormente determinato da un dimostrativo, ‛ questo ' in If XXII 102, ‛ quello ' in Pd XVII 28 (quella luce stessa / che pria m'avea parlato, ancora in rima). Nella grande maggioranza dei casi s. si riferisce a un pronome personale (cui è posposto), sempre con impiego rafforzativo, perspicuo in Rime LI 14 se 'l voler non mi muta / ... eo stesso li uccidrò que' scanoscenti! (per esempi analoghi di ‛ io s. ' si veda anche If XXVI 24); Cv IV VI 3 (‛ elli stesso ', ancora in If IX 58, XXXI 76 e Pd V 133); If XIII 51, e 95 si parte l'anima feroce / dal corpo ond'ella stessa s'è disvelta, e Pd XXXIII 51.
Il valore rafforzativo è ancora più marcato in passi quali Vn XIX 2 la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa (in cui s. si approssima al valore avverbiale di " solo ", " soltanto "; si vedano pure If XXIV 104, Pg XXV 85, e Pd VII 37); If X 61 Da me stesso non vegno; Pd I 88 Tu stesso ti fai grosso / col falso imaginar; IV 92 (per te stesso, anche in If XX 20; alquanto diverso Pd XVII 69 a te fia bello / averti fatta parte per te stesso), VII 37, e XXXIII 51.
Il sintagma ‛ pronome personale + s. ' si trova frequentemente impiegato per esprimere il riflessivo, con funzioni quasi pienamente grammaticalizzate (anche se il nesso risultante resta tuttora analizzabile): Vn XIX 16 ne la seconda [parte della canzone Donne ch'avete] dico quale me pare avere a me stesso quand'io penso lo suo valore; Cv IV Le dolci rime 20 ella di se stessa s'innamora (ripreso e commentato in Il 18, con tre occorrenze, e cfr. pure XXII 7); If XXVIII 124 un busto saza capo... / Di sé facea a sé stesso lucerna; Pg XVII 32 questa imagine rompeo / sé per sé stessa; XXVI 97 io odo nomar sé stesso il padre / mio; XXXI 83 [Beatrice] vincer pariemi più sé stessa antica, / vincer che l'altre qui, quand'ella c'era; Pd XXIII 44 la mente mia... di sé stessa uscìo.
E ancora in Vn XXXV 3, Cv II XIV 3 (in variatio con medesimo), If IV 120, XII 14 e 69 (in rima), XXV 8 e 106 (Le gambe con le cosce seco stesse / s'appiccar), XXXI 27, Pg III 7, XVII 98, XVIII 138 (in cui il sintagma è in posizione iniziale di verso, come in Pd III 5 e IV 18), XXX 88 e Pd VII 115 (in rima).
Qui andrà pure il gruppo ‛ tra (fra) + pronome personale + s. ', con verbi quali ‛ dire ' (Vn XIV 9, Pg XVII 74), ‛ pensare ' (Pg XXIII 28) e anche ‛ piangere ' (Vn XXIII 3) e ‛ giurare ' (Vn XIX 11 45).