Stige
Secondo fiume dell'Inferno di D.; ha origine, come gli altri, dalle lagrime che scorrono dalle fessure del gran Veglio di Creta (Lor corso in questa valle si diroccia; / fanno Acheronte, Stige e Flegetonta, If XIV 116).
Al poeta appare dapprima, sul limitare del quarto cerchio, come una fonte che bolle e riversa / per un fossato che da lei deriva (VII 101-102); di qui nascono le onde bige (v. 104) di un tristo ruscel... al piè de le maligne piagge grige (vv. 107-108) del cerchio degli avari, che si vanno a versare infine, dopo non lungo tratto, in la palude... c'ha nome Stige (v. 106), a forma circolare, di corona intorno alla città di Dite: un pantano (v. 110, e ancora lorda pozza, v. 127; sucide onde, VIII 10; loto, v. 21; morta gora, v. 31; broda, v. 53; torbide onde, IX 64; schiuma antica, v. 74; strada lorda, v. 100; oppure solo acqua, VIII 16 e 30, o lago, v. 54) di fango nero (la belletta negra, VII 124) ricoperto di nebbia (il fummo di VIII 12 e IX 75).
Immerse in esso, in superficie appaiono genti fangose... / ignude tutte, con sembiante offeso (VII 110-111): sono, come viene spiegato per bocca di Virgilio, l'anime di color cui vinse l'ira (v. 116), tutte occupate a percuotersi tra di loro non pur con mano, / ma con la testa e col petto e coi piedi, / troncandosi co' denti a brano a brano (vv. 112-114), secondo avevano fatto da vivi. Già fa cenno al peccato d'ira e al suo contrapasso il sembiante offeso, comunque si accolgano i divergenti pareri dei commentatori; cfr. la voce OFFENDERE). Insieme con costoro sono collocati nella palude altri peccatori, che non appaiono alla superficie ma, fitti nel limo del fondo, possono dar segno di sé solo col far pullular l'acqua al summo, gorgogliando ne la strozza le parole dell'inno che rende manifesto il loro peccato: Tristi fummo / ...portando dentro accidïoso fummo (vv. 115-126).
Chi siano in realtà tali ‛ accidiosi ' e perché siano puniti insieme con coloro che peccarono d'ira costituisce una vexata quaestio dell'esegesi dantesca (v. ACCIDIA); basti qui ricordare solo l'opinione di Pietro (ripresa dal Del Lungo e da qualche altro commentatore moderno), secondo il quale D. " apparenter iracundos et superbos... occulte, idest in limo paludis, fingit puniri accidiosos et invidos in diversis partibus dictae paludis ", instaurando una quadripartizione di questi dannati, per cui agl'iracondi e ai superbi (v. FILIPPO ARGENTI) in superficie corrisponderebbero nel fondo accidiosi e invidiosi (questi ultimi non esplicitamente ricordati).
L'attraversamento della palude da parte dei due poeti avviene per mezzo del legno (VIII 28; la nave piccioletta del v. 15) di Flegiàs, richiamato dal segnale di un'alta torre (v. 2) posta sulla riva, avamposto della città di Dite; e proprio in tale attraversamento si situa l'episodio di Filippo Argenti (VIII 31-63).
Lo S. era già un fiume infernale nella mitologia greca e latina: in Esiodo (Teogonia 777-806) dalle rocce della dimora della dea orrenda (στυγερὴ θεά), abitatrice solitaria del Tartaro, scorre l'acqua detta appunto ‛ stigia ', usata dagli dei per i loro solenni giuramenti, trasgredendo i quali si è condannati a un anno d'insensibilità e a nove di bando dal consesso degli dei (lo stesso Esiodo [vv. 383 ss.] spiega che Zeus, essendo stato aiutato nella lotta contro i Titani dalla ninfa Stige, figlia dell'Oceano, e dai figli di lei, aveva così stabilito per onorarla); in Omero, lo S. (più precisamente " acqua di S. ": Il. VIII 369) indica tutto l'oltretomba, e dà origine (Odiss. X 514) al Cocito, che insieme col Flegetonte sfocia nell'Acheronte. Per Platone (Fedone c. 52) il Cocito, che trasporta le anime degli omicidi, raggiunge un luogo detto Stigio, dove forma la palude Stigia, per poi tornare alla pianura Acherusia, nel Tartaro, da cui ha origine. Era dibattuta tra gli antichi la relazione intercorrente tra corsi d'acqua terreni e fiumi oltramondani (accennata nella figurazione del Fedone ma combattuta da Aristotele), ed è probabile che essa risalga ad antiche credenze popolari. Come per altri fiumi e paludi, intorno ai quali si favoleggia ritenendoli un ingresso all'oltretomba, così avvenne per lo S.: l'attestano, tra gli altri, l'Iliade (II 755), secondo la quale il fiume Titaresio, in Tessaglia, sarebbe derivato dalle acque dello S.; oppure Erodoto (VI 74), che parla di una fonte a Nonacri, in Arcadia, che si diceva essere una polla d'acqua Stigia. Tutte tradizioni, come si è detto, confluite in D. attraverso Virgilio, che rappresenta lo S. come una palude che circonda la città di Dite: " Cocyti stagna alta vides Stygiamque paludem, / di cuius iurare timent et fallere numen ", Aen. VI 323-324.
L'interpretazione ‛ morale ' del nome (dal greco Στύξ) trova concordi gli antichi commentatori; così l'Anonimo (e analogamente Benvenuto, Boccaccio, ecc.): " questo nome Stige s'interpreta ‛ tristizia ' ", probabilmente dal commento di Servio a Aen. VI 134: " a tristitia Styx dicta est ". Quanto al significato allegorico o simbolico attribuito al fiume, e quindi a tutto il passo, il Buti intende che D. giudicando l'iroso " uomo infame... ben si conviene che s'involga nella palude Stige che s'interpreta tristizia "; e più diffusamente il Vellutello: " Dicono alcuni che 'l bollor di questo fonte moralmente significa il ribollimento che fa il sangue intorno al cuore dell'iracondo: il riversare, quello che fa la collera che si mostra fuori per lo volto: il qual vizio si punisce... dentro a la palude Stigia... La sua acqua, la qual è buia molto più che persa, significa la mente de l'iracondo esser cieca, e privata d'ogni lume di ragione ".
In sostanza, gl'interpreti moderni concordano nel considerare lo S., più che l'Acheronte, il fiume dell'‛ alto Inferno ', che raccoglie in sé le lagrime dell'incontinenza, costituendo un passaggio obbligato per arrivare alla città di Dite.
Bibl. - Per la bibliografia sull'argomento e per l'inquadramento complessivo dello S. all'interno dell'idrografia infernale, si veda la voce Fiume: Fiumi dell'Inferno e del Purgatorio.