SEVERO, Stile
Viene così designato lo stile di quella generazione di artisti operanti in Grecia tra il 480 e il 450 a. C.; è chiamato anche stile di transizione poiché si pone, intermedio fra l'arcaismo maturo e lo sbocciare della piena classicità, in quella eccezionale temperie verificatasi al termine delle guerre persiane. La qualifica, che deriva probabilmente da una libera traduzione degli aggettivi con i quali venivano definiti dalle fonti gli artisti di quest'epoca (in Cicerone, Plinio, Quintiliano, Luciano: durus, rigidus, austerus; in Dionigi d'Alicarnasso, De compositione verborum, 22: αὐστηρὸς ἀρμονία riferito a Pindaro, ecc.), viene impiegata dagli studiosi più antichi solamente per classificare la ceramica dell'epoca corrispondente (G. Kramer, Ueber Styl und Herkunft d. bemalten griech. Thongefässe, Berlino 1837; O. Jahn, Beschreibung der Vasensamml. München, Monaco 1854; e poi Furtwängler, Hartwig, Studniczka, Pottier, ecc.) ed è stata estesa solo in questi ultimi decennî il complesso di tutte le coeve manifestazioni artistiche (V. H. Poulsen, Der Strenge Stil, Copenaghen 1937); sebbene già il Winckelmann impiegasse l'aggettivo severo (streng) a proposito di scultura prefidiaca.
Caratteri dello stile s. sono la piena corporeità plastica della figura, una organica unità strutturale raggiunta attraverso forme ampie e compatte, e il ripudio di ogni accento decorativo e lezioso; il panneggio cade in pieghe ampie e grevi (e a ciò si addice il dorico peplo che nel vestiario femminile si sostituisce allo ionico chitone), le membra esprimono attraverso la ponderazione una nuova concezione dinamica contrapposta a quella statica precedente, le acconciature si raccolgono intorno al capo in una massa compatta e la conquista dello scorcio apre tutte le nuove prospettive dei successivi traguardi dell'arte greca, svincolandola definitivamente dalle culture arcaiche. Il largo impiego del bronzo permette quei graduali trapassi di superficie che culmineranno nel luminismo fidiaco. Queste straordinarie conquiste, che permisero nel breve giro di trent'anni il trapasso dall'arcaico al classico, furono realizzate in virtù di quell'irripetibile clima etico in cui si trovò la Grecia dopo le guerre persiane, ove, nello sforzo di raggiungere una nuova dimensione umana, si attenuarono autonomie e particolarismi regionali. Ciò spiega il convergere in questo stile di indirizzi peculiari di alcune scuole artistiche greche (eginetica, peloponnesiaca, ecc.) e, d'altro canto, la sua fisionomia sostanzialmente unitaria. Lo stile S. raggiunse le sue più mature espressioni in Attica, ove si innestava su una ininterrotta e coerente tradizione artistica, e ai suoi esordi si sogliono porre la Kore detta di Euthydikos, l'Efebo biondo, l'Efebo di Kritios, e, nella ceramica, i primi vasi a figure rosse. Capolavoro dello stile s. attico è il grande bronzo del Capo Artemision. In ambiente peloponnesiaco le sculture del tempio di Zeus a Olimpia costituiscono il più grosso complesso dello stile s., mentre l'Auriga di Delfi ne esprime l'interpretazione di un artista periferico (Beozia?). Alle opere maggiori si affiancano una lunga serie di bronzetti e terrecotte ove i due tipi, della figura virile atletica ignuda e di quella femminile panneggiata, trovano le più ampie diversificazioni. All'indagine critica sfuggono le personalità dei numerosi artisti severi di cui le fonti ci tramandano i nomi (Hageladas, Hegias, Kallon, Kalamis, Kanachos, Onatas, Pythagoras, ecc.), sebbene non siano mancati i tentativi attribuzionistici di ricostruirle attraverso le repliche romane. Notissime invece, per la copia dei ritrovamenti e le iscrizioni illustrative, le personalità dei ceramografi e dei vasai attici che trascrissero in termini di altissimo artigianato le conquiste dei grandi pittori coevi di cui non è rimasta nessuna testimonianza tangibile (Kimon, Mikon, il grande Polignoto), e cioè: lo scorcio, la rappresentazione dello spazio, la sovrapposizione dei piani, la monumentalità delle figure e, infine e soprattutto, l'èthos, termine complesso e intraducibile, poiché esprime un concetto irrecuperabile, ma che riassume tutti i significati dello stile s., e soprattutto l'elevato contenuto morale di un ideale umano che corrisponde a quello della straordinaria generazione che va dal 480 al 450 a. C. e che porta al suo culmine la potenza ateniese. (Si veda: greca, arte).