stimmate
Miracolo dell'impressione sensibile delle cinque piaghe di Cristo crocifisso sul corpo di s. Francesco avvenuto nel 1224, ricordato in Pd XI 106-108 come terzo e supremo sigillo di autenticità divina, dopo le due approvazioni papali, del 1209-10 e 1223, alla regola e vita religiosa istituita dal Santo.
La scultorea descrizione dantesca, come il testo di una lapide commemorativa, ricorda appena gli estremi del fatto (luogo, attori, tempo), inquadrandolo nella rievocazione biografica del Santo, tra il ritorno dal tentativo missionario in Egitto (1219-20) e la morte (1226), e rilevandone il valore di divino suggello, più intimo e vivo, a tutta la vita e missione stessa di Francesco, prima del richiamo alla meritata mercede (v. 110).
Gli antichi biografi descrivono largamente i particolari del fatto, avvenuto la mattina del 14 settembre 1224 sul crudo sasso o monte rupestre della Verna, nel Casentino, tra le due valli del Tevere e dell'Arno. Mentre Francesco se ne stava solitario, in fervida contemplazione e partecipazione alla passione di Cristo, questi gli apparve sotto forma di Serafino alato e crocifisso, alla cui visione, insieme gioiosa e dolorosa, gli furono impresse a carattere di sangue vivo nelle mani, nei piedi e nel costato le stesse ferite e chiodi del Crocifisso (chiodi di carne, rosseggianti e mobili, con capo e punte ritorte).
Il miracolo, osservato da oltre cinquanta frati e da innumerevoli fedeli dopo la morte, fu ricordato, celebrato e difeso da Gregorio IX e altri papi, e la Chiesa ne istituì la festa speciale (1304, 1615), fissata al 17 settembre. Le s. sono il distintivo proprio nell'iconografia del Santo.
Le stesse fonti rilevarono facilmente in questo fatto nuovo e straordinario della santità cristiana la più perfetta conformità del Santo con Cristo e insieme, come s. Bonaventura nella sua Legenda (IV 11, XII 12, XIII 9, ecc.) e in varie opere apologetiche a favore dell'ordine, la migliore conferma divina alla regola serafica, in particolare per il punto della povertà.
Coerentemente col suo piano espositivo, D. ha espresso questa seconda idea per il suo ultimo sigillo (v. 107), mentre l'idea generale dei ‛ tre ' sigilli può essergli derivata o confermata dall'uso commerciale proprio dell'Arte della lana fiorentina, i cui statuti del 1317 (rubr. 16 e 25, ma uso più antico) prescrivevano, a piena garanzia della pura lana, un triplice sigillo: del fabbricante, degli ufficiali giurati mediatori di vendita, e infine quello supremo della corporazione (artificis, sensalium, Artis).
Bibl. - Oltre le biografie di Tommaso da Celano e di s. Bonaventura, in Analecta Franciscana, X, Quaracchi 1926-41 (v. indice, sub v. " Stigmata "), cfr. principalmente: M. Bihl, in " Arch. Franc. Hist. " III (1910) 393-432; XIX (1926) 931-936; AA.VV., Ricordo del settimo centenario delle S. di San Francesco (1224-1924), in " Studi Francescani " X (1924) 229-519; A. Facchinetti, Le S. di S. Francesco d'Assisi, Milano 1924; G. Stano, sub v., in Encicl. Catt. XI, Roma 1953, 1342-1345; Octavianus A Rieden, De S. Francisci Assisiensis stigmatum susceptione, in " Collectanea Franciscana " XXXIII (1963) 210-266, 392-422; XXXIV (1964) 5-62, 241-338; A. Fortuna, I tre sigilli di San Francesco, in " Giornale di Bordo " I (1967) 51.