stipsi
Disturbo (detto nell’uso comune stitichezza) caratterizzato da un numero ridotto di evacuazioni. È dovuta a due meccanismi principali, che possono essere anche associati fra loro: rallentato avanzamento del contenuto intestinale nel colon e difetto nell’espulsione delle feci dal retto. La s. è uno dei sintomi più diffusi delle società ad alto sviluppo economico e si ritiene coinvolga in Italia almeno 8 milioni di individui in tutte le fasce di età. Questo sintomo, che fino a un secolo fa era pressoché sconosciuto, è via via aumentato in seguito alle modificazioni dello stile di vita, caratterizzato spesso da ritmi di lavoro stressanti, vita sedentaria, pasti irregolari e frettolosi, spesso abbondanti e sbilanciati.
Alcuni tipi di s. non sono segno di malattia, ma si possono considerare fisiologiche per lo stato del soggetto. La s. nell’anziano dipende da immobilità, debolezza dei muscoli perineali, alimentazione inappropriata e politerapie. La s. in gravidanza deriva da aumento di progesterone e da una ridotta motilità gastrointestinale a causa della pressione esercitata dall’utero gravido sull’intestino.
È una conseguenza di un disturbo funzionale del tratto gastrointestinale. L’ali-mentazione, sia in senso qualitativo sia in senso quantitativo, assume grande importanza nella sua prevenzione o trattamento. Nella maggior parte dei casi, una dieta povera di fibre, derivanti da frutta e verdura e legumi, ma ricca di zuccheri, grassi e proteine, un apporto idrico inadeguato, possono favorire la s.; anche la sedentarietà provoca s. per la diminuzione della forza dei muscoli addominali, che non riescono più così a stimolare la peristalsi sia nel tratto iniziale dell’intestino sia nella defecazione. La s. è a volte un episodio occasionale che coincide con un cambiamento brusco delle abitudini (ad es., un viaggio) ed in questi casi si risolve spontaneamente in tempi brevi. Spesso fattori soggettivi o stati psicologici possono peggiorare una s. funzionale.
Alcune condizioni patologiche anche gravi possono celarsi dietro alla s., ad es. un carcinoma del colon-retto, una stenosi da malattia cronica infiammatoria intestinale, ecc. (➔ ostruzione). Anche alcune condizioni neurologiche (lesioni spinali, morbo di Parkinson), disturbi del metabolismo (ipotiroidismo, ipercalcemia), patologie psichiatriche come la depressione e infine, emorroidi o ragadi anali, possono essere tutte cause di stipsi.
Alcune terapie farmacologiche sono esse stesse responsabili di s., sia in quanto causano una rottura dell’equilibrio tra flora batterica e intestino (antibiotici, immunosoppressori), sia per caratteristiche intrinseche al farmaco (antiipertensivi, calcioantagonisti, corticosteroidi, antiparkinson, antispastici, e spec. analgesici oppioidi).
In soggetti sani i lassativi dovrebbero essere di secondaria importanza rispetto a una dieta ricca di fibre, un adeguato apporto idrico e una regolare attività fisica. Soltanto quando tali misure non farmacologiche non sono sufficienti, ci si può rivolgere a blandi lassativi in grado di aumentare il volume delle feci. I lassativi più potenti, come quelli stimolanti la peristalsi, dovrebbero essere assunti solo in caso di refrattarietà ad altre terapie e sempre ai dosaggi efficaci più bassi, il meno frequentemente possibile, e sospesi immediatamente con la risoluzione del sintomo.