LORENZI, Stoldo (Astoldo)
Nacque a Settignano, presso Firenze, tra il 1533 e il 1534 da Gino di Antonio.
Nulla si sa di una sua prima formazione presso Girolamo Macchietti attestata da Borghini (secondo Utz, p. 54, fu con Macchietti nella bottega di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio). Rivoltosi alla scultura, è probabile che egli abbia frequentato, oltre a quella paterna, la bottega di Niccolò Pericoli, detto il Tribolo, con il fratello maggiore Antonio e non, come altrimenti sostenuto (Brinckmann), quella di Valerio Cioli.
Nel dicembre 1553 (non 1550, come ripetono alcuni a partire da Utz, p. 54), risulta impegnato come aiuto del fratello Antonio, e fino al 13 genn. 1554, nel completamento della Fontana grande e della statua dell'Esculapio per la villa Medicea dell'Olmo a Castello (Wright, II, p. 678).
Si consideri a ogni modo che già nel 1551 egli aveva partecipato alla fusione del Perseo di B. Cellini, del quale fu in seguito testimone insieme con il cugino Giovanni Battista nel suo penultimo testamento (1570; E.D. Schmidt, 2000, p. 80). La prima opera del L. menzionata dalle fonti è tuttavia un S. Paolo (perduto), inviato a Lisbona. Vedutolo, Luca Martini, nobile letterato fiorentino, gli avrebbe proposto di recarsi presso di lui a Pisa. Il soggiorno in casa di Martini, stando a Borghini, durò sei anni: quindi deve essere avvenuto tra il 1554, anno della morte di Pierino da Vinci che il L. fu chiamato a sostituire, o al più tardi il 1555, e il 1561, anno della morte di Martini.
Per lo stesso Martini il L. eseguì una statua (perduta) - che, una volta donata a Eleonora de Toledo insieme con un Dio fluviale di Pierino, fu inviata a Napoli e sistemata nel giardino di Chiaia del fratello don García (per il soggetto della statua, di carattere mitologico o allegorico si veda Boström) - e il rilievo del Granduca Cosimo che riceve l'omaggio della città di Firenze (1555-61: Holkham Hall dei conti di Leicester, Norfolk), pendant di Cosimo caccia i vizi da Pisa (Musei Vaticani) iniziata da Pierino, ma terminata dallo stesso Lorenzi. Alla morte di Martini, che lo lasciò beneficiario di alcuni legati (Fanucci Lovitch, p. 271), il L. compose in suo ricordo il sonetto "Tanto m'affligge e mi tormenta il core" (Sonetti).
Nel gennaio 1561 stipulò un contratto con gli ufficiali della chiesa di S. Maria della Spina, sostituendosi al fratello, per un'Annunciazione (Pisa, S. Chiara: Tanfani Centofanti, p. 470). Il gruppo, stimato 200 scudi d'oro, fu ultimato solo verso il 1566 e nel gennaio 1567 fu posto in loco.
Nel corso degli anni Sessanta egli attese a numerosi impegni sia a Pisa sia a Firenze.
Nel luglio 1562 gli fu affidata l'esecuzione dello stemma di Cosimo I con la Religione e la Giustizia (Pisa, palazzo dei Cavalieri), scoperto entro il gennaio 1564. Questa commissione fu preceduta dalla realizzazione di un arco trionfale in occasione dell'ingresso in città dell'arcivescovo, per conto di alcuni studenti dello Studio pisano.
Se si esclude l'ipotesi di un viaggio a Firenze in occasione dell'arrivo della salma e delle esequie di Michelangelo (Utz, pp. 59 s.), egli rimase a Pisa almeno fino al giugno 1565 quando, in una lettera, Cosimo I ordinava a Davide Fortini a Pisa di affidare al L. l'esecuzione di dieci epitaffi in memoria del defunto Carlo de' Medici. Il pagamento finale, datato al novembre 1568 (Frey, III, pp. 8 s.), induce a ritenere che la loro realizzazione si protrasse nel tempo.
Nell'estate del 1565 il L. era a Firenze dove lavorò agli apparati per le nozze di Francesco I (suo il bassorilievo con la Circoncisione per la facciata del duomo, come il gruppo della Vittoria con la Fatica per l'arco di trionfo in piazza della Signoria e due figure di imperatori per l'arco dei Tornaquinci, al quale si dedicò anche il fratello). Non prima del marzo 1566 (Carteggio inedito, p. 204), ma più probabilmente tra il 1568 e il 1571, si data la Fontana di Nettuno per il vivaio grande di Boboli, ora nella peschiera (Heikamp, 1981, data invece 1565-68). Nell'aprile del 1566 il L. dimorò a Pisa: nella sua bottega di lungarno si impegnò con il napoletano Camillo Severino a consegnare entro tre mesi un sepolcro sulla base di un disegno precedentemente concordato (Fanucci Lovitch, pp. 271 s.).
Ancora da chiarire è la mancata esecuzione della statua del David per la cappella dell'Accademia del disegno (alla quale era iscritto) nella Ss. Annunziata che, inizialmente affidata a lui e al fratello nel novembre 1567, fu poi eseguita da Giovanni Angelo Lottini (Summers). Altrettanto irrisolte restano alcune questioni attributive: se, come sembra, al L. spetta il Genio mediceo (Firenze, Galleria Palatina), eseguito entro il 1574 e proveniente probabilmente dalla grotta di Pratolino (Wiles, p. 93), sarebbe suo allora anche il Ganimede (Firenze, Museo nazionale del Bargello), di medesima provenienza (Bocci Pacini, p. 38). Infine, se è certamente suo il piccolo bronzo della Galatea (Firenze, Palazzo Vecchio), eseguito verso il 1570 per lo studiolo di Francesco I, la sua replica in stucco (Londra, Victoria and Albert Museum) non può essergli in alcun modo restituita.
Nel 1573 fu a Milano dove per i successivi otto anni è documentato a S. Maria presso S. Celso: oltre che per l'interno - statue di David e di Mosè (1575-77), di S. Giovanni Battista e di Abramo (entro 1578) - fu attivo principalmente per la facciata, per la quale, insieme con alcuni aiuti tra cui un Tommaso Stoldo, forse parente (Kris, p. 206), eseguì le statue di Adamo (Milano, Museo archeologico) e di Eva (ancora in loco: 1573-75), gli elementi decorativi del frontone, i rilievi dell'Offerta dei magi e della Fuga in Egitto, oltre alla statua di Ezechiele (saldo dei lavori nel dicembre 1581).
Almeno dall'aprile del 1582 era di nuovo a Pisa, dove sembra comunque aver mantenuto rapporti di lavoro anche negli anni precedenti (Fanucci Lovitch, p. 99) e dove lavorò fino alla morte per la Fabbrica del duomo.
Per la chiesa eseguì l'Angelo ceroforo (aprile 1582 - agosto 1583) e completò la decorazione della cappella di S. Ranieri su incarico di Simone Mosca, figlio del defunto Francesco, cui era stata affidata la commissione (suoi l'Ascensione della Vergine, le statue dei Profeti nell'abside e il gruppo marmoreo dell'Incoronazione della Vergine). Realizzò inoltre lo stemma mediceo che sovrasta l'ingresso del palazzo dell'Opera (Scultura a Pisa, p. 214).
Al 3 sett. 1583 si data anche il suo testamento - che riporta l'elenco dei suoi beni - rogato nella casa del cognato Clemente di Giovan Battista Nervi che il L. nominò, insieme con il cugino Giovanni Battista Lorenzi, suo procuratore e curatore dei figli (Fanucci Lovitch, p. 271) Gino, Lucrezia e Alessandra (Schmidt, p. 80).
Il L. morì a Firenze entro il 6 sett. 1583 (Utz, p. 54), quando fu sepolto, pochi giorni prima del fratello, nella chiesa della Ss. Annunziata, indicata nel testamento.
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