stop and go
Politica congiunturale del «frenare e stimolare» che si traduce nell’alternare incentivi monetari e fiscali (go), quando il sistema presenta una condizione di elevata disoccupazione, a provvedimenti di carattere restrittivo (stop) nelle situazioni di forte inflazione o anche di deficit della bilancia dei pagamenti.
ll ricorso alla politica dello s. and g. per il controllo del ciclo economico è stato oggetto di critiche da parte di due fronti distinti. Il primo è rappresentato dai monetaristi (➔ monetarismo) che, oltre a negare la possibilità di usare la politica monetaria quale strumento di regolazione del ciclo breve, hanno insistito sull’esistenza di molti e incontrollabili ritardi: tra il momento di inversione del ciclo e quello della sua identificazione; tra quest’ultimo e quello della definizione degli interventi; tra la definizione e le conseguenze sull’economia. Dal fatto che numerose manovre – e in particolare quelle di natura monetaria – hanno riflessi di varia lunghezza temporale, anche di lungo periodo, deriva l’incontrollabilità di qualsiasi azione, il cui effetto sarebbe, in ultima analisi, sempre destabilizzante.
Più articolata la seconda critica che viene dai fautori delle aspettative razionali (➔ aspettativa). Partendo dal presupposto che i mercati siano sempre in equilibrio e che, date le informazioni disponibili, salari e prezzi siano determinati sempre in modo da conseguire il massimo profitto e la massima utilità, si deduce che le autorità di governo possono ottenere effetti reali sul sistema economico solo attraverso politiche inattese, che però presuppongono per il settore pubblico migliori informazioni che in quello privato. Ma, poiché tutto l’armamentario di politica congiunturale è ormai noto, esso diviene inutile dal momento che gli operatori percepiscono la temporaneità di ogni intervento di breve termine e lo prevengono (se lo Stato incrementa la spesa pubblica o genera una maggiore crescita di moneta, il sistema economico reagisce aumentando i prezzi perché anticipa razionalmente i risultati attesi). Solo le politiche permanenti hanno, in questa accezione, riflessi reali. Le obiezioni alla politica congiunturale dello s. and g., ne hanno messo in evidenza i limiti correggendo talune semplificazioni eccessive, ma non ne hanno dimostrato l’inopportunità, perché la sola alternativa sarebbe subire qualsiasi fluttuazione, cosa che di fatto è praticamente impossibile.