stoscio
‛ Hapax ' della Commedia, ma già attestato in Bono Giamboni, Monte Andrea, Albertano volgare (come poi in Antonio Pucci e nel Boccaccio), col valore costante di " salto ", " discesa o caduta dall'alto ", in If XVII 121 Allor fu' io più timido a lo stoscio: " temetti di precipitare là dove erano i fuochi, dove si piangeva " (Torraca); meglio ancora, " quando vidi i primi segni dei nuovi tormenti infernali, ebbi maggior paura di saltar giù dalle spalle del mostro " (Sa pegno, poi Mattalia e Chimenz).
La lezione s., ben giustificata dal Sapegno (e di rincalzo dal Pasquini) con argomenti stilistici, e ora definitivamente avallata dalla ‛ recensio ' del Petrocchi, ad l. (" la soluzione più vivida ci viene offerta proprio dai codici, anzi da quelli primari nell'ordine stabilito dal canone d'edizione "), ha ormai soppiantato la vulgata scoscio (ancora in Vandelli e Casella) rispecchiata nell'esegesi antica (da Benvenuto al Daniello) e moderna (dal Venturi al Tommaseo fino al Parodi e allo stesso Pagliaro, che ne ha tentato un estremo salvataggio).
Bibl. - Parodi, Lingua 284; Pagliaro, Ulisse 740-743; A. Pézard, Lo ‛ stoscio ' di D., in " Lingua Nostra " XIX (1958) 119-120; E. Pasquini, Il canto di Gerione, in " Atti e Mem. Accad. Arcadia " s. 3, IV (1967) 363-364.