STRADA (XXXII, p. 799; App. II, 11, p. 911)
La circolazione stradale. - L'enorme sviluppo assunto dall'automobile nel nostro secolo ha sovraccaricato le s: in maniera del tutto sproporzionata alla loro capacità ed è divenuto uno degli aspetti più preoccupanti nella civiltà contemporanea; a misurarne l'entità basta considerare il rapporto fra il numero degli abitanti e il numero delle autovetture circolanti nei diversi paesi.
In particolare per la viabilità urbana si è verificato, secondo il Leibbrand, che, mentre la popolazione delle città è aumentata nel suo complesso dal 1900 a oggi di circa 2,5 volte e il traffico delle persone, a causa delle maggiori distanze ed esigenze, di circa 25 volte, la necessità di spazio stradale, per lo sviluppo dell'automobilismo, è cresciuta di 60 volte. A tale necessità ha corrisposto in pratica un aumento assolutamente inadeguato della superficie disponibile delle s. urbane. Da ciò la congestione stradale, uno dei mali più gravi dello sviluppo urbanistico. Conseguenze, infatti, della congestione stradale sono la diminuzione della velocità dei veicoli e l'aumento degli incidenti stradali in misura difficilmente sostenibile per gli incalcolabili danni, morali e materiali, che ne conseguono. D'altra parte, la circolazione automobilistica è in continuo aumento, in media di circa il 10% all'anno, con ritmo anche più rapido nelle grandi aree urbane. Occorre, quindi, prendere provvedimenti adeguati per aumentare la potenzialità delle vie di circolazione e far sì che nelle s. possa circolare, con maggiore sicurezza e velocità, un maggior numero di veicoli.
L'ingegneria del traffico. - Per l'esame razionale dei problemi accennati è sorta, prima negli S. U. A. e ora in quasi tutte le nazioni progredite, una nuova specializzazione tecnica, l'ingegneria del traffico, strettamente associata all'urbanistica e alla tecnica ed economia dei trasporti, con il compito di studiare il funzionamento combinato dei tre elementi da cui dipende il traffico: a) l'uomo come utente della strada; b) il veicolo con il suo carico; c) la s. per il movimento e la sosta dei veicoli.
Tutti i problemi del traffico sono legati a queste tre componenti. Considerando in particolare le prime due, l'uomo e la macchina, le loro caratteristiche principali intrinseche e quelle del loro funzionamento combinato sono le seguenti.
L'uomo, come utente della s., pedone o guidatore, è influenzato dalla s. e dal paesaggio, dal tempo, dalla visibilità, dalle caratteristiche delle correnti di traffico. In particolare, il motivo dei suoi spostamenti, l'intelligenza, la pratica, le emotività, diversi da uomo a uomo, influenzano ogni corrente di traffico. L'udito e, specialmente, la vista sono i sensi interessati; il ritardo con cui rispondono a determinati stimoli si chiama "tempo di reazione". Varie cause possono modificare il tempo di reazione (da 0,14 a 0,75 sec): fatica, ingestione di bevande alcooliche, clima, altitudine, ventilazione, stati d'animo, abitudini e attitudini.
Il veicolo può essere per trasporto passeggeri, privato (bicicletta, motocicletta, automobile) o pubblico (taxi, autobus, filobus, tram, metropolitana), oppure per trasporto merci (furgone, autocarro), e può avere, nei diversi tipi e usi, dimensioni e peso differenti. I requisiti principali dei veicoli sono: velocità, sicurezza, conforto, facilità di manovra, semplicità di manutenzione, economia di esercizio.
Nel funzionamento combinato uomo-veicolo si distinguono le seguenti principali caratteristiche: a) la velocità (rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato). Si considerano le seguenti velocità: istantanea (in un determinato luogo), di corsa (media su un dato tratto mentre il veicolo è in moto), commerciale (da una estremità all'altra del viaggio, così da tener conto dei ritardi e arresti incontrati nel percorso). La percentuale di tempo perduto per la diminuita velocità a causa degli intralci del traffico, su un attraversamento urbano, è di circa il 15% e può arrivare fino al 35 o 50% per le zone centrali più congestionate; cosiché il tempo di marcia dall'85% si riduce, in questa zona, al 65 o 50%; b) il volume del traffico (numero delle unità di traffico, veicoli o pedoni, transitanti in un dato periodo di tempo per una certa località). Si distinguono in rapporto al tempo: volume orario, giornaliero, settimanale, mensile, annuo; in relazione al valore: volume medio e massimo (traffico di punta: fig. 1); c) l'origine e la destinazione del traffico, per stabilire la direzione dei viaggi, la scelta della via e la lunghezza del tragitto.
Appositi conteggi o rilevamenti, effettuati manualmente o mediante contatori automatici, servono a determinare la velocità, il volume, l'origine e destinazione del traffico. Questi rilevamenti, occasionali o meglio periodici, sono necessarî per l'indagine scientifica del traffico e costituiscono la premessa e la base per l'applicazione dei metodi razionali, proposti dall'ingegneria del traffico, in sostituzione dei metodi empirici prima usati. L'analisi dei dati ricavati dai rilevamenti viene fatta con metodi statistici basati sul calcolo delle probabilità.
Il valore dei dati ricavati da un costoso rilevamento del traffico dipende, in gran parte, dalla loro elaborazione statistica, che permette di ricavare una più ampia conoscenza dei problemi esaminati e dello sviluppo. Può così occorrere di prevedere i futuri aumenti del traffico, dell'immatricolazione dei veicoli, delle percorrenze annue, del pumero di incidenti, ecc. La buona previsione di tali elementi è necessaria per la precisa pianificazione di nuove s. o la sistemazione di s. esistenti.
Insieme al volume del traffico veicolare, altri elementi, che è opportuno sottoporre a rilevamenti e statistiche, sono: il traffico sui trasporti pubblici; la velocità media e i ritardi del traffico sulle principali arterie; le infrazioni dei guidatori e dei pedoni alle norme del traffico; il numero degli incidenti; ecc. Dai diagrammi delle variazioni di questi elementi, risulterà apparente il loro andamento e le estrapolazioni saranno utili per le previsioni future.
Nell'applicazione della statistica ai problemi del traffico si deve tener conto dell'estrema variabilità degli elementi in gioco. In un flusso ideale, non perturbato, di veicoli, nel quale cioè tutti i veicoli marcino alla stessa velocità e tutti i guidatori abbiano lo stesso tempo di reazione e mantengano la stessa distanza dal veicolo precedente, la soluzione sarebbe facile. Ma ciò non essendo, fin dal 1934 Kinzer formulò l'ipotesi che la distribuzione casuale del traffico lungo le s. si uniformasse, secondo la teoria delle probabilità, alla serie di Poisson. La legge di ripartizione asimmetrica di Poisson (diversa dalla più nota ripartizione simmetrica di Gauss) è chiamata anche "legge dei piccoli numeri o degli eventi rari"; e in base ad essa, i veicoli lungo una s. si distribuiscono a caso, ma in modo tale che tratti di s. di uguale lunghezza abbiano la stessa probabilità di contenere lo stesso numero di veicoli.
Dei rilevamenti del traffico hanno grande importanza i cosiddetti OD (origine e destinazione) che servono a determinare le varie correnti di traffico da un punto all'altro di una determinata area e quindi forniscono i dati per la pianificazione e il progetto delle s. e dei loro termini (per es.: stazioni terminali delle autostrade, punti di innesto nella rete stradale di distribuzione). Questi rilevamenti si possono fare con la semplice osservazione dei numeri di targa dei veicoli in transito per le principali località oppure con inchiesta verbale in queste località o anche con inchiesta effettuata a domicilio o infine con questionarî spediti per posta.
La capacità complessiva di una s. dipende, anzitutto, dalle sue caratteristiche geometriche (la larghezza e quindi il numero di corsie che essa comporta) e poi da altri fattori che influiscono sulla velocità, quali la pendenza, la presenza di curve e, specialmente, gli attraversamenti.
In ogni piano del traffico gli incroci sono i punti focali di congestione perché, anche nella più semplice condizione, un incrocio costituisce area comune a due s. e necessariamente deve sopportare maggior traffico. In corrispondenza degli incroci si verificano oltre la metà di tutti gli incidenti stradali e più dei 3/4 del ritardo complessivo del traffico.
Nella fig. 2 è rappresentato il semplice incrocio di due s., ognuna con una corrente di traffico per ciascun senso. I 16 punti d'incontro fra veicoli e i 24 punti di incontro fra veicoli e pedoni (fig. 2 A) che si hanno senza regolazione del traffico, si riducono, con la regolazione, rispettivamente a 2 e 4. (fig. 2 B). Presupposti della regolazione sono quelli di impedire gli incidenti e ridurre i perditempo. ossia di muovere il traffico con la massima velocità compatibile con la sicurezza.
Si possono distinguere le seguenti sistemazioni di incroci: 1) il tipo regolato con segnalazione manuale o automatica; 2) il tipo rotatorio; 3) il tipo canalizzato, nel quale alcune o tutte le manovre di confluenza e deviazione si effettuano a bassa velocità; 4) il tipo canalizzato e munito di segnalazione almeno per le correnti incrocianti a maggiore velocità; 5) il tipo a livelli separati.
Per aumentare la capacità e la sicurezza del traffico, specialmente urbano, è opportuna la canalizzazione agli incroci mediante isole salvagente o strisce bianche dipinte sul terreno, in modo da presentare alle diverse correnti di traffico una superficie proporzionale alla loro intensità.
Nel caso di piazze, ove sboccano e si incrociano diverse vie, o negli incroci più complessi, dove lo spazio lo consente, è opportuno adottare la soluzione rotatoria intorno a un'aiuola centrale di raggio sufficiente, in modo che i veicoli possono inserirsi e susseguirsi senza incrociare fra loro. Nei casi ove esista una corrente principale, che è bene non deviare, la rotatoria può essere sostituita da due semirotatorie; ma in questi casi è necessaria la segnalazione (v. segnali stradali, in questa App.) con vigili o con semafori; questi possono distinguersi in due classi principali: "a tempo fisso" e "a domanda" (azionati dal traffico). I semafori a tempo fisso possono essere per funzionamento isolato o coordinati fra loro (sistema sincrono o simultaneo, sistema sfalsato o alternato, sistema progressivo semplice e quello più comunemente usato che è il sistema progressivo flessibile a cicli variabili) in relazione ai volumi di traffico, per permettere la marcia continua dei veicoli alla maggiore velocità consentita (fig. 3). La durata del ciclo semaforico può variare da 45 a 120 secondi.
La sistemazione degli incroci a diversi livelli, come quella che si realizza nelle autostrade (a quadrifoglio), è indubbiamente il provvedimento che, meglio di altri, serve ad aumentare la capacità di traffico di una s. fino al limite di circa 1600 automobili per ora e per corsia.
In pratica, nelle s. normali la capacità non supera i 450 veicoli all'ora per corsia. Si assume però, normalmente, come capacità effettiva di una strada a due corsie per direzione, il flusso di 600 veicoli all'ora per ciascun senso perché l'effetto di serpeggiamento del movimento veicolare riduce il rendimento. Oltre questi valori, la s. va considerata "satura". Si è stabilito, in campo internazionale, che il flusso orario, del quale occorre tener conto per il dimensionamento delle s., non è quello della punta massima, ma il flusso raggiunto e superato durante 30 ore nel corso di un anno: il cosiddetto traffico della 30ª ora.
Insieme alle sistemazioni tecniche per migliorare la viabilità, occorre considerare anche i provvedimenti normativi, che possono adottarsi allo stesso scopo, e particolarmente: 1) l'istituzione dei sensi unici; 2) la disciplina del parcheggio; 3) la regolazione delle svolte; 4) la limitazione o la eliminazione dei veicoli ingombranti.
La sistemazione a senso unico delle s. secondarie, parallele o intersecanti le arterie principali. oltre a ridurre il numero degli incidenti, ha per effetto di aumentare la velocità e quindi, nel complesso, la capacità di traffico. Essa permette anche una divisione del traffico in rapporto alla velocità, in quanto il traffico più lento si sposta sulla corsia di destra e quello più veloce sulla o sulle altre corsie a sinistra. Ma il vantaggio principale del senso unico si ha in corrispondenza degli incroci. che si ingombrano generalmente con le vetture che voltano a sinistra e che, fermandosi al centro dell'incrocio, ne riducono di una o due corsie la capacità. Col senso unico, la svolta a sinistra, come la svolta a destra, si fanno più facilmente, liberando più presto l'incrocio e migliorando quindi la capacità di traffico. Un altro vantaggio del senso unico su una arteria disciplinata con semafori è la possibilità di un buon coordinamento dei semafori stessi. Ma condizione essenziale per l'adozione del senso unico è che si abbia una via di ritorno di capacità sufficiente e abbastanza vicina ad altra via sistemata pure a senso unico. Altrimenti, infatti, può derivarne un tale allungamento di percorso da annullare, nel complesso, il vantaggio del senso unico per la riduzione dell'intralcio stradale; senza contare l'inconveniente psicologico per l'automobilista, che male si adatta a fare un giro più lungo, e quello per i trasporti pubblici, le cui fermate per i due sensi di marcia vengono allontanate eccessivamente l'una dall'altra.
La sosta degli autoveicoli costituisce, indubbiamente, uno dei problemi più spinosi della viabilità cittadina. La facoltà dell'automobile di sostare quando e dove voglia, il che è uno dei peculiari vantaggi di questo veicolo in confronto al mezzo pubblico, deve essere limitata dove la circolazione potrebbe risultarne impedita, e specialmente in corrispondenza degli incroci e nelle vie centrali; altrimenti le s. verrebbero meno al loro compito principale del movimento. Anche dal punto di vista della sicurezza, si osserva che il parcheggio, restringendo lo spazio disponibile, rende più facili gli urti. Più pericoloso e di maggiore interferenza al traffico è poi il parcheggio ad angolo o a spina di pesce.
La soppressione del diritto di sosta è avversata dagli esercenti di negozî; ma a questo proposito occorre osservare che la massa del pubblico è trasportata dai mezzi pubblici e qualunque circostanza che ne agevoli la circolazione giova di riflesso al commercio. Degli automobilisti, poi, solo una parte fruisce del parcheggio, a spese di tutti gli altri, che dal parcheggio hanno ridotta la propria libertà di movimento. Infine. una severa disciplina della sosta si risolve in ultima analisi in un vantaggio per le città, che potranno in molti casi, attraverso questa disciplina, risparmiare costosi lavori di allargamento stradale.
La più efficiente utilizzazione dello spazio pubblico di sosta si ottiene quando si ha il maggior numero di vetture ospitate in ciascun posto di sosta e, insieme, la più elevata percentuale di occupazione rispetto all'intero periodo della sosta stessa. Ma tali condizioni contrastano fra loro per la perdita di tempo richiesta dagli avvicendamenti. Secondo l'esperienza americana, il massimo di occupazione dovrebbe essere dell'ordine dell'80% e naturalmente diminuirebbe col decrescere della durata permessa di sosta. Un altro criterio è quello del numero dei posti di parcheggio permanentemente disponibili, che durante le ore di richiesta normale dovrebbe essere pari almeno a 1/12 del numero totale dei posti. Specialmente negli S. U. A. si è diffuso l'uso di apparecchi automatici i cosiddetti parchimetri, per mezzo dei quali gli automobilisti pagano per la sosta in rapporto alla durata di essa; ma, a parte il fatto che tali apparecchi sono poco estetici e male si adattano alle dimensioni assai diverse delle nostre vetture, si sono sollevate delle obiezioni di carattere giuridico sulla esazione di un diritto di parcheggio. Comunque la segnalazione delle zone, dove il parcheggio è proibito, deve essere chiara e la proibizione deve essere fatta rispettare.
Dato il poco spazio disponibile nel centro delle grandi città, si è spesso considerato o proceduto alla costruzione di parcheggi sotterranei o a più piani (a silo); peraltro da un esame realistico del problema del parcheggio, una soluzione soddisfacente si ha solo provvedendo nuove possibilità di parcheggio in località lungo il perimetro della zona centrale e non nella zona centrale stessa. perché in quest'ultimo caso verrebbe favorito un ulteriore aumento della circolazione in zone già sature di costruzioni e di traffico.
Per quanto riguarda le svolte, si può in media calcolare che i veicoli svoltanti a destra richiedano una volta e mezzo, e quelli svoltanti a sinistra anche più di due volte il tempo occorrente per attraversare direttamente un incrocio. La proibizione delle svolte a sinistra negli incroci più affollati (dove, per es., svoltano a sinistra più del 20% dei veicoli), facilita il deflusso del traffico e riduce il numero degli incidenti.
Un'altra causa di frequenti ostruzioni alla circolazione, quella dipendente dai veicoli ingombranti dei corrieri e dei fornitori, sostanti a lungo vicino ai marciapiedi, deve essere assolutamente eliminata, permettendo la sosta di questi mezzi solo nelle ore della notte o nelle primissime ore del mattino; e a questo proposito va notato che si sono conseguiti maggiori progressi che non nei riguardi della limitazione del parcheggio delle automobili.
Per la facilitazione della circolazione stradale, anche i tram, che sono, fra i trasporti pubblici in superficie, quelli che peggio si amalgamano con gli altri veicoli, quelli che in caso di guasti bloccano il traffico e ne causano, comunque, per la necessaria manutenzione dell'armamento, frequenti interruzioni, vanno sostituiti con autobus o filobus nelle s. urbane centrali, non sufficientemente larghe e con più intenso traffico. Nelle città maggiori la sostituzione efficiente dei tram sarà fatta con la metropolitana.
A parte l'attività normativa intesa a disciplinare il traffico e la circolazione (per l'Italia, v. oltre), occorre anche educare il pubblico: pedoni, ciclisti, motociclisti ed automobilisti. È perciò sempre più valida la regola americana cosiddetta dei "tre E", cioè: engineering, provvedimenti tecnici; enforcement, norme repressive; education, educazione.
Tutto questo si impone solo che si rifletta al continuo aumento degli incidenti del traffico, maggiore anche dell'aumento del traffico stesso: si pensi che alcuni anni fa gli S. U. A., la nazione più progredita nella motorizzazione, hanno toccato due record: quello dei 100 milioni di autoveicoli costruiti e quello della milionesima vita umana perduta in incidenti stradali. L'elemento umano è la grande variabile di cui sono funzione gli incidenti, perché almeno la metà di essi va attribuita a mancanza di attenzione e di prudenza da parte dei conducenti degli autoveicoli, e un quarto alle stesse cause per parte dei pedoni. I progressi nella costruzione delle moderne automobili hanno portato a raggiungere velocità elevatissime e a permettere rapide riprese. Ma tali velocità sono spesso sfruttate per lanciare il veicolo ad un'andatura ingiustificata e non consentita dalla struttura della maggior parte delle s.; e che, mentre aumenta la probabilità degli incidenti, per insufficiente spazio di arresto (fig. 4), ne aggrava anche le conseguenze.
La s. è un bene di diritto pubblico e ogni utente ha diritto di servirsene in quanto il suo uso si contenga nei limiti fatti palesi dalla destinazione della s. stessa, cosicché si armonizzino nelle s. normali le diverse esigenze: dei pedoni, dei veicoli lenti e di quelli veloci.
Bibl.: Traffic engineering handbook, edito dall'Institute of Traffic Engineering di New York; Rassegna dell'automobilismo, 1958, edito dall'Automobile Club d'Italia; International Road Safety and Traffic Revue, edito dal Touring and Automobile Organization, Londra (O.T.A.); Traffic Quarterly, an independent journal for better traffic, edito a cura dell'Eno Foundation, Columbia University, New York. Cfr. inoltre: Th. M. Matson e W. S. Smith, Traffic engineering, New York 1955.
Diritto italiano.
Il codice della strada in vigore è costituito dal testo unico approvato con decreto del presidente della Repubblica in data 15 giugno 1959, n. 393. Ad esso ha fatto seguito il regolamento di esecuzione, approvato con d. P. R. 30 giugno 1959, n. 420.
Alla emanazione del testo unico anzidetto si è giunti attraverso una procedura particolare. Con la legge 4 febbraio 1958, n. 572, fu data delega al governo per la emanazione delle norme concernenti la disciplina della circolazione e furono fissati i criterî ai quali il governo doveva attenersi nella formulazione del testo legislativo. Fra essi: "adozione di norme adeguate alla moderna esigenza del traffico e alla prevenzione degli incidenti"; "adeguamento agli accordi internazionali" (Convenzione di Ginevra del 19 settembre 1949, resa esecutiva in Italia con legge 19 maggio 1952, n. 1049). In virtù della predetta legge delega fu emanato un primo testo delle "Norme concernenti la disciplina della circolazione stradale" con decreto presidenziale 27 ottobre 1958, n. 956. Ma, prima che esso entrasse in vigore, fu presentato dallo stesso governo un disegno di legge contenente varie modifiche, illustrate da una ampia relazione e concretato poi nella legge 26 aprile 1959, n. 207. Con tale legge fu anche autorizzato il governo alla emanazione di un testo unico delle norme di cui al decr. pres. 27 ottobre 1958, n. 956 e di quelle contenute nella legge n. 207 ora detta. Di qui il predetto testo unico, attualmente in vigore, n. 393, in data 15 giugno 1959.
Nozioni generali. - Il testo unico del 1959, n. 393, consta di 146 articoli e il regolamento predetto, n. 420, di 607 articoli. Il codice non reca norme relative alla tutela delle strade e delle aree pubbliche. Le disposizioni contenute negli articoli da 1 a 22 del r. decr. 8 dicembre 1933, n. 1740 - intese a vietare atti che potessero recar danno al patrimonio pubblico stradale; a disciplinare altre attività, aventi incidenza sulle strade, attraverso la concessione di licenze o concessioni amministrative; a stabilire in norme specifiche gli obblighi dei concessionarî e dei possessori di canali e di fondi laterali alle strade - sono ancora in vigore. Di esse è allo studio la opportuna, necessaria riforma.
Il testo unico vigente si compone di dieci titoli, dei quali il primo contiene disposizioni generali; il secondo concerne la segnaletica verticale, quella orizzontale sulla carreggiata, i segnali manuali, fatti dagli agenti preposti al traffico, e quelli luminosi o semaforici. I titoli terzo, quarto e quinto riguardano le varie specie di veicoli, l'accertamento dei loro requisiti di idoneità alla circolazione, le targhe, l'equipaggiamento, i freni, i dispositivi di segnalazione, la immatricolazione e la loro ammissione alla circolazione. Il titolo sesto disciplina i requisiti soggettivi per essere ammessi a guidare le varie specie di veicoli, la patente, nonché la revoca e la sospensione di essa, da parte del prefetto, nei riguardi dei conducenti più pericolosi. Il titolo settimo attiene ai veicoli degli agenti diplomatici esteri e a quelli delle forze armate. Il titolo ottavo, che è il più importante (art. da 101 a 135), contiene le norme di comportamento, ossia la vera disciplina della circolazione stradale. Il titolo nono riguarda la polizia stradale, l'oblazione, la contestazione delle contravvenzioni e i provvedimenti dei giudici. Disposizioni finali e transitorie nel titolo decimo ed ultimo.
Per quanto concerne, in particolare, le sanzioni comminate dal codice, va rilevato che nel citato decreto del 27 ottobre 1958, n. 956, per molte contravvenzioni, e cioè per quelle di più elevata pericolosità, era prevista la pena dell'arresto e dell'ammenda, sì che il condannato doveva necessariamente subire, insieme, pena carceraria e pena pecuniaria. Ma questo rigore parve eccessivo e per quasi tutte le contravvenzioni predette sono ora comminati alternativamente l' arresto o l'ammenda.
Circolazione e sicurezza stradale. - La circolazione stradale, costituita dal movimento dei pedoni, degli animali e soprattutto dei veicoli, è un fatto essenzialmente umano. Nel senso, cioè, che tali movimenti si verificano in dipendenza di forze, animali o meccaniche, provocate dall'uomo. Se, in linea di ipotesi, tutti i conducenti fossero fermamente decisi a non creare pericoli né a se stessi né agli altri utenti della s., pur utilizzando al massimo le possibilità dinamiche dei proprî veicoli, ogni conducente consentirebbe alle forze fisiche - essenzialmente correlative alla velocità - di sganciarsi dal suo pieno controllo, ma entro e non oltre i limiti che appaiono scevri di pericolo, avuto riguardo alle situazioni obbiettive e alle prevedibili e probabili insorgenze di eventi che rendessero necessario un più o meno rapido e soprattutto tempestivo riacquisto di quel dominio delle forze brute. Ebbene questo è, nelle grandi linee, l'obbiettivo cui deve mirare ed effettivamente mira il legislatore stradale. Esso ben sa che i conducenti non orientano spontaneamente la loro condotta al principio prudenziale ora detto; ed allora deve imporre agli utenti della s., con precetti personalmente sanzionati, un comportamento "non pericoloso", ossia tale che in ogni momento la situazione sia dominabile.
Concetto elastico del comportamento non pericoloso. - Senza dubbio una norma giuridica che imponesse genericamente un comportamento non pericoloso, pur essendo teoricamente e astrattamente idonea, se rispettata, a realizzare una eccellente disciplina, si rivelerebbe, sul piano pratico, del tutto insufficiente, proprio a causa della sua indeterminatezza. Ed è per questa ragione che il legislatore procede a una analisi più minuta del fenomeno della circolazione, al fine di identificare - attraverso i dati della esperienza statistica, la conoscenza delle leggi fisiche, l'osservazione, i suggerimenti dei tecnici - le situazioni tipiche di maggiore pericolosità e detta, per ciascuna di esse, l'adeguato precetto di condotta prudente.
È però da porre in chiara evidenza che anche queste situazioni, pur essendo essenzialmente tipiche, si presentano tutt'altro che uniformi. Esse, invero, sono di regola costituite da numerosi e variabilissimi elementi, assolutamente non prevedibili in astratto e quindi non riducibili in una disciplina rigida. Il precetto, quindi, sarà certamente meno generico di quello suaccennato - che vieta ogni comportamento pericoloso - ma tuttavia avrà pur sempre un contenuto di elasticità.
Così - per esempio - l'esperienza rivela che la velocità deve essere moderata ai crocevia, stante la alta probabilità di collisioni. Ma, siccome le varietà dei crocevia sono infinite (per la visibilità fra le due strade, per l'ampiezza delle strade medesime, per l'angolo che esse formano, per lo stato del fondo stradale, per la intensità del traffico che ivi si svolge), e diverse sono le caratteristiche meccaniche dei singoli veicoli, non è possibile al legislatore stabilire una velocità fissa, uguale per tutti i veicoli a tutti i crocevia. Esso, quindi, è costretto a dettare la norma elastica, concretata nella espressione "velocità particolarmente moderata in prossimità dei crocevia". Questa formula - come è ovvio - non identifica la precisa velocità, adeguata a ogni situazione concreta, ma la rende determinabile alla stregua di considerazioni di varia natura, soprattutto di ordine tecnico, correlative a quegli elementi obbiettivi della situazione ai quali innanzi ho accennato. Questa determinazione della velocità particolarmente moderata, epperò lecita in quanto "non pericolosa", va fatta, anzitutto, dal conducente che voglia conformare la sua condotta al precetto di legge o anche solo alle regole della comune prudenza. Deve poi la velocità essere accertata dall'agente preposto al traffico per stabilire se la norma è stata rispettata o meno dal conducente che ha attraversato il crocevia da lui sorvegliato. Tocca al magistrato, infine, in base agli elementi raccolti, dare sulla controversia il suo giudizio definitivo. Ma tutti - a tal fine - debbono far ricorso a categorie extragiuridiche, nel che si concreta, appunto, una delle caratteristiche della elasticità delle norme giuridiche in genere e di quelle sulla circolazione in particolare.
Lo stesso deve dirsi per quanto concerne molte altre norme di comportamento. Fra esse, sempre a titolo di esempio, la stessa generica definizione di velocità non pericolosa; il divieto di sorpassare quando non vi sia "uno spazio libero sufficiente", o "in prossimità" delle curve; l'obbligo di rispettare la distanza "di sicurezza"; l'obbligo di adoperare i proiettori a luce anabbagliante "approssimandosi" a veicoli incrocianti; l'obbligo di usare i segnali ogniqualvolta le circostanze li rendono "consigliabili".
La difficoltà di dare, nei casi concreti, un contenuto determinato a norme, le cui condizioni di applicazione sono così genericamente qualificate - difficoltà cui è ovviamente correlativa una minore "certezza del diritto" - costituisce una necessità ineluttabile per la disciplina legislativa della circolazione stradale, a causa delle infinite situazioni concrete che possono presentarsi e che non sono singolarmente prevedibili in astratto.
La medesima difficoltà di apprezzamento rende inoltre indispensabili - soprattutto per gli agenti preposti al traffico, che debbono curare in via preventiva e repressiva il rispetto della disciplina stradale - da un lato le più vaste cognizioni teoriche, tecniche e giuridiche, dall'altro la maggior capacità sensoriale nel valutare gli elementi concreti, e in prima linea le posizioni, le distanze e le velocità dei veicoli in movimento sulle strade.
Velocità non pericolosa e previsione degli eventi probabili. - Per accertare la portata delle varie disposizioni rispetto ai casi concreti, occorre la valutazione degli elementi specifici delle singole situazioni alla stregua dei principî giuridici posti dalla legge con qualificazioni extragiuridiche. Particolare importanza assume la identificazione del comportamento pericoloso in genere e, più specificamente, della velocità pericolosa. A tal fine conducenti, agenti stradali e giudici, debbono avere riguardo alla situazione, quale essa appare in ogni determinato istante e soprattutto alle evenienze non apparenti, ma ragionevolmente prevedibili e aventi un apprezzabile grado di probabilità.
Il legislatore intende risolvere il problema della sicurezza stradale senza compromettere un altro interesse generale di grande importanza, e nettamente contrastante con quello della sicurezza: l'interesse relativo alla celerità e alla fluidità del traffico veicolare. Ecco perché quasi tutte le norme realizzano soluzioni di compromesso. Pertanto il legislatore non intende comprimere la libertà fino al limite assoluto della sicurezza. Fissando, per esempio, una velocità massima permanente di 15 km orarî, gli incidenti sarebbero ridotti a zero o quasi; ma ognuno comprende quali conseguenze ne deriverebbero sulle strade.
È sulla base di questi presupposti che vanno intese le norme elastiche del codice e in particolare quella sulla velocità. Il conducente deve regolarla anche rispetto a quanto prevede possa verificarsi nei momenti successivi, in modo da essere in grado di dominare la forza bruta; ma non ha il dovere di tener conto di evenienze solo possibili, non aventi anche un apprezzabile contenuto di probabilità. Ed ecco spiegata la ragione per la quale è punibile come pericolosa la velocità di un veicolo in curva che non gli consenta di fermare di fronte a un eventuale ostacolo entro i limiti della visibilità; mentre è perfettamente lecito il comportamento del conducente che su di un rettilineo tenga una velocità elevata e certamente pericolosissima rispetto alla evenienza di un grosso cane che improvvisamente sbuchi da una siepe. I due diversi indici di probabilità condizionano differentemente l'applicazione della norma.
Obbligo di prevedere le imprudenze altrui. Limiti. - Il principio giuridico che impone l'obbligo di tenere conto delle eventuali imprudenze altrui, è indubbiamente esatto; ma esso va rettificato nel senso che deve trattarsi di imprudenze altrui ragionevolmente prevedibili ed aventi un contenuto di apprezzabile probabilità.
Così è punibile il conducente se, in vista di una curva, effettui un sorpasso che potrebbe divenire pericoloso nel caso di accelerazione da parte del veicolo sorpassando: questa imprudente violazione di legge (art. 106, comma settimo) è purtroppo frequente e quindi probabile. È lecito, invece, il sorpasso anche se può talvolta verificarsi che l'altro conducente, per non farsi sorpassare, si sposti sulla sinistra e tagli la strada.
Conclusione. - Nello stesso modo - e cioè sempre alla stregua dei principî generali anzicennati e di altri minori che per brevità si son dovuti omettere - si debbono risolvere le numerose questioni che quotidianamente sorgono nel delicato e importante settore della circolazione stradale. Sia nel giudizio per sole contravvenzioni, sia nelle cause penali e civili per delitto colposo e per risarcimento di danni bisogna evitare l'empirismo e attenersi sempre ai canoni fondamentali del tecnicismo giuridico.
Bibl.: Sul nuovo codice stradale, fra l'altro cfr. gli articoli di commento di singole parti del testo unico in Rivista giuridica circolazione e trasporti, anni 1959 e 1960, in Archivio giuridico della circolazione, anni 1959 e 1960. Inoltre: C. Boeri, L'azione di danno nei sinistri stradali, Milano 1959; A. Bracci, Il codice della strada, Roma 1959; A. Castelletti e O. Donati, Manuale pratico di legislazione stradale, Brescia 1959; M. Duni, A. Cassone e A. Garri, Trattato del diritto della circolazione, Roma 1960; A. Fais, Lineamenti della nuova disciplina penale della circolazione stradale, Napoli 1959; A. Farinelli, Il nuovo digesto stradale, Torino 1959; D. Guerreri, Il pubblico registro automobilistico e il nuovo codice della strada, Milano 1959; E. Laporta, Il nuovo codice della strada, Roma 1959; A. Montel, Problemi di diritto automobilistico, Milano 1959; G. Roehrssen, Lineamenti generali delle nuove norme sulla disciplina della circolazione stradale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 1356.
Statistica degli incidenti della strada.
La statistica degli incidenti della s. è una rilevazione continuativa di tutti i fatti che si verificano nelle vie o piazze aperte alla circolazione, in cui risultino coinvolti veicoli o animali, fermi o in movimento, e dai quali derivino lesioni a persone ovvero danni materiali economicamente valutabili, ovvero anche, congiuntamente, lesioni e danni. In generale, in tutti i paesi ove la rilevazione viene effettuata, la definizione dei fatti che formano oggetto di questa statistica non è sostanzialmente diversa da quella ora data e che è quella adottata dalla statistica eseguita in Italia. Differenze più o meno marcate, invece, esistono nei confronti dei termini lesioni, danni, ecc., della data o del periodo cui i dati si riferiscono, dei criterî di classificazione, ecc.
In Italia, la rilevazione, eseguita a cura dell'Istituto centrale di statistica, è riferita al momento in cui l'incidente si verifica. È con riferimento a tale momento, quindi, che vengono considerati i caratteri e le modalità dell'incidente stesso, le cause o circostanze determinanti, come le conseguenze sia per le persone sia per le cose. Per le conseguenze alle cose non si tiene conto del valore economico del danno ma si richiede che, nel caso d'incidente senza lesioni alle persone, i danni materiali siano economicamente valutabili, e cioè abbiano una qualche rilevanza economica. In altri paesi la valutazione del danno materiale definisce gli incidenti che formano oggetto di rilevazione nel caso che dai fatti non siano derivate conseguenze per le persone, per esempio gli incidenti con soli danni materiali valutabili a non meno di 200 franchi svizzeri. Qualche paese, ad esempio la Francia, esclude dalla rilevazione gli incidenti con soli danni materiali. Per quanto riguarda le persone, in Italia si considera l'esito immediato dell'incidente e non le conseguenze più o meno lontane, come, ad esempio, il decesso a distanza di più giorni o settimane di persone ferite, e ciò sia perché la rilevazione è riferita, come si è detto, al momento dell'incidente, sia perché, anche volendo tener conto dell'esito letale dell'incidente dopo più giorni, sarebbe difficile, se non impossibile, il poterlo fare, mancando un'appropriata organizzazione che permetta di seguire il decorso della degenza degli infortunati. Nei paesi ove tale possibilità attualmente esiste, vengono presi in considerazione anche tutti i casi di letalità che sia sopravvenuta durante il periodo di un mese dalla data in cui l'incidente stesso si è verificato.
Particolare rilevanza nella statistica degli incidenti della s. acquista la classificazione degli incidenti stessi secondo la causa o circostanza che li ha provocati. La statistica, come ben si può comprendere, può basarsi soltanto sulle cause o circostanze presunte o apparenti quali possono risultare al rilevatore sulla base di tutti gli elementi che possono emergere dalle sue osservazioni fatte al momento dell'incidente, indipendentemente da tutte quelle deduzioni che potranno emergere in seguito in altra sede e per altri fini.
In Italia, le prime rilevazioni statistiche sugli incidenti della strada risalgono al 1934. Attualmente la rilevazione è eseguita con carattere continuativo dall'Istituto centrale di statistica, e i dati raccolti formano oggetto di pubblicazione mensile, in forma riassuntiva, e annuale, in forma più analitica (in apposito volume).
Bibl.: L. Livi, Indagine sulla frequenza dei sinistri automobilistici in rapporto agli automezzi in circolazione e al chilometraggio, Roma 1938.