Stricca
Personaggio senese condannato come scialacquatore; è ricordato da Capocchio il quale, all'esclamazione di D. Or fu già mai / gente sì vana come la senese?, ironicamente risponde: Tra'mene Stricca / che seppe far le temperate spese (If XXIX 125).
Poco, praticamente niente, seppero dire gli antichi commentatori a proposito di questo personaggio e riguardo alla sua famiglia, tranne che, con il Niccolò ricordato subito dopo (vv. 127-129), fu figlio di Giovanni Salimbeni da Siena, ricoprì la carica di podestà di Bologna nel 1276 e poi ancora nel 1286; l'archivio bolognese conserva qualche libro di questa seconda podesteria con disegnato o miniato sulla copertina membranacea lo stemma di quel cavaliere: a S. infatti competeva tale qualifica, in quanto richiesta a chi ambiva ricoprire uffici del genere. La scarsità di notizie a lui relative nelle carte senesi può dipendere dal fatto che, data la professione che svolgeva, doveva star quasi sempre lontano dalla sua città.
Lo S. dantesco non può essere confuso con l'omonimo conterraneo della famiglia Tolomei, il quale visse a Siena dove nel 1294 era frate gaudente; con tale qualifica costui risulta nel secondo rendiconto, fatto il 5 novembre 1294 da Pia Guastelloni vedova di messer Baldo de' Tolomei, dell'amministrazione del patrimonio dei suoi figli di cui era tutrice.
In favore dell'identificazione dello S. dantesco con un Tolomei militerebbe il fatto che il nome di Baldastricca, donde deriva quello di S., fu ricorrente e tipico nella famiglia Tolomei. Vi è stato anche chi lo ha voluto dei Marescotti.
I commentatori antichi della Commedia concordano nel ritenere S. senese; Pietro, riecheggiato dalle Chiose Cassinesi, lo definisce " homo de Curia ", cioè uomo di ufficio, magistrato, il che concorda bene con quel pochissimo che ci è noto sul Salimbeni. Aggiungono per qualificarlo che fu l'organizzatore (" ordinator ") o almeno uno dei membri più attivi della brigata spendereccia o godereccia; che, lasciato ben provvisto di mezzi dal padre, visse " prodigaliter et fatue ", scialacquando tutto in " pazzie " e " sciocchezze cattive, folgorate spese ", riducendosi povero. Ma dové infine mettere il capo a partito se volle esser chiamato qua e là a reggere uffici di podestà, capitano del popolo e simili, che davano decoro e lustro ed erano anche relativamente ben pagati.
Le conclusioni fin qui esposte sono state rimesse in discussione da uno studioso di testi senesi del Due-Trecento, Mahmoud Salem Elsheikh. Questo, esaminando una lettera non datata ma senz'altro duecentesca, esistente fra le carte Montanini del convento di San Francesco di Siena (Arch. di Stato di Siena, Conventi 1734), indirizzata fra gli altri a uno Stricca orafo, ha osservato che i personaggi menzionati in questa lettera (dodici esercitanti vari mestieri) dovevano far parte di una ‛ fraternita ' laica che poteva benissimo aver avuto scopi edonistici, ma non giungere a conclusioni determinanti. Inoltre enumera vari personaggi senesi di nome S., tutti contemporanei di D., però non porta elementi decisivi per l'identificazione dello scialacquatore di If XXIX 125.
Bibl. - Il documento del 1294 si trova in G. Milanesi, in " Giorn. Stor. Arch. Toscani " III (1859) 27-30. Si veda inoltre: B. Aquarone, D. in Siena, siena 1865, 56; G. Caravaggi, Folgore da San Gimignano, Milano 1960, 41-44; e per la seconda podesteria bolognese, G. Cencetti, Stemmi di podestà e capitani del popolo di Bologna nei sec. XIII e XIV, estr. da " Rivista Araldica " XXXIV (1936) 8; Salem Elsheikh, Di uno o più S. senesi, in " Studi d. " XLVIII (1971) 46-66.