STROBOSCOPIA (dal gr. στρόβος "corpo girante, turbine" e σκοπέω "osservo")
Il 7 maggio 1832 Simone Stampfer, professore di geometria pratica all'Istituto politecnico di Vienna, otteneva un privilegio imperiale esclusivo per la fabbricazione e la vendita di un apparecchio cui dava il nome di "dischi stroboscopici". Il giocattolo si diffondeva rapidamente in Germania e Austria, e con pari rapidità cadeva nel dimenticatoio. L'apparecchio si trova ancor oggi in molti gabinetti di fisica elementare quasi sempre nella forma della fig. 1 (zootropo, ruota vivente). Il cilindro C è fornito nella sua parte superiore di un certo numero di fenditure F equidistanti; nell'interno del cilindro, nella sua parte inferiore, è una fascia di carta su cui sono tanti disegni quante sono quelle fenditure; i disegni rappresentano, ad es., i successivi gesti di un uomo che salta. L'osservatore, mantenendo in rapida rotazione il cilindro intorno al suo asse verticale, guarda con un occhio, attraverso le fenditure, il succedersi dei disegni; per la persistenza delle immagini sulla retina l'osservatore avrà l'illusione di vedere la figura in moto continuo; nel caso particolare vedrà "l'uomo che salta".
Pochi mesi prima dello Stampfer, il belga Joseph-Antoine-Ferdinand Plateau aveva realizzato un dispositivo fondato sullo stesso principio e lo aveva battezzato col nome di fenacistiscopio (da ϕενακίλω "illudo"). Plateau e Stampfer (le cui realizzazioni furono tra loro indipendenti) derivarono i loro apparecchi dalla descrizione, fatta (1831) da Michele Faraday, di talune illusioni di ottica che si presentano nella visione degli oggetti attraverso il bordo di ruote dentate in rapida rotazione.
Il disco stroboscopico di Plateau-Stampfer è dunque embrionale antenato del cinematografo.
Oggi stroboscopia ha assunto un significato più aderente a quello etimologico e sta a indicare un particolare metodo di osservazione di corpi giranti rapidamente, o più generalmente, un metodo di osservazione di fenomeni periodici di frequenza abbastanza elevata, p. es., di frequenza superiore a circa 15 hertz (= periodi al secondo).
Si consideri, ad es., in un motore a scoppio il moto del punto A (fig. 2), nel sistema di comando della valvola V mediante una delle camme C dell'albero a camme a. Il punto A si solleva periodicamente, compiendo una oscillazione verticale, il cui periodo T0 coincide col periodo di rotazione dell'albero a camme a. In un motore a scoppio a quattro tempi un po' rapido, l'albero a camme fa, ad es., 25 giri al secondo; è allora
la frequenza ν0 del moto oscillante del punto A è
Il sollevamnento h dell'estremo A è funzione h = h (t) periodica del tempo t, del tipo indicato in fig. 3. Si ha cioè, per qualunque valore del tempo t:
Ma l'osservazione diretta dell'oscillazione del punto A non è possibile perché la frequenza dei fenomeno ν0 è troppo elevata.
Si osservi (fig. 2) il punto A attraverso l'orlo di un disco D (disco stroboscopico), che è tenuto in rotazione intorno all'asse bb, p. es., mediante un motorino elettrico. L'orlo di questo disco è fornito di alcuni fori equidistanti; in figura vi è un solo foro F.
Così l'osservatore vede intermittentemente il punto A attraverso il disco stroboscopico, soltanto in quegli istanti in cui il foro F passa avanti al suo occhio O. Se il disco D gira col periodo T, cioè compie
giri al secondo, ν è la frequenza di osservazione. Si varii gradualmente la velocità del disco, quindi la frequenza di osservazione ν. Se ν viene ad assumere il valore ν0 (quindi è anche T = T0), l'osservatore, con l'occhio in O, vede il punto A
volte al secondo, in corrispondenza dei successivi passaggi della fenditura F avanti all'occhio ai tempi t0, t0 + T = t0 + T0; t0 = 2T0; t0 + 3T0; . . .
Ma, per la (1), h riprende a tali istanti sempre lo stesso valore; l'ossavatore vede il punto A sempre nella stessa posizione, quindi apparentemente fermo. Ciò risulta chiaro dal diagramma di fig. 3; l'osservatore vede il punto A solo ad istanti come C0, C1, C2,..., nei quali i sollevamenti h0, h1, h2,..., del punto A hanno sempre lo stesso valore. In altri termini l'osservatore vede il punto A solo per un attimo, sempre nella stessa fase, cioè proprio ogni volta che esso punto A riprende una stessa posizione nel suo ciclo.
Se è ν0 > ~ 15 hertz, il punto A sembrerà inoltre visto con continuità grazie alla persistenza delle immagini sulla retina.
Il disco stroboscopico è in sincronismo col movimento di A. Il sincronismo si ottiene appunto regolando la velocità del disco D finché, att-averso di esso, il punto A appaia fermo. La manovra di regolazione va fatta con molta cura e controllata durante tutta l'osservazione. Da questa manovra dipende anche la fase di osservazione OC0, quindi l'altezza h0 a cui appare il punto A. Si noti che, se la frequenza di osservazione ν è un sottomultiplo di ν0:
(ove k è un numero intero piccolo), ancora attraverso il disco stroboscopico il punto A appare fermo. Conviene però che sia k = 1. Basta per ciò sperimentare partendo da una frequenza di osservazione ν che sia certamente maggiore di ν0, e gradualmente diminuirla fino a ottenere la parvenza di fissità del punto A.
Ottenuto il sincronismo, si rallenti lievemente la marcia del disco stroboscopico. Il suo periodo di rotazione sia ora T = T0 (1 + ε) con ε molto piccolo rispetto all'unità;
è la nuova frequenza di osservazione del fenomeno.
Gl'istanti di osservazione sono ora:
Quindi, per la (1), si osserveranno i seguenti valori di h:
Tutto appare, dunque, come se si osservasse il fenomeno in studio negli istanti:
Dopo il tempo m•T0 (1 + ε), tale che sia:
la variabile t ha assunto il valore t0 + T0; il fenomeno osservato attraverso il disco stroboscopico ha compiuto il suo periodo, e anche questa volta, per la persistenza delle immagini sulla retina, l'osservatore O riterrà di osservare un fenomeno apparentemente continuo.
Ciò si comprende subito dal grafico di fig. 4.
L'osservatore vede il punto A solo ad istanti come C0, C1, C2, C3, . . . distanti tra loro di T = T0 (1 + ε); egli "esplora" il fenomeno h = h (t) osservando successivamente i soli valori h0, h1, h2, h3, . . . dell'altezza h; il ciclo del fenomeno, osservato attraverso il disco D, si compie solo dopo
giri del disco; cioè, per la (3), nel tempo
In altri termini l'osservatore vede il punto A in una certa posizione, poi lo rivede dopo che esso ha compiuto un intero ciclo del suo movimento e la piccola frazione ε del ciclo successivo, poi dopo che esso ha compiuto due interi cicli e la frazione 2ε del ciclo successivo, e così via. Ma per la persistenza delle immagini sulla retina, all'osservatore l'altezza h appare variabile col tempo con continuità secondo la legge individuata dalla linea a tratto e punto. Questa ha la stessa forma della curva h = h (t), ma "diluita" lungo l'asse dei tempi. Il movimento periodico del punto A appare con le sue modalità ma rallentato; come se il suo periodo fosse (m + 1) T0 e non più T0.
La frequenza effettiva del fenomeno è
la frequenza di osservazione è
la frequenza apparente del fenomeno periodico rallentato è:
cioè è la differenza tra la frequenza effettiva e la frequenza di osservazione. Ad es.: se il punto A esegue il suo ciclo 25 volte al secondo, e se è osservato attraverso la fenditura F di un disco stroboscopico rotante con la frequenza di 24 giri al secondo, esso compie apparentemente il suo ciclo una sola volta al secondo.
La funzione del disco stroboscopico è in ultima analisi quella di rendere visibile il fenomeno in studio a determinati istanti susseguentisi a intervalli di tempo ben costanti. L'osservazione attraverso il disco stroboscopico può dunque essere sostituita da una qualunque illuminazione intermittente.
Questa può essere ottenuta: 1. con l'illuminazione intermittente prodotta da un fascio di luce generato da una sorgente costante, e concentrato sul bordo del disco stroboscopico; così il fascio di luce giunge fino agli oggetti da osservare solo quando la fenditura F del disco ne permette il passaggio; 2. con l'impiego di una sorgente di luce effettivamente intermittente, come, ad es., una successione di scintille comandate da un contatto rotante; la scarica intermittente in gas rarefatto (più spesso in neon per l'alta luminosità) è ora frequentemente usata.
I varî apparecchi di osservazione stroboscopica esistenti sul mercato si distinguono sostanzialmente per il modo di ottenere la visione intermittente (disco stroboscopico, sorgente di luce intermittente) e per il modo di regolare a volontà entro i più larghi limiti possibili la frequenza di osservazione. Ad es., in fig. 5 si vede l'aspetto anteriore e poosteriore di uno stroboscopio portatile; si vede la fenditura F del disco stroboscopico attraverso cui l'osservatore guarda il fenomeno periodico in studio di frequenza ν0, B è una leva con la quale l'osservatore continua a tenere in carica un movimento di orologeria che mantiene in rotazione il disco stroboscopico; un bottone di regolazione A modifica la velocità di rotazione del disco stroboscopico, quindi la frequenza di osservazione ν, fino a rasentare o addirittura realizzare il sincronismo col fenomeno periodico in studio; la lancetta, comandata dallo stesso bottone A, indica direttamente sulla graduazione la frequenza di osservazione ν.
Il metodo stroboscopico ha una efficacia dimostrativa didattica meravigliosa. Ma non minore efficacia hanno le sue possibilità tecniche.
L'una e l'altra sono conseguenza delle precedenti proprietà; ed esse si riassumono nelle tre seguenti applicazioni: 1. si può procedere alla osservazione rallentata a volontà dei dettagli di un rapido movimento periodico; 2. in sincronismo, si possono osservare attraverso il disco stroboscopico i varî organi di macchine in rapido moto periodico, come se essi fossero fermi nella fase più conveniente del loro moto; di tali organi si può facilmente ottenere una "posa" fotografica; questa "posa" è in effetto il risultato della sovrapposizione di un certo numero di istantanee successive prese sempre nella stessa fase del moto periodico; 3. in sincronismo, quando il motore o il meccanismo che tiene in rotazione il disco stroboscopico sia tarato una volta per tutte, si deduce la frequenza vo del moto periodico in studio dalla misura della frequenza ν = ν0 di osservazione che realizza attraverso il disco stroboscopico l'apparente immobilità degli organi in movimento (tachimetri stroboscopici).
Queste applicazioni furono già segnalate da Plateau (Bul. Acc. Roy. Belg., 3, 1836, p. 365), poi molto più tardi e, pare, indipendentemente da H. Mc Leod e G. S. Clarke (Proc. Roy. Soc., 26, 1877, p. 158), i quali rilevando i vantaggi di siffatto metodo di osservazione, proposero per il dispositivo il nome di cicloscopio.
Col moltiplicarsi dei problemi tecnici che richiedono la determinazione della frequenza di moti periodici, o la fotografia di organi in moto rapido e periodico, o la lenta e comoda osservazione di essi, il metodo stroboscopico è andato assumendo sempre maggiore interesse. Esso è oggi molto usato nello studio del moto degli organi del motore dell'automobile, di macchine elettriche, di macchine utensili (tornî, frese, rettifiche, trapani, ecc.), di macchine per la lavorazione del legno, di macchine da cucire, di macchine per filatura e tessili (fusi, bobine, ecc.); nello studio dello slittamento delle cinghie, dello scorrimento del rotore dei motori asincroni, nella misura dell'intensità luminosa all'istante nelle lampade alimentate a corrente alternata; nell'esame delle corde vocali in vibrazione, ecc.
Insostituibile nell'osservazione rallentata del fenomeno periodico, il metodo stroboscopico tende a sostituire gli ordinarî tachimetri anche nei casi (determinazione della velocità di rotazione di macchine, di motori, ecc.) in cui si può fare uso di questi ultimi. Ciò è dovuto al vantaggio dei tachimetri stroboscopici di non richiedere alcun organo meccanico di accoppiamento tra essi e gli apparecchi in studio. Un piccolo segno bianco fatto col gesso sull'albero di un motore e la sua osservazione allo stroboscopio si può compiere regolando la frequenza di osservazione fino a vedere apparentemente fermo tale segno. Si è già detto - v. formula (2) - come fare per evitare il caso k ≠ 1.
Ecco il risultato di alcune osservazioni stroboscopiche.
La serie di lamelle di un frequenziometro per correnti alternate si presenta, durante l'impiego, come in fig. 6 a. Lo stesso gruppo di lamelle osservate in fase opportuna attraverso il disco stroboscopico appare come in fig. 6 b dimostrando così che le lamelle di frequenze rispettivamente minore e maggiore della frequenza di risonanza eseguono oscillazioni forzate di regime le quali sono in opposizione di fase.
Una ruota Pelton, girante alla velocità di 3000 giri al minuto sotto l'azione motrice del getto d'acqua, è stata fotografata attraverso un disco stroboscopico in sincronismo (posa un minuto; fig. 7).
In fig. 8 sono state ottenute sovrapposte sulla stessa lastra e nella stessa fase le fotografie di una pala di elica di aeroplano girante a 250 giri al minuto e della stessa pala a 2400 giri al minuto, in quest'ultimo caso la pala risulta visibilmente deformata.