STROMBOLI (gr. Στρογγύλη; lat. Strongyle, localmente detta Strognili; A. T., 27-28-29)
Isola del Mare Tirreno, la più settentrionale e orientale delle Lipari, nota fin dalla più remota antichità per la sua attività vulcanica. Il nome che le diedero i Greci basandosi sulla sua configurazione rotonda, simile a una trottola o a una nave oneraria, è comune ad altre isole della costa della Licia e di quella iberica. Stromboli ha una superficie di kmq. 12,6, una base irregolare, quasi a trapezio, da cui si eleva a 926 m., formando una bella montagna conica, che sorge a sua volta dal fondo del Tirreno su una piattaforma sottomarina di oltre 1200 m. di profondità.
L'isola è costituita interamente di prodotti vulcanici: lave, tufi, scorie, lapilli, ceneri.
La sommità di essa, detta Serra di Vàncura (da vancu "banco") è l'avanzo semicircolare dell'antico cratere demolito; una valle di 100 e più m. di profondità la separa da un'altra vetta più settentrionale detta impropriamente la Cima (918 m.), anch'essa parte di un cratere demolito. A NO. di questa, a oltre 200 m. sotto di essa, si apre l'apparato eruttivo, limitato a E. e a O. da due cospicue robuste masse di conglomerato vulcanico, di solida lava e in parte di dicchi massicci, dette rispettivamente Faraglioni (o Torrioni) di Levante e di Ponente.
Da questi discendono divergendo due creste alte, dirupate, anch'esse formate di banchi di lava, di conglomerati e di dicchi, dette l'orientale Filo del Fuoco, l'occidentale Filo di Baraona, che al mare distano un buon chilometro l'una dall'altra. Esse limitano la Sciara del Fuoco, caratteristico ripido pendio, di 35°, massimo angolo di riposo dei materiali incoerenti di cui è costituita.
Al livello del mare l'azione demolitrice delle onde erode continuamente la Sciara formando una breve spiaggia.
I numerosi dicchi che si osservano sul fianco NO. dell'isola, e in questo fianco soltanto, dimostrano che questo è il lato più debole del vecchio Stromboli.
Infatti, sebbene quest'isola abbia l'aspetto di un unico cono, essa risulta di due diverse parti, cioè: a) l'antico edificio vulcanico formato di potenti colate di lave di natura andesitica, discese verso il mare dal cratere terminale del quale è un residuo la Serra di Vancura; b) il nuovo vulcano, quello attualmente attivo, che emette lave di natura basaltica, sorto nel fianco del primo demolito a NO., in un enorme squarcio, limitato dai Torrioni e dalle potenti creste rocciose dette Fili.
L'apparato eruttivo di Stromboli, nei periodi di attività moderata, si può osservare comodamente anche dall'alto e dai lati. Esso infatti ha sede in un'ampia terrazza, sottostante alla cima, chiusa da tre lati, che aggetta liberamente a NO., dove ha origine a circa 750 m. s. m., la Sciara del Fuoco, immenso accumulo di materiali mobili, incoerenti. In questa terrazza si osservano, in posti diversi, anche verso i margini, 3, 4 e più crateri in attività, raramente fino a 7-10. In essi, o in alcuni soltanto, la lava fluida, rosseggiante, si vede sollevarsi e abbassarsi, gonfiare e squarciarsi con una forte esplosione che la lancia in alto, in miriadi di brandelli pastosi, incandescenti, che in gran parte ricadono attorno agli stessi crateri, e taluni sulla Sciara del Fuoco, e di là saltellando o rotolando, arrivano al mare.
Generalmente le esplosioni non sono contemporanee, ma si alternano nei diversi crateri attivi, talora frequentissime, quasi continue, tal'altra con intervalli di un'ora e più di riposo. Esse hanno azione costruttiva, caratteristica della fase di attività detta appunto stromboliana; a poco a poco i prodotti eruttivi si accumulano sulla terrazza, i piccoli crateri ne vengono ricoperti, quasi soffocati, e ne suole predominare uno che diventa un alto cono di notevoli dimensioni.
Questo può venire sconquassato e demolito allorché alla moderata attività stromboliana si sostituiscono forti esplosioni di tipo vulcaniano, distruttive, che disperdono i materiali accumulati; e può anche addirittura saltare in aria, quando avviene uno "scatto" come dicono gli abitanti, quando cioè si ha un'esplosione violenta, demolitrice, di tipo pliniano (caso fortunatamente non frequente), i cui prodotti vengono lanciati a grande altezza, superano facilmente il margine delle pareti e della cima, ricadendo lontano, non solo sui fianchi coltivati del monte, ma talora fino all'abitato, e oltre, con grande pericolo degli abitanti.
Nel settembre 1930, in seguito a una di tali esplosioni, si formarono perfino correnti di ceneri ardenti che sono state paragonate a quelle delle eruzioni peleane.
Il teatro eruttivo sconquassato e sventrato dalle eruzioni esplosive può mantenersi anche a lungo in calma quasi assoluta, con qualche fumarola a vapore acqueo respirabilissimo, o in fase solfatariana con fumi acidi soffocanti.
Altre volte invece il magma riappare ben presto nella concavità, e vi forma un vero laghetto di fluidissima lava incandescente, agitata da movimenti intestini, che si gonfia, si solleva e viene lanciata in alto, in zampilli o in brandelli, e talora si fa strada, e trabocca su la Sciara del Fuoco, scendendo in corrente verso il mare.
Se l'efflusso è scarso, la corrente è lenta, si raffredda e si rompe in blocchi che precipitano al basso; se invece è abbondante, scende continua, rapida e viva per il pendio fino alla breve spiaggia, dove rallenta e si accumula alquanto per poi continuare ad avanzare sott'acqua fra volute imponenti di vapore.
Si è affermato che la lava di Stromboli, fluendo sulla Sciara, non vi si potesse consolidare in corrente a causa del ripido pendio. Invece le lave vi si sono viste consolidate in correnti continue; ma poi, male sostenute dai materiali mobili della Sciara del Fuoco, scossi dalla violenza delle esplosioni, presto o tardi finiscono col rompersi in blocchi che rotolano giù, e così restano obliterati.
Negli ultimi 160 anni lo Stromboli è stato visitato con crescente frequenza e descritto accuratamente: dalle molteplici e particolareggiate relazioni e dalle numerose fotografie risulta che l'apparato eruttivo di Stromboli può successivamente presentare tutte le diverse fasi di attività che si notano in ciascuno degli altri vulcani, ma predomina specialmente quell'attività moderata, costruttrice che ha preso il nome di stromboliana.
Non si conoscono dati meteorologici osservati a Stromboli; tuttavia si può dire che l'isola goda di un clima dolce come comporta la latitudine e l'influenza marina prevalente. L'azione che vi esercitano i venti è molto considerevole. Predominano in primavera quelli di SE. e nelle altre stagioni quelli di O. e di N. Abbastanza copiose le piogge.
Non si trovano sorgenti nell'isola e l'acqua, pipttosto scarsa, si raccoglie solo in private cisterne.
La popolazione di Stromboli al censimento del 1931 risultò di 1173 ab. con sensibile diminuzione rispetto ai censimenti precedenti. A quello del 1911 era infatti di 2162 ab. e nel 1921 di 1818 ab.; questa forte diminuzione è dovuta a un sensibile movimento di emigrazione che cominciò ad avviarsi sino dai primi del secolo XX dirigendosi verso l'America Settentrionale e verso l'Australia, determinata dai danni che le frequenti eruzioni vulcaniche arrecavano alle colture e dall'invasione fillosserica che danneggiò gravemente i vigneti. Popolazione attiva e industriosa, gl'isolani trovarono con l'emigrazione un proficuo sbocco e, rimpatriati, apportarono sensibile miglioramento economico. Con i benefici economici dell'emigrazione si rese possibile la ricostruzione dei vigneti fillosserati che producono vini eccellenti (malvasia); di questi, oltre che di capperi, si alimenta l'esportazione. La vite può dirsi la sola coltivazione praticata nell'isola dove prospera sino all'altitudine di 500 m. La popolazione vive aggruppata in tre centri costieri dei quali due, Stromboli (già San Vincenzo: 586 ab.) e San Bartolomeo (262 ab.), sorgono a circa 1 km. di distanza l'uno dall'altro alla punta NE. dell'isola, e il terzo (la Ginostra: ab. 320) presso la costa di SO. San Vincenzo è il capoluogo dell'isola e ivi ha sede una delegazione di spiaggia. Amministrativamente l'isola fa parte del comune di Lipari. Oltre all'agricoltura gli abitanti esercitano la pesca e il traffico marinaresco in cui sono espertissimi. Le comunicazioni esterne dell'isola sono assicurate da un servizio bisettimanale Messina-Lipari-Stromboli prolungato settimanalmente sino a Napoli. (V. tavv. CXXV e CXXVI).