STROZZI, Giovan Battista detto il Vecchio
– Nacque a Firenze il 12 marzo 1505 da Lorenzo di Filippo e da Lucrezia di Bernardo Rucellai, e fu fratello maggiore di Niccolò, Palla e Selvaggia.
Il padre Lorenzo, amante della musica, compose per la commedia La Pisana (1518) cinque intermezzi madrigaleschi che cantò in palazzo Medici assieme ai due giovani figli, Giovan Battista e Palla. Questa passione si trasmise a Giovan Battista, che troviamo intorno al 1527 presso lo Studio di Padova, dove si formò frequentando, fra gli altri, Pietro Bembo, Giovanni Della Casa, Ugolino Martelli, Carlo Strozzi, Pier Vettori e Benedetto Varchi. Nel 1529, durante l’assedio di Firenze, era a Lucca, e nei primi anni Trenta, stando alla testimonianza di Marco Sabino (cfr. M. Equicola, Institutioni al comporre in ogni sorte di rima..., Milano, Francesco Minizio Calvo, 1541, c. Aiiv), si sarebbe distinto nell’ambito dell’Accademia dei Vignaioli di Roma come poeta d’improvviso. Anche negli anni successivi rimase a lungo fuori Firenze, come dimostrano le lettere scritte a Varchi da Correggio attorno al 1537-39 (cfr., ad esempio, Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie prima, 132, c. 72r), durante i mesi successivi all’assassinio di Alessandro de’ Medici e all’imprigionamento di suo zio Filippo Strozzi, punto di riferimento della fazione antimedicea.
Nel 1539 era a Firenze, dove scrisse i sei intermezzi della commedia Il Commodo di Antonio Landi, recitata in occasione delle nozze di Cosimo I ed Eleonora di Toledo: è evidente la volontà di rientrare nell’orbita medicea, in contraddizione con le trame di altri membri della famiglia.
Nello stesso anno, a quanto sostiene Luigi Strozzi (Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 194, c. 181r; altri datano l’evento al 1542, ad es. Luigi Sorrento in Strozzi, 1909, p. 16), sposò Maria di Bindo Altoviti, detta Marietta, dalla quale nacquero i figli Lorenzo (1561-1595) e Filippo (1562-1609).
In questi anni fu molto vicino all’Accademia degli Umidi, con madrigali e sonetti indirizzati a Lorenzo Scala, Gismondo e Niccolò Martelli. Dopo la trasformazione dell’Accademia degli Umidi in Accademia fiorentina fu eletto Censore nel 1542 e nel 1545. Ma la sua scarsa propensione a esporsi pubblicamente si manifestò quando, nel 1547, si fece espellere per essersi rifiutato di assumere il ruolo di console.
Alla metà del secolo Strozzi era un poeta celebrato, e non solo per i madrigali: il 3 novembre 1549 un suo sonetto, Torbid’onda di lagrime, ch’il chiaro, fu letto e commentato da Michelangelo Serafini presso l’Accademia fiorentina, e poche settimane più tardi gli fu pubblicamente commissionata la ballata monostrofica intitolata Canto delle Furie infernali, da cantarsi durante la mascherata del 18 febbraio 1550. Questo evento, malgrado le furiose polemiche seguite all’allestimento, criticato per l’eccessiva intellettualizzazione di una cerimonia intesa come popolare, marcò un cambio di passo della politica culturale di Cosimo I, che si appropriò del patrimonio simbolico delle cerimonie carnascialesche, trasformandole in una celebrazione aristocratico-cortigiana (M. Plaisance, Festa, teatro e politica nella Firenze del Rinascimento, Lucca 2008, pp. 70 s.). A Giovan Battista Strozzi furono successivamente commissionati altri componimenti da rappresentare pubblicamente, come i tre madrigali sulle Guerriere per la sbarra di Bernardetto dei Medici (1561), e i quattro madrigali della mascherata della Genealogia degli Iddei per le nozze di Francesco I con Giovanna d’Austria (21 febbraio 1566).
Negli anni Sessanta approfondì la sua sperimentazione poetica sul madrigale, ampliando il sistema dei madrigali in serie in veri e propri poemetti lirici (fino ai 131 madrigali che compongono la serie dei Lauretti, scritta per la malattia del figlio Lorenzo), e dispiegando una varietà anche tematica che non ebbe eguali presso i contemporanei. Compose infatti madrigali riguardanti ogni aspetto della vita fiorentina, con particolare attenzione a eventi climatici come nevicate, bufere di vento, inondazioni, ma anche liriche a tema familiare, con raccomandazioni alla moglie Marietta, trasfigurata in Filli, e ai figli, ai quali dedicò ninne nanne e poesie giocose. Da sottolineare, inoltre, le numerose poesie dedicate alle sue terre, sia a livello di interesse fondiario, sia come ricerca di otium, soprattutto presso la sua villa di Monte Oliveto.
Tale villa, poi conosciuta come Villa Strozzi al Boschetto, sorse su precedenti proprietà di famiglia, che Strozzi ampliò a partire dal 1554, acquistando immobili e terre fra Bellosguardo e Monticelli. Strozzi avviò così la creazione di un latifondo piuttosto ampio, e di un parco denominato nelle piante dei Capitani di Parte Guelfa «Castagnio di Giovanbattista Strozzi» (cfr. S. Trotta, Villa Strozzi ‘Al Boschetto’, Firenze 1990, pp. 1-6), dove ammetteva solo ospiti selezionati, fra i quali Giovan Battista Cini. Da questa abitazione extra moenia, offriva di sé l’immagine di un uomo raffinato e appartato, in sintonia con la volontà di Cosimo I di trasformare l’antica oligarchia mercantile in una nuova aristocrazia fondiaria, lontana dalle leve del potere politico se non come parte della macchina burocratica controllata dal duca.
Coerentemente con questo atteggiamento elitario, Strozzi non volle mai mandare a stampa i suoi componimenti, che infatti comparirono solo in libretti celebrativi e stampe musicali (Chater, 2014). Furono infatti i figli a curare l’antologia dei Madrigali pubblicata nel 1593, quindi postuma. Ma la fama che egli godette in vita si riflette nella tradizione manoscritta: esistono più di 100 testimoni, dei quali 39 contengono esclusivamente le sue Rime. Molti di questi testimoni sono di bella fattura, e talvolta illustrati (cfr. Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 56/2, datato 1563, o Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII.990), riflettendo il gusto eletto del pubblico al quale le Rime furono via via dedicate. Altri testimoni presentano collazioni estese, come i codici Firenze, Biblioteca nazionale, II.X.84 e II.X.89, forse in preparazione di un’edizione a cura di Giovan Battista Cini e Vincenzio Borghini (come confermerebbe l‘epistola spedita da Cini a Borghini il 9 maggio 1566, cfr. Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie prima, 133, cc. 54-59). Si segnala inoltre l’importante codice oggi a Parigi, Bibliothèque nationale de France, Italien, 1534, postillato da Jacopo Corbinelli.
Grazie alle rubriche dei testimoni manoscritti (cfr. in partic. Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII.327 e VII. 328) possiamo ricostruire gli scambi poetici e sociali che lo videro coinvolto con numerosi contemporanei, soprattutto fiorentini. Fra questi, oltre ai nomi già citati, e ovviamente ai membri della famiglia dominante (come Isabella dei Medici ed Eleonora di Toledo), sono da ricordare almeno Laura Battiferri Ammannati, Gabriel Fiamma, Giorgio Vasari, Alessandro di Piero Salviati, Tommaso del Nero.
I buoni rapporti con Cosimo I non si interruppero mai e nel 1561 Strozzi fu nominato senatore (cfr. Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 56/1, cc. 59v-62v), e poi magistrato dei Nove conservatori della giurisdizione e del dominio fiorentino (c. 63r), ma si fece dispensare da tale carica per motivi di salute (c. 67v). Che le sue condizioni fisiche andassero peggiorando sembrerebbero dimostrarlo anche i madrigali scritti a seguito di uno svenimento al cospetto di Cosimo, in occasione del quale il sovrano dovette prestargli soccorso sorreggendolo (cc. 119v-120r). Moltissimi madrigali della fine degli anni Sessanta sono dedicati al tema della vecchiaia e della morte, con evocazioni spesso angosciose della propria decadenza fisica.
Morì il 17 dicembre 1571, pochi mesi dopo Marietta, e fu sepolto nella chiesa di S. Bartolomeo presso l’adorata villa di Monte Oliveto.
Fonti e Bibl.: Sulla tradizione manoscritta delle Rime di Giovan Battista Strozzi il Vecchio è di prossima pubblicazione una monografia a cura di L. Amato. Una prima analisi in L. Amato, Appunti sulla tradizione delle Rime di Giovan Battista Strozzi il Vecchio: i manoscritti monografici, in Medioevo e Rinascimento, n.s. 5, 2014, vol. 25, pp. 149-183. Le informazioni sulla vita si ricavano da Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie terza, 75, cc. 168r-169r: L. Strozzi, Vite degl’Huomini illustri della Famiglia degli Strozzi, I, e dagli appunti preparatori dello stesso Luigi Strozzi in Carte Strozziane, Serie terza, 35, cc. 124r-125r e Serie terza, 194, c. 181r. I registri contabili di Giovan Battista, redatti dalla moglie Marietta, si trovano in Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie quinta, filze 126-132 e 1090.
M. Poccianti, Catalogus scriptorum florentinorum, Firenze, apud Philippum Iunctam, 1589, p. 102; G.B. Strozzi, Madrigali, Firenze, Sermartelli, 1593; G.M. Crescimbeni, Dell’istoria della volgar poesia, Roma 1698, II, pp. 120 s., III, p. 198; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 252; F. Trucchi, Poesie inedite di dugento autori, IV, Prato 1847, pp. 35-49, 350-362; G.B. Strozzi, Madrigali, a cura di L. Sorrento, Strasburgo 1909; G.B. Strozzi, Madrigali inediti, a cura di M. Ariani, Urbino 1975; E. Di Marzio, La tradizione manoscritta delle Rime di G.B. Strozzi il Vecchio nelle biblioteche fiorentine, tesi di laurea, Università degli studi di Firenze, a.a. 2002-03; G. Tanturli, Qualche osservazione sulla fortuna in vita di G. S., in La lirica del Cinquecento. Seminario di studi in memoria di Cesare Bozzetti, a cura di R. Cremante, Alessandria 2004, pp. 197-200; J. Chater, Family matters. Music in the life and works of G.B. S. the Elder, in “Compositor moderno et vago”. Perspectives on Luca Marenzio’s secular music, a cura di M. Calcagno, Turnhout 2014, pp. 75-140; L. Amato, Il madrigale di G.B. S. il Vecchio: dalla tipologia delle serie manoscritte al ‘canzoniere’ a stampa, in Medioevo e Rinascimento, n.s., 2015, vol. 26, pp. 181-217.