strumenti musicali
La materia del suono
Uno strumento musicale è un oggetto in grado di emettere suoni e che viene utilizzato per fare musica. La grande varietà di tradizioni musicali esistenti nel mondo ha fatto sì che siano molto varie le modalità con cui l’uomo è riuscito a produrre suoni attraverso gli oggetti. La straordinaria ricchezza di strumenti è un segno della creatività e della capacità di espressione dell’uomo. Il suono viene prodotto dalla vibrazione dell’aria, e la sua qualità dipende dal modo in cui avviene tale vibrazione e dal modo in cui essa risuona nella struttura dello strumento
Solitamente per strumento si intende un manufatto che permette all’uomo di potenziare le proprie capacità, come nel caso degli strumenti scientifici. Di conseguenza, possiamo intendere lo strumento musicale come un oggetto che amplia le possibilità di produzione di suoni da parte dell’essere umano, aggiungendone di nuovi rispetto a quelli ottenibili attraverso il canto o il battito delle mani. Il termine musicale invece fa riferimento a un concetto che può variare molto da cultura a cultura.
Non è sufficiente, infatti, che un oggetto possieda proprietà sonore per considerarlo uno strumento musicale: è necessario che esso sia utilizzato al fine di ‘fare musica’. Pensiamo per esempio a un martello che colpisce l’incudine: nell’officina di un fabbro chiameremo rumore il suono risultante da quel colpo, ma la stessa coppia di oggetti è diventata uno strumento musicale quando qualche compositore (per esempio, Johann Strauss e Giuseppe Verdi nel Trovatore) l’ha utilizzata per arricchire il suono dell’orchestra.
Nel linguaggio corrente si tende a considerare gli strumenti musicali unicamente come manufatti preziosi e altamente specializzati, cioè costruiti e utilizzati esclusivamente per fini musicali. Se però consideriamo la grande diversità che caratterizza la musica popolare di tutto il mondo, possiamo osservare una realtà molto più varia.
Nelle culture orali oggetti di uso quotidiano, come un cucchiaio o un’asse per il bucato, possono diventare veri e propri strumenti musicali, a seconda dell’occasione e del modo in cui vengono utilizzati.
Se pensiamo che la musica è stata ed è praticata da pressoché tutte le popolazioni del mondo possiamo facilmente immaginare l’estrema varietà di strumenti musicali che l’uomo ha prodotto e utilizzato nelle diverse parti del globo nel corso delle diverse epoche storiche.
La storia degli strumenti musicali, infatti, è antica quanto l’uomo stesso e risale alla preistoria. Probabilmente i primi strumenti sono stati concepiti proprio a partire dalle qualità sonore di oggetti di uso comune. Dalla scoperta del suono prodotto dalla corda tesa di un arco da caccia, o da un tronco cavo percosso con un bastone, si passò poi a strumenti costruiti appositamente per l’attività musicale. A partire da pochi semplici elementi, il progressivo differenziarsi e perfezionarsi degli strumenti musicali ha portato lentamente a una stupefacente varietà di forme e funzionamenti.
In ogni civiltà esistono dei criteri per distinguere gli strumenti musicali. Nella cultura cinese, per esempio, gli strumenti si differenziano in base al materiale con cui vengono costruiti; secondo questo principio il gong – un piatto sospeso – risulta simile alla tromba perché entrambi realizzati in metallo. Un ordinamento che voglia dare ragione di tutte le varianti di strumenti musicali deve però utilizzare criteri il più possibile razionali e oggettivi. Questo è appunto il proposito dell’organologia – da òrganon, che in greco significa anche «strumento musicale» –, la disciplina che si occupa dello studio e della classificazione, ossia del loro ordinamento secondo categorie distinte, degli strumenti musicali. A questo scopo l’organologia considera di primaria importanza il modo in cui si origina il suono.
Il funzionamento degli strumenti musicali si basa sul fenomeno, spiegato dalla fisica acustica, della propagazione dei suoni attraverso l’aria. Infatti quando un musicista pizzica la corda di una chitarra, percuote la pelle di un tamburo o soffia nell’imboccatura di un flauto, vengono prodotte delle vibrazioni udibili che l’orecchio dell’ascoltatore riconosce come il timbro caratteristico di quel dato strumento.
Nella maggior parte dei casi il suono di uno strumento musicale dipende dalla combinazione di tre diversi fattori: l’elemento di vibrazione principale; il modo in cui questo è messo in vibrazione; la struttura dello strumento.
L’elemento di vibrazione. È ciò su cui l’esecutore agisce – direttamente o in maniera mediata – per produrre il suono. Si distinguono quattro tipi di materia vibrante e conseguentemente quattro grandi gruppi di strumenti: negli idiofoni l’elemento di vibrazione principale è un corpo rigido: è il caso, per esempio, delle claves sudamericane, due barrette di legno percosse tra loro; nei membranofoni viene messa in vibrazione una membrana in tensione, come per esempio la pelle di un tamburo; nei cordofoni la vibrazione è prodotta sollecitando una corda in tensione: è il caso, fra gli altri, della chitarra; negli aerofoni la materia vibrante è l’aria, come nel flauto e nella tromba. A essi si deve poi aggiungere il gruppo degli elettrofoni – quale è per esempio il sintetizzatore –, nei quali la vibrazione si ottiene per mezzo di dispositivi elettronici.
Il modo della vibrazione. Il secondo fattore considera i diversi modi per ottenere una vibrazione: talvolta dipendono dal gesto dell’esecutore, talvolta dalle caratteristiche costruttive dello strumento. Così un corpo rigido può essere pizzicato (nello scacciapensieri il suonatore pizzica una lamella di metallo), percosso con la mano o con una bacchetta (come accade per i piatti in metallo della batteria). Una membrana generalmente è percossa da una mano o attraverso un battente, ma in alcuni tamburi, detti a frizione, il musicista strofina un bastoncino che trasmette la vibrazione alla pelle. Una corda in tensione può essere pizzicata, sfregata (come accade nel violino per mezzo dell’archetto) o percossa (così agiscono i martelletti all’interno del pianoforte).
Anche la vibrazione dell’aria si può generare in molti modi: nei flauti si produce quando il soffio del musicista si infrange su uno spigolo tagliente dell’imboccatura; negli strumenti ad ancia il musicista immette l’aria attraverso lamelle flessibili che possono essere singole – l’ancia semplice del clarinetto – o a coppie – l’ancia doppia dell’oboe. Infine nelle trombe la vibrazione è prodotta direttamente dalle labbra del musicista che premono contro l’imboccatura dello strumento.
La struttura dello strumento. Per quanto riguarda questo terzo fattore, nella maggior parte degli strumenti l’elemento di vibrazione principale è inserito o appoggiato su una cassa di risonanza. Quest’ultima influisce sulla qualità sonora dello strumento – il timbro – e ne caratterizza anche l’aspetto esteriore: pensiamo, per esempio, alle linee sinuose della chitarra! Altre componenti, invece – come il manico negli strumenti a corda o i fori disposti sul corpo degli strumenti a fiato –, possono servire a modificare l’altezza della nota prodotta. Infine, alcuni strumenti sono dotati di una tastiera che permette facilmente all’esecutore di produrre più note contemporaneamente: è il caso dell’organo, un aerofono, e del pianoforte, un cordofono.
Prima dell’avvento della moderna organologia, la classificazione degli strumenti della musica classica avveniva sulla base di criteri meno scientifici. Ancora oggi per descrivere gli strumenti dell’orchestra si utilizzano termini antiquati e non sempre precisi.
Comunemente gli strumenti di un’orchestra vengono raggruppati in quattro famiglie: percussioni, archi, strumenti a fiato e una famiglia miscellanea che comprende vari strumenti (tra cui l’arpa, la chitarra e il pianoforte). Nei primi due casi – percussioni e archi – la denominazione descrive il modo in cui viene prodotto il suono. Invece tra gli strumenti a fiato si distinguono due gruppi, a seconda del materiale che anticamente era utilizzato per la loro costruzione: gli ottoni – come tromba, trombone e corno – e i legni – come flauto, clarinetto e oboe. Oggi, in realtà, molti di questi strumenti sono realizzati con altri tipi di materiali, ma l’antica denominazione è rimasta immutata nell’uso.