strumento
Termine utilizzato in economia in una varietà di contesti differenti, con particolare riferimento alle operazioni finanziarie e di politica economica.
Modalità attraverso le quali si esplica l’azione dei pubblici poteri per il perseguimento degli obiettivi (➔) di politica economica. I principali s. di politica economica sono: la politica monetaria, costituita dall’insieme degli interventi effettuati dalle autorità per influire sull’andamento del mercato monetario; la politica fiscale o di bilancio, che agisce sulla spesa pubblica e sul prelievo tributario; la politica industriale, che influisce sul funzionamento dell’apparato industriale di un Paese; la politica commerciale, che regola il commercio, soprattutto con l’estero. Per individuare il valore ottimale degli s. necessari al raggiungimento degli obiettivi stabiliti mediante una funzione del benessere sociale, è necessario disporre di una rappresentazione schematica del sistema economico attraverso un insieme di equazioni matematiche (il modello), in cui le variabili esogene sono rappresentate dagli s. e dai dati disponibili e le endogene dagli obiettivi. In tal modo, si possono esprimere le variabili endogene che interessano (obiettivi) in funzione di quelle esogene (dati e s.), ottenendo la forma ridotta del modello (➔ anche variabili strumentali, metodo delle). Si può anche procedere in modo inverso, attribuendo agli obiettivi determinati livelli e stabilendo quali valori debbano essere dati agli s. nell’intento di raggiungerli. Secondo il principio di Tinbergen (➔ Tinbergen, Jan), affinché il modello sia risolvibile, il numero degli s. di politica economica indipendenti deve essere almeno uguale a quello degli obiettivi.
Operazioni negoziali attraverso le quali gli agenti economici si accordano per trasferire somme di denaro nello spazio (a fronte di pagamenti da effettuare), nel tempo (per ricevere o concedere crediti) o per trasferire rischi connessi a eventi futuri incerti. L’art. 1, 2° co. del Testo Unico sulla Finanza (➔ TUF) elenca tassativamente le tipologie di prodotti rientranti nella categoria degli s. finanziari, che includono: i ‘valori mobiliari’ (quelli che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, come per es. le azioni di società e i certificati di deposito); gli s. del mercato monetario (buoni del Tesoro, certificati di deposito, carte commerciali); le quote dei fondi comuni di investimento; gli s. finanziari derivati (➔ anche derivato p). Questi ultimi sono contratti che incorporano la promessa di eseguire una prestazione monetaria basata sull’andamento del prezzo di un’altra attività (sottostante), generalmente finanziaria (s. finanziario, tasso di interesse, valuta). Quando l’attività sottostante è reale (per es., oro, petrolio, legname), si parla di derivati su attività reali (commodity derivatives). Il valore degli s. derivati dipende (‘deriva’) quindi sempre dal valore di un sottostante. Gli s. derivati si distinguono innanzitutto dagli s. finanziari primari, il cui valore non dipende da quello di altri s. finanziari e che sono creati per raccogliere risorse (per es., azioni, obbligazioni) e non per gestire il rischio (come invece avviene per gli strumenti derivati). In secondo luogo gli s. derivati implicano sempre il differimento della prestazione, e quindi si differenziano dagli s. contrattati con liquidazione non differita (contratti ‘a pronti’ o spot). Gli s. derivati possono infine essere simmetrici, ossia vincolanti per entrambe le parti (➔ forward; futures; swap p) oppure asimmetrici, ossia vincolanti per una sola delle parti (tutti i contratti di opzione).