STRUTTURALISMO
. Si suol dare il nome di "strutturalismo" ad un vasto orientamento dell'indagine linguistica contemporanea, che, nonostante la molteplicità delle scuole, caratterizzate da divergenze talora notevoli, riceve la sua fondamentale unità di presupposti teorici e metodologici dall'applicazione alla lingua del concetto di "struttura", ampiamente produttivo nel pensiero scientifico moderno, dall'identificazione cioè dell'essenza della lingua in un sistema unitario di elementi interdipendenti; tale essendo l'oggetto dell'indagine, questa non può essere che strutturale, nel senso che i singoli elementi linguistici devono essere conosciuti nelle relazioni reciproche e nel loro rapporto con il tutto.
L'affermazione esplicita di questi principî, e la traduzione in termini linguistici delle diverse suggestioni ed esperienze scientifiche della fine del secolo scorso, si deve al Cours de linguistique générale di F. de Saussure, che è all'origine della dottrina e del metodo strutturali, anche se non tutte le scuole ne dipendono direttamente.
Dall'opposizione saussuriana della "langue" alla "parole" viene affermata energicamente l'esigenza di riconoscere l'oggettività della lingua, mentre la definizione di tale oggettività mediante i concetti di sistematicità e formalismo (".. partout et toujours ce même équilibre complexe de termes qui se conditionnent réciproquement. Autrement dit, la langue est une forme et non une substance", Cours, 4ª ed., 1949, p. 169) porta l'attenzione sul piano sincronico, e legittima una ricerca di carattere immanente, volta cioè a riconoscere come linguistico tutto e soltanto ciò che all'interno del sistema riceve la sua individuazione, il suo condizionamento e la sua motivazione. Il concetto di sistema, essendo la lingua uno "strumento" atto a significare, comporta il riconoscimento di ciò che è essenziale al suo funzionamento, e si integra perciò con quello di funzione: è funzionale tutto ciò che concorre ad individuare gli elementi di un complesso di significanti univocamente combinati con un complesso di significati. Dal comune presupposto teorico, fondato sui concetti di "struttura" e "funzione", dipende l'unità del programma metodologico, che, pur nella molteplicità delle attuazioni e dei risultati, conduce l'indagine sulle direttive essenziali del riconoscimento e della definizione dei singoli elementi funzionali e dei loro rapporti reciproci e costanti, secondo il criterio della pertinenza o rilevanza strutturale e attraverso il procedimento della commutazione.
Così, ad esempio, per l'italiano, in d la sonorità è pertinente perché coesiste nel sistema il fonema t, che si distingue dal primo, solo, appunto, per non essere sonoro; mentre non lo è la sonorità in n, perché non esiste la sorda corrispondente. D'altro canto, le occlusive sonore velare e dentale g e d rappresentano due fonemi diversi perché, mediante la commutazione, i due elementi si rivelano capaci, da soli, d'individuare unità linguistiche diverse (es.: vago e vado); non così la nasale velare e quella dentale (come le troviamo, ad es., in tengo e tendo), incapaci, da sole, ad operare individuazioni del genere. E in altro campo, le coppie il-la (o lo-la) e il-lo, si differenziano per il fatto che la prima comporta un'opposizione funzionale: maschile-femminile (commutando: il pianista - la pianista), mentre ciò non avviene per la seconda, che varia automaticamente per le contingenze sintagmatiche. Nel campo lessicale infine, il rapporto reciproco tra due parole come paura e timore, rimane definito dalle possibilità di commutazione. Es.: timore (non paura) di Dio; la paura (non il timore) dell'acqua; per timore (o per paura) di complicazioni.
Questi procedimenti sono fondati sul presupposto, risalente in ultima analisi alla concezione saussuriana del segno, che il piano delle unità distintive (significante), e quello delle unità significative (significato), siano organizzati l'uno in rapporto all'altro in modo che un differenziamento su un piano sia da considerare "pertinente" quando corrisponda a un differenziamento sull'altro.
Dalla stessa ricchezza e pregnanza dell'eredità saussuriana, nonché dal valore polemico di talune affermazioni, e dalla mancanza di una sistemazione definitiva di così vasto materiale teorico (il Cours fu ordinato e pubblicato postumo dagli allievi), derivano però anche le divergenze notevoli che si riscontrano nei diversi settori dell'attuale s.; in essa, a parte differenze di minor conto, è dato distinguere tre indirizzi fondamentali: quello facente capo alla scuola "fonologica" di Praga, rappresentata principalmente da N. S. Troubetzkoy e R. Jakobson; quello della "glossematica" danese, fondata da L. Hjemslev; quello dei linguisti americani, che si ispirano agli insegnamenti di L. Bloomfield. La divergenza fra i tre indirizzi è fondata essenzialmente sul diverso modo d'intendere l'istanza formalista.
L'ammissione di un'alterità che distingue il suono concreto, illimitato nei suoi caratteri fenomenici, e il fonema, concepito come unità astratta, individuata da determinati tratti distintivi, e capace d'individuare unità più complesse, dà luogo, nella scuola di Praga, a un'esigenza di sistemazione degli schemi della funzione distintiva, fondata esclusivamente sulle ragioni interne di questa: nasce così, contrapponendosi alla tradizionale fonetica, la fonologia, che riconosce la realtà del fonema soltanto nell'autonomia della sua funzione, ravvisando nella forma fonica una condizione necessaria ma non sufliciente alla sua costituzione: vengono perciò introdotti i concetti di variante (in italiano, ad es., la nasale velare e quella dentale), di opposizione distintiva (sordità e sonorità in p-b), di coppia correlativa e proporzionalità (p : b = t : d), di simmetria (vocali posteriori u-î-ï-; vocali anteriori i-è-é), essenziali per una presa di possesso razionale delle strutture linguistiche. Ma il valore della forma fonica, seppure obliterato nella fase "sincronica" della fonologia, viene riaffermato, ad opera degli stessi strutturalisti (R. Jakobson, A. Martinet), nell'applicazione del metodo alla ricerca diacronica; viene così portata in luce l'esigenza di estendere il concetto di rilevanza anche a quei fattori che, ritenuti extrafunzionali rispetto ad una struttura autosufficiente nella sua definizione astratta, sono in realtà operanti, e linguisticamente operanti, nella dinamica delle lingue (ad es. la sonorità delle nasali italiane). Sono per questa via elaborati, ed estesi dal campo fonologico agli altri campi dell'indagine, i concetti di "norma" (E. Coseriu), di "economia" (A. Martinet), che nella loro nuova formulazione esprimono la rivalutazione della complessità e del dispendio, come fattori "strutturali" allo stesso titolo dell'uniformità logica e dell'utilizzazione massima del minor numero di elementi.
Più difficile il superamento dell'antinomia tra sincronico e diacronico per gli altri due indirizzi dello strutturalismo, convergenti in una posizione dichiaratamente "antisostanzialista". I glossematisti rifiutano come non formale, e quindi non linguistica, la "sostanza" fonica, sul piano dell'"espressione", e quella mentale, sul piano del "contenuto"; intendono quindi guadagnare la funzionalità del sistema definendo gli elementi linguistici esclusivamente sulla base delle loro relazioni (v. glossematica). Analogamente, gli strutturalisti americani si propongono, in conformità con i presupposti antimentalisti dettati dalla psicologia comportamentista, una descrizione del sistema linguistico che, a prescindere dai significati, ritenuti estranei alla natura formale di esso, si fonda sulle possibilità combinatorie (ingl.: distribution) delle unità come risultano dal confronto e dall'esame dei sintagmi, risolvendo empiricamente il problema della loro identificazione.
È merito innegabile dello s. avere definitivamente richiamato l'attenzione sul fatto che, per attingere l'essenza del fenomeno linguistico, è indispensabile considerare le unità relative anche nei mutui rapporti che tra esse intercorrono; ma è altrettanto vero che ogni esclusivismo antisostanzialista, identificando l'esigenza immanentista con l'astrazione del sistema di funzioni dalla realtà concreta che le attua, si preclude la conoscenza di quella dinamica che prende le mosse dai fattori extrafunzionali, continuamente introdotti nella catena del discorso dall'individualità dell'azione del parlante.
Bibl.: Per la fonologia: N. S. Troubetzkoj, Grundzüge der Phonologie, Praga 1939, (traduzione franc. a cura di J. Cantineau, Principes de phonologie, con annessa appendice di R. Jakobson, Principes de phonologie historique, Parigi 1949); A. Martinet, Économie des changements phonétiques. Traité de phonologie diacronique, Berna 1955; R. Jakobson, M. Halle, Fundamentals of language (in partic. I: Phonology and phonetics), L'Aia 1956.
Per la linguistica danese v. glossematica, in questa App.
Per lo strutturalismo americano: oltre L. Bloomfield, Language, New York 1933, v. Z. S. Harris, Methods in structural linguistics, Chicago 1951; Ch. F. Hocket, A manual of phonology, Baltimora 1955; id., A course in modern linguistic, New York 1958; autori varî, Readings in linguistics, Washington 1957.
Per opere di revisione dello strutturalismo: oltre A. Martinet, cit., vedi B. Malmberg, Système et méthode, Lund 1945; E. Coseriu, Sistema, norma y habla, Montevideo 1952; W. Belardi, ELementi di fonologia generale, Roma 1959; L. Heilmann, Origini, prospettive e limiti dello strutturalismo, in Convivium, V (1958).
I principali periodici d'indirizzo strutturalista sono, oltre i Travaux du cercle linguistique de Prague (1929-1938): Travaux du cercle linguistique de Copenhague (1944 sgg.); Word (1945 sgg. e, in particolare, il vol. X [1954], Linguistics today); Lingua (1946 sgg.); Travaux de l'Institut de linguistique de Paris (1956 sgg.); numerosi contributi di carattere strutturalistico si trovano anche in riviste come Archivum Linguisticum, Cahiers F. de Saussure, Language, International Journal of American Linguistics, e numerose altre.