correlative, strutture
In linguistica il termine correlativo può indicare una coppia di parole messe in relazione attraverso sintagmi o intere proposizioni, l’unione di una proposizione e di un pronome a essa collegato o, in modo più specifico, un tipo di proposizione relativa (Lipták 2009), che si combina a un’espressione non adiacente a essa collegata (v. in hindi: jo laRkii KhaRii hai vo lambii hai, lett. «la quale ragazza si è alzata in piedi, quella è alta», cioè «la ragazza che si è alzata in piedi è alta»).
In un’accezione estesa si definiscono correlative le strutture frasali composte da due costituenti o proposizioni legati da un rapporto di reciproca dipendenza. La relazione correlativa è in genere segnalata da elementi correlati, che si richiamano l’un l’altro o mediante risorse morfo-lessicali (l’uno ... l’altro, da una parte ... dall’altra), o mediante una relazione logica di congiunzione (né ... né, sia ... sia, o ... o, altrettanto ... quanto, così ... come, tale ... tale, tale ... quale, più ... meno, più ... più, tanto ... quanto). Nel primo caso il fenomeno prende il nome di correlazione morfo-lessicale; qualora invece tra i due elementi sussista un rapporto di congiunzione, il fenomeno è definito come correlazione grammaticale (Choi-Jonin 2009).
Tra gli elementi correlati si determina un rinvio ana-cataforico (cioè al tempo stesso anaforico e cataforico; ➔ anafora; ➔ catafora). Data una coppia di termini correlati (x, y), sono definite correlate le strutture sintattiche in cui l’occorrenza di x esige la presenza del termine y e viceversa:
(1) a. tale padre, tale figlio
b. * tale padre, figlio
(2) a. più ci parlo, meno mi è simpatico
b. * più ci parlo, mi è simpatico
Ciascun elemento correlato individua una porzione della frase, che risulta così divisa in due membri. Tra i due membri vige un principio di isomorfismo: la struttura in cui compare il termine x coincide con quella in cui compare il termine y. In (3) i due membri della struttura correlativa sono entrambi rappresentati da una frase; in (4) da un sintagma nominale:
(3) o ti sbrighi, o perdiamo l’autobus
(4) quale il padre, tale il figlio
In molti casi l’apparente difformità dei due costituenti è dovuta a ellissi, ad es.: o assumi Mario o (assumi) Giovanni.
Alcuni test permettono di stabilire se in una data frase ricorre una struttura correlativa (Sornicola 1986): nelle strutture correlative vere e proprie non è possibile omettere uno dei due membri correlati, né sostituirlo con un costituente categorialmente diverso:
(5) a. più lo conosco, meno mi convince
b. * più lo conosco
c. * più lo conosco, giovedì prossimo
Spesso è bloccata anche l’inversione dei due membri correlati:
(6) a. meno lo vedo, meglio sto
b. * meglio sto, meno lo vedo
Il test dell’inversione può dare un risultato accettabile nella cosiddetta coordinazione correlativa:
(7) a. puoi andare sia a piedi sia in auto
b. puoi andare sia in auto sia a piedi
(8) a. o rimaniamo a casa o andiamo al cinema
b. o andiamo al cinema o rimaniamo a casa
Non è facile stabilire quale statuto ricopra la relazione correlativa rispetto alla coordinazione e alla subordinazione. Secondo alcuni (Matthews 1982: 247-251), si tratterebbe di una relazione a sé stante, da inserire nell’ambito della giustapposizione. A differenza della relazione subordinativa, nei costrutti correlativi nessuno dei due membri può svolgere indipendentemente il ruolo di frase (di qui l’inapplicabilità del test della soppressione). Contrariamente ai costituenti coordinati, i membri delle strutture correlative non sono autonomi: infatti la presenza di un termine determina l’attesa dell’altro.
In una prospettiva diacronica, si suppone che la correlazione abbia avuto un ruolo determinante nella formazione della frase complessa, originatasi nelle lingue indoeuropee grazie a un rinnovamento formale e funzionale delle strutture binarie di tipo correlativo del protoindoeuropeo (Haudry 1973).
Il processo può essere ricostruito osservando il progressivo costituirsi in latino delle varie subordinate. La frase complessa latina si è sviluppata dal dittico correlativo normale (ad es. qui bene amat, is bene castigat «bisogna saper punire coloro ai quali si vuole bene»), cioè dalla combinazione di due proposizioni, l’una introdotta da un elemento appartenente al sistema degli indefiniti-relativi (*kwo), l’altra da un pronome che funziona come ripresa testuale o endoforico (*to / *i). A tale struttura si affianca in un secondo momento il dittico inverso (es. id doleo quod mea filia abest «soffro perché mia figlia è lontana»), in cui il membro introdotto dal pronome endoforico appare in prima posizione (*i /*to...*kwo). In seguito la possibilità di eliminare il termine endoforico o di fondere i due termini correlativi determina la nascita dei vari tipi di subordinata.
Le strutture correlative possono essere suddivise in due gruppi: paratattiche (o parallele) e ipotattiche (o subordinate). Nelle prime i due membri, introdotti rispettivamente da un elemento cataforico e da uno anaforico, si collocano sullo stesso piano sintattico, senza che sia possibile individuare una principale e una dipendente (➔ sintassi). Nelle correlative ipotattiche il rapporto tra le due proposizioni è asimmetrico: uno dei due termini di correlazione è infatti una congiunzione subordinante, che introduce una subordinata e che annuncia ana- o cataforicamente la relazione semantica che vige tra le due proposizioni.
In quest’ambito rientra innanzitutto la coordinazione correlativa, che può avere valore copulativo (e ... e, sia ... sia, né ... né), disgiuntivo (o ... o) o avversativo (non solo / non soltanto ... ma anche).
Mediante tali coppie correlative possono essere coordinati sintagmi o intere proposizioni:
(9) il progetto è naufragato e per la sua incapacità e per l’oggettiva mancanza di fondi
(10) né lo biasimo né lo giustifico
Tra i nessi correlativi coordinativi si distinguono nessi indifferenziati (nei quali il primo termine è identico al secondo) e nessi differenziati (nei quali la coppia correlativa è costituita da elementi diversi).
Sono da classificare tra i nessi indifferenziati coppie come e ... e, né ... né, o ... o, dove ciascun termine è rappresentato da una congiunzione, e le coppie vuoi ... vuoi e sia... sia, entrambe originatesi da voci verbali.
È invece un nesso differenziato la coppia correlativa non solo / non soltanto... ma, in cui il primo termine è rappresentato da un avverbio, mentre il secondo consiste in una congiunzione, eventualmente rafforzata da anche o altresì:
(11) Luca non solo ha vinto la gara, ma ha anche battuto il record personale
È differenziato anche il nesso correlativo, di spiccato carattere letterario, non che (nonché)... ma «non solo ... ma»:
(12) era reputato il piggiore uomo che, non che in Pistoia [fosse], ma in tutto il mondo fosse (Boccaccio, Dec. IX, i, 8)
Nell’italiano contemporaneo questo impiego è pressoché scomparso; nonché ha infatti acquisito il valore di semplice congiunzione copulativa (era stanco, nonché irritato).
Costrutti correlativi paralleli sono realizzati anche con coppie di pronomi o avverbi legati da reciproca corrispondenza come (l’)uno ... l’altro, alcuni ... altri:
(13) alcuni suonavano, altri ballavano
(14) l’uno dice di sì, l’altro di no
Il pronome neutro altro in correlazione con sé stesso presenta un valore neutro ed è impiegato per opporre due situazioni:
(15) altro è parlare, altro è fare
Determina un rapporto di identità (e una sfumatura comparativa) il nesso formato mediante il pronome indefinito tale:
(16) tali erano allora, tali sono oggi
In strutture correlative di questo tipo, nel secondo membro può comparire anche quale, ma si tratta di un uso letterario. In italiano antico si osserva anche l’uso del nesso tale ... tale o quale ... quale con il significato di «l’uno ... l’altro» («Tali rifiutaro, e tali accosentiro»: Novellino LXIV, 3).
Un particolare uso correlativo ha il pronome relativo doppio chi, che nella coppia chi… chi non determina alcun rapporto di subordinazione, ma assume un valore enumerativo-distributivo (➔ enumerazione):
(17) nel locale c’era molta confusione: chi cantava, chi suonava, chi ballava sui tavoli
La frase in (17) ammette due riformulazioni, caratterizzate entrambe dal ricorso a pronomi correlativi (uno... uno... un altro) e dal valore enumerativo dell’intera sequenza:
(18) uno cantava, uno suonava, un altro ballava sui tavoli
(19) uno che ballava, uno che suonava, un altro che ballava sui tavoli
L’esempio (18) sembra confermare il valore di indefinito che il pronome chi assume in tali configurazioni. In (19), ognuno dei tre membri correlati contiene invece una relativa. Sebbene la diversa struttura della frase in (19) non sembra alterare il significato dell’intera sequenza, tuttavia una differenza sussiste a livello informativo e cognitivo: in ogni membro la relativa permette infatti di scindere in due momenti ciò che in (18) era espresso mediante un’unica predicazione (uno cantava), richiamando prima l’attenzione su ogni referente (e ponendolo nel discorso) per poi chiarire quale azione stia compiendo.
Altre strutture correlative paratattiche sono introdotte da connettivi avverbiali. La sequenza ora... ora esprime una relazione d’alternativa:
(20) ora dice una cosa, ora ne dice un’altra
Le sequenze da una parte... dall’altra (d’altra parte), da un lato... dall’altro realizzano varie funzioni: servono a introdurre una lista composta da due elementi, come in (21), o a istituire una relazione avversativa tra i due membri, come in (22):
(21) Per P. N. [...] bisogna combattere due atteggiamenti tipici delle istituzioni: da una parte quelli che pensano di risolvere tutto da soli e dall’altra i cinici che lasciano al volontariato la responsabilità di occuparsi di chi sta male («Corriere della Sera» 23 dicembre 1998)
(22) Da una parte egli bramava di abbandonarsi alla sua tenerezza, e dall’altra si ribellava ad essa (Elsa Morante, Menzogna e sortilegio, p. 545).
Nei costrutti di questo gruppo si individua un elemento subordinato e uno sovraordinato. Tra le strutture correlative subordinate sono classificate le consecutive forti (➔ consecutive, frasi) e le comparative (➔ comparative, frasi). Questi due tipi frasali, nelle forme canoniche, sono strutture binarie composte da proposizioni inseparabili, collegate da marche correlative differenziate, una delle quali agisce come complementatore, segnalando dunque un rapporto di subordinazione.
Nelle consecutive la correlazione è realizzata mediante la sequenza tanto / così / talmente [+ aggettivo] che o tale [+ nome] che:
(23) Maria è tanto bella che tutti se ne innamorano
(24) parla con una tale foga che tutti ne hanno soggezione
Tra le comparative, si hanno strutture correlative sia nella comparazione di grado sia in quella di analogia. Nella comparazione di grado le marche correlative più usate sono più / meglio ... di quanto / di quello che, meno / peggio ... di quanto / di quello che, tanto ... quanto, così ... come, tale ... quale:
(25) a. è più intelligente di quanto pensavo
b. guadagna meno soldi di quanti ne spende
c. c’erano tanti posti quanti erano gli invitati
d. non è così bravo come mi hai detto
e. tale si mostra quale tu l’hai descritto
La coppia di termini correlativi tipica della comparazione di analogia è costituita da come... così (anche) / altrettanto:
(26) come mi suoni così ti canto
A differenza delle costruzioni paratattiche, le correlative subordinate hanno un ordine più rigido. Sia nelle consecutive, sia nelle comparative la proposizione introdotta dall’elemento subordinante non può essere anteposta alla reggente (* che tutti se ne innamorano Maria è tanto bella; * di quanto pensavo è più intelligente).
Sono strutture tipicamente correlative anche le cosiddette comparative di proporzionalità (Serianni 19912: 617) o costruzioni siamesi (Stage 2006; Pelo 2009), formate mediante le coppie (quanto) più ... (tanto) più, (quanto) meno ... (tanto) meno, (quanto) più ... (tanto) meno, (quanto) più / meno ... (tanto) meglio:
(27) a. quanto più parla, tanto più mi annoia
b. più mangia, più ingrassa
c. meno parla, meglio è
In tali costrutti, tra i due contenuti proposizionali sussiste un rapporto di variazione proporzionale diretto o indiretto. Grazie al loro effetto intensivo o iterativo, le strutture siamesi sono particolarmente idonee alla formulazione di ➔ proverbi.
Tra le due componenti della costruzione siamese può essere inserita una congiunzione (e), che non ha un valore coordinativo, ma conclusivo, in grado di rafforzare la relazione di implicazione tra i due stati di cose:
(28) più mangia e più ingrassa
Anche le frasi dichiarative possono costituire il secondo membro di una struttura correlativa:
(29) ti dico questo: che ne ho abbastanza delle tue cattiverie
Infatti, tra l’elemento prolettico della reggente (in 29 il pronome dimostrativo) e l’introduttore della subordinata c’è infatti lo stesso rinvio anacataforico che caratterizza le strutture correlative.
Altre subordinate ammettono di essere formulate come correlative, purché nella reggente sia presente un elemento (avverbio o connettivo) che rinvia al contenuto proposizionale della subordinata. Si determinano così strutture correlative causali:
(30) siccome non si sentiva bene, allora ha deciso di andare dal medico
temporali:
(31) quando sarai grande, allora capirai
condizionali:
(32) se un serpente è velenoso, allora è pericoloso
concessive:
(33) benché non abbia studiato molto, tuttavia ha riportato buoni voti in pagella
Nei tipi appena elencati (30-33) la correlazione interessa un livello più superficiale: infatti, la correttezza grammaticale e la perspicuità della frase non sono pregiudicate dalla soppressione del termine correlativo della reggente o del membro subordinato (siccome non si sentiva bene, ha deciso di andare dal medico).
In tali casi la correlazione agisce dunque a livello testuale e discorsivo, rinforzando il legame tra le due proposizioni.
La distinzione tra strutture correlative paratattiche e strutture correlative ipotattiche interessa anche il piano informativo. Nelle strutture correlative del primo tipo i due membri condividono lo stesso statuto informativo, invece, nelle strutture correlative subordinate uno dei due membri rappresenta il tema, mentre l’altro funge da rema. In genere è il secondo membro ad assumere il ruolo di rema, mentre il primo ne costituisce lo sfondo o la premessa (più mangi, più ingrassi).
Secondo alcuni (Sornicola 1986) la correlazione non deve necessariamente attuarsi mediante marche morfo-lessicali. Vari costrutti privi di termini correlativi reagiscono allo stesso modo delle strutture propriamente correlative ai test menzionati sopra (soppressione di uno dei due membri, inversione e sostituzione categoriale). In alcune frasi proverbiali, composte da due membri simili, semplicemente giustapposti, l’inversione, anche se possibile, altera il significato della frase:
(34) a. sposa bagnata, sposa fortunata ~ * sposa fortunata, sposa bagnata
b. mani fredde, cuore caldo ~ * cuore caldo, mani fredde
Il rapporto di implicazione tra le due parti delle frasi in (34) risulta rovesciato se il secondo membro è anteposto al primo. La relazione correlativa dei due membri è data dalla particolare scissione della configurazione intonativa, che riflette l’articolazione tema-rema. Lo stesso schema ricorre in costrutti apparentemente coordinati, ma legati da una relazione di implicazione e dotati di un valore ipotetico (Simone 1995):
(35) a. fallo e vedrai
b. smettila o ti sbatto fuori
Le frasi in (35) hanno una particolare prosodia, che concorre a realizzarne il rapporto implicativo. La curva intonativa è infatti sospesa sul primo membro, per poi, dopo una pausa, continuare in maniera discendente sul secondo (➔ intonazione). La prima parte della frase si pone come condizione al realizzarsi del contenuto proposizionale della seconda parte (fallo e vedrai → se lo fai, poi vedrai). Nelle frasi in cui la marca d’implicazione è rappresentata da o (dunque da un connettivo disgiuntivo), si realizza una differente relazione ipotetica: mentre il connettivo e materializza l’ipotesi formulata nella prima parte, o (e connettivi analoghi come altrimenti, sennò, ecc.) esprime l’ipotesi contraria al contenuto proposizionale codificato nel primo membro (smettila o ti sbatto fuori → se non la smetti, ti sbatto fuori).
In italiano antico le strutture correlative presentano varie realizzazioni e un’alta frequenza. Il ricorso alla correlazione è del resto determinato in buona parte dall’influsso dei modelli latini (Segre 19762), anche se non sempre nel passaggio all’italiano il valore correlativo si mantiene. Ad esempio nella resa del modulo in hoc... quod, la sequenza in ciò che assume lo statuto di una congiunzione causale, senza che sia possibile individuare un rapporto ana-cataforico tra il dimostrativo e il che («eo riccor laudo in ciò che non pò l’omo dispregiare tezoro»: Guittone d’Arezzo, Lettere XXV, 40).
Soprattutto nei testi argomentativi, la correlazione è sfruttata per conseguire particolari effetti retorici e ritmici, nonché per istituire parallelismi e simmetrie fra le parti del periodo.
L’italiano antico presenta varie peculiarità nell’ambito della tipologia delle marche di correlazione. Nelle strutture correlative parallele si osserva l’uso della coppia non tanto ... ma anco con il valore di «non soltanto ... ma anche»:
(36) siate sollicito a fare ciò che potete, di mostrare che voi amate la fame dell’onore di Dio e della salute dell’anime. E non tanto sopra il popolo cristiano, ma anco sopra il popolo infedele (Caterina da Siena, Lettere LIII, 5)
Alcune strutture correlative paratattiche, costruite mediante le marche bene / certo / veramente ... ma, realizzano una movenza concessiva di tipo retorico-discorsivo (Mazzoleni 2002: 408-409):
(37) Et ben potrebbe il dittatore dicere parole diritte et ornate, ma non varrebbero neente s’elle non fossero aconcie alla materia (Brunetto Latini, La Rettorica LXXVI, 22)
Anche nell’ambito della correlazione ipotattica la prosa antica presenta alcuni caratteri specifici. Piuttosto ridotta è la possibilità di omettere nelle comparative di proporzionalità i termini quanto e tanto nella coppia quanto più / meno ... tanto più / meno. Si osserva tuttavia maggiore libertà nella disposizione delle proposizioni; il membro subordinato può infatti apparire in seconda posizione (Agostini 1978: 402):
(38) Graziose donne, manifesta cosa è tanto più l’arti piacere quanto più sottile artefice è per quelle artificiosamente beffato (Boccaccio, Dec. VIII, X, 3)
Questo fenomeno si verifica anche in altri tipi di subordinate. Nella fase antica, infatti, le marche della correlazione ipotattica hanno un orientamento diaforico (possono funzionare sia come anaforici sia come cataforici):
(39) E ppercioe s’indugioe, perché la luna igli disturbava troppo (Tristano riccardiano LXXIX, 11-12)
Frequenti sono le frasi relative richiamate nella reggente da un elemento dimostrativo:
(40) Ma quelli il quale s’arma sìe d’eloquenzia che non possa guerriare contra il bene del paese [...] questo mi pare uomo e cittadino utilissimo (Brunetto Latini, La Rettorica III, 1)
Infine, in italiano antico si segnalano anche strutture correlative paraipottatiche (➔ paraipotassi), composte da un primo membro in cui figura una congiunzione subordinante e da un secondo membro avviato da una congiunzione coordinante, come ma o e (Mazzoleni 2002: 411-412). Strutture correlative di questo tipo presentano un ordine bloccato:
(41) et avegna che ’l suo testo sia recato in sìe piane parole che molto fae da intendere tutti, ma tutta volta lo sponitore dirae alcune parole per più chiarezza (Brunetto Latini, La Rettorica, I, p. 31).
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