STUCCO (tectorium, albariam opus)
È anzitutto l'impasto di calce e pozzolana, miste a polvere di marmo o gesso che si adoperò sino da tempi antichissimi per rivestire di uno strato omogeneo (v. intonaco) una superficie qualsiasi di opera architettonica o statuaria, in vista di una successiva applicazione di colori. La superficie preliminarmente coperta di stucco bianco unito è il presupposto dell'opera del pittore: come il foglio da disegno per il disegnatore. Vitruvio (VII, 3) e Plinio (Nat. Hist., XXXVI, 176) suggeriscono le norme per un buon impasto di stucco.
La bontà dello stucco per intonaco è in ragione diretta del numero degli strati, nonché della quantità e finezza della polvere di marmo, la quale serve a conferire allo stucco la solidità e la bianchezza lucente di questo. Gli architetti e pittori egiziani fino dall'antico impero si servirono dello stucco non soltanto per intonacare gli ambienti, ma anche per preparare la pittura delle casse o sarcofaghi lignei, nonché delle maschere delle mummie.
Sotto tutti questi aspetti lo stucco rimane interamente subordinato alla pittura, e la storia dello stucco all'evoluzione dell'arte pittorica.
Antichità. - Già però in età antichissima, si trovano testimonianze di un uso dello stucco, affatto indipendente dall'attività del pittore. È questo lo stucco plastico: lo stucco applicato sul fondo di pareti o di vòlte, non più come uno strato omogeneo, ma trattato alla stessa stregua della creta, per composizioni in rilievo (caelatura tectorii). Già nel palazzo minoico di Cnosso si trovarono decorazioni parietali consistenti in figure umane e animalesche, eseguite a forte rilievo in stucco gessoso, riferibili al tardo periodo del palazzo (1600 circa a. C.), e contemporanee a manifestazioni affini del mondo egiziano (XVIII dinastia).
Lo stucco plastico applicato a decorazioni parietali prende sviluppo specialmente in regioni dove il marmo manca del tutto o scarseggia. A Vulci, nell'Etruria, si trova uno dei più antichi esempî di stucco plastico nella decorazione ai lati della porta della Tomba François, celebre per le sue pitture (del 300 circa a. C.). Più importante, per quanto un po' più recente, è la tomba detta appunto "degli Stucchi", nella necropoli di Cere (Cerveteri), nella quale le pareti e i pilastri sono ricoperti con rappresentazioni di oggetti domestici ed altre figure eseguite a stucco in rilievo colorato.
Lo stucco plastico doveva essere conosciuto largamente nel mondo ellenistico, ad Alessandria come a Pergamo. Nel tempio di Artemide a Stinfale (Arcadia) Pausania ricorda (VIII, 22, 5) di avere visto dei rilievi per i quali era rimasto incerto se fossero eseguiti in legno oppure - come è più probabile - in stucco gessoso (γύψος). A Pompei e a Roma, dove si hanno finora gli unici importanti esempî di stucco plastico, la tecnica dello stucco può essere stata facilmente trasmessa dall'Etruria, mentre gli artefici specialisti possono anche essere venuti dall'Oriente ellenistico.
Lo stucco plastico, quale si trova praticato in pieno mondo romano, è una forma di decorazione architettonica, suscettibile di rendere, per mezzo del rilievo, gli stessi effetti di un monocromo pittorico. Dal punto di vista del repertorio e dell'effetto estetico, nessuna differenza sostanziale intercede fra pittura e stucco. Il rilievo in stucco tende anzi ad assimilarsi, quanto più è possibile, con la pittura: malgrado il rilievo, esso è pertanto un genere d'arte il quale presenta molto maggiori affinità con la pittura che con la scultura.
Caso per caso, l'adozione dello stucco in cambio della pittura era consigliata soltanto da ragioni di convenienze pratiche, di visibilità, di conservazione e di durata, piuttosto che da ragioni di gusto. Onde vediamo applicato lo stucco plastico: a) per decorazione di superficie esterne, o facciate, di edifici e di monumenti, soprattutto sepolcrali; b) per decorazione di ambienti interni, specialmente soggetti a sbalzi di temperatura, umidità e fumosità (come gli edifici termali); c) per decorazione di ambienti sotterranei (specialmente ipogei sepolcrali), esposti all'umidità permanente del terreno.
Lo stucco plastico, manipolato come una poltiglia molle e diluita, veniva applicato ancor molle, mediante una spatola, alla superficie intonacata da decorare. La poltiglia avendo una facile presa e andando soggetta ad una lenta essiccazione, permetteva facilmente all'artista di modellare la materia secondo i proprî intendimenti, col solo aiuto di spatole più o meno sottili, o anche del pollice. Nel caso di cornici o di motivi ornamentali ricorrenti, era facile l'uso di appositi stampi o matrici. Il rilievo figurato non è mai molto forte; di rado, nei monumenti romani, supera i due centimetri. Per dati particolari, e specialmente per le cornici di un aggetto maggiore (fino a 10 cm. e oltre), si faceva uso di perni di ferro sporgenti, preventivamente inseriti nella parete a opportune distanze, e costituenti una specie di armatura dello stucco.
Per le decorazioni a stucco destinate a ricoprire parecchi metri quadrati di pareti o di vòlte, si eseguiva anzitutto la riquadratura generale. I singoli quadri figurati erano spesso preceduti da un abbozzo preparatorio, eseguito alla brava, a larghi tratti di spatola, sull'intonaco ancora fresco, e ricoperto quindi a poco a poco dal rilievo. E qui l'artista non si sentiva affatto obbligato a seguire rigorosamente l'abbozzo, potendo anzi apportarvi qualsiasi modificazione. Così è che il rilievo a stucco presenta sovente la freschezza di un lavoro quasi improvvisato e di getto.
Taluni edifici e monumenti di Pompei devono ai rivestimenti decorativi in stucco tutta la loro importanza artistica e il loro interesse. A prescindere dai semplici rivestimenti architettonici, lineari (proprî dello stile detto "d'incrostazione"), la più ricca esemplificazione di stucchi di rivestimento ci è fornita in Pompei dagli edifici termali: Terme Stabiane, del Foro, Centrali. Nelle Terme Stabiane le vòlte dell'apodyterium (spogliatoio) e del relativo atrio erano interamente - e sono in parte tuttora - ripartite in lacunari o cassettoni, quadrangolari e ottagonali, contenenti clipei e motivi araldici a rilievo in stucco bianco. Anche le pareti piane risultano, a partire da una certa altezza, ricoperte di laboriose composizioni a rilievo, intonate al cosiddetto "terzo stile" della pittura ellenistico-romana. Nel calidario delle terme del Foro la vòlta a botte è rivestita di semplici strigilature sviluppate per l'intero diametro. Specialmente ricca si presenta tuttora la decorazione della vòlta nel tepidario delle terme del Foro: con lacunari di ampiezza varia, simmetrici, contenenti medaglioni tondi, e divisi da candelabri, al disopra di una ricca fascia con fregio a volute. Interessante, per gli ornati a stucco, oggi quasi completamente scomparsi, era anche il tempio d'Iside in Pompei, e dipendenze.
Che l'arte dello stucco decorativo godesse grande favore anche in Roma è principalmente dimostrato dal fatto che gli stessi palazzi imperiali ne andavano adorni. Resti di vòlte stuccate, ripartite in cassettoni con figure ed emblemi varî, ravvivate da colori, da dorature e in origine anche da pietre variegate, si conservano così tra i ruderi grandiosi del Palatino (supposta casa di Tiberio, Criptoportico, case sotto il palazzo dei Flavî) e tra quelli della Domus aurea neroniana, come tra i ruderi della villa di Domiziano, a Castel Gandolfo. Anche gli ambulacri dell'anfiteatro Flavio (Colosseo) e le "grandi terme" della villa tiburtina di Adriano conservano tracce di stucchi.
Il più importante e più significativo complesso del genere è oggi costituito dagli stucchi della villa di età cesariana-augustea, detta della Farnesina, in Trastevere (Roma), rinvenuti nel 1879 e conservati nel Museo Nazionale Romano. Si tratta di ampie superficie di volte, simmetricamente ripartite in specchi quadrangolari di varia grandezza: i riquadri maggiori sono occupati da scene mitologiche (per la maggior parte di soggetto bacchico), o da composizioni paesistiche; i riquadri minori da figure allegoriche o da semplici motivi floreali. L'importanza di codesti stucchi rimane tuttora insuperata, anche dopo le ultime scoperte, in grazia dell'eccezionale finezza dell'esecuzione tecnica, della delicatezza del rilievo, bassissimo, e dell'eleganza miniaturistica dei particolari. Questi stucchi romani dànno veramente l'impressione di un'opera di cesello o di oreficeria: nello stesso tempo essi confermano il carattere pittorico di questo particolare genere d'arte.
Per tutta l'età imperiale migliore il rilievo a stucco risulta adoperato largamente nel mondo romano per decorazione di sepolcri. Così in molti sepolcri della via fuori la Porta Ercolanese a Pompei, fra cui quello di Umbricio Scauro, che aveva all'esterno rilievi ispirati agli spettacoli gladiatorî.
Seguono per importanza a quelli della Farnesina gli stucchi plastici della notissima "basilica" sotterranea di Porta Maggiore. La decorazione, in stucco bianco a rilievi, occupava al completo, e tuttora si conserva in gran parte, le pareti, le vòlte e i pilastri, di un'ampia sala rettangolare a tre navate (metri 12 × 9), nonché del vestibolo di accesso. La consumata maestria con cui sono ripartite in riquadri le varie superficie del sotterraneo, l'eleganza in genere dei numerosissimi motivi figurati, mitologici e varî, la finezza di esecuzione specialmente dei rilievi della vòlta principale, valgono a far assegnare senza difficoltà il monumento all'età migliore dell'arte romana, cioè alla prima metà del sec. I dell'impero. La composizione figurata dell'abside, col suicidio di Saffo che si getta dallo scoglio di Leucade, è la più grandiosa e la più vasta composizione in cui si sia cimentato un maestro dell'arte. Le lacune del quadro, corrispondenti alle parti di rilievo cadute, hanno rimesso allo scoperto i segni tracciati alla brava sull'intonaco fresco, a titolo di traccia o di abbozzo preparatorio.
Di ottima conservazione sono tuttora alcune tombe a camera della Via Latina: la tomba del "Valerî", e la tomba detta dei "Pancrazî" giudicate entrambe della prima metà del II sec. La tomba dei "Valerî" è distinta, nella vòlta, da una decorazione a grandi cassettoni quadrati, alternati a medaglioni tondi: nell'interno di questi è ripetuto con varianti il motivo, trattato con grande finezza di tocco, della Naiade seduta sul dorso di un Tritone o altro mostro marino. Graziose figure di Ninfe danzanti, inquadrate dentro motivi floreali, occupano le lunette estreme delle opposte pareti. D'una finezza d'esecuzione minore sembrano gli stucchi dell'altra camera sepolcrale, i quali però risultano tuttora abbelliti dai vivi colori, impiegati sia come fondi delle figure in rilievo, sia per esecuzione di quadretti dipinti veri e proprî, su piani lisci, alternati ai cassettoni in rilievo. Interessanti tra questi, quattro originali riquadri di soggetto mitologico. Di una riuscita complessità risulta anche la decorazione policroma delle lunette.
Di fattura piuttosto scadente e di età certamente più tarda dei precedenti sono gli stucchi decorativi degl'ipogei sepolcrali rinvenuti intorno al 1915 sotto la Basilica di S. Sebastiano ad Catacumbas sulla Via Appia. Di questi ipogei uno presenta la vòlta ripartita in cassettoni esagonali con rosette, sviluppati intorno a un cassettone centrale del pari a motivi ornamentali geometrici; l'altro, con finti pilastrini alle pareti, ha tutta la vòlta, a crociera, occupata da una fantasiosa decorazione di rami di vite, con pampini e grappoli, partenti da vasi posti agli spigoli della vòlta. Decorazioni affini, con lacunari in rilievo e rosette, ricoprono anche le vòlte di corridoi vicini.
Come un saggio degli siucchi decorativi in ipogei sepolcrali fuori di Roma, per l'età imperiale, si ricorda qui l'ipogeo rinvenuto a Pozzuoli, in Via delle Vigne, nel 1926 (opera del sec. I d. C.). La mancanza assoluta di veri e proprî stucchi decorativi nei cimiteri sotterranei cristiani non meriterebbe di essere rilevata, se essa non valesse come indizio dell'alto prezzo a cui era valutato un tale genere d'arte, che poteva essere utilizzato unicamente da persone, famiglie e comunità facoltose.
Bibl.: H. Blümner, Technologie u. Terminologie d. Gewerbe u. Künste, III (Lipsia 1884), p. 178 segg.; G. Wilpert, Le pitture delle Catacombe, Roma 1903, pp. 4 seg., 9 seg. (per la tecnica dello stucco negli edifici romani); A. Evans, The Palace of Minos at Knossos, I, Londra 1921, p. 524 segg.; J. Martha, L'art étrusque, Parigi 1888 (per la tomba "degli stucchi" di Cerveteri); A. Mau, Pompeij in Leben und Kunst, 2ª ediz., Lipsia 1908; E. L. Wadsworth, Stucco reliefs of the first and second centuries still extant in Rome, in Memoirs of the American Academy, IV, Roma 1924, pp. 9-103; G. Bendinelli, Il monumento sotterraneo di Porta Maggiore, in Monumenti dei Lincei, XXXI, 1927; G. Mancini, Scavi sotto la basilica di S. Sebastiano, in Not. scavi, 1923, p. 3 seg.; A. Maiuri, Ipogeo funerario di Via delle Vigne, Pozzuoli, ibid., 1927, p. 325 segg.; G. B., Le vòlte a stucco di ant. edifici romani, in Archit. e arti decorative, 1922-23, p. 97 segg.; ulteriore bibliografia in A. Mau-F. Matz, Katalog der Bibliothek d. Deutsch. Archaeol. Inst. in Rom, II, parte 1ª, Berlino-Lipsia 1932, p. 439.
Medioevo ed età moderna. - Persistette nei primi secoli del Medioevo l'uso delle decorazioni in stucco: esso ha ancora grande importanza, con ornati e con figure policrome, nell'insieme della decorazione del Battistero degli Ortodossi (sec. V) a Ravenna; sopravvive nell'evo carolingio come provano, fra l'altro, i resti di decorazione delle chiese di Disentis (Svizzera) e di Malles nell'Alto Adige: anzi, al sec. VIII vengono riferiti da molti gli stucchi dell'oratorio di S. Maria in Valle a Cividale, trovandovi parallelo alle fastose decorazioni in stucco allora frequenti nell'arte musulmana. Gli stucchi di Cividale sono invece attribuiti al sec. XI dal Toesca, ma differenziati da quelli dei ciborî della basilica ambrosiana di Milano (che altri ritiene del sec. IX) e di S. Pietro di Civate: grandi saggi dell'uso dello stucco nella plastica monumentale romanica, che anche in Germania ha lasciato opere grandiose, come gli stucchi di Gernrode e di S. Maria di Halberstadt.
Nel sec. XIV lo stucco seguitò ad essere adoperato anche in grandi opere plastiche. Ebbe grande favore nell'arte del Rinascimento, specialmente in Toscana, servendo allora a diffondere mediante il calco rilievi e statue da esemplari modellati da grandi maestri - Donatello, Ghiberti, Jacopo della Quercia, Antonio Rossellino, ecc. - e aggiungendo tuttavia per lo più alla plastica il notevole pregio della policromia.
Ma la grande fioritura dello stucco si ebbe poco più tardi con Giovanni da Udine e Pierino del Vaga, che ripresero specialmente le forme decorative dell'arte romana e che nelle Logge di Raffaello, nella Sala Regia in Vaticano, e nella villa Madama produssero le più ricche ed eleganti decorazioni del genere, d'una varietà assai grande, dove molto semplici, nude e misurate, come in alcuni pilastri delle Logge di Raffaello, dove di una ricchezza e d'una complicazione di forme che non hanno più nulla dei modelli antichi, come nel soffitto della Sala Regia, ma sono una creazione affatto nuova e mirabilmente espressiva, che spiega bene l'entusiasmo col quale fu salutata la rinascita di quest'arte, che il Vasari esalta con parole di somma lode.
A questi primi e più caratteristici saggi si devono aggiungere le decorazioni della Villa di Papa Giulio, nelle quali lo stucco, oltre alla funzione semplicemente decorativa, assume già l'importanza della scultura e fa riscontro con figure d'altorilievo a riquadri dipinti a fresco, poi la solenne facciata del palazzo Spada a Capodiferro, del 1540, ornata di grandi sculture entro nicchie nel primo piano e di festoni, putti, medaglioni e stoffe svolazzanti nel secondo piano, mentre nel cortile e nell'interno del palazzo lo stucco rivaleggia con la scultura in una decorazione a figure, gruppi, cariatidi d'una grandiosità nuova e imponente.
Questa nuova forma di decorazione si diffuse per tutta l'Italia. Opere magnifiche se ne hanno a Venezia nel Palazzo ducale, a Genova nel palazzo Imperiali, a Mantova nel palazzo del Te, per citare soltanto alcuni dei numerosissimi monumenti; ma è a Roma soprattutto che si possono vedere i più grandiosi e più varî esempî di questo genere, in Vaticano, nell'atrio e nel soffitto della navata maggiore di S. Pietro, nella Scala Regia e nella sala ducale, in palazzo Mattei, e in varie chiese, dove appaiono le nuove forme della decorazione architettonica che informeranno poi tutta l'arte della fine del sec. XVII e di gran parte del XVIII.
L'antica decorazione a stucco a forme geometriche, candelabre, cartelle, riquadri varî ravvivati da figure e gruppi si è trasformata in una decorazione che è soprattutto scultura, più agile e più mossa, anzi, della vera scultura grazie alla facilità di esecuzione e agl'infiniti adattamenti della materia che permetteva libertà senza limiti. Gli esempî più notevoli di queste conquiste sono ancora a Roma, nella chiesa del Gesù (soffitto della nave maggiore e decorazione delle finestre), nella cappella di S. Carlo a' Catinari, nella chiesa di S. Luca e Martina (Camillo Rusconi), in S. Maria del Popolo (Bernini) con le grandi figure sedute sugli archi delle cappelle, in S. Giovanni in Laterano (Raggi e Rossi e F. Carcani), a Firenze nei soffitti di palazzo Pitti (Pietro da Cortona), finché col Maderna (S. Maria della Vittoria a Roma) la decorazione in stucco assume forme di una ricchezza e di una varietà che risponde perfettamente agl'ideali del barocco più mosso. Esempî notevoli di questo genere sono ancora in Roma, dove la pratica dello stucco fu esercitata specialmente da artefici lombardi.
Della voga della decorazione in stucco, che già nel sec. XVI dall'Italia si diffuse specialmente in Francia (Fontainebleau e Versailles), è mirabile monumento l'opera di Giacomo Serpotta in Palermo (1656-1732). Il neoclassicismo, preludiato negli stucchi dallo stesso Borromini, lasciò anche nella decorazione in stucco i capricci e i movimenti dell'arte del Settecento, cercando forme più semplici (Milano, Palazzo reale, stucchi su disegni dell'Albertolli; Firenze, Sala Bianca in palazzo Pitti, egualmente dell'Albertolli; Roma, villa dei Cavalieri di Malta, del Piranesi, ecc.). Al presente la decorazione a stucco è quasi abbandonata, ma potrà facilmente rivivere per le infinite combinazioni ch'essa offre alla plastica e alla pittura.
Nell'arte islamica lo stucco fu assai usato nella decorazione murale, prestandosi agli ornati geometrici e ai forti effetti di chiaroscuro. Gli esempî più primitivi si trovano nelle rovine di Qasr al-Hair; di uno stile più sviluppato, del sec. IX, nelle rovine delle case di Samarra e nella moschea di Aḥmed ibn Ṭūlūn al Cairo; poi gli ornamenti in stucco sui capitelli, negl'interni, all'esterno si svolsero fino alle meraviglie dell'Alhambra.
V. tavv. CXXIX-CXXXVI.
Bibl.: Viollet-le-Duc, Dict. de l'architecture, Parigi 1866, voll. 8; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, Torino 1927, I, passim; G. Ferrari, Lo stucco nell'arte italiana, Milano s. a.; K. A. C. Creswell, Early Moslem Architecture, Oxford 1932, p. 334; E. Herzfeld, Wandschmuck der Bauten von Samarra, Berlino 1923; vedi anche la bibl. di islamismo: Arte.